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Perché la spending review è sbagliata

Spending review, revisione della spesa. E’ questo il mantra degli ultimi giorni, con la nomina della commissione formata dai tecnici Bondi, Amato e Giavazzi. Sull’argomento le battute sono sin troppo facili: un governo di tecnici che nomina altri tecnici (di cui però uno è in realtà anche un politico).

Al di là di ciò, la spending review significa una cosa semplice: tagli alla spesa. Attenzione: l’obiettivo del governo non è la riqualificazione della spesa stessa, attraverso l’eliminazione delle spese meno produttive e l’utilizzo delle somme così risparmiate per investimenti e spese più utili. L’obiettivo dichiarato è diminuire la spesa pubblica.

Cosa c’è di male in questo? Molto. La spesa di qualcuno è sempre il reddito di qualcun altro. Se andiamo al supermercato e compriamo del formaggio, ad esempio per la somma di 5 euro, avremo incrementato il reddito del supermercato, il quale pagherà i suoi dipendenti. Parte dei nostri soldi andranno ovviamente al produttore del formaggio acquistato e quindi anche ai suoi dipendenti, e giù fino all’allevatore che ha fornito il latte.

Se però decidiamo di non acquistare il formaggio, tutti questi soggetti non avranno la loro quota parte dei nostri 5 euro. Se insieme a noi fanno questa scelta di risparmio 10 milioni di italiani, vorrà dire che il reddito nazionale non vedrà la bella somma di 50 milioni di euro.

Questo è il caso più semplice. Ora facciamo un’ipotesi aggiuntiva, ovvero che vogliamo ancora il formaggio, ma vogliamo risparmiare. Scopriamo che esiste un formaggio simile a quello che preferiamo, ma è prodotto in Germania, e costa un poco meno di quello italiano, diciamo 4 euro. Comprando il formaggio avremo ancora pagato una parte dello stipendio dei dipendenti del supermercato, ma parte della nostra spesa finirà al produttore tedesco e all’allevatore (probabilmente anch’esso tedesco), aggravando la nostra bilancia commerciale nei confronti della Germania, cioè il vero problema del nostro paese come degli altri PIIGS.

Se l’esempio vi sembra troppo di fantasia, bene, sappiate che il primo esportatore al mondo di formaggi nel 2008 è stata proprio la Germania. D’accordo, lo Stato in genere non compra formaggio, ma basta sostituire questa merce con le automobili o gli autobus e si capisce subito di cosa stiamo parlando.

Al danno, insomma, s’aggiunge la beffa.

L’obiettivo di risparmiare quindi non è così virtuoso come sembra a prima vista. Al contrario, può produrre effetti estremamente dannosi per l’economia.

Ovviamente se la spending review fosse indirizzata non al risparmio ma alla crescita, le cose sarebbero differenti. Si potrebbero infatti trovare risorse per investimenti e si potrebbero sostituire le importazioni con prodotti nazionali. Ma non è questo l’obiettivo che leggiamo sul sito del Governo.

Come diceva il buon vecchio Keynes, quando si risparmiano 5 scellini si toglie una giornata di lavoro ad un uomo.

51 commenti su “Perché la spending review è sbagliata

  1. ok tutto giusto,il ragionamento nn fa una grinza ma ,scusi la franchezza ,alla base di tutto resta comunque una latente miopia socio-economica… pensare di risolvere il tutto con un nazionalismo sfegatato è un concetto che trae origine dall’era mediovale ma non puà trovare applicazione all’interno di un mercato con caratteristiche europee se nn mondiali………Mi domando: cosa succederebbe se tutti i paesi membri della UE adottassero una politica nazionalista??? la nostra cara mozzarella DOP ( per rimanere nell’ambito del settore lattiero-caseario) nn sarebbe accettata da nessun stato estero ??? e , di riflesso dovrei crearmi degli scrupoli sociali ogni volta che mi metto al volante della mia Porsche cayenne???
    meditate……meditate…..

  2. “Mi domando: cosa succederebbe se tutti i paesi membri della UE adottassero una politica nazionalista???”

