AVVERTENZA: NULLA DI QUANTO CONTENUTO IN QUESTO ARTICOLO PUÒ ESSERE INTESO NEL SENSO DI UNA DIFESA DELL’UNIONE MONETARIA EUROPEA.
Riccardo Realfonzo e Angelantonio Viscione analizzano, in un articolo del 22 gennaio 2015 su Economia e Politica, le conseguenze di una possibile uscita dell’Italia dall’euro. Vi sono molte utili conclusioni nello studio, a partire da quella sulla scarsa crescita dell’occupazione. Se guardiamo al 1992, anzi, a crescere fu la disoccupazione. Così come è utile ricordare che l’effetto della svalutazione, se i salari tornassero a crescere (come socialmente auspicabile), sarebbe di breve durata. Del resto Roger Bootle, vincitore del premio Wolfson 2012 per il suo piano di uscita dall’euro, mette chiaramente in evidenza che devono essere i lavoratori a pagare le conseguenze dell’eurexit. L’alternativa “o si svaluta la moneta o si svaluta il lavoro” è fuorviante: in realtà spesso le grandi svalutazioni della moneta sono funzionali alla svalutazione del lavoro (si veda ad esempio l’andamento dei salari reali in Gran Bretagna negli ultimi anni e gli esempi portati dai Realfonzo e Vicarelli e da Brancaccio e Garbellini) al fine di aggirare la rigidità verso il basso dei salari nominali. Vi sono però due aspetti che ci paiono trascurati nell’analisi di Realfonzo e Viscione e che, se tenuti adeguatamente in conto, cambiano radicalmente il quadro.
“Una Lehman al quadrato”
Realfonzo e Viscione, nella loro analisi, assumono implicitamente che, dopo l’uscita dell’Italia dalla moneta unica, l’euro, l’Europa e il resto del mondo continuino a funzionare come se nulla fosse. L’uscita dall’euro viene cioè trattata dai due autori come una semplice svalutazione o al limite come l’uscita da un sistema di cambi fissi, come fu nel caso dell’uscita dallo SME nel 1992. Anche se così fosse, basta vedere cosa è accaduto in alcuni paesi dell’Est Europa dopo la rivalutazione da parte della Banca Nazionale Svizzera per comprendere che con la finanza globalizzata anche una semplice svalutazione può produrre effetti imprevedibili. Ma nel caso dell’uscita dell’Italia dall’euro, occorre prepararsi ad effetti molto più grandi e su scala più vasta.
Come ammettono anche autori pur favorevoli alla fine della moneta unica, l’uscita unilaterale di un paese dall’eurozona, come l’Italia o la Spagna, determinerebbe un effetto contagio sull’intero sistema bancario europeo, che porterebbe all’uscita disordinata e in sequenza di altri paesi deboli. Esso poi colpirebbe in modo significativo la Francia e anch’essa sarebbe probabilmente costretta ad uscire. Infine il contraccolpo di questa “fine al rallentatore”, accompagnata dal panico dei mercati, si abbatterebbe sulle banche tedesche e sul resto del globo.
L’intreccio finanziario nell’eurozona implica cioè quello che Yanis Varoufakis ha descritto come un “castello di carte”. Se si toglie una carta, tutto il castello crolla. Una conferma viene anche dalla lettura dei risultati dello stress test del Center for Risk Management di Losanna, che tiene conto dell’effetto contagio di un eventuale crisi finanziaria e mostra quanto sia fragile, e interconnesso, il sistema bancario europeo.
Il contagio finanziario potrebbe forse essere contenuto da un massiccio intervento della BCE e dell’ESM, che andrebbero in soccorso delle banche e degli Stati che necessitassero di assistenza per evitarne l’uscita dalla moneta unica. Molti giudicano gli strumenti finora messi in campo dall’UE (ESM, Unione Bancaria, OMT) insufficienti allo scopo, ma, anche se ciò non fosse vero, il contagio implicherebbe comunque un nuovo credit crunch e una nuova pesante recessione, accompagnata da un rafforzamento delle spinte deflattive, che rappresenterebbero altra benzina sul fuoco dei fallimenti bancari a catena.
Ma persino sulla capacità della BCE di frenare la dissoluzione incontrollata dell’eurozona e assicurare la tenuta del suo sistema finanziario si possono nutrire molti dubbi. Si immagini come i mercati potrebbero reagire all’uscita di un paese dall’eurozona (e all’eventuale default sui saldi Target 2) dopo che la Banca Centrale Europea esplicitamente ha impegnato se stessa sull’irreversibilità della moneta unica “per tutti i suoi membri”, attraverso l’OMT e poi il Quantitative Easing. La credibilità della BCE, l’unico collante che ha tenuto l’euro in piedi sinora, e quindi della stessa moneta che essa emette, ne verrebbe danneggiata e l’istituto di Francoforte difficilmente potrebbe svolgere efficacemente il ruolo attuale di garanzia di tenuta dell’Unione Monetaria Europea.
Il rischio è quello di una “Lehman Brothers al quadrato”, per dirla con Barry Eichengreen. La crisi del 2008 sin fondo si diffuse nel mondo grazie al fallimento di una sola banca, per quanto grande. E il nuovo shock avverrebbe non dopo anni di espansione, come nel caso di Lehman, ma a valle di una dura recessione. L’enfasi di Eichengreen pare quindi appropriata, anche considerando l’eccezionalità dell’eventuale esplosione dell’area euro, come confermano i fatti che riportiamo qui di seguito.
