Dopo la fantastica uscita dall’euro dell’OFCE altri economisti dilettevoli si cimentano in previsioni fantasiose sugli effetti dell’Italexit. Viceversa gli economisti noiosi, come Salvatore Biasco, nutrono qualche dubbio in proposito.
di Salvatore Biasco, dall’Huffington Post, 9 marzo 2017
Il Rapporto Mediobanca(Mediobanca Securities, Re-denomination risk down as time goes by, 17-1-2017) sulla probabilità di ristrutturazione del debito italiano è sorprendente. . In primo luogo per l’istituzione che pubblica il Rapporto (diretto a investitori istituzionali) e, in secondo luogo, per una certa leggerezza con cui tratta il tema.
Al sodo, il Rapporto argomenta in questo modo: il debito pubblico italiano non è sostenibile, a meno di una (improbabile) accelerazione della crescita; l’Italia avrebbe potuto uscire dall’euro e guadagnare dal cambio della valuta prima del 2012, ma il debito ora non ne guadagnerebbe più (vedremo perché). Per uscire dalla morsa del debito diventa sempre più probabile (addirittura, forse, inevitabile) un default controllato, che implichi allungamento delle scadenze o abbattimento forzoso degli interessi (o entrambi).
Per il panico che può provocare, data l’autorevolezza della fonte, sarebbe stato opportuno che il tema fosse stato trattato in modo più sobrio. Che l’altezza del debito pubblico sia un problema è indubbio. Il Rapporto è scettico sulle previsioni del governo circa una sua riduzione in rapporto al pil, perché vede come probabile un innalzamento dei tassi di interesse e un’influenza negativa sulla crescita dovuta correzione di bilancio voluta dalla Ue.
Sono sorprendenti le modalità con cui è analizzata (e poi esclusa) la convenienza a un’uscita dall’euro. Il giudizio è demandato a un conteggio tra obbligazioni pubbliche esistenti non ridenominabili in lire e quelle che possono esserlo e a un conseguente conteggio di quanto l’Italia perderebbe sulle prime e quanto guadagnerebbe sulle seconde, di fronte a una svalutazione sull’euro supposta al 30% (il livello che recupererebbe il differenziale di produttività perso dal varo della valuta unica). Da questo conteggio, risulta che oggi siamo in parità tra perdite e guadagni; ieri ci avremmo guadagnato e progressivamente perderemmo, perché il debito rinnovato incorporerebbe man mano clausole di class action che non lo renderebbero ridenominabile.
Qui non importa tanto la conclusione, ma la possibilità che si possa ragionare, di fronte a un evento del genere, in questo modo strettamente contabile, “a bocce ferme” e con riguardo solo alla sfera pubblica. Cominciamo a dire che lo stesso Rapporto fa riferimento a 672 miliardi di euro di indebitamento all’estero dei privati che non è ridenominabile. Ma il punto non è nell’accantonamento di questo “piccolo” inconveniente, quanto nell’impianto di ragionamento, statico e fuorviante, come se in qualche punto del tempo avrebbe potuto essere un ragionamento valido. Di fronte a un’uscita dall’euro, ciò che vale sono le implicazioni dinamiche. Lo stesso Rapporto ci fa sapere che il debito pubblico è per il 50% circa in mano alle banche.
È possibile che non ci si chieda cosa comporterebbe la perdita su questi titoli da parte del settore finanziario? Forse qualche banca italiana con pesanti ricapitalizzazioni si salverebbe ma, il resto andrebbe nazionalizzato. Come si può pensare allora che il mercato del credito rimanga fluido? Alle perdite patrimoniali si aggiunge sia il deterioramento del portafoglio di prestiti (già in Italia a un livello pericoloso del 14% dei crediti) e sia la caduta del valore delle azioni (o anche qui dobbiamo assumere l'”a parità di altre condizioni”?).