    In realtà la Germania lo ha fatto. La deflazione salariale in Germania è stato un danno notevole per le economie del resto dell’UE. Inoltre la Germania si sta opponendo a tutte quelle misure che potrebbero dar fiato all’Euro e all’economia della zona euro.

    “la nostra cara mozzarella DOP ( per rimanere nell’ambito del settore lattiero-caseario) nn sarebbe accettata da nessun stato estero ???”

    Il problema è la penetrazione commerciale della mozzarella e dei formaggi surrogati della mozzarella prodotti in Germania. Lei sa che quando va in pizzeria è molto difficile che quella sciolta sulla sua pizza sia davvero mozzarella? Questo in Italia. Si figuri all’estero.

    L’esempio può sembrare banale, ma si ricorda il caso delle mozzarelle blu provenienti dalla Germania? Si sarebbe mai immaginato molti anni fa che in Italia potessero arrivare mozzarelle tedesche?

    Ovviamente nessuno può pensare al protezionismo in un mercato unico come quello europeo e, tuttavia, o risolviamo il problema delle bilance commerciali con la Germania e i paesi satelliti oppure l’Euro deflagrerà. E non è certo solo questione di mozzarelle blu, purtroppo.

  3. Keynes ha scritto che nessun esportatore cronico può augurarsi di rimanere tale per lungo tempo perchè il suo importatore cronico alla fine non ce la farà più a pagare le importazioni e l’esportatore cronico vedrà annullarsi i vantaggi che credeva di aver guadagnato. Non è questione di nazionalismi o protezionismi, ma dovrebbe essere obiettivo dell’>Europa quella di tendere al pareggio della bilancia commerciale di tutti i suoi stati. Serve chiarezza di idee, programmazione e direzione politica. Tutte cose che questa Europa non ha.

    • mi sembra un ragionamento assai convincente; in realtà penso che Europa (mercato comune) e protezionismo nazionale non possano convivere, così come non può sopravvivere a lungo l’Unione monetaria, troppo fragile rispetto a cambiamenti radicali negli assetti politico-economici mondiali

  4. “Come diceva il buon vecchio Keynes, quando si risparmiano 5 scellini si toglie una giornata di lavoro ad un uomo.”

    Non trovo che quanto affermato da Keynes sia vero in generale. Potrebbe infatti accadere che quei 5 scellini di spesa siano sottratti ad esempio dal reddito di un Rentier (e in Italia ce ne sono tanti di rentier legati alla spesa pubblica); costui non riduce in alcun modo la sua spesa in beni e servizi, data la ricchezza di cui é dotato, ma ad esempio potrebbe utilizzarli per investirli in un asset management di un paradiso fiscale peggiorando cosi’ la bilancia commerciale. Questo risparmio di 5 scellini si otterrebbe con domanda aggregata invariata e quindi senza effetti deflattivi.

    • @calogero: la frase citata si riferiva in particolare alla spesa pubblica. Keynes era notoriamente un nemico dei rentier. Ma tenga conto che il rentier guadagna molto e spende molto poco rispetto a ciò che guadagna.

    • Se un rentier guadagna 100 e spende 50 e ciò si ripete anche l’anno successivo, l’effetto depressivo del rentier è invariato: sottrae 50 dalla domanda effettiva. Come decida di impiegare il suo risparmio – a maggior ragione se si considera gli investimenti esteri – è tutto un altro paio di maniche. Ma anche se acquistasse un fondo comune di investimento o un pacchetto azionario nel proprio paese, non contribuirebbe in nessun modo ad aumentare gli investimenti, dato che la sua decisione di impiego del risparmio si tradurrebbe in acquisto di porzioni di capitali esistenti, non in capitali nuovi, salvo che partecipi ad un aumento di capitale in modo diretto o indiretto, mediante il fondo, o acquisti titoli pubblici di nuova emissione. Pertanto, il risparmio – virtù individuale – ha un effetto depressivo certo sulla domanda complessiva (anche se non si è dei rentier). Che poi possa trasformarsi in investimenti nuovi (e non in acquisizioni di valori finanziari esistenti, ossia in un semplice trasferimento di ricchezza da un soggetto ad un altro) è tutto da verificare.

