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Tagliare la spesa pubblica o aumentare le tasse? In nessuno dei due casi funziona

Il dibattito economico e politico di queste settimane, non solo in Italia, è impelagato nell’alternativa tra due tipi di austerità: quella fatta di tagli alla spesa pubblica (detti anche spending review) e quella fatta di aumento delle tasse. Numerosi articoli vengono scritti per dimostrare che una minore spesa pubblica “libera le risorse” del settore privato e quindi ha effetti addirittura espansivi.

Gli animi si stanno eccitando particolarmente nelle ultime ore, poiché l’Economist ha pubblicato il seguente grafico:


Dal grafico, costruito su dati raccolti dall’OCSE, si evince che l’Italia sta perseguendo la riduzione del deficit soprattutto aumentando le tasse. E questo è male, dicono gli articoli di cui sopra. Gli altri paesi, proseguono gli esperti, stanno invece tagliando le spese, e questo è bene, perché così l’economia riprende a girare, i privati tornano ad avere “fiducia”, lo Stato dimagrisce.

Solo che poi basta guardare quali sono questi paesi così virtuosi e si scopre che rispondono ai nomi Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, Gran Bretagna. Tutti paesi che si trovano in una crisi profonda quanto la nostra, se non di più, e non accennano a risollevarsi dopo le cure da cavallo subite.

Mettiamo da parte i disastri di Grecia e Spagna, due Stati che hanno quasi solo tagliato la spesa pubblica piuttosto che aumentare le tasse. Prendiamo invece la Gran Bretagna: un caso emblematico, poiché aveva tutti gli strumenti per non essere coinvolta nella crisi europea, eppure grazie alla politica di austerità fatta quasi solo di tagli è ripiombata nella recessione.

Sostenere che è meglio attuare il consolidamento fiscale con tagli alla spesa pubblica piuttosto che con maggiori tasse, oppure sostenere l’esatto opposto, è semplicemente insensato. Entrambi i metodi peggiorano le cose. Può darsi che uno sia più deteriore dell’altro, ma che importa? E’ come dover scegliere tra il cianuro o la cicuta: nessuno dei due cura la gastrite ed entrambi uccidono il malato.

Per risanare le finanze pubbliche serve la crescita. E per avere la crescita serve più spesa, pubblica e privata. L’Europa sta facendo l’esatto opposto, sia che tagli le uscite statali, sia che aumenti le tasse. E’ la medicina che è sbagliata, non il suo dosaggio.

18 commenti su “Tagliare la spesa pubblica o aumentare le tasse? In nessuno dei due casi funziona

  1. Certo, più spesa. Cioè ancora più potere discrezionale affidato a chi detiene i cordoni della spesa pubblica: i politici.
    Ma certo!
    Conferendo a questa casta di parassiti benefattori il potere di stabilire quali, a loro giudizio, sono i settori strategici per il bene collettivo, l’interesse generale, il futuro del Paese, ecc ecc ecc (tutti concetti lasciati alla discrezionalità di chi solo temporaneamente dirige la macchina).
    Magari orientando, ops distorcendo, il mercato della produzione verso settori che senza incentivi pubblici non sarebbero mai nati né cresciuti.
    Fantastico!
    Poi non lamentatevi se la green economy finirà anch’essa in una bolla!
    Bolla pagata da tutti, tranne che dai decisori e dalle loro clientele.
    Lo stato non è la soluzione!
    Basta guardare al nostro meridione ed a tutta la spesa che vi è stata riversata in nome dello sviluppo.
    Sì! Lo sviluppo delle mafie, della corruzione, dell’assistenzialismo, dei posti pubblici meno produttivi del Paese.

  2. Suggerirei ai gestori del blog di introdurre la moderazione dei commenti perché i troll stanno diventando davvero fastidiosi.
    Grazie mille.