Un evento senza paragoni storici
Di crisi bancarie è piena la storia, così come di svalutazioni e disfacimenti di sistemi monetari, ma non vi è alcun precedente storico paragonabile alla disintegrazione incontrollata dell’euro. Per avere un’idea del perché, basta ricordare alcuni dati, richiamati da Jens Nordvig e Nick Firoozye di Nomura, che pure sono favorevoli ad uno smantellamento controllato dell’eurozona (non a caso il titolo dello studio di Nordvig e Firoozye non è “Come uscire dall’euro” ma “Ripensare l’unione monetaria europea”):
1) l’eurozona produce circa il 20% del PIL mondiale, a fronte dei pochi punti percentuali rappresentati dalle economie implicate in precedenti rotture monetarie;
2) Le banche dell’eurozona possiedono il 35% degli asset mondiali e il 34% dei prestiti internazionali;
3) l’euro è la seconda moneta di riserva internazionale: il 25% delle riserve delle banche centrali del mondo è denominato in euro e quasi il 40% degli scambi sui mercati valutari internazionali coinvolge l’euro;
4) il 30% dei debiti privati nell’eurozona è sotto legge estera e quindi non verrebbe ridenominato, con pesanti effetti sullo stato patrimoniale di grandi imprese e banche, che in alcuni paesi produrrebbe una nuova recessione da “balance sheet effect”;
5) se guardiamo ai derivati europei, ben il 95% è sotto legge estera (di solito britannica o statunitense). Cosa succederebbe a questi titoli? Il 2008 ci dice quanto i derivati possano diffondere il contagio finanziario a livello globale;
Nordvig e Firoozye (ricordiamolo ancora: due autori “noeuro”) ammettono quindi che una rottura disordinata dell’eurozona eccederebbe “per un ampio margine” quanto accaduto in passato nei mercati emergenti, a causa dell’ “enorme dimensione delle attività e delle obbligazioni denominate in euro”. Aggiungono che l’ “ondata di fallimenti avverrebbe a livello globale”. E concludono che “la più probabile implicazione tale processo di ridenominazione disordinata sarebbe un completo congelamento del sistema finanziario, non solo nella zona euro, ma anche a livello mondiale” con inevitabili ripercussioni sull’economia reale per un periodo prolungato. Qualcosa di molto diverso rispetto ad una semplice svalutazione.
Certo, forse si potrebbe trovare un modo per mettere in piedi una dissoluzione controllata, ma dobbiamo sapere che essa potrebbe essere costosa per i paesi debitori, richiedendo di mantenere per quanto possibile i debiti esteri, pubblici e privati, in una moneta comune (l’ECU di antica memoria) come suggeriscono ad esempio i già citati Nordvig e Firoozye, ma anche molti altri autori, seguita da un default controllato di alcuni paesi. Tale soluzione richiederebbe comunque un livello di solidarietà e coordinamento oggi impensabili, di gran lunga superiori alla “riparazione in corsa” dell’eurozona attraverso soluzioni tecnicamente più semplici e meno costose come quelle avanzate da Amato e Fantacci o da Varoufakis-Holland-Galbraith.
La svalutazione che non funziona
Un altro punto che l’analisi di Realfonzo e Viscione sembra trascurare è collegato agli effetti della svalutazione. In primo luogo, va rilevato che non è possibile stabilire l’ammontare della svalutazione che subirebbe la nuova moneta italiana perché, come abbiamo detto, l’evento “crollo dell’euro” non ha alcun paragone. Realfonzo e Viscione non lo fanno, ma molte analisi ipotizzano per l’Italia una svalutazione tra il 20% e il 30% nei confronti dell’euro residuo o del nuovo marco tedesco. Altri, come UBS, sostengono invece che l’eccezionalità dell’evento potrebbe portare a svalutazioni molto maggiori, potenzialmente dannose, invece che corroboranti per le economie deboli. Certo, si può ipotizzare di mettere dei controlli sui movimenti di capitali, di istituire apposite aste invece di abbandonare la nuova valuta alle decisioni dei normali mercati valutari, ma uscire dal mercato dei capitali significa dover poi chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale (o agli Stati Uniti o alla Cina), se non altro per sostenere le imprese produttive e finanziarie indebitate in valuta estera, accettandone le condizioni. Inoltre, per quanto detto, la Comunità internazionale si troverebbe a soccorrere più paesi, tra i quali almeno due grandi economie (Italia e Spagna), che nel complesso rappresentano il 6-7% del PIL mondiale. La situazione sarebbe ancora più grave nel caso in cui anche la Francia si aggiungesse ai PIIGS.
Ipotizziamo tuttavia che la svalutazione sia contenuta e lasciamo stare per ora gli effetti finanziari. Se guardiamo al recente passato, molti paesi che hanno svalutato, in particolare dal 2011, non hanno avuto alcun beneficio. Alcuni, come Argentina, Gran Bretagna, Giappone, paesi pure molto diversi tra loro, hanno visto addirittura un peggioramento dei conti con l’estero, che poco sembra avere a che fare con la “curva J” e molto invece con la carenza di domanda estera. In seguito alla crisi, il commercio mondiale è cresciuto a ritmi a dir poco asfittici, dopo 20 anni di crescita a doppia cifra. E questo proprio per colpa dell’austerità europea. Ma l’esplosione dell’eurozona non porterebbe certo ad una reflazione: per quanto detto dovremmo semmai immaginare un nuovo periodo di crisi, ulteriore contrazione della domanda estera e una maggiore austerità, a partire dalla Germania. Serve a poco svalutare se i tuoi vicini sono in crisi e alla ricerca di risorse per puntellare il loro sistema bancario indebitato o colpito da pesanti perdite in conto capitale. E vale a poco quindi il paragone con il 1992, quando ci trovammo invece nella situazione esattamente opposta, con la Germania in deficit di bilancio. Quello di cui ha bisogno l’Europa (e il mondo) non è un aggiustamento basato sui prezzi, ma sulle quantità.
Conclusioni
Come qualsiasi azione, anche l’uscita dall’euro va giudicata in base ad un calcolo di costi e benefici. Purtroppo le analisi di molti economisti “noeuro” tendono a sottovalutare i primi e sovrastimare i secondi. Realfonzo e Viscione sono molto più prudenti, e tuttavia sembrano anche essi muoversi nell’ottica dell’assenza di effetti di contagio finanziario e spill-over sul resto dell’eurozona (e oltre) e trascurano la contrazione della domanda estera che annullerebbe gli effetti positivi, ancorché transitori, della svalutazione.