      • @Giorgio : non capisco bene il senso del tuo post.
        Io intendo che quel rentier (o “avvocato” che sia), se guadagna 100 e spende 50, continuerà a spendere 50 l’anno successivo anche se non guadagna piu’ 100 ma 70 a causa per esempio del taglio della spesa pubblica che influenza le sue parcelle.

        In questo senso non vedo come, con questo tipo di risparmio, si possa avere un effetto depressivo certo sulla domanda effettiva.

      • Se uno guadagna 100 e spende 50 e l’anno successivo guadagna 70 e spende 50, l’effetto sulla domanda effettiva è in effetti invariato in termini assoluti, poichè la spesa è rimasta la stessa.
        Ovviamente questo può anche succedere. Ma in generale se vi è una riduzione del reddito del 30% è molto probabile che il consumo si riduca. Anche supponendo che si riduca soltantato del 10%, ossia che spenda 45 anzichè 50, avremo un effetto depressivo sulla domanda effettiva di 5.

      • Per evitare equivici: non sto difendendo chi ha stipendi elevati nella Pubblica Amministrazione.
        Infatti concordo con la tesi del post secondo la quale se la spending review si dovesse tradurre in semplici tagli, senza rendere più efficiente (e più equa) la spesa pubblica, non cambierebbe il segno recessivo della politica economica del governo Monti.
        In altri termini, se il tutto si limitasse a tagliare dei precari o dei servizi essenziali, anzichè dei rentiers (come Calogero li chiama), ossia l’alta burocrazia e, ad esempio, le dubbie consulenze esterne, l’effetto sulla domanda effettiva sarebbe indubbiamente maggiore. Infatti – proprio perchè gli alti papaveri di solito hanno una bassa propensione al consumo – un’eventuale taglio dei loro stipendi avrebbe un’impatto minore sulla domanda che il lasciare a casa – ad esempio – 1000 insegnanti, se l’importo tagliato è di pari ammontare..

  5. @Giorgio : non capisco bene il senso del tuo post.
    Io intendo che quel rentier (o “avvocato” che sia), se guadagna 100 e spende 50, continuerà a spendere 50 l’anno successivo anche se non guadagna piu’ 100 ma 70 a causa per esempio del taglio della spesa pubblica che influenza le sue parcelle.

    In questo senso non vedo come, con questo tipo di risparmio, si possa avere un effetto depressivo certo sulla domanda effettiva.

    • Oggi il governo è stato battuto mentre cercava di salvare le rendite di quel tipo di rentier che hai indicato tu (super manager). Indicativo, no? Comunque per risolvere il problema basta alzare vertiginosamente l’imposizione fiscale sui redditi più alti.

      • Sono d’accordo con te occorre alzare l’imposizione sui redditi alti, a condizione che questi redditi siano dichiarati…In Francia, esiste una tassa sui grandi patrimoni (oltre circa 700k euro). Ovviamente non si puo’ eccedere con l’imposizione perche’ si puo’ sempre cambiare paese. Cosa é accaduto in Senato oggi non fa certo onore a Monti e al suo governo, anche se trovo che nelle condizioni in cui si trova ad agire non tutto sia da rigettare.

  6. @Giorgio Al di là dei calcoli ipotetici, Keynes ammetteva che in fasi di espansione era utile ricorrere al requilibrio dei conti, anche attraverso tagli o maggiore imposizione fiscale senza incrementare la spesa.

    Il problema é che attualmente in Italia siamo in una fase recessiva e che gli strumenti a disposizione del governo per riequilibrare il sistema sono pochi e poco efficaci. Occorre ripensare le varie istituzioni dell’Unione Europea, e non é lavoro che possa essere fatto in poco tempo. Non esistono bacchette magiche, neanche keynesiane.

    • Calogero scrive: Keynes ammetteva che in fasi di espansione era utile ricorrere al requilibrio dei conti, anche attraverso tagli o maggiore imposizione fiscale senza incrementare la spesa.