L’intero attivo si deteriorerebbe drammaticamente (senza contare i debiti con controparti estere non ridenominabili in lire). Si ricordi, per avere un’idea, che gli attivi delle banche sono oggi in Italia circa quattro volte il pil. I saggi di interesse andrebbero a livelli proibitivi e alle perdite per la ridemnominazione si aggiungerebbero quelle per la caduta dei corsi. Come si può allora pensare che un mercato del credito bloccato non comporti fallimenti di imprese e ulteriori perdite di ricchezza privata e pubblica?
Anche i piccoli risparmiatori che detengono titoli di Stato, obbligazioni societarie, azioni, polizze vita, fondi comuni avrebbero perdite ingenti, per la caduta dei corsi e la ridenominazione. Oltre la ricchezza persa, per loro gioca l’incertezza su cosa avverrà in futuro dei loro redditi, specie quelli che derivano da erogazioni dello Stato. Non aspettiamoci certamente una espansione dei consumi. E nemmeno degli investimenti, frenati dal crollo degli attivi patrimoniali e di borsa delle imprese, da incertezze del futuro, nonché dall’inasprimento del servizio del debito, e dal sostanziale blocco del credito per il collasso del settore creditizio. Non è irrealistico aspettarsi un crollo verticale della produzione cui seguirebbe una disoccupazione di massa. La situazione sociale diventerebbe disperata.
Forse si crede che affidando alla Banca Centrale – tornata indipendente – il compito di sostenere i corsi delle obbligazioni e calmierare i tassi comprando titoli di Stato – come lascia adombrare il Rapporto – (e, aggiungo, chiudendo il mercato dei cambi e proibendo rigorosamente i movimenti di capitale), sia assicurata quella “a parità di condizioni” che consenta di fare conteggi in più e meno rispetto alla fotografia di partenza?
Chi comprerebbe dopo l’evento un titolo di Stato decennale (o societario) con un rendimento lordo implicito intorno al 2%, di fronte alla perdita dell’ombrello della Bce, alla fragilità del sistema bancario e alla grande incognita di un futuro default? Semmai chi lo avesse lo venderebbe prima che sia troppo tardi, e le vendite sarebbero una valanga.
Se la banca centrale nazionale provasse a sostenere i corsi sul mercato secondario, in una sorta di quantitative easing nostrano, si troverebbe invasa da titoli del debito pubblico, di cui rapidamente si sbarazzerebbero i privati. Si troverebbe costretta a tornare rapidamente indietro, a meno che non sia disposta ad assorbire un ammontare di titoli pari allo stock del terzo mercato obbligazionario del mondo.
Mercati dei cambi chiusi o no, si dovrà lasciare uscire i creditori esteri. Si potrà obbiettare, forse legittimamente, che il grosso dei debiti esteri dell’Italia all’epoca dell’uscita dall’euro probabilmente non apparterrà più ai privati, ma a istituzioni ufficiali europee. Questo vuol dire una cosa: che il sentore dell’uscita dall’euro ha pervaso il mercato prima dell’evento e chi ha potuto proteggersi lo ha fatto, ritirando ciò che aveva investito in Italia (ha pensato il Rapporto che l’uscita dall’euro non è un provvedimento varato il sabato sera che prende tutti di sorpresa, ma l’evento terminale di una situazione insostenibile di mercato, che a poco a poco diventa effetto valanga?).
Comunque sia, non tutti i detentori di titoli finanziari avranno potuto “salvarsi”. E, comunque, quelle obbligazioni poste dai privati per tempo in salvo pesano nel bilancio della Bce, che ne pretenderà la restituzione in euro o della BdI che dovrà essere ricapitalizzata con le finanze pubbliche dovendo contabilizzare in perdita ciò che ha acquistato. Vi è poi tutto il capitolo Target 2, che tralascio.
Più che riconquistare leve di azione, è molto probabile che lo Stato si ritroverebbe svuotato nelle sue capacità finanziarie (in condizioni di caduta verticale delle entrate e aumento di spese per interessi e per il debito rimasto in euro, oltre che per la contemporanea necessità di interventi per tamponare il crollo finanziario e assicurare i depositi).