Yanis Varoufakis ha giustamente sottolineato che l’eurozona è una nave costruita male, ma farla affondare e gettarsi nell’Oceano non è un’alternativa. In mancanza di quella cooperazione che non riusciamo a raggiungere su misure meno impegnative come salvare la piccola Grecia, ciò che ci attende è probabilmente l’acqua gelida e le incognite di un evento senza precedenti, non il tepore della ritrovata sovranità monetaria.
non credo che la storia possa tornare indietro, tanto piu’ che l’euro è la prenessa di una auspicata unione ben piu’ concretadell’attuale…per colpa dei politici( nazionalisti di fondo, a mo avviso) non è stata “pubblicizzata”” ossia non si è fatto (e forse amche negli altri paesi) un’azione mediatica efficacie per trasmettere (una volta tanto una idea buona ) il vero volto di una europa unita… penso pero’ che negli ultimi tempi, l’idea eurepeista si sia maggiormente diffusa per l’evidenza dei fatti avvenuti. il mio personale convincimento permane quindi dell’importanza assoluta dell’unione europea (quane vantaggi da una gestione comune della cosa pubblica)
Si. Ci sono tante incognite, per la scala senza precedenti e la stessa durata dell’.
Si. L’acqua potrebbe essere anche fredda (ma queste metafore lasciano sempre un certo retrogusto … fredda per chi?).
Si. La nave è stata costruita male (o tanto bene) e non è per tutti.
Si. Per lo smontaggio ordinato ci vuole un livello di solidarietà e coordinamento indisponibile.
Ma. La nave sta di fatto affondando. Le terze classi sono già sotto l’acqua e si accalcano sul secondo ponte per non affogare come topi nella trappola. La prima classe manda il punch e suona l’orchestra per non sentire il frastuono. Bisogna mettere in acqua le scialuppe, prima che troppi muoiano (e potrebbe toccare anche a quelli in frac).
Una strana nave, questa. Il primo ponte è una sala da ballo, il terzo una stiva da negrieri. Quelli di mezzo sempre più vuoti. Forse è bene affondi.
Benissimo, quindi l’alternativa è tra morire sulla barca o morire comunque. L’importante è che lo riconosci. Perché secondo alcuni si può uscire tranquillamente stampigliando le banconote e vivere felici come se ti trattasse di una semplice svalutazione
Caro guiodic, io non sono qualificato per dare opinioni “forti”, ma credo sinceramente che questa sia ‘terra incognita’ abbastanza per tutti. Il punto è che sulla barca stiamo morendo (almeno il terzo ponte, che -scusa- a me interessa di più). Sulle scialuppe forse no.
Nell’acqua fredda un paese come l’Italia non ci va. Oltre all’economia c’è la storia e c’è la geografia.
Comunque sono valutazioni che, alla fine, derivano anche dalla esperienza e dagli interessi. Il punto che mi muove di più è la legittimità e la democrazia. Ci sono carenze strettamente inaccettabili. Su questo possiamo trovare accordo?
Temo che non vi siano molte scialuppe, anche considerando che sarebbe una nuova grande crisi, più grave di quella del 2008, che interviene già su una crisi in essere. I greci hanno capito bene la questione e infatti hanno votato una forza politica che vuole far cessare l’austerità ma senza uscire dall’euro
Quindi, in sintesi, il tuo lungo ed argomentato post si può riassumere con il più famoso e simpatico “ricordatevi che dovete morire!!”.
Se sapevo, invece di leggerlo, mi rivedevo “Non ci resta che piangere”.
E’ una semplice svalutazione e vorrei ricordarle che le svalutazioni non servono ad esportare di più ma ad importare di meno, servono a far sì che se tu fai una politica espansiva questa non si trasformi in importazioni.
Già questo è un errore madornale mentre il resto sono ipotesi da goomblotto o fanta economia dove le ipotesi si sprecano.
Ma esiste un punto chiaro di differenza, la politica governa l’economia, da sempre, a meno che la politica decida di farsi governare dai pochi, le piace l’oligarchia? Bene è un problema suo, ma non ci venga a raccontare che è la via migliore. E’ la sua via ma sa, in democrazia, i molti cercano di governare a vantaggi dei molti e i molti che stanno in Europa e nel mondo francamente ne hanno le scatole piene.
Lei beve troppi caffè.
speriamo vivamente che questa nave affondi il prima possibile visto che non c’e nessunissima volontà da parte di nessuno di procedere ad una unione vera e totale..o almeno non c’e nell’immediato futuro e purtroppo il tempo è finito quindi speriamo che l’euro e l’europa si sfasci il prima possibile….qualunque cosa possa accadere non sarà mai come rimanere su questa nave maledetta.
Quindi stai dicendo che è affogare va bene
mi sembra pero che un paio di considerazioni bisogna farle 1)che non siamo nemmeno sul titanic (il titanic era costruito si dice sulle migliori tecnologie dell,epoca) eppure è affondato 2) il guaio è che noi continuiamo a chiamare capitalismo l,attuale sistema dimenticando che mentre il sistema capitalista creava valori è controvalori reali,oggi invece creiamo titoli di stato che supportano banche fallite e viceversa. infatti se gli stress test li farebbero le banche centrali nazionali e non una banca privata ed autonoma, si renderebbero (lo sanno) conto che di attivi e passivi reale c,è poco, il resto e tutta economia di carta straccia che crea valori e controvalori cartacei. secondo me propio da questo si dovrebbe partire, magari annullando un po di contabilita finta per ridimensionare un po il tutto. ma su una cosa mi sento di darvi ragione l,uscita dall,euro sarebbe meglio se avvenisse in modo controllato.
La crisi del 2008 si diffuse perchè il contagio partì non dal fallimento di una sola Banca, bensì dal fallimento dei mutuatari sub-prime a cui tutte le banche (americane ed europee) avevano concesso mutui a tassi irrisori nonostante il loro merito di credito fosse praticamente a zero… Infatti, all’indomani della crisi, la FED apri una linea di swap per salvare gli istituti finanziari europei pesantemente compromessi. Non si capisce poi a cosa si voglia arrivare con questo pezzo. Allora dobbiamo rimanere all’interno dell’Euro, che si fonda su una BC indipendente e sulla libertà di movimento dei capitali e non ha l’occupazione come target primaio? E non sono questi ultimi la principale causa degli stress sui cambi anche in questi anni? Leggendo la conclusione capisco quindi che per l’autore è importante rimanere all’interno dell’Euro e dei vincoli antidemocratici dei trattati europei, contro quindi addirittura la Costituzione italiana che, al primo comma, afferma infatti che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Con una disoccupazione oltre il 12% e con tre governi NON eletti che si sono susseguiti dal 2011 ad oggi non vedo come l’Eurozona possa essere ancora definita una soluzione vista la sua intrinseca anti-democraticità.