      Ti pare che in questo periodo l’Italia sia in una fase di espansione o di crescita economica?

      Ciò detto, se il taglio alla spesa pubblica riguarderà sprechi e innefficenze, ben venga! Ma se non sarà così – come paventa l’articolo – non sarà altro che un nuova manovra recessiva in una fase già difficile per l’economia e l’occupazione.
      Concordo invece che occorre rivedere le istituzioni della Ue e della zona Euro, a cominciare dalla Bce (che deve diventare a tutti gli effetti una banca centrale come la Fed).

      • @Giorgio: mi sembra anche di avere scritto:

        “Il problema é che attualmente in Italia siamo in una fase recessiva e che gli strumenti a disposizione del governo per riequilibrare il sistema sono pochi e poco efficaci.”

        Quindi, francamente non capisco perche tu mi faccia dire che attualmente siamo in una fase di espansione.

  7. veramente la signora fornero era partita da un prespposto giusto e cioe un reddito di disoccupazione per chi perdeva il lavoro o era costretto a una maggiore mobilitita ecc mi sembra che questo sia il presupposto giusto per affrontare qualsiasi ristrutturazione del mercato in quando la ristrutturazione richede molti aggiustamenti ed essendo che nel fare questo si ha a che fare con uomini e non cose il sistema di sostegno al mercato e un meccanismo necessario al buon funzionamento del sistema che in una economia moderna e abbastanza pianificato,pur tuttavia nel tempo a bisogno di aggiustamenti ,per tutta una serie di ragioni immobilismo scarsa produttivita,e non ultima la corruzione che si instaura in maniera crescente nei rapporti consolidati.ora in questo momento secondo me e questo che ci vorrebbe una ristrutturazione generale piu che a diminuire la spesa in corso ma ha distribuirla meglio e per fare questo ci vorrebbe una politica forte ed autorevole capace di dettare le regole del gioco a tutti,ed è propio cio che manca adesso…a ragione l,autorevole autore a dire che bisognerebbe invertire la rotta ma chi è in grado di farla oggi con imprenditori e politici che stanno offrendo il peggio di se stessi

  8. […] Continua a leggere » Like this:LikeBe the first to like this post. […]

  9. In merito all’ articolo, una spiegazione più tecnica ed efficace, ma comunque in accordo con quanto scritto, la trovate quì :

    Versione semplificata….
    http://goofynomics.blogspot.it/2012/04/laritmetica-del-debito-pubblico.html

    …. e versione completa…..
    http://goofynomics.blogspot.it/2012/04/e-la-dinamica-del-debito.html

    L’ effetto del moltiplicatore Keynesiano…

  10. Quindi la solutions consisterebbe nell’ aumentare la spesa pubblica. mah… Stando a questa logica, l’Urss doveva crescere economicamente come un leone…

  11. Ma come procuriamo i 5 euro per pagare il formaggio?

    • Esatto! Questa è la domanda giusta. L’autore dell’articolo ci convinca adesso per cortesia che lo stato NON li sottrae da un cittadino che li avrebbe speso molto volentieri sulle cose che gli paiono, altrimenti è ovvio che il ragionamento non regge.

      • @Maurizio: in realtà, semplificando, lo Stato spende prima di incassare le tasse, altrimenti lo stesso concetto di deficit sarebbe impossibile. In ogni caso, data la particolare situazione italiana (abbiamo l’Euro e non una nostra moneta e la BCE non monetizza il debito) se lo stato prende quei 5 euro da chi NON avrebbe speso comunque tale cifra (cioè da chi ha una bassa propensione al consumo perché ha redditi molto elevati), fa una manovra di stimolo all’economia.

      • @Guiodic, puoi avere un deficit annuale anche se lo stato incassa prima di spendere. Basta che spenda piu’ di quello che riceve.