Sarebbe ancora più condizionato nella gestione della politica economica di quanto lo era prima dell’uscita, oltre che circondato da un cordone sanitario della finanza che nel frattempo gli si stringerebbe attorno. Difficilmente potrebbe gestire politiche di alcun che (e, temo, sarebbe tanto se fosse in grado di pagare le pensioni, pur se svalutate dall’inflazione). Ma vi è di più; vale dire, il contagio internazionale verso altri paesi deboli e verso l’intero comparto finanziario mondiale. Il Rapporto lo cita, ma en passant.
Le perdite provocate altrove, la paralisi che sorge quando nessun operatore si fida più di nessun altro e avviene una fuga gigantesca di capitali mondiali in cerca di rifugi sicuri (che metterebbe in crisi i paesi emergenti e quelli più deboli) sono passibili di provocare qualcosa di più profondo del disastro della Lehman. La disponibilità del cambio (che il Rapporto considererebbe risolutivo, bontà sua, se la svalutazione recuperasse il differenziale accumulato di produttività) servirebbe a ben poco in una profonda depressione mondiale per la quale gli strumenti di intervento di paesi più solidi sono molto più ridotti di quelli esistenti nel 2008.
Beninteso, il Rapporto esclude che si possa andare nella direzione di un’uscita dall’euro, ma sulla base di un calcolo di convenienza relativo ai “più” e ai “meno” di un conteggio statico o (ma si può ragionare così?). È implicito nel Rapporto che se l’uscita fosse stata attuata nel 2012 o prima sarebbe stata, sì, conveniente come se la sequenza adombrata prima potesse essere esorcizzata.
In questo modo asettico di ragionare, Mediobanca – ripeto, Mediobanca non io, l’ingenuo tifoso anti euro – non lascia capire che l’evento della rottura è dolorosissimo. E questo è molto grave in sé, data l’ingenuità presente in vasti settori della sfera politica in materia. Se dovesse verificarsi (anche per eventi spontanei e non per scelta) costerebbe enormemente sul piano produttivo, sociale e occupazionale. Da esso, forse, può riprendersi una generazione successiva a quella che lo attua (o lo subisce).
Per Mediobanca, non essendo “conveniente” oramai l’uscita dall’euro (perché si è perso il momento di “convenienza”!) rimane il riscadenzamento del debito. È un default a tutti gli effetti, sebbene il termine non sia mai usato. Su questa eventualità, che emerge come la soluzione e che appare inevitabile nel Rapporto, esso è parco di parole. Sembrerebbe una soluzione alla greca, dentro l’euro. Sembrerebbe anche un evento che, di nuovo, avviene tra sabato e domenica e prende di sorpresa tutti. Il debito si porta su livelli sostenibili e tutti sarebbero tranquillizzati. Evviva.
Poniamo che l’Italia decurti il suo debito del 25% portando il Rapporto debito/pil al 100%. Nessuna ripercussione sui creditori? Il settore finanziario si ritroverebbe, come nell’altra ipotesi, a dover scrivere perdite consistenti. Il Rapporto si accorge che hanno quote di possesso di debito pubblico italiano superiore al 25% dell’attivo patrimoniale solo in relazione all’alleggerimento del loro carico imposto da un’ipotetica regolazione).
E per il resto? Le loro perdite? La banche andrebbero ricapitalizzate. Ma molte fallirebbero con effetto contagio, perché le perdite si mangerebbero le riserve. Nell’ipotesi del Rapporto il mercato si acquieta perché il debito è tornato solvibile. Ma basta una minima parte delle sequenze già adombrate in caso di uscita dall’euro (e non si vede perché siano scongiurate né perché siano parziali) perché non si acquieti affatto.
Può non credere che con questa ristrutturazione l’Italia possa farcela e ritenere, invece, che questa non sia affatto garanzia di nuove decurtazioni in futuro e lo sconti ulteriormente sui saggi di interesse e sul prezzo dei titoli. In ogni caso, la fama di buon debitore dell’Italia svanirebbe per sempre e l’era dei bassi tassi di interesse anche.
