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Perché tagliare le tasse non funziona?

80euro

La riduzione delle imposte, viene detto in continuazione sui giornali italiani, è una necessità impellente per il nostro paese se si vuole uscire dalla crisi economica. C’è chi, come Francesco Giavazzi, è arrivato a sostenere che pur di realizzarla non dovremmo preoccuparci di sfondare il tetto del 3% di rapporto deficit/PIL imposto dai trattati europei. Ma basta un taglio delle tasse per uscire dalla crisi? La teoria economica ci dice che – nelle attuali circostanze – esso è pressoché inutile e comunque molto meno efficace dell’aumento della spesa pubblica. Vediamo perché.

MENO TASSE, STESSI CONSUMI

Il lettore attento obietterà che anche economisti come Paul Krugman sostengono che tagliare le tasse è “keynesiano”. Entro certi limiti questo è vero, come vedremo.Tuttavia ogni decisione economica va valutata in termini relativi, cioè occorre pesare costi e benefici paragonandoli a quelli di decisioni alternative.

Descriviamo quindi come funziona l’effetto di stimolo derivante dalla riduzione dell’imposizione fiscale. Quando il governo decide di tagliare le imposte sul reddito, finanziando le minori entrate in deficit, sta dando più reddito disponibile alle famiglie.

Prendiamo l’esempio di una famiglia con un reddito lordo di 20.000 euro che paga 5.000 euro di tasse. Il suo reddito disponibile è quindi pari a 15.000 euro. Tale famiglia risparmia 2.000 euro e spende i restanti 13.000.  Ha cioè una “propensione al consumo” pari a 13.000/15.000= 86,7% del suo reddito disponibile. 

Se, a seguito della riduzione delle imposte, il carico fiscale si riduce a 4.000 euro, tale famiglia si ritroverà con un maggiore reddito disponibile di 1.000 euro. Se si suppone che questa famiglia si comporterà con i 1.000 euro aggiuntivi esattamente come si è comportata con i 15.000 euro di reddito disponibile precedente, avremo che una parte verrà consumata e una parte risparmiata, esattamente nelle stesse proporzioni. Nel nostro esempio 867 euro verranno spesi e 133 risparmiati.

Gli 867 euro quindi si traducono in consumi (che vanno ad aumentare il PIL) e questi “trascinano”, prima o poi, anche la produzione, innescando il cosiddetto “moltiplicatore”: le imprese venderanno di più, quindi vi saranno più redditi distribuiti sia perché probabilmente esse assumeranno nuovo personale sia perché aumenteranno i profitti degli imprenditori.

Il costo di questa operazione per lo stato è rappresentato dal servizio del debito (gli interessi), ma se la manovra “funziona”, lo stato incamererà anche maggiori entrate (dall’IVA e dalle tasse pagate su profitti e redditi da lavoro aggiuntivi).

 

RAGIONANDO “AI MARGINI”

Cosa c’è di errato in questo ragionamento? L’errore sta nell’ipotesi che abbiamo fatto circa le decisioni di consumo e risparmio dei 1000 euro aggiuntivi da parte delle famiglie. Nessuno infatti ci assicura che esse utilizzeranno il nuovo reddito disponibile nelle stesse proporzioni del reddito precedentemente disponibile.

In tempi normali è probabile che sia così, anche se sappiamo che più il reddito cresce maggiore sarà la percentuale risparmiata. Tuttavia se si tratta, come di solito è, di riduzioni modeste, si può assumere che la propensione al consumo sui 1000 euro aggiuntivi sia all’incirca uguale a quella sui 15.000 euro di reddito disponibile prima della manovra.

Ma quando la fiducia delle famiglie è depressa, come in una crisi, questa assunzione non è più vicina al vero. E’ anzi probabile che la nostra famiglia tenda a risparmiare buona parte di quei 1000 euro, ad esempio perché si teme di perdere il lavoro e quindi si risparmia a scopo precauzionale. Se poi la famiglia è indebitata, le probabilità che i consumi non risentano della manovra aumenta notevolmente. Al limite, possiamo supporre che l’intero reddito disponibile aggiuntivo venga risparmiato e non consumato. Cioè, per ogni unità aggiuntiva di reddito, il consumo aggiuntivo è pari a zero. Siamo di fronte al caso in cui la propensione marginale al consumo è nulla. Ed è proprio la propensione marginale al consumo (e non quella media) che va considerata quando dobbiamo calcolare il moltiplicatore relativo ad una manovra finanziaria.