        Inoltre, a meno che il ricco non tenga i soldi sotto il materasso (letteralmente), i suoi “risparmi” sono sotto forma di azioni, obbligazioni, conti correnti ecc. Cioe’, stanno GIA’ finanziando investimenti e/o consumi di chi prende a prestito. Per capirlo, domandati cosa succede al mercato azionario e agli investimenti se tutti quelli che hanno soldi “non spesi” investiti in azioni ti tolgono insieme e li mettono sotto il materasso.

        Se gli “stimoli” fossero possibili, saremmo tutti straricchi da un pezzo (da mezzo secolo almeno). Basterebbe “stimolare” costantemente l’economia, stampando moneta e/o imponendo patrimoniali altissime a chi ha una “bassa propensione al consumo”. Quale governo non lo farebbe, se potesse rendere tutti ricchi gratis?

      • “puoi avere un deficit annuale anche se lo stato incassa prima di spendere. Basta che spenda piu’ di quello che riceve.”

        Se interpreto bene ciò che hai scritto, è la stessa cosa detta in un altro modo.

        “Inoltre, a meno che il ricco non tenga i soldi sotto il materasso (letteralmente), i suoi “risparmi” sono sotto forma di azioni, obbligazioni, conti correnti ecc. Cioe’, stanno GIA’ finanziando investimenti e/o consumi di chi prende a prestito.”

        Non è così banale. In realtà le banche non prestano i soldi che ricevano da altri clienti ma sono esse stesse a “creare” la moneta. Sul tema c’è stato un recente scontro tra Krugman e Steve Keen di cui prima o poi daremo conto.

        “Se gli “stimoli” fossero possibili, saremmo tutti straricchi da un pezzo (da mezzo secolo almeno). Basterebbe “stimolare” costantemente l’economia, stampando moneta e/o imponendo patrimoniali altissime a chi ha una “bassa propensione al consumo”. Quale governo non lo farebbe, se potesse rendere tutti ricchi gratis?”

        Ma in effetti è simile a ciò che è accaduto negli anni 50 e 60. Piena occupazione, benessere diffuso, produttività che cresceva ad alti ritmi, crescita del PIL pressoché costante e sostenuta nonché altissime aliquote maginali, fino al 94%. Non in Unione sovietiva ma negli Stati Uniti d’America.
        Non si poteva allora stampare moneta però senza avere l’equivalente in oro.

      • Guiodic, se leggo bene hai scritto che o lo stato spende prima, o il concetto di deficit e’ impossibile. Io ho detto che anche se lo stato non spende prima (cioe’, incassa prima), il concetto di deficit e’ perfettamente funzionante.

        Sulla questione dei ricchi che tesoreggiano, mi pare che la mia obiezione rimane in piedi: i soldi risparmiati ed investiti in azioni non sono buttati, sono investimenti privati.

        Sulla questione americana, puoi informarti qui (http://www.whitehouse.gov/sites/default/files/omb/budget/fy2013/assets/hist01z2.xls) sui deficit degli anni 50 e 60 in percentuale del pil americano. Senza fare polemiche, riportare fatti fedeli aiuterebbe i lettori, altrimenti si fanno idee sbagliate.

        E anche senza conoscerli, perche’ questi governi, che hanno scoperto e beneficiato di politche che possono incrementare il reddito in modo indolore hanno smesso di farlo?

      • se leggo bene hai scritto che o lo stato spende prima, o il concetto di deficit e’ impossibile. Io ho detto che anche se lo stato non spende prima (cioe’, incassa prima), il concetto di deficit e’ perfettamente funzionante.

        Continuo a pensare che stiamo dicendo la stessa cosa.

        mi pare che la mia obiezione rimane in piedi: i soldi risparmiati ed investiti in azioni non sono buttati, sono investimenti privati.

        Non mi sembra. La tua idea si basa sul fatto che i soldi che io deposito in banca siano gli stessi che vengono prestati ad altri clienti. Il che implicherebbe che bisogna risparmiare per spendere.
        Ma, se non è così, il ragionamento non torna più.
        Inoltre pensa ai soldi che le banche lasciano nei depositi overnight della BCE che in questi mesi hanno sfondato record su record. Pensa al fatto che nonostante poderosi stimoli monetari della FED e il tasso di interesse reale negativo, gli investimenti non ripartono, l’economia rimane stagnante (a parte il picco dovuto alle spese in deficit del piano di stimoli, tagliato appena stava avendo qualche effetto…) e l’occupazione con essa.

        sui deficit degli anni 50 e 60 in percentuale del pil americano.