    • Complimenti per la tua sincera disponibilità a leggere idee diverse dalle vostre che notoriamente sono antropologicamente superiori.
      Hai, forse, un problema con la libertà degli individui?
      Per te, hegelianamente, l’individuo è davvero libero solo quando si riconosce in organismi etici che lo trascendono, come avviene nella famiglia e nello stato moderno dove è possibile scorgere l’unità di determinazioni opposte: la soggettiva libertà del singolo e insieme la sua subordinazione, ben più stringente, al potere etico-politico.
      E pensare che un tempo eravate i paladini del “vietato vietare!”

  3. Ciò che può essere valido in linea teorica, può dare pessimi risultati sul piano pratico, che prevede l’uso di azioni frutto di scelte. Queste scelte, però, per quanto ci riguarda, toccano in sorte ad una classe politica non degna di fiducia. I tagli alla spesa, pur con tutte le cautele del caso, tolgono potere economico a chi governa, e questo mi sembra già un primo vantaggio non trascurabile. Il problema è evidentemente politico. Purtroppo!

  4. Il guaio è che questi signori così pragmatici, così attenti alle scelte concrete, così pronti a tagliare le unghie ai politici, sono molto probabilmente gli stessi che hanno votato personaggi che sono andati al governo con queste nobili intenzioni, salvo poi scoprire che agivano solo per i propri personali interessi (sia prima del 1992 che dopo).
    Il risultato di questo pseudo pragmatismo, finora, è stato il taglio delle spese sociali e del welfare, salvaguardando le spese per le opere pubbliche inutili alla collettività, ma utilissime agli amici degli amici.

    • La ringrazio pubblicamente, Giorgio, per aver confutato, argomentando punto per punto, le mie opinioni.
      Ma, purtroppo per Lei, non è in grado.
      Pertanto, mi ha relegato automaticamente (direi pavlovianamente) in una delle uniche due categorie della Sua mente aperta: i buoni ed i cattivi.
      E mi ha inserito nella, per Lei rassicurante, sottocategoria del disprezzo.
      Complimenti! Mi ha demonizzato, mi ha squalificato come interlocutore.
      Con me Lei non ci parla perché io sono solo una m..da.
      Mi ricorda tanto un guardiano della rivoluzione iraniana.

      • Io non ho espresso alcun commento offensivo nei suoi riguardi. Se si è sentito colpito sul vivo … mi dispiace ma sono affari suoi.
        Forse vorrà dire che ciò che ho scritto ha qualche fondamento di verità (come cantava una vecchia canzone).

  5. Non spostiamo il problema dalla sua posizione.
    Il problema è fare si che lo stato agisca secondo quanto suggerito dalla teoria economica in maniera strettamente referenziale.
    Se lo stato non riesce a gestire la funzione economica, bisogna riformare lo stato, non fare scelte economiche sbagliate. Non che sia semplice, ma è un altro problema.

  6. Tagliare la spesa? Aumentare le tasse? Ma: abbiamo idea dei miliardi di euro che lo Stato spende in Fincantieri, Finmeccanica, e via discorrendo, società a partecipazione statale? Abbiamo idea del numero di dirigenti, dipendenti delle Regioni assunti per non fare nulla? Lo stato spende, omaggia di miliardi di euro e il governo crede di poter “sanare” la situazione con un pannicello caldo (Aumentare le tasse). Da una lato c’é uno tsunami di denaro che fuoriesce e dissangua le casse statali.Dall’altro si pensa di poter recuperare con un cucchiaino quanto va via in maniera incontrollata. E l’evasione fiscale? A quanto ammonta l’evasione fiscale? C’é troppo squilibrio tra quello che si spende e quello che si cerca di far rientrare! Occorre tagliare fortemente su tanti finanzaimenti, tagliare fondi alle Regioni, abolire le Province! CONTROLLI SEMPRE E DOVUNQUE: E far pagare personalmente chi sbagli (Si appropria di denaro pubblico). Presso la Regione di Bari un consigliere a cui era stata contestata una spesa (ingiustificata) di 60 euro ha fatto ricorso. Il suo avvocato, a sentenza avvenuta, chiede una parcella di 20.000 euro che dovrà pagare la stessa Regione Pugla! E il caso punta Perotti? Chi paga? Si potrebbe continuare all’infinito…