 

PIÙ SPESA PUBBLICA PER USCIRE DALLA CRISI

Se invece consideriamo il caso in cui lo Stato non riduca le tasse ma aumenti la spesa, le cose si presenteranno in modo del tutto diverso. Anche nell’ipotesi estrema di propensione marginale al consumo nulla, il solo fatto che la spesa sia aumentata ha già aumentato il PIL. Si badi che quando parliamo in questo contesto di spesa pubblica non intendiamo pensioni, sussidi di disoccupazione o altri trasferimenti monetari. Questi vanno considerati “tasse negative” e quindi equivalgono a sconti fiscali. Parliamo invece di acquisti di beni e servizi dal settore privato o della produzione diretta di beni e servizi da parte dello Stato. Questa spesa aumenta quindi il prodotto almeno per il suo ammontare. Ma le statistiche ci dicono che proprio durante una crisi il moltiplicatore della spesa diventa più elevato del solito, perché vi sono risorse inoccupate che essa attiva, senza andare in alcun modo a “spiazzare” la spesa privata.

 

IL TEOREMA DI HAAVELMO: KEYNES NONOSTANTE IL PAREGGIO DI BILANCIO

Finora abbiamo supposto che lo Stato aumenti la sua spesa o tagli le imposte in deficit. Ma se per un qualsiasi motivo non è possibile aumentare il disavanzo del bilancio pubblico, le strade non sono del tutto sbarrate. Poiché, come abbiamo visto, il moltiplicatore della spesa è un po’ più grande di quello delle tasse, è possibile operare una manovra finanziaria espansiva senza modificare i saldi. Essa consisterà nell’aumento della spesa coperto da un uguale aumento delle tasse. La maggiore imposizione fiscale avrà effetti depressivi, ma generalmente modesti, che verranno più che bilanciati dall’aumento della spesa, con un effetto complessivo espansivo. Questo effetto sarà molto più ampio se lo Stato preleverà dal settore privato risorse finanziarie che non verrebbero comunque spese (ad esempio attraverso una tassazione più progressiva, cioè aumentando le aliquote sulle fasce di reddito più alte) e le impiegherà in spesa ad alto ritorno in termini di occupazione e rendimenti, come le infrastrutture. 

Non solo: la maggiore progressività della tassazione ha l’effetto di aumentare la propensione al consumo della popolazione (sia media che marginale). Infatti essa bilancia la maggiore propensione al risparmio delle fasce a più alto reddito della popolazione. L’aumento della propensione al consumo aumenterà ulteriormente il valore del moltiplicatore della spesa. Pertanto le proposte di “flat tax” (unica aliquota fiscale) sono da considerarsi antikeynesiane.

Il Teorema di Haavelmo, la possibilità cioè di operare manovre espansive persino in caso di vincoli di bilancio pubblico, è stato l’oggetto di questo intervento di Joseph Stiglitz:

 

 

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37 commenti su “Perché tagliare le tasse non funziona?

  1. Terrificante.

    Terrificante che una mente umana possa produrre un “ragionamento” simile e nemmeno vergognarsi di renderlo pubblico.

    “La teoria economica prevede …” E che accidente sarebbe, ‘sta teoria economica? Ha qualcosa a che fare col fatto che se i consumi calano questo è dovuto al fatto che la gente non ha soldi da spendere? Che ci si sta sottoponendo a SACRIFICI, e che con due lire in più in tasca detti sacrifici uno se li risparmierebbe?

    Qualcuno di voi geni ha fatto caso al fatto che la crisi pare colpire più furiosamente i Paesi con più alto tasso di corrfuzione? Quelli in cui si ha praticamente la certezza che una lira in più tolta ad un padre di famiglia e messa nelle mani dello Stato verrà comunque fulminata in spesa improduttiva o privilegi assurdi?

    E qualcuno di voi geni ha fatto caso al fatto che tra l’altro, se il limite all’espansione monetaria è il controllo dell’inflazione, prelevare denari “inutilizzati” dal conto corrente di qualcuno O “stampare” altrettanta moneta ha lo stesso identico effetto sull’inflazione? E quindi anche un atassazione “perfetta”, tale cioé da prelevare esclusivamente da chi può permetterselo senza che ciò comporti variazioni ulteriori nel senso di un calo dei consumi, sarebbe solo idiotamente punitiva? Con l’unico effetto di dissuadere ulteriormente imprenditori ed investitori dal ricercare modi per produrre reddito in Italia?

    Vi rendete conto o no, che tutti i ragionamenti che fate si basano sul voler considerare ex ante delle cose, i moltiplicatori, che possono invece essere conosciuti solo ex post? Che la spesa pubblica su un’infrrastruttura CHE SERVE non può avere lo stesso effetto di quella su un’infrastruttura CHE NON SERVE O FA DANNO? Che dire “il moltiplicatore xxx vale tot” vale solo come media statistica di fatti accaduti e misurati, ma NON può assolutamente implicare che LO STESSO “tot” valga SEMPRE ED IN OGNI CASO? Lo capirete mai che lavorate con valori statistici, che NON FUNZIONANO allo stesso modo delle grandezze fisiche? Che NESSUNO nella vostra carriera accademica vi ha mai spiegato che cosa è un NUMERO?