        Non capisco cosa proverebbero secondo te quei dati. Un paese che fa politiche keynesiane può benissimo essere in surplus in certi periodi, in defici in altri, oppure in pareggio. I grandi deficit si hanno, volenti o nolenti, durante le crisi. Ma quando l’economia va bene, anche il gettito fiscale andrà bene.

        E anche senza conoscerli, perche’ questi governi, che hanno scoperto e beneficiato di politche che possono incrementare il reddito in modo indolore hanno smesso di farlo?

        Non è indolore per tutti. Politiche del tipo che ho descritto tendono ad essere redistributive, persino in assenza di un preciso sistema di welfare, e lo sono molto di più se poi c’è uno stato sociale e alte aliquote marginali. Redistribuzione vuol dire che la quota salari tende a crescere a svantaggio di quella dei profitti. Ovvero l’opposto di quanto accadunto negli ultimi 30 anni circa. I tax cuts sugli alti redditi sono una tradizione del GOP. Non è una scelta casuale.

  12. p.s. mettiamola in un modo più “classico”: diciamo che facciamo tutti una scelta di risparmio, tenendo tutti 5 euro in più nel nostro c/c. Nel momento in cui la facciamo, calerà la spesa, che farà calare la produzione e quindi le aziende non investiranno visto che anzi avranno scorte in magazzino. Ma la riduzione del reddito aggregato porterà poi a un nuovo equilibrio tra investimento e risparmio in cui però entrambi i termini saranno miori di quanto erano in partenza.

  13. Scusami, ma proprio non riesco a capire.

    Sulla questione (minore, ma mica tanto) del deficit. Tu scrivi: “lo Stato spende prima di incassare le tasse, altrimenti lo stesso concetto di deficit sarebbe impossibile.”
    Ci sono due possibilita’: 1) lo stato spende e poi incassa, 2) lo stato incassa e poi spende. Tu dici che dobbiamo essere nel caso 1), altrimenti (se siamo nel caso 2)) il concetto di deficit e’ impossibile. No, nel caso 2 il concetto di deficit e’ possibilissimo: incassi 50 e poi spendi 100.

    Sul resto, piu’ sostanziale.

    Sono sicuro che non vuoi sostenere che tutta la raccolta fondi delle banche e’ tenuta in depositi overnight. La gente ha scoperti di conti corrente, mutui, fidi, eccetera. L’attivo delle banche sta gia’ finanziando investimenti e consumi.

    Inoltre, sono sicuro riconosci che il capitale azionario delle quotate, e in generale il capitale di rischio delle imprese dall’altro lato si chiama risparmio per qualcuno. Quel risparmio non e’ improduttivo.

    Detto questo: i 5 euro che il governo spende o sono presi a qualcun’altro con tasse, o sono un nuovo debito contratto dallo stato.

    Nel primo caso, li stai togliendo o a qualcun’altro che consuma e/o investe nello stesso momento.

    Nel secondo caso, c’e qualcuno che sta comprando i bot e btp e che quindi non usa quelle risorse. Aggiungo, inoltre, che il credito che il credito che questi cittadini hanno verso lo stato dovra’ essere ripagato prima o poi con altre tasse o minori spese.

    Il vincolo di bilancio (intra-temporale e inter-temporale) c’e’ sempre. Non e’ una cosa che scegliamo se sia vera o no. C’e’ e basta. Quando tieni 5 euro in piu’ nel c/c la spesa NON cala automaticamente. Quando tieni 5 euro in meno, la spesa NON aumenta automaticamente.

    Ti lascio volentieri l’ultima parola, mi pare alla fine il vincolo di bilancio e’ il centro della discussione, ma non ci piace parlarne. Spero almeno la discussione sia utile ai lettori: domandatevi sempre se questi argomenti rispettano il vincolo di bilancio.