Meno male che c’è l’avvertenza scritta in maiuscolo!
Infatti, meno male che c’è, perchè io dalla conclusione dell’articolo capisco proprio il contrario di quanto scritto in premessa.
“infatti, meno male che c’è, perchè io dalla conclusione dell’articolo capisco proprio il contrario di quanto scritto in premessa.”
Capisci quel che ti pare.
Si vada a leggere la Costituzione italiana e poi veda se centra qualcosa con i dettami dell’Euro, forse è meglio, vista la sua scortesia.
Ma cosa avranno mai da spaccare quattro scugnizzi?
L’analisi ha degli aspetti condivisibili, ma dimentica che quello che otterrebbe un’uscita dall’euro sarebbe la possibilità di creare lavoro da parte dello Stato e una ripresa del mercato interno, sia per l’aumento dell’occupazione derivante dagli investimenti pubblici, sia per la contrazione delle importazioni, divenute più care. I produttori italiani vedrebbero riprendere una domanda interna da soddisfare che è la base per tornare a crescere.
Abbiamo perso il 25% del nostro tessuto produttivo, per chiusure ed acquisizioni, dal 2008 a oggi ed il 9% del PIL: vogliamo continuare?
“L’analisi ha degli aspetti condivisibili, ma dimentica che quello che otterrebbe un’uscita dall’euro sarebbe la possibilità di creare lavoro da parte dello Stato e una ripresa del mercato interno, sia per l’aumento dell’occupazione derivante dagli investimenti pubblici, sia per la contrazione delle importazioni, divenute più care. I produttori italiani vedrebbero riprendere una domanda interna da soddisfare che è la base per tornare a crescere.”
Questi sono desideri. Se lei avesse letto l’articolo avrebbe trovato un intero paragrafo dedicato a spiegare che la svalutazione non porta i vantaggi che lei presume, nelle attuali circostanze.
“Abbiamo perso il 25% del nostro tessuto produttivo, per chiusure ed acquisizioni, dal 2008 a oggi ed il 9% del PIL: vogliamo continuare?”
Per favore legga l’avvertenza in cima all’articolo.
che l’uscita unilaterale dall’€ sia sicuramente peggiore di qualsiasi accordo ordinato è abbastanza scontato e logico. Che sia addirittura una LB al quadrato mi sembra un po’ eccessivo (mi vien da dire allora tanto valeva fare una guerra se dopo 7 anni di crisi ce ne aspetterebbero altrettanti e peggiori). Se però cosi fosse significherebbe che se domani (sto fantapoliticando) una coalizione tra i PIIGS-F annunciasse qualcosa del tipo “Ssssignori miei, consci che la situazione è insostenibile, per salvare l’Unione e l’economia mondiale, dobbiamo dissolvere l’€, iniziamo a parlarne e trattare” i mercati dovrebbero prenderla bene no?
A proposito dei mercati, non hai menzionato quanto (e se) i mercati siano in grado di replicare attacchi speculativi come fu con lo SME, in modo che siano loro a “indicare” la via
saluti
1. L’Euro ha appena svalutato del 30% sul Franco Svizzero (in un giorno!) e del 20% sul dollaro e su tutte le principali valute mondiali. Non abbiamo visto ondate di fallimenti per le perdite sui crediti denominati in dollari e franchi svizzeri, nè ondate di fallimenti bancari causati dalla repentina svalutazione della moneta che rappresenta il 25% delle riserve valutarie mondiali (che quindi si sono a loro volta svalutate di un quinto)
2. La tragedia che si teme possa avvenire con l’uscita dall’Euro sta già accadendo dentro l’Euro, e continuerà a peggiorare. L’analisi dovrebbe riguardare il raffronto tra costi della permanenza e costi dell’uscita.
3. L’Euro può sopravvivere solo se accompagnato dall’unione politica e fiscale. La Corte Costituzionale tedesca ha già detto che non accadrà mai, quindi discussione chiusa. Parlare di conservare l’Euro confidando in un futuro “più Europa” è come andare dal direttore di banca che ci chiede di rientrare dal fido e rassicurarlo dicendogli che confidiamo in una prossima vincita al superenalotto
4. E’ vero che fare affondare la nave nelle acque gelide non è la soluzione migliore. La soluzione migliore, quando una nave imbarca acqua, è ricondurla in porto e, se non può essere riparata, smantellarla. Ma il Titanic Euro è comandato da un comandante cieco e ottusen, e non sta facendo rotta verso il porto. Continua a navigare a tutta forza in mare aperto in mezzo agli iceberg. Qauindi finirà per affondare.
5. L’Europa e il mondo hanno resistito a due guerre mondiali. Sopravvivranno anche alla fine dell’euro.
1. Lei è male informato: in alcuni paesi, come la Polonia, vi sono debiti denominati in franchi e infatti ora moltissimi cittadini e imprese hanno hanno enormi problemi
2. “La tragedia che si teme possa avvenire con l’uscita dall’Euro sta già accadendo dentro l’Euro”
Prego leggasi l’avvertenza in cima all’articolo
3. “L’Euro può sopravvivere solo se accompagnato dall’unione politica e fiscale. ”
Falso. Gli squilibri possono essere compensati anche per via non fiscale. Bretton Woods non aveva mica trasferimenti fiscali, eppure è durato 25 anni ed è caduto solo perché il dollaro era legato all’oro (cosa che poteva essere eliminata lasciando inalterato il resto)
4. Il porto può essere troppo lontano…
5. Ovviamente, ma sopravviverebbero anche alla sua permanenza. Non è un argomento questo.
1. Quello male informato sembra lei. In Polonia non c’è l’euro, c’è lo zloty.
2. Questa risposta sull’avvertenza in cima all’articolo l’ha scritta praticamente a tutti. Forse l’articolo non è in difesa della UEM, ma i suoi interventi sicuramente si.