  2. Di ” terrificante” c’é il commento di g.e.o. , lasciando perdere i toni non proprio sereni ci dimostra quanti danni hanno fatto le interessate diffusioni di notizie non documentate. L’Economia non é una scienza esatta ma un po’ di esperienze e dati sono disponibili a tutti e con quelli possiamo interpretare la realtà, non sono un economista di professione ma un tecnico che lavorando da qualche decennio qualche conoscenza ha raccolto. Il testo proposto era chiaro ed elementare ma le errate interpretazioni sono sempre possibili. I “sacrifici” sono indispensabili, fanno riprendere l’economia o avvantaggiano solo certi soggetti? Il rapporto Paesi con alto tasso di curruzione e crisi economica non é assolutamente dimostrato, basta controllare ( Bagnai 2014 ). Applicare imposte o stampare moneta ( potendolo fare ) non ha assolutamente lo stesso effetto ne sul PIL ne sull’inflazione, ma che la quantità di moneta si trasformi in inflazione non é automatico, dipende anche dai beni e servizi disponibili. Tralascio le errate considerazioni sul moltiplicatore, ma sembra che g.e.o. non abbia grande familiarità coi numeri.

    • E’ un bastian contrario ed affetto dalla sindrome di Stoccolma: ha confidato che ha un’attività commerciale e a causa della crisi riesce a stento a sbarcare il lunario. Ma, come si vede, è irresistibilmente e terribilmente incline a schierarsi in maniera esagerata (l’esagerazione è spesso spia di insincerità… “speculare”) dalla parte opposta al proprio interesse.

      • vincesko, oltre che il resto sei anche bugiardo al punto di farmi dire cose che non ho mai detto.
        Ho un’attività commerciale che vorrei vedere andare meglio, esercito una professione e sono proprietario di alcuni immobili dati in locazione sia a scopo abiattivo che commerciale. Vuoi sapere altro?

      • Chi è il bugiardo? Rifiutasti di rispondere sul contributo straordinario al mastodontico risanamento dei conti pubblici e ti arrampicasti sugli specchi per giustificare che un miliardario abbia potuto contribuire meno di me. Io non ho capacità divinatorie, mi attengo a quanto hai scritto tu. Ma, si sa, un vetecomunista di complemento come te dominato dall’egoismo fa un uso industriale, in luogo della menzogna (altro meccanismo difensivo), della proiezione, che per solito è il meccanismo difensivo tipico dei deboli con la coscienza sporca.
        Citazione:
        .g.e.o.17 ottobre 2014 alle 15:15
        “Gestisco una piccola attività commerciale ed ormai da qualche anno ne traggo un reddito che è più basso del più basso degli stipendi che pago al nostro personale di pulizia, lasciamo stare le segretarie. Per fortuna non campo solo di quello”.
        https://keynesblog.com/2014/10/15/appello-per-una-bretton-woods-europea

      • Grazie per la “citazione”, mi hai risparmiato la fatica. Dove avrei scritto che fatico a sbarcare il lunario? Sei in grado di distinguere tra un’attività ed una persona? Ti dò un indizio: “attività” e “persona” sono parole diverse perché indicano cose diverse.
        Per il resto. Non sono tenuto a rispondere a qualunque cosa tu chieda (non per altro, ma solo perché non vedo perché sprecare fatica su argomenti off topic). Non mi interessa giustificare il miliardario di cui parli, ma i tuoi “conti” erano del tutto grossolani e partigiani. E più in generale non ho intenzione di continuare a discutere con uno che dimostra zero onestà intellettuale ed ancor meno logica. Tutto ciò che fai è replicare a disco rotto, sembri aver seguito troppo qualche rampante di FI anni ’90, forse pensi che sia figo “discutere” come facevano loro, o forse hai seguito un corso di PNL capendone però solo i titoli ed anche male. Avere problemi va bene, ma tu esageri: dovresti almeno provare a risolverteli prima di dare il pilotto ad altri. Cioè, ad altri che non paghi, perché trovarti un bravo dottore sarebbe una buona idea.

      • @.g.e.o.: Ci sei o ci fai? Ti ho risparmiato la fatica? Sei anche un buontempone. Avere un reddito da una piccola attività commerciale più basso del più basso degli stipendi che pago al nostro personale di pulizia, lasciamo stare le segretarie” equivale a sbarcare il lunario (http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/domande_e_risposte/lessico/lessico_176.html ). E non c’era alcuna menzione dell’attività professionale. Sei uno ‘nzallanuto anche bugiardo. Lascia stare la logica, non posso dire che hai il primato poiché il web (oltre alla vita reale) è pieno di strampalati, ma raramente ho visto uno dalla logica più strampalata della tua.
        E proietti, oltre a tutto il resto, anche i suggerimenti (cfr. articolo allegato): bravo, è l’unica cosa saggia che hai scritto, non parlare con me:
        Citazione:
        vincesko 20 ottobre 2014 alle 14:17
        @.g.e.o.
        Un suggerimento da amico: è inutile confidare nell’efficacia del bla bla bla infinito degno di un veterocomunista dalla logica strampalata e masochista, profuso nei blog, fatti dare un’occhiata, ché è più salutare per te.