    Saluti.

    • Riguardo al deficit, ho scritto “impossibile”, ma non era quello che intendevo letteralmente. Infatti leggevo le risposte che mi davi e non capivo su cosa stavamo discutendo. In realtà volevo esprimere un altro concetto. Per non allungare il brodo ti linko quello che avevo in testa: http://www.mecpoc.org/2012/02/a-civilized-money-view-vs-keynesian-monetarism/

      In particolare il punto 7.

      Detto questo: i 5 euro che il governo spende o sono presi a qualcun’altro con tasse, o sono un nuovo debito contratto dallo stato.

      Nel primo caso, li stai togliendo o a qualcun’altro che consuma e/o investe nello stesso momento.

      Nel secondo caso, c’e qualcuno che sta comprando i bot e btp e che quindi non usa quelle risorse. Aggiungo, inoltre, che il credito che il credito che questi cittadini hanno verso lo stato dovra’ essere ripagato prima o poi con altre tasse o minori spese.

      Se tutti i risparmi fossero convogliati sempre nell’investimento, vedresti che mentre uno stato e i suoi cittadini risparmiano, l’investimento aumenta. A meno di altre ipotesi è la logica conseguenza del tuo ragionamento. Questo però nella realtà non accade. Quando i cittadini, le imprese e lo stato si mettono a risparmiare, la domanda aggregata cala, mentre nel tuo ragionamento l’investimento aggregato dovrebbe salire e compensare il decremento di consumi e spesa governativa. Sostanzialmente il tuo ragionamento porta alla conclusione che non esistono crisi, al limite delle oscillazioni molto piccole intorno ad un punto di equilibrio. Ma questo è lontano dalla realtà empirica.

      Analizzato questo punto poi magari parliamo degli altri.

  14. p.s. ovviamente il discorso di cui al punto 7 di quella pagina non vale attualmente per l’Italia così come non vale per un lander tedesco quando c’era il marco, per una regione italiana quando c’era la lira o per uno stato parte degli USA.

    • p.p.s. nei prossimi giorni pubblicheremo un articolo di Cesaratto in cui si spiega perché la MMT non è trasportabile tale e quale in Europa.

  15. […] media europea, secondo i dati Eurostat diffusi oggi). I tagli più immediati saranno quelli della spending review, ma non è da escludere qualche misura più […]

  16. Mi dispiace, ma sono totalmente in disaccordo. Sarà perchè sono un convinto liberale, ma vedo gli 800 miliardi di euro di spesa pubblica come un pozzo senza fondo, un pozzo che cresce sempre succhiando soldi al settore privato. Ma detto questo, andiamo ad analizzare gli 800 miliardi: 140 miliardi di euro circa sono indirizzati agli stipendi del personale (una cifra molto rivedibile, tra l’altro, per via di tutti gli stipendi legati alla politica, alle partecipate e alle grandi aziende pubbliche), 150 circa sono legati solamente alle forniture della pubblica amministrazione, di cui solo una piccola percentuale sono trasparenti e decisi a livello centrale. Naturalmente tutto il resto è legato alle strutture e ai servizi della P.A, ma pochissimo rimane per investimenti pubblici in infrastrutture strategiche. Anzi, praticamente non ne rimane nulla. La spending review si deve fare, e anche molto in fretta. I risparmi devono essere subiti indirizzati a un taglio del carico fiscale su imprese e lavoratori dipendenti. Così si può far veramente ripartire il paese. In inghilterra Cameron ha predisposto un taglio di 450mila dipendenti pubblici (naturalmente con prepensionamenti senza nuove assunzioni), e con gli ingenti risparmi taglierà l’imposizione fiscale e ridurrà al minimo il peso delle tasse per l’imprese, tanto da impegnarsi a creare 1 milione e 700 mila posti di lavoro nel settore privato con le nuove imprese che nasceranno, incentivate dal minor peso fiscale. Io non chiedo che venga fatto questo, anche perchè se venisse proposta in Italia un’idea del genere, la mattina dopo tutti i sindacati scenderebbero in piazza con le rivoltelle, ma un minimo di serietà. Facciamo questa benedetta spending review.