La Banca Centrale Europea (ammesso che siamo ancora nell’euro) dovrebbe accollarsi gran parte del nostro debito pubblico, dovendosi già accollare le perdite sul debito posseduto pre-swap. Ma sulla sua condotta e sui tassi di interesse agirebbe anche il fatto che Il mercato sconterebbe un contagio esterno, perché l’Italia non ha le dimensioni della Grecia e altri possono imitarla. Nelle nuove condizioni, l’Italia dovrebbe dimostrare di poter crescere almeno il 2%-3% l’anno per diradare la tempesta. A parte che questo si decide ex post, e non ex ante, mi chiedo se basti un risparmio di interessi di 16-17 miliardi di euro l’anno (passando da 132% o al 100% del rapporto debito/pil) ad alzare la crescita.
Non sono pochi, ma valgono “a parità di altre condizioni”: cioè, che non succeda niente di collaterale, che non siano rimangiati da un incremento del costo del debito man mano che viene rinnovato, che ci sia un’agibilità di politica economica, che non debbano essere impiegati in spesa per tamponare una situazione difficile. Ricordiamoci che nelle finanziarie per il 2015, 2016 e 2017 l’Italia ha usufruito di disponibilità extra equivalenti e (anche per come sono state impiegate) non è riuscita a sostenere una crescita significativa.
Ovviamente, la prospettiva dell’haircut, nell’ottica del Rapporto, richiede l’assenso e la regia dell’Unione, che sia accompagnata da credito illimitato. Se la cooperazione è di questa natura, perché allora non indirizzarla a sviluppi meno traumatici e meno suscettibili di contagio quali quelli relativi alla mutualizzazione dei debiti (in qualsiasi forma avvenga) o alla trasformazione dei possessi della Bce in rendite perpetue o a prospettive simili che depotenziano gli sviluppi traumatici?
Da ultimo, veniamo all’assunto base del Rapporto: che il debito non sia sostenibile e che l’Italia andrà incontro a serie difficoltà di finanziamento. Qui è giusto nutrire preoccupazioni, ma gli atteggiamenti di “Annibale alle porte” non sono congrui. Il Rapporto ribatterebbe che non Mediobanca ma il mercato è a segnalare Annibale, citando – addirittura in apertura – l’indice Sentix.
Questo è un indice di sentimenti del mercato relativi alla rottura dell’euro entro 12 mesi (passato da 6% al 19%). Qui penso sia dia troppa importanza a un indice con risposte volontarie (quindi autoselezionate) di circa 1000 persone in tutta Europa, in prevalenza tedesche. In realtà, gli indici effettivi del mercato, relativi allo spread sul decennale (che è ora circa 2,0%) hanno equivalenza implicita a una probabilità di poco superiore al 7% di perdita del 25% del capitale nell’arco di 10 anni (o una probabilità inferiore se riferita a una perdita più alta).
Che le preoccupazioni siano crescenti è indubbio e, che per la maggior parte siano conseguenti ai rischi elettorali, anche. Non c’è dubbio che per ridurre il rapporto debito/pil non ci sia alternativa a crescere di più e che la responsabilità stia essenzialmente a noi (con politiche sensate di stampo produttivistico, e con governance nel merito dei processi, non con i bonus e i proclami).
Facciamoci un’idea semplificata: se volessimo stabilizzare il debito in relazione al pil la spesa per interessi dovrebbe essere pari al surplus primario (deficit pubblico =0). Questo vuol dire (è semplice algebra a dircelo) che la differenza tra la crescita nominate del pil e i tassi nominali debba essere tra 1,5 e 2. Oggi il tasso di interesse medio sul debito è presumibilmente 3,2% ma è in decrescita per via della sostituzione progressiva di debito in scadenza con debito nuovo (che continuerà anche se i tassi avranno un’inversione).
La nostra crescita nominale del reddito tende a essere 1,5 (o più se cresce l’inflazione). Il traguardo non è irraggiungibile. Certo non è una prospettiva esaltante che il Rapporto debito/pil rimanga inalterato (o che decresca molto lentamente) ma non è tale da far risultare ineluttabile un evento così drammatico come la ristrutturazione o la ridenominazione del debito, addirittura con orizzonte temporale così ravvicinato.