Ripeto ancora che un’analisi seria mette a confronto i costi dell’uscita e quelli della permanenza. Parlare solo dei costi dell’uscita e tacere quelli della permanenza è fuorviante.
3. Bretton Woods non pretendeva di essere un’unione. Non imponeva politiche di bilancio a nessuno, non poneva vincoli ai deficit e ai debiti del bilancio pubblico. Si occupava solo delle bilance dei pagamenti. Il sistema Euro ha affidato al sistema bancario privato il compito che in Bretton Woods spettava al FMI, ed è entrato in crisi proprio quando le banche private hanno smesso di fare quello che ci si aspettava da loro, cioè prestarsi i soldi l’un l’altra. Le consiglio di rileggersi i vari piani che, dal Piano Werner in poi, hanno portato all’adozione dell’Euro. Troverà scritto dappertutto che l’unione monetaria non può essere disgiunta da Unione politica e fiscale. (comunque il sistema di Bretton Woods è crollato, mi pare…
4. Se il porto è troppo lontano quando la nave imbarca acqua, la nave affonda.
5. La permanenza dell’Euro riporterà la guerra in Europa
“1. Quello male informato sembra lei. In Polonia non c’è l’euro, c’è lo zloty.”
E dove avrei affermato che c’è l’euro?
“Ripeto ancora che un’analisi seria mette a confronto i costi dell’uscita e quelli della permanenza. Parlare solo dei costi dell’uscita e tacere quelli della permanenza è fuorviante.”
I costi della permanenza li vediamo tutti i giorni, quelli dell’uscita non vengono mai spiegati correttamente.
“3. Bretton Woods non pretendeva di essere un’unione. ”
E neanche lo SME. Però tutti a paragonare l’uscita dall’euro a quella dallo SME.
“Le consiglio di rileggersi i vari piani che, dal Piano Werner in poi, hanno portato all’adozione dell’Euro. Troverà scritto dappertutto che l’unione monetaria non può essere disgiunta da Unione politica e fiscale. ”
Quello era l’obiettivo, ma puoi avere un’unione monetaria anche con meccanismi che prevengano gli squilibri invece che compensarli. L’UE già in parte ce li ha ma non vengono applicati perché non sono automatici.
“(comunque il sistema di Bretton Woods è crollato, mi pare…”
Questo l’avevo già detto io e spiegato pure perché
“Se il porto è troppo lontano quando la nave imbarca acqua, la nave affonda.”
Quindi ripariamo la nave perché buttarsi in acqua è lo stesso che affondare. E se non ci si riesce, allora ci butteremo, ma il rischio è che in moltissimi annegheremo lo stesso.
“5. La permanenza dell’Euro riporterà la guerra in Europa”
Sì vabbè, pure la peste
Da un punto di vista tecnico l’analisi di Realfonzo è interessante e dimostra che le cose sono sicuramente complicate e non si possono fare semplificazioni eccessive. In particolare la crescita di un paese non può essere facilmente ottenuta con la scorciatoia della svalutazione e la nostra storia lo dimostra. In ogni caso su come andranno le cose si possono solo fare delle ipotesi, la realtà dipenderà delle complesse interazioni delle varie componenti. Detto questo la situazione della area euro è grave, ci stiamo avvitando e stiamo trainando verso il basso l’economia mondiale, per una serie di scelte scellerate oltre ad aver fatto l’unione monetaria. La situazione della Grecia è quasi disperata, credo sia molto difficile che riesca a rimanere a lungo nell’euro. Per il resto anche negli altri paesi del sud la situazione è pesante e rischiamo di trascinarci in una situazione di scarsa crescita a lungo. Con questa egemonia politica tedesca, non proprio illuminata, mi sembra che l’Italia, e non solo, rischi una mezzogiornificazione e marginalizzazione che non merita ( anche se di colpe ne abbiamo), tra l’altro fino a quando anche alla Germania converrà tenere in piedi questo sistema mal costruito e alla fine costoso per tutti? Credo che sia più probabile e conveniente per tutti affrontare i costi di una fine controllata dell’euro.
“Credo che sia più probabile e conveniente per tutti affrontare i costi di una fine controllata dell’euro.”
Le ipotesi di fine controllata dell’euro sono tutte molto costose e/o richiedono una enorme dose di solidarietà e coordinamento. Non è così semplice. Paradossalmente è più semplice aggiustare l’euro in corsa come propongono Amato e Fantacci e Yanis Varoufakis.
Noi stessi abbiamo sostenuto l’idea di una moneta comune (quindi non dell’ “uscita” dall’euro) ma abbiamo anche spiegato che è una proposta che in primo luogo intende offrire una “minaccia” più credibile ai paesi meridionali rispetto all’uscita solitaria di un solo paese. Ma anche quella non risolve del tutto i problemi qui evidenziati, è solo un paracadute.
Non e’ un caso che passano i mesi e gli anni e di esperti per il ritorno alla lira ci sono sempre Bagnai, Borghi, Rinaldi e …non so… se ce ne sono altri anche a livello di blog non ricordo (ok alcuni seguaci di Bagnai come Mazzalai… ma persino nei blog indipendenti fai fatica a trovarne)
il problema del ritorno secco alla lira, con conversione forzosa di circa 4mila mld di saldi bancari oggi in euro per decreto una mattina di lunedì, è che nei mesi precedenti ci SARA’ LA MADRE DI TUTTE LE FUGHE DI CAPITALI. E non esiste modo di evitarlo, perche’ occorrono mesi e decine di migliaia di persone per prepararla per cui di fughe di notizie ne avrai a valanga dal primo momento
La madre di tutti i problemi del ritorno alla Lira e’ semplice. L’italiano che abbia un milione di euro e li lasci in Italia e su titoli italiani se ne ritroverà un terzo di meno o forse la meta’ rispetto all’italiano che aveva un milione di euro e li spostava su qualcosa di germanico. Il cambio con il dollaro puo’ scendere anche non tanto, un 20% max, ma quello con il marco invece puo’ andare se ragioni nelle vecchie lire, da 1,000 lire a 1,500 lire….http://www.monetazione.it/forum/topicEconomia.php?topic_id=5067&reply_id=123573779
In teoria e’ vero quello che dicono Borghi e Bagnai, che se vivi in Italia e spendi in lire che ti importa che spendi in lire… ma il mondo non funziona cosi’ Perche’ hai la possibilita’ di GUADAGNARE UN 50% RISPETTO AL DEFICIENTE CHE LASCIA I SOLDI IN ITALIA o in strumenti finanziari italiani. Sempre in teoria non importa portare i soldi all’estero perche’ potresti anche solo comprare azioni BMW o Bund con il tuo conto a Unicredit, ma in pratica la gente preferira’ spostare i soldi a Londra.