    • La Gran Bretagna, grazie alla ricetta di austerità che le piace tanto, è l’unico grande paese non dell’eurozona ad essere già ricaduto in recessione. Potevano salvarsi, ma avendo seguito religiosamente il dogma dell’austerità, si sono (ri)messi ne guai da soli.

  17. Infatti il discorso che ho fatto riguarda un progetto a lungo termine. La riduzione del pubblico impiego avverrà dal 2012-2013 fino al 2017, con un progressivo risparmio che andrà, sempre progressivamente, a tagliare le tasse su imprese e lavoratori. Quindi vediamo quello succederà fra qualche anno in Inghilterra. Per ora ho una sola certezza. Le politiche economiche di espansione della spesa pubblica, come si è visto negli ultimi decenni in Italia, non ha portato buoni risultati. Anzi…

    • Le politiche economiche di espansione della spesa pubblica, come si è visto negli ultimi decenni in Italia

      Negli ultimi decenni ci sono state politiche di espansione della spesa pubblica? Oibò! E dove le ha viste lei scusi?

      • Vuole un piccolo riassuntino?

        Fai clic per accedere a testointegrale20100628.pdf

        Se lo può leggere. Al netto degli interessi la spesa corrente i dati sono molto chiari:
        1980-1989 75.1 mld – 271.2 mld
        1990-1999 302.7 mld – 468.1 mld
        2000-2009 474.8 mld – 727.5 mld
        Non sono numeri a caso, è la pura verita sulla spesa pubblica italiana, una spesa corrente completamente incontrollata.

      • Ovviamente dare le cifre assolute non ha senso, solo gli ignoranti lo fanno. Quello che doveva dare è la percentuale sul PIL, la quale è certo cresciuta, ma fondamentalmente perché è il PIL che non è cresciuto.

  18. Ma è cresciuta o no? Risponda alla domanda. A me sembra che sia cresciuta, e anche in maniera fortemente incontrollata, per smerciare poltrone ad amici, parenti e quant’altro con società, enti, commissioni inutili, partecipate succhia soldi, invece che per dare un sano contributo all’economia.

  19. […] tra due tipi di austerità: quella fatta di tagli alla spesa pubblica (detti anche spending review) e quella fatta di aumento delle tasse. Numerosi articoli vengono scritti per dimostrare che una […]

  20. […] tra due tipi di austerità: quella fatta di tagli alla spesa pubblica (detti anche spending review) e quella fatta di aumento delle tasse. Numerosi articoli vengono scritti per dimostrare che una […]

  21. […] Anche io sono d’accordo con lo sforbiciare queste spese improduttive ed a-sociali che ci permetterebbero di abbattere una bella quota di debito pubblico nel giro di qualche anno! Il problema però, è la spending review che questi signori hanno in testa: quando a pagare di questi tagli sono i disabili che si vedono assegnare meno personale (e meno servizi), o un anziano che vede diminuire sensibilmente le corse dei mezzi pubblici, di quale “necessarietà” parliamo? L’istruzione, la sanità, la ricerca e la cultura non sono settori dove tagliare a priori significa poter avere risparmi immediati: quel poco che si risparmia adesso, lo perderemo in seguito, garantito! […]

    • Lei è offensivo. Chiunque può capire che le politiche che questo blog propone non sono certo regali di stampo elettorale.

  22. […] altre componenti del PIL. Va da sé che si tratta di un dato che potrebbe essere temporaneo. Se la spending review dovesse essere realmente attuata, anche la spesa pubblica calerebbe, con gli effetti depressivi […]

  23. Non sono offensivo. Dico la pura verità. Io dico poi che, oltre a una forte spending review, ci vuole un abbattimento di 6-7 punti di Pil di spesa corrente, per far ripartire la crescita attraverso meno tasse e abbattimento debito pubblico. Solo così possiamo salvarci.

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