In conclusione, non era insensato attendersi da Mediobanca più sobrietà, più circospezione, più realismo, più completezza di analisi, più attenzione agli elementi dinamici che a quelli ragionieristici.
Biasco è professore ordinario di Economia Internazionale presso l’Università la Sapienza di Roma. Ha recentemente pubblicato il volume “Regole, Stato, Uguaglianza” per la Luiss University Press.
Fonte: Huffington Post
Citazione: “Lo stesso Rapporto ci fa sapere che il debito pubblico è per il 50% circa in mano alle banche”.
Per l’esattezza (come peraltro è scritto nello stesso articolo linkato!), il debito pubblico italiano è detenuto per il 10% circa da famiglie, per 1/3 all’estero = subtotale 44%; il residuo 56% da banche (circa 20%), assicurazioni (circa 20%), fondi comuni (circa 5%) e Banca d’Italia (circa 10%).[1]
[1] https://thewalkingdebt.org/relazione-bankitalia-2015-creditori-dello-stato-italiano/
A prescindere dai numeri che meglio descrivono la ripartizione tra i vari soggetti del debito pubblico, penso che l’uscita dall’Italia dall’Euro in questo momento è impensabile per due semplici ragioni:
1 il debito continua a crescere
2 l’economia è in una situazione di stallo, il Pil non è sicuramente incoraggiante.
Si sta diffondendo un sentimento anti euro, questa moneta infatti ha distrutto la nostra ma non per il suo nome o qualsiasi attributo tecnico, ma ha causa dell’uso improprio di cui la politica italiana ne ha a proprio tornaconto fatto.
Prima di pensare all’uscita dall’Euro, occorre ridefinire gli assetti politici del nostro paese, ridurre seriamente i costi della politica (Keynes parla della redistribuzione dei redditi ed io confermo pienamente in tale senso, dai politici alla collettività). Solo in un secondo momento vista la piena risposta dei mercati, si potrebbe valutare il pro e i contro legati all’abbandono di questa moneta, è come pensare di risolvere il problema di un’auto che consuma troppo, col l’acquisto di una nuova, abbiamo bisogno di tanti soldi.
Per i rischi legati alla sostenibilità del debito pubblico italiano (che è giudicato dalla Commissione europea e da centri studi tedeschi il più sostenibile nel lungo periodo[2]) stiamo diventando tutti paranoicamente e speciosamente fubiniani (da Fubini, del Corriere della Sera).[3]
[2] Carlo Clericetti – 28 FEB 2016
Debito italiano a rischio, anzi il più sostenibile
http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2016/02/28/debito-italiano-a-rischio-anzi-il-piu-sostenibile/
Tutti i debiti pubblici in valuta fiat autoctona sono sostenibili per definizione, basta guardare il Giappone…ora l’euro e’ di sicuro una valuta fiat, ma e’ anche autoctona? Cioe’ stampabile dai paesi membri? Si e no…sicuramente no se un paese decide di uscire dall’area euro. Ecco perche’ la vera soluzione e’ dire alla bce di comprare debito pubblico degli stati membri ogni volta che serve…in maniera asimmetrica x ridurre gli spread…uscire dall’euro serve solo a trasformare debito pubblico che e’ in valuta seminazionale, in debito pubblico in valuta del tutto estera. Tutti cio’ se riesci a sopravvivere al transitorio Che, come detto piu’ volte su questi pixel, e’ il veto problema da risolvere…
@ihavenodream
Citazione: “Ecco perche’ la vera soluzione e’ dire alla bce di comprare debito pubblico degli stati membri ogni volta che serve…in maniera asimmetrica x ridurre gli spread…”.
In breve. Premesso che lo statuto della BCE è mutuato dai trattati UE, “dire alla BCE” non è consentito dall’art. 7-Indipendenza del suo statuto.