Io sono per la dissoluzione dell’Euro ad esempio, ma non vedo l’utilita’ di raccontare favole e sono certo che un terzo della ricchezza finanziaria degli italiani attuale può prendere la strada dell’estero non appena si profili anche lontanamente la prospettiva del ritorno alla Lira.
Questo e’ un enorme problema, senza contare poi l’altro, che l’uscita dell’Italia significa disintegrazione dell’euro che e’ moneta di riserva mondiale con contratti e derivati per decine di migliaia di miliardi in euro in tutto il mondo ecc…
Tutto il resto delle obiezioni all’uscita dall’euro sono esagerate o fasulle, ma questi due sono problemi molto pericolosi…
Per questo motivo occorre che la dissoluzione dell’Euro sia graduale, a tappe, introducendo prima in parallelo, ad esempio, dei bonds senza interessi…http://www.monetazione.it/blog/defaultEconomia.php?topicGroupID=1&idr=123579459#123579459
L’ha ribloggato su ABC Economics – Abbiamo Bisogno di Crescita.
Grottesco. Non mi viene altro aggettivo per commentare questo grottesco intervento. Presi dalla disperazione, i due economisti di Keynesblog non si arrampicano sugli specchi, cercano di camminare a testa in giù!
Tutto ruota intorno ai mercati finanziari, il moloch che loro, così come Biasco, adorano dando ad essi i poteri che i nostri antenati davano alle divinità derivanti dai fenomeni naturali.
Eh no: i mercati finanziari sono fatti umani, e come tali iniziano, finiscono, possono essere gestiti, come dimostrano le manovre sullo spread per cacciare Berlusconi.
Essi ignorano, ma non potrebbero fare diversamente perchè non avrebbero altrimenti alcun argomento serio in mano, che Brancaccio e Bagnai hanno più volte ribadito che l’uscita dall’eurozona deve accompagnarsi a strumenti quali:
– il “matrimonio” tra Banca Centrale e Tesoro;
– l’indicizzazione dei salari;
– controlli sui movimenti di capitale;
– controlli sulle importazioni (e dazi doganali, se necessario);
– politiche di import substitution.
Ma ovviamente queste misure ai nostri economisti di Keynesblog fanno orrore: pur travestiti da agnelli solidali sono in realtà feroci lupi liberisti.
Che i mercati finanziari degli altri paesi esplodano non può importarmene di meno: se i crucchi dovranno fare la fila per ricevere alimenti, come oggi i Greci, non potrò che godere come un riccio!
E quanto infantile l’idea che non potremo più esportare perchè i nostri amici crucchi dovranno far fronte ad una crisi finanziaria: esiste un mondo, quel mondo che vi piace citare solo per spaventare (la Ciiiina! la Ruuuussia!), che, se solo modificassimo i nostri riferimenti geopolitici, ci spalancherebbero le porte.
Quanto al quantum della svalutazione, non girateci attorno: sapete benissimo che essa, nei confronti del marco, sarà esattamente quella valutata da Bagnai. Ci avete spaccato gli zebedei sul fatto che la svalutazione avrebbe fatto impennare l’inflazione via aumento del costo delle materie prime: oggi l’euro svaluta (ma guarda un po’!) ed il costo del petrolio non è mai stato così basso! E le esportazioni tirano: lo riconosce persino il Partito di Repubblica!
Ora capisco perchè la maggioranza degli italiani, nonostante il terrorismo mediatico, sia ormai favorevole all’uscita dall’eurozona: se il livello dei fautori del progetto fascista dell’euro sono come Biasco e Iodice/Palma, l’italiano di media o bassa cultura non poteva che capire la fregatura anche da sè!
“Ora capisco perchè la maggioranza degli italiani, nonostante il terrorismo mediatico, sia ormai favorevole all’uscita dall’eurozona”
Questo all’epoca delle europee chissà dove cazzo era. O si ubriacano giorno e notte oppure si drogano. Non c’é alternativa.
:)
Piuttosto che aprire la bocca giusto per darvi aria (ed evito parolacce solo perchè sono ospite) perchè non da’ un’occhiata all’ultimo eurobarometro? Vedrà che il 47% degli italiani è favorevole alla fuoriuscita, il 43% favorevole.
Visto che bisognerebbe informarsi prima di ragliare?
Eurobarometro? Asino, non si vota un referendum sull’euro, e poi chi lo fa ‘sto eurobarometro quel deficiente di Bagnai e i suoi adepti?
Guardati qualche statistica relativa alle intenzioni di voto.
@Saverio: se fai un sondaggio sulla fiducia degli scozzesi nel Regno Unito, i risultati sono drammatici per Sua Maestà britannica. Poi fai il referendum per l’indipendenza della Scozia e vince di larga misura il No alla secessione.
“Tutto ruota intorno ai mercati finanziari, il moloch che loro, così come Biasco, adorano dando ad essi i poteri che i nostri antenati davano alle divinità derivanti dai fenomeni naturali.
Eh no: i mercati finanziari sono fatti umani, e come tali iniziano, finiscono, possono essere gestiti, come dimostrano le manovre sullo spread per cacciare Berlusconi.”
Lo vada a spiegare a chi è fuori dal mercato dei capitali. Non siamo negli anni ’50. Può non piacerci, ma la situazione è questa. E non è solo una questione di mercati, tuttaltro, è un problema di stati patrimoniali intrecciati (Minsky).