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  8. Da sinistra non si riesce però ad assumere un punto di vista critico sulle spese pubbliche – e, almeno a livello dei partiti, mi sembra una questione di presidio “elettorale” che non porta da nessuna parte, anzi porterà alla fine dello Stato. Se tutta Europa non si coordina in una politica espansiva, rimane comunque il problema di attuare riforme che almeno migliorino in parte, anche se minima, l’efficienza della spesa. Non si può lasciare l’argomento del taglio delle spese inefficienti al presunto liberalismo austero che ci sta governando.
    Parallelamente a una battaglia culturale su politiche espansive quantomeno europee (ma non solo, v. un vostro bel posto di qualche giorno fa su “un New Deal globale”), bisognerebbe portare avanti un’opinione pubblica progressista che parli anche nel contempo di una REDISTRIBUZIONE DELLE SPESE dello Stato. Non si può lasciare la retorica antiassistenzialista, antispreco e anticlientelare nelle mani di chi la usa per cercare di delegittimare il welfare.
    saluti,
    nicola

  9. Personalmente penso che servirebbero tutte le misure elencate (taglio della spesa, tasse e aumento della produttività) dosate in maniera “farmaceutica” , l’errore comporta un sovraddosaggio o ipodosaggio di questo o quello elemento, che farebbe diventare il “farmaco” , deleterio !……….. Ma io chi sono per fare queste affermazioni??? Non ci sono dei laureati che guadagnano migliaia di euro che lavorano per questo ?????? …il problema è che le persone , politici ed economisti , che dovrebbero risolvere questo tipo di problemi, sono del tutto incapaci di farlo, sono degli inetti che hanno sempre sfruttato le cariche acquisite per riempirsi le tasche e non guardare più in la del proprio naso… avessero avuto un’azienda privata, sarebbero miseramente falliti già da tempo. Si , la nostra classe politica è formata da “falliti” per giunta disonesti ….

  10. Grande Alex… mi piaci proprio !!!!

  11. […] sono un caso di successo”. O ancora: “Estonia, un piccolo paese che può”. Essendo sempre più difficile dimostrare il recupero post-tagli di Spagna, Irlanda, Grecia, le tre piccole repubbliche ex sovietiche sono rimasti l’unico appiglio per difendere […]

  12. aumentare le tasse o ridurre la spesa?… ridurre la spesa per liberare risorse del settore privato? ha ha è una castroneria! prima di tutto bisogna dire di chi sono le risorse del settore privato liberate, visto che la maggior parte dei paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda, ecc) sono in deficit nella bilancia dei pagamenti ed hanno accumulato debito privato… capitali privati di chi? il settore privato dei paesi a cui sono chiesti i tagli della spesa pubblica non ha risorse, anzi debiti. E se il settore privato è senza soldi, non esporta da anni, chiude bottega oppure delocalizza nei paesi emergenti, chi può mettere i soldi per gli investimenti se non lo Stato? E poi mi dicano i commentatori di cui sopra, amici del pareggio di bilancio, e del rigore, la spesa pubblica non serve anche per garantire lo stato sociale? Ancora… non siamo in grado di spendere bene le risorse, per colpa di una classe politica corrotta, allora non spendiamo! tagliamo la testa al toro. Caspita! che ragionamento logico, non fa una piega, complimenti. Trovatemi una ricerca, condotta con rigore scientifico, con dati ufficiali certificati, che dimostri che il taglio della spesa pubblica ha effetti espansionistici.. dai forza, cercate, cercate… vabbè se lo dice l’economist che è della famiglia Rothschild…

  13. […] economisti vedono solamente le cause e gli effetti visibili (per es. piú spesa in disavanzo, come predicano ignorantemente i keynesiani). Il buon economista, invece, riesce a vedere anche ciò che non si vede (che cosa sarebbe accaduto […]

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