  3. La vostra soluzione mi sembra perfino banale. Io leggo spesso Krugman e anche se non mi ricordo che lo abbia mai esplicitamente detto i suoi discorsi sono in linea con questa visione. Secondo Krugman è keynesiana anche tagliare le tasse, ma anche aumentare la spesa e gli è molto chiaro che tagliare le tasse in un momento di crisi (e poi di questa entita) non porta a benefici. A conferma che questa teoria è giusta ci sono i dati che dimostrano un aumento dei risparmi in Italia paradossalmente (ma solo in apparenza) pur in questo momento di crisi. E perfino Padoan è arrivato a chiedere agli italiani di spendere gli 80 euro. Il problema è che prima avevamo un governo che credeva nel mercato regolatore assoluto, che credeva che se fossimo stati virtuosi il mercato ci avrebbe premiato. Ora abbiamo un governo… Che non sa neanche lui quale politica economica seguire.

  4. Io non sono così sicuro che sia più espansivo aumentare la spesa, nell’analisi manca un parametro fondamentale…il livello di carico fiscale di partenza! Se tale livello è alto, diminuendolo aumento l’attrattiva fiscale del paese, incoraggiando investimenti esteri…cmq diciamo che per non rischiare potremmo fare pari e patta: 50% di diminuzione fiscale, 50% di aumento di spesa pubblica…il punto è che è un discorso ozioso, perché in eurolandia noi facciamo disciplina di bilancio, vale a dire diminuiamo la spesa e aumentiamo le tasse, perché siamo convinti che lo stato deve dare l’esempio e tirare la cinghia, nello stesso identico momento in cui tutti la tirano…il che equivale all’ignoranza più totale dei concetti macroeconomici più elementari…

  5. Articolo pieno di buon senso, oltre che valido dal punto di vista tecnico.

  6. mi sembra che in un mio post ponevo propio un problema di questo genere e cioè che in italia, ma non solo, abbiamo un problema di redistribuzione ingiusta eccesso di risparmio da una parte e redditi insufficienti dall,altra ora che questo problema si pone mi sembra positivo, ma penso che da solo non basta. non credo a cio che dice geo (su fughe di capitali ed altro per due ragioni 1)che in momenti particolari lupo mangia lupo 2)perche chi ha “risparmi” in genere ha anche attivita imprenditoriali o commerciali per cui a)quello che esce da una parte rientrerebbe dall,altro, specie se queste attivita,fossero legate al territorio.b)che alla fine il miglioramento potrebbe dare un po di sollievo in quanto si potrebbe almeno uscire dalla deflazione e forse avere un po’di inflazione (qualche virgoletta). inoltre penso che gli 80 euro di renzi non hanno funzionato perche non erano reali,(perche se erano reali si potevano con quei soldi creare migliaia di posti di lavoro) vista l,altissima disponibilita di manodopera. quindi, era solo un modo per non scaricare gli ulteriori aumenti su quei lavoratori gia tartassati da monti.inoltre sappiamo bene che per la propensione al risparmio bisogna alzare di molto l,asticella altro che 20.000 euro. ma come dicevo penso che sia troppo poco ed appena sufficiente a smuovere un po’ l,economia credo che un po di spesa pubblica in aggiunta vada fatta specialmente in quei settori che usano meno i beni intermedi e le tecnologie costose, per evitare ricadute sulla bilancia dei pagamenti. penso che di cose da fare ce ne sono strade scuole ecc che alla fine del giro veramente verrebbero a costare poco piu di un paio di pranzi al giorno,altro che 80 euro immagginari.