Nelc 2008 la crisi si è diffusa nel mondo con il fallimento di UNA sola banca (tutte le altre erano state salvate). Per lei la sparizione della seconda valuta del mondo è neutra?
– il “matrimonio” tra Banca Centrale e Tesoro;
OK
“– l’indicizzazione dei salari;”
L’indicizzazione dei salari, la prego di leggere Paolo Sylos Labini in proposito e la letteratura Post Keynesiana in genere, provoca una spirale inflazione-salari in presenza di shock esterni (come sarebbe il caso di una svalutazione molto accentuata). Questo va benissimo all’inizio, ma dopo deve essere fermato e ciò ha dei costi sociali che ben conosciamo. Pertanto è da sconsigliare. I salari vanno indicizzati alla produttività, non all’inflazione. Si può però pensare ad una “una tantum” subito dopo l’exit.
“– controlli sui movimenti di capitale;”
Che significa uscire dal mercato dei capitali, ovvero finire sotto il FMI (sempre che ne abbia la possibilità)
“– controlli sulle importazioni (e dazi doganali, se necessario);”
Anche gli altri reagirebbero con i dazi. Risultato: zero.
“– politiche di import substitution.”
OK
[…] Se la Banca Centrale Europea subisse una perdita evitando di agire al fine di “salvare” il suo debitore (la Grecia) e tenerlo nell’eurozona, i mercati saprebbero immediatamente che i titoli in pancia della BCE (anche i nostri) non sono implicitamente garantiti. In altri termini, se si lascia fallire la Grecia, i mercati inizierebbero a chiedersi “chi è il prossimo che verrà lasciato fallire/uscire?”, esattamente come accadde nel 2008 con il mancato salvataggio di Lehman Brothers. Ciò potrebbe portare ad una nuova crisi dei debiti sovrani (e a un nuovo credit crunch), ma con la differenza che stavolta la BCE avrebbe già fatto fallire e uscire uno stato di cui era creditrice, e pertanto i mercati potrebbero perdere fiducia nella “fungibilità” della moneta unica e dei suoi collaterali, potenzialmente avviando il processo di dissoluzione incontrollata di cui abbiamo parlato ieri. […]
Iodice, non meniamo il can per l’aia:
– indicizzazione dei salari: la rincorsa prezzi-salari è una di quelle fole con cui ci hanno riempito la testa negli anni ’70 per rompere il manganello in testa ai lavoratori; quale spirale si avrebbe con un’inflazione che crescerebbe, al massimo per un anno, di 3 o 4 punti percentuali (e magari crescesse…)? Di quali schock esterni parliamo se in tutto il mondo c’è una crisi di domanda? Ma quali banche fallirebbero, se molte banche (soprattutto tedesche) sono già OGGI tecnicamente fallite ma le tengono in vita e continueranno a tenerle in vita?
– controlli sui movimenti di capitale: la “repressione finanziaria” ha funzionato meravigliosamente per 30 anni e passa, francamente non vedo per quale ragioni oggi non dovrebbe funzionare; non mi dirà davvero che crede alla favoletta dei supercomputer? I supercomputer funzionano se hanno la spina attaccata: se la spina è staccata, non funzionano!
– controlli sulle importazioni: ma che fantasia quella per cui tutti reagirebbero con i dazi! Una volta che abbiamo finalmente un cannone per sparare e non lacrime da piagnucolare (vedi la fine da perecottaro di Tsipras e Varofuffakis) ma crede davvero che i crucchi metterebbero dazi per i prodotti italiani sapendo che gli italiani li metterebbero su quelli tedeschi! Ma via, siamo seri!
Il barometro..
“In 23 Member States, including all the members of the euro area, majorities of citizens
say they are in favour of “a European economic and monetary union with one single
currency, the euro”. In nine countries, at least three-quarters of respondents are for the
euro: Estonia (83%), Luxembourg (80%), Slovakia (79%), Malta (77%), Ireland (76%),
the Netherlands (76%), Belgium (76%), Slovenia (75%) and Finland (75%). At the other
end of the scale, respondents in Bulgaria are much more divided, but a majority of them
now support the euro (45% vs. 42%). Conversely, majorities oppose the euro in five
Member States: Sweden (73%), the United Kingdom and the Czech Republic (both
70%), Denmark (61%) and Poland (48% vs. 40% “for”).
Support for the single currency has risen in 18 Member States, most strikingly in
Lithuania10 (63%, +13 percentage points since spring 2014) and Latvia (74%, +6). In
these two countries, the increases are even more spectacular when the results are
compared with the Eurobarometer survey of spring 2013 (EB79): +23 in Lithuania, up
from 40%, and +31 in Latvia, up from 43%. Conversely, opposition to the euro has
gained ground in seven countries, most strikingly in Greece (35%, +6). Noticeably, the
index of support11 for the euro has increased since spring 2014 in the five Member States
where a majority oppose the euro (+10 in Denmark, +8 in Sweden, +7 in the United
Kingdom, +4 in the Czech Republic and +2 in Poland). “
“la rincorsa prezzi-salari è una di quelle fole con cui ci hanno riempito la testa negli anni ’70 per rompere il manganello in testa ai lavoratori”
Quel famoso traditore del popolo di Paolo Sylos Labini? La spirale salari-prezzi è un modello post keynesiano di base….
“Di quali schock esterni parliamo se in tutto il mondo c’è una crisi di domanda?”
La svalutazione.
“quale spirale si avrebbe con un’inflazione che crescerebbe, al massimo per un anno, di 3 o 4 punti percentuali”
Se c’è una indicizzazione dei salari, può innescarsi la spirale. Se l’aumento è una tantum allora no.
“Ma quali banche fallirebbero, se molte banche (soprattutto tedesche) sono già OGGI tecnicamente fallite ma le tengono in vita e continueranno a tenerle in vita?”
E’ esattamente ciò che diciamo! L’uscita dall’euro renderebbe palese lo stato di fragilità del sistema bancario che oggi si regge sul commitment della BCE.
“la “repressione finanziaria” ha funzionato meravigliosamente per 30 anni e passa, francamente non vedo per quale ragioni oggi non dovrebbe funzionare;”
Se la fai da solo dopo essere uscito dall’euro non è mica paragonabile al sistema di Bretton Woods!