  7. anch’io reputo terrificante l’articolo iniziale, unendomi ad altri commentatori…secondo il mio punto di vista i fatti economici mai possono prescindere da una visione globale, e prospettica,,, prendiamo la Grecia., la Francia, quali effetti si sono verificati nel pensiero comune??quali spostamenti ndi voto nell’elettorato? perchè aumentano gli avversari dell’euro e dell’Europa:: seconda riflessione..si sono fatte le analisi dell’indebitamento delle famiglie?? ma se è un fiorire di finanziare che finanziano il consumo– ?? se il risparmio globale aumenta .attenti . qual’è la provenienza(mettiamoci dentro anche la mafia, la corruzione, l’evasione fiscale…). non la riduzione delle tasse è necessaria per ridare fiato all’economia, dignità ai pensionati, dignitù alla classe media, e una boccata di ossigino anche alle classi piu’ povere .saluti corrado stefanini

    • Se la soluzione del problema fosse la riduzione delle imposte come potremmo spiegare che esistono Paesi con alta imposizione fiscale e buone condizioni economiche e Paesi con minor imposizione fiscale ed economie debolissime?
      Certo la qualità della spesa pubblica é un obiettivo importante ma i nostri problemi più importanti sono la disoccupazione, la crisi del sistema industriale, il costo dell’energia, l’insufficiente ricerca indispensabile per qualificare il nostro sistema produttivo ecc..
      Il sistema più efficiente e rapido per creare lavoro é una spesa pubblica qualificata e mirata, un secolo intero di attività economica l’ha dimostrato, poi possiamo discutere sul sistema migliore per finanziare questa spesa.

  8. chiedo scusa–una integrazione…la riduzione delle tasse deve essere bilanciata da una riduzione di spese non profuttive. stefanini corrado

  9. Giusto o non giusto, possibile o impossibile, sarebbe una goccia nel mare.
    Questo è un paese cattolico in cui ha grande impatto il concetto di Provvidenza.
    Tutti gli ultimi governi/o hanno solo tirato alle lunghe nella speranza che cambiasse il tempo, che domani risorgerebbe il sole da solo, che deve passare la nottata prima o poi, e nient’altro.
    Ora l’evento magico esterno, neanche a farlo apposta, si è finalmente verificato: il petrolio dimezzato di prezzo. Finché dura, dunque, tutti pregano il cielo che vada come sempre andò, che il Pil abbia un balzo in avanti dovuto agli sconti sulla bolletta energetica che sono immensamente più significativi che i decimali di percentuale per quanto amplificati da moltiplicatori pirotecnici. Se accade tutti saranno stati bravi (negli scongiuri) altrimenti perché una qualsiasi cosa possa essere fatta non sembrano esserci alternative all’uscita dall’euro, chi muore muore e chi campa campa.

    • Purtroppo per quanto utile per la riduzione delle importazioni la diminuzione del prezzo del petrolio non é da sola in grado di risolvere i problemi che nella risposta a Stefanini citavo. Dovremmo tutti fare uno sforzo per superare la barriera delle bugie interessate che da qualche decennio ci stanno propinando, punire chi ce le racconta e cercare delle alternative reali e logiche. Problemi complessi richiedono un Paese maturo con operatori e partiti interessati a promuovere l’interesse comune.

  10. E infatti le tasse non le abbiamo tagliate.

    La pressione fiscale è salita, nonostante gli 80 euro. Renzi non ha fatto altro che tagliare delle tasse da una parte, per aumentarle dall’altra parte.

    La pressione fiscale al 30% degli anni ’80, è solo un lontano ricordo, purtroppo.

    Inoltre, è salita anche la spesa, passata dal 49% del 2012, al 50,4% di oggi.

    Chissà perché non siamo diventati il Paese più ricco del mondo. Oltre il 50% del nostro PIL è costituito da spese statali.

    • Se l’aumento della pressione fiscale evidenzia le infinite bugie che ci raccontano e ha contribuito a peggiorare la nostra condizione é vero, come l’articolo ben descrive, che l’opposto cioé la riduzione non é il sistema migliore per la ripresa dell’economia. Solo dando risposte dirette ed immediate ai nostri problemi veri potremo migliorare la nostra condizione attuale e creare le premesse per un futuro migliore. Se pensiamo alle tante promesse di Monti dobbiamo ricordare che mascherare i veri fine delle iniziative economiche serve a dare vantaggi a un ristretto gruppo di soggetti nazionali e internazionali, pochi ma che contano tanto.

    • Il reddito disponibile per le famiglie è aumentato, i consumi no. Questo è il fatto che si evidenza nell’articolo

  11. Guido, in linea teorica potresti aver ragione, ma dal punto di vista empirico le differenze fra i due interventi potrebbero risultare molto più sfumate: più che diminuire le tasse ai ricchi, marginalmente toccati dai fenomeni di crisi – dati i livelli molto maggiori di tassazione regressiva sui consumi – il sostegno alla spesa privata può rivelarsi molto efficace attraverso la combinata riduzione delle imposte indirette e di sussidi o rimborsi d’imposte a favore dei ceti meno abbienti.

    Ai tempi di Keynes, in cui le tasse incidevano meno di oggi in rapporto al PIL, sarebbero state impensabili manovre di sostegno lato domanda attraverso politiche fiscali più favorevoli. Personalmente non le liquiderei nei termini sopra indicati, anche per non lasciare margini di dibattito ai pregiudizi ideologici di coloro che avversano l’intervento pubblico dello Stato in funzione correttiva del ciclo economico.

    Non comprendo invece le ragioni della tua qualificazione “antikeynesiana” della flat tax con deduzione, che può risultare persino più progressiva dell’attuale sistema ad aliquote.

    • ma che c’entrano “i tempi di Keynes”? Che il moltiplicatore delle tasse sia minore di quello della spesa è un risultato teorico della teoria keynesiana.

      • La teoria Keynesiana, ammesso che dica effettivamente questo, non e’ il Vangelo…il moltiplicatore della spesa è superiore a quello dell’alleggerimento fiscale a certe condizioni, non sempre…se no ha ragione chi dice che abbiamo trovato la pietra filosofale, basta aumentare le tasse all’infinito, tanto il delta della crescita sara’ sempre positivo matematicamente…non funziona cosi’…esiste una roba che si chiama legge di Laffer ad esempio…oltre un determinato limite, che incidentalmente l’Italia ha già superato, le entrate fiscali diminuiscono all’aumento delle aliquote…ripeto comunque: è un discorso ozioso: noi qui siamo legati mani e piedi e non facciamo ne’ una cosa né un’altra…

      • Ma infatti non ho sostenuto l’equivalenza tra i due moltiplicatori: ho scritto ( e lo ripeto) che le differenze possono attenuarsi, combinando la riduzione delle imposte indirette (penso all’ IVA, accise carburanti che gravano in misura più che proporzionale sulle necessità di consumo delle categorie disagiate) con sussidi e rimborsi d’imposte alle categorie sociali meno abbienti che si tradurrerebbero rapidamente in consumi.

        Per questo motivo ritengo che l’idea di tagliare le tasse non funzioni mi sembra fuorviante.

        Sul fatto che “ai tempi di Keynes” fosse difficile intervenire lato domanda attraverso sgravi fiscali perchè le tasse incidevano meno di oggi in rapporto al PIL, mi sembra una banalità da non dover ricordare ad un attento keynesiano come te.

    • Anche con le deduzioni la flat tax riduce l’aliquota effettiva pagata dai redditi più alti quindi aumenta la propensione al risparmio, quindi deprime il moltiplicatore. Punto.

      • No. La Costituzione non richiede imposte ad aliquote progressive, ma dice solo che il sistema sia ispirato a “criteri” di progressività.

        Un’aliquota unica (con deduzioni e detrazioni a seconda dell’estensione della fascia esente che si vogliono raggiungere) calibrata su una percentuale sicuramente più alta di quella suggerita da Borghi, pari a quella sulle rendite finanziarie o – ancora meglio – sui redditi societari,
        1 oltre a garantire un’invarianza di gettito (a rischio con % inferiori),
        2 informa ugualmente il sistema tributario a criteri di progressività,
        3 evita quelle disparità di trattamento fiscale – oggi in essere – fra i redditi temporanei di lavoro soggetti ad aliquote progressive e i redditi perpetui fondati sul capitale che scontano un’imposta proporzionale;
        4 Non ho cifre precise, ma non escludo che una parte di gettito “perso” attraverso la cancellazione delle aliquote differenziate sarebbero recuperate dalla minore convenienza a evadere ed eludere. Le esperienze empiriche al riguardo dimostrano questo.

        Grazie per l’ospitalità

      • @Alex Santucci: Non complichiamo le cose semplici. Anche Tremonti con l’aliquota del 23% aveva detto che era la stessa cosa, poi si è visto che era falso. E, non a caso, ad ogni cambio di governo Csx-Cdx si tolgono le deduzioni e si mettono le detrazioni e viceversa. Nella lingua magnifica e sintetica della nostra Costituzione, dove anche le virgole non sono scritte a caso e qualunque termine assume la cogenza della legge fondamentale, con un effetto combinato e sinergico tra i diversi articoli, l’espressione è chiarissima, la norma cost. esclude un criterio di imposizione fiscale non progressivo, che si ottiene senza fornire alcun assist agli imbroglioni alla Tremonti soltanto differenziando le aliquote.

        PS:
        IL PRINCIPIO DI CAPACITA’ CONTRIBUTIVA (art. 53 Cost.)
         Le leggi che istituiscono e regolano i tributi, pertanto, devono rispettare il principio di capacita` contributiva, sancito dall’art. 53 Cost., secondo cui “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita` contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività” .
         Quali sono i fatti che esprimono capacità contributiva?
         Che cosa è la capacità contributiva?
         L’indice generatore di capacità contributiva è, per eccellenza, il reddito.
         Oltre al reddito, sono considerati indici diretti di cap. contributiva, anche il patrimonio e gli incrementi di valore del patrimonio.
         Sono, invece, indici indiretti di capacita` contributiva, il consumo e gli affari (colpiti dalle imposte indirette, come le imposte di fabbricazione, l’imposta sul valore aggiunto, l’imposta di registro, ecc.).