“ma che fantasia quella per cui tutti reagirebbero con i dazi!”
Draghi lo ha minacciato esplicitamente.
“la rincorsa prezzi-salari è una di quelle fole con cui ci hanno riempito la testa negli anni ’70 per rompere il manganello in testa ai lavoratori”
Quel famoso traditore del popolo di Paolo Sylos Labini? La spirale salari-prezzi è un modello post keynesiano di base….
Domanda, la famosa spirale prezzi salari con cui ci hanno fatto i modelli dagli anni 70, tiene conto del MANCATO abbassamento dei profitti dei capitalisti in conseguenza degli shock esterni? (nel caso degli anni 70 i vertiginosi aumenti del prezzo del petrolio). Oppure non ne tiene conto e i modelli hanno dato per “naturale” il fatto che il capitale hanno scaricato il barile quasi totalmente sul lavoro?
Non le sai queste cose? Non lo sai che “la spirale” avviene proprio perchè non c’e’ equa perequazione delle perdite? (Un esempio, il prezzo del petrolio aumenta di brutto, il capitale non vuole ridurre i profitti e aumenta i prezzi finali, per dopo scaricare le colpe dulle indicizzazioni, che sono state conseguenze del FATTO, e ovviamente alimentano la “spirale”)
Iodice, intanto un breve avvertimento: o tiene a bada certi commentatori, come Calogero, o al prossimo insulto che leggo faccio uno screenshot e passo all’avvocato senza pensarci oltre. Per una volta posso passar sopra, la seconda stringo i denti, ma la terza querelo.
Poi nel merito: la spirale salari – prezzi si innesca in presenza di schock esterni. Ne vede in giro? Non mi pare. Ne prevede? Io no. Ma i fallimenti delle banche! Tutti, anche i sassi, sanno che Deutsche Bank e le Landeskassen sono tecnicamente fallite: ma le tengono in vita ora e continueranno a tenerle in vita a spese dei contribuenti, costi quel che costi. I tedeschi non si fanno scrupoli di violare le regole quando conviene loro.
La storia della scala mobile italiana non mi pare proprio la storia di uno strumento che abbia scatenato inflazione: essa ha vissuto dal1945 sino al suo omicidio nel 1984. Sono stati quaranta anni di inflazione a due cifre? Non mi pare affatto. Il suo scopo è semplicemente quello di assicurare che gli aumenti salariali siano in misura tale da compensare l’andamento dell’inflazione, ma nulla dice su eventuali ulteriori aumenti connessi con la produttività.
Non ho capito il nesso tra “repressione finanziaria” e Bretton Woods: per “repressione finanziaria” intendo gli strumenti usati nei gloriosi trenta per sottomettere i “mercati” e descritti da Reinhart e Sbrancia.
Quel che dice Draghi onestamente mi interessa poco: se l’Italia uscisse sarebbe per lui tempo di trovarsi un altro lavoro, magari fra i suoi amichetti di Goldman Sachs a cercare di svendere ancora l’Italia agli stranieri, cosa in cui, come noto, è maestro
Un “pezzo grosso”, lui querela. Da sganasciarsi dalle risate.
Ma tornatene nel blog di Bagnai e restaci. Gente insulsa che si prende pure sul serio.
“a spirale salari – prezzi si innesca in presenza di schock esterni. Ne vede in giro? Non mi pare. Ne prevede? Io no”
Una svalutazione significativa è uno shock (neanche lo sai scrivere)
[…] Come abbiamo detto recentemente, provocare la fine traumatica dell’eurozona attraverso l’uscita unilaterale non è una soluzione, ma un nuovo male. […]
[…] Come abbiamo detto recentemente, provocare la fine traumatica dell’eurozona attraverso l’uscita unilaterale non è una soluzione, ma un nuovo male. […]
Argomentazioni condivisibili ma avrei preferito un titolo più tranchant tipo ” Chi auspica l’uscita dell’Italia dall’€ è fuori di testa” ed un tono più aggressivo.
[…] un articolo pubblicato da Economia e Politica, Gennaro Zezza, tra le altre cose, risponde al nostro articolo sugli eccessivi ottimismi sull’uscita dall’euro. Ci pare però di poter dire che la risposta di Gennaro non fuga i dubbi lì […]
[…] Gli eccessivi ottimismi sull’uscita dall’euro […]
[…] 8) D. Palma e G. Iodice parlano di Lehman al cubo in un bell’articolo: Gli eccessivi ottimismi sull’uscita dall’euro, in Keynes Blog . Cfr. https://keynesblog.com/2015/02/25/gli-eccessivi-ottimismi-sulluscita-dalleuro/ […]
[…] Ma questo non implica che uscirne riparerebbe l’errore commesso. Al contrario, il rischio è che la cura sia peggiore della malattia. E su questo siamo confortati da analoghe analisi (Gallegati, Biasco, Visco, […]
[…] Ma questo non implica che uscirne riparerebbe l’errore commesso. Al contrario, il rischio è che la cura sia peggiore della malattia. E su questo siamo confortati da analoghe analisi (Gallegati, Biasco, Visco, […]
[…] sottovalutano le implicazioni finanziarie, i favorevoli all’uscita dall’euro sopravvalutano la capacità delle svalutazioni di offrire un […]
[…] sottovalutano le implicazioni finanziarie, i favorevoli all’uscita dall’euro sopravvalutano la capacità delle svalutazioni di offrire un […]
[…] Ma questo non implica che uscirne riparerebbe l’errore commesso. Al contrario, il rischio è che la cura sia peggiore della malattia. E su questo siamo confortati da analoghe analisi (Gallegati, Biasco, Visco, […]
[…] ci siamo già occupati in passato. E poi ci sono quelli apparentemente più ragionevoli, i quali, coscienti dell’effetto domino che un’uscita solitaria potrebbe determinare, propongono un’ “uscita […]
[…] crisi italiana ha ampie ripercussioni anche all’estero. Il contagio è globale. Molte banche e aziende straniere, che hanno cospicui interessi in Italia, sono prese d’assalto […]