        Fai clic per accedere a art.53_cost.pdf

      • PPS: Solo per info:

        Come uscire dal pantano delle detrazioni fiscali
        28.02.14
        Ruggero Paladini e Vincenzo Visco
        La nostra imposta sul reddito ha un gravissimo difetto, dovuto alla previsione di detrazioni di imposta decrescenti. Una vera riforma non può quindi che porsi l’obiettivo di eliminarle, oltre che di rimodulare le aliquote. Ecco come farlo pur in presenza di vincoli di bilancio stringenti.
        http://www.lavoce.info/archives/17638/tassazione-reddito-irpef-classe-media/

      • PPPS:

        Così si affonda nel pantano delle detrazioni
        20.03.14
        Vincenzo Visco e Ruggero Paladini
        Il Governo vuole assicurare un aumento di reddito di 1000 euro l’anno a chi percepisce fino a 1500 euro mensili netti. Ma l’ennesimo intervento sulle detrazioni per il lavoro non può che produrre effetti dirompenti sulla struttura dell’Irpef.
        http://www.lavoce.info/archives/18259/tasse-irpef-detrazioni-governo-renzi/

  12. Ma scusate un attimo. Se siete gente coerente, andate fino in fondo. Aumentare le tasse e con esse la spesa pubblica è più “espansivo” ha un “moltiplicatore” più alto, in breve porta più benessere alla collettività? Ne siete convinti? Benissimo! Allora abbiate il coraggio di pretendere, alla luce della vostra ragione, che il rapporto tra “pubblico” vantaggioso ed efficiente ed il “privato” necessariamente meno brillante venga portato al 100%; e dichiaratevi chiaramente ed una volta per tutte COMUNISTI.

    Alessandro Giannini, solo una riflessione: non può essere che l’aumento del risparmio in Italia sia VOLUTO ed ottenuto stratassando gli immobili, rendendo così più interessante l’investimento in strumenti mobiliari?

    gio d, d’accordo al 100%! Ma per i miei gusti sei troppo pacato, le cose andrebbero chiamate col loro nome, non potendolo fare per buona educazione sarebbe il caso di essere più incisivi … :-)

    claudio dici benissimo: l’articolo è “fasullo”, proprio perché quegli 80 € lo sono … il che rimanda al solito dubbio: chi lo ha scritto, se ne rendeva conto o meno? Ci fa o ci è?

    Rolan, esatto!

  13. che vuole dire, geo che quello che propone stiglitz e stato gia fatto da Renzi e non ha dato i risultati che si dovevano aspettare, evidentemente perche l,analisi è stata insufficiente, e tralasciava alcuni fattori. mi aiuti a capire

    • claudio, credo che non ci siamo intesi. Ho detto molto semplicemente che, se l’articolo si riferiva ai famosi 80€ come “taglio delle tasse” privo di effetti, allora non ha senso perché è basato su un presupposto sbagliato in quanto in corrispondenza di quell’elemosina sono state fatte cose che ne hanno annullato l’effetto.

      • ma io su questo punto sono d,accordo con lei penso che gli 80 euro non sono finite in consumi, non perche le famiglie hanno risparmiato, ma bensi perche il livello dei redditi era bassissimo, e le famiglie si erano fortemente indebitate precedentemente.altro che avere piu reddito disponibile.

    • @ivano chinello (e alter ego diversi)
      Io sono un libertario ed anch’io nel mio blog non censuro mai i commenti, ma permettimi di dirti: CHE PALLE!

  14. Mi scuso per il ritardo con il quale mi accingo a fare il mio commento. Mi dispiace che ancora una volta, al di la del pensiero di chi legge un articolo pubblicato su questo sito, ci siano commentatori che, invece di dare il loro apporto, come al solito, pensano di avere la verità in tasca e non riescono a dare il loro contributo di idee e di proposte. E’ da molto tempo, forse troppo, che mi sto sempre più allarmando di una assenza di discussione che parte non solo dallo studio delle scienze economiche, cosa che mi sembra del tutto ovvio, ma anche di principi elementari che partono dal presupposto che ad ogni azione vi è sempre e comunque una razione uguale e contraria e che, per questo motivo, chiunque debba guardare alle teorie economiche anche in funzione delle loro conseguenze reali. Mi sembra infatti indispensabile, come molti economisti del passato hanno sostenuto, che se da una teoria si giunge alle conclusioni che da una determinata azione si avrà un determinato effetto e, invece, nella realtà accade che si ha un effetto diverso, quella teoria deve essere modificata se l’effetto è un po diverso, oppure va getta nel cesso se gli effetti sono completamente diversi. E allora non riesco a capire perché si debba contrapporre ad una semplice analisi matematica le questioni che invece sono semplicemente di ordine politico e ideologico. Faccio un semplice esempio. L’articolo parla del teorema di Haavelmo e tutti coloro che hanno studiato macroeconomia sanno perfettamente che cosa è quel teorema e non credo che su questi si debba innescare una discussione di principio. Altra cosa invece è mettere in piedi un ragionamento sulla spesa pubblica. Un giorno mi sono permesso di fare un ragionamento con un ragazzo a cui facevo ripetizione di macroeconomia. E alla fine del periodo di ripetizione gli ho chiesto che cosa avresti fatto tu per uscire da questa crisi. Aveva a disposizione 100 miliardi di Euro da utilizzare. Dopo averci pensato un po, mi ha risposto che, vista la situazione esistente nel nostro paese lui avrebbe speso quei 100 miliardi per investire in nuove infrastrutture, primo perché in questo modo le imprese alle quali affidare i lavori avrebbero assunto lavoratori e secondo perché le imprese di costruzione avrebbero acquistato tutto il materiale da altre imprese necessarie per effettuare i lavori di costruzione delle infrastrutture. Ero soddisfatto della risposta perché il ragazzo aveva capito due cose fondamentali. La prima cosa che gli investimenti creano lavoro e, conseguentemente le imprese pubbliche o private aumentano il gettito fiscale nei confronti dello stato e, contemporaneamente anche gli altri lavoratori che vengono assunti pagano le imposte. Non solo, ma se un’impresa investe in impianti, macchine, attrezzature, immobili, è vero che dal suo conto corrente mancano i denari che sono stati spesi e, conseguentemente, nelle attività del bilancio della impresa vi è una diminuzione della liquidità ma, dall’altra, sempre nelle attività vi è un aumento dello stesso valore dovuto all’acquisto degli impianti, delle macchine, delle attrezzature, ecc. Secondo il teorema di Haavelmo la cosa funziona e come. Ma il bilancio dello Stato non è un bilancio privato. Il problema è che nel caso del privato, se acquista la casa e non ha i soldi, allora il privato va in banca e chiede un mutuo. Ne consegue che il privato ha un debito nei confronti della banca, che però è pari al valore della casa. Avrò cioè un debito di 100.000 Euro e nello stesso tempo ho un’attività, di 100.000 Euro. Ho cioè un bilancio in pareggio. Quindi ho detto a quel ragazzo che, anche se la sua idea e risposta è interessante (e per me giusta), non si può fare perché all’interno perfino della costituzione è stato introdotto la regola del pareggio di bilancio. Dovrebbe essere normale capire che dove esiste un debito vi è in contrapposizione un credito, dove vi è una produzione di un bene e di un servizio vi è in contrapposizione un consumo di quel bene e di quel servizio, dove un paese ha una esportazione vi deve essere un altro paese che ha un’importazione, che cioè ad ogni azione ci deve essere una reazione uguale e contraria e che per questo motivo a lungo andare che sfrutta la situazione “favorevole” alla fine rimane con la bocca asciutta. Infatti se io mi indebito fino a non essere più in grado di restituire quel debito al mio creditore, alla fine il creditore non sarà più soddisfatto perché quel debito non lo vedrà mai. Per chiudere voglio ricordare che il fondo monetario internazionale, al momento in cui la crisi americana (molti se ne sono dimenticati) è esplosa spostando i problemi interni agli Stati Uniti nel resto del mondo e, quindi anche in Europa, disse: guardate che da questa crisi si può uscire solo attraverso una politica di austerità. Ma dopo alcuni anni, lo stesso FMI si scusò con il mondo intero dicendo che le sue idee non si erano realizzate perché il moltiplicatore che avevano utilizzato per fare il loro studio e quindi il pronunciamento della loro proposta, era sbagliato. Lo hanno ammesso anche loro che il moltiplicatore che avevano utilizzato era molto più basso di quello che poi è stato nella realtà. Nessuno ha pensato che quei grandi scienziati e intellettuali dell’economia andavano presi a calci nel sedere, e che per le loro proposte che hanno creato danni incalcolabili alle economie del mondo intero, avrebbero dovuto rimborsare per ridare alle imprese, ai lavoratori ed ai cittadini del mondo tutto quello che hanno perso. Bene, alla faccia della responsabilità Quelli sono ancora al loro posto, continuano a emettere sentenze e non si vergognano. E allora non sarebbe da parte nostra meglio che, invece di discutere di aria fritta, si riprendesse una discussione anche forte sui temi dell’economia e della politica, partendo da un presupposto fondamentale: l’economia deve essere al servizio dell’uomo e non della finanza, perché quello che conta per tutti noi, essere umani di qualsiasi paese del mondo è quello di poter consumare i beni ed i servizi per soddisfare i nostri bisogni. Sandro

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