La questione BCE è complicata: da una parte, dall’impostazione originaria adottata – su suggerimento del Comitato dei governatori creato da Delors – di farla assomigliare il più possibile alla Bundesbank;[1] dall’altra, dall’insussistenza di un’interpretazione univoca e consolidata dei trattati sui poteri-doveri della BCE, il che lascia troppo spazio alle prepotenze interpretative del Paese egemone: la Germania.
I dubbi interpretativi riguardano in particolare i limiti statutari della BCE, che deve limitarsi alla politica monetaria, senza sconfinamenti in quella economica. Vedi ad esempio il divieto di finanziamento diretto degli Stati (art. 21 Statuto). Il che produce decisioni contrastanti: gli SMP (acquisto nel 2010-2012 da parte della BCE di titoli di Stato di Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia) e le OMT (acquisto illimitato di titoli pubblici), mai implementate ma dichiarate compatibili con i trattati dalla Corte di Giustizia Europea rigettando il ricorso della Corte Cost. tedesca, con la motivazione che la divergenza dei tassi decisa dalla speculazione finanziaria sui mercati impediva la corretta trasmissione degli impulsi di politica monetaria da parte della BCE (la riprova che esisteva un “bad equilibrium” determinato dai mercati fu data dall’effetto risolutivo della semplice, famosa frase di Draghi “whatever it takes”, senza dover spendere un solo Euro). Invece, l’interpretazione restrittiva imposta dalla Germania ha impedito per 5 anni il varo del QE (che, leggendo semplicemente lo statuto, io ritenevo possibile, ma quasi tutti, inclusi docenti di Economia, ritenevano non potesse essere varato dalla BCE); e, una volta varato (adottando il criterio di riparto del “capital key”, cioè in base alle rispettive quote nel capitale della BCE, per cui la Germania che non ne ha bisogno prende il 25%, la Grecia che ne avrebbe molto bisogno, niente, a causa del rating troppo basso), di modulare gli acquisti in maniera differenziata per ridurre gli spread (convergenza dei tassi).
[1] Ho approfondito da profano la questione. Riporto una piccola parte di uno dei miei commenti della discussione tra domenicobasile e me (che ti invito a leggere attentamente), in calce a un articolo del blog di Carlo Clericetti: “Ma è difficilissimo cambiarle, poiché le regole statutarie della BCE sono, storicamente, il frutto di un compromesso sull’adozione della moneta unica, prima politico tra la Francia e la Germania, e poi tecnico, impostato abilmente dalla Commissione europea Delors, gestito dal comitato dei governatori delle banche centrali, che suggerirono di adottare le regole più severe, quelle della Bundesbank”.
http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2017/01/20/gli-stregoni-dei-numeri-di-bruxelles/
Leggi anche, sulle inadempienze statutarie della BCE (art. 2 Statuto), la mia “Replica alla risposta della BCE alla petizione sulla BCE”, riportata nella nota 5 del mio articolo allegato sopra “Fubini del Corriere della Sera disinforma sul debito pubblico per parare il culo ai ricchi”.
Di sicuro non è semplice cambiare i regolamenti, i trattati e gli accordi…tuttavia rimango sempre convinto che sia svariati ordini di grandezza più semplice di cambiare la REALTÀ, che è ciò che i no-euro, a mio modo di vedere, implicano di fare…
[3] Fubini del Corriere della Sera disinforma sul debito pubblico per parare il culo ai ricchi
Anche Giovanni Pons, di “Repubblica”, è diventato fubiniano.
Lettera-commento ad un articolo “alla Fubini” di Giovanni Pons di “Repubblica” sul debito pubblico
Prima osservazione
se tutti gli stati aderenti all’euro decidessero dicomune accordo di uscire tutti dall’euro,
riadottando le valute originarie, l’euro non esisterebbe piu’, non avendo alle proprie spalle una nazione (vedi dollaro, yen,sterlina, francosvizzrro)
Seconda osservazione
probabilmente ci sarebbe una corsa verso il marco tedesco il quale probabilmente si rivaluterebbe con ovvi benefici per le valute sudeuropee
Terza osservazione
tutti i debiti e crediti tornerrbbrro ad essere denominati imn lire franchi pesetas fiorini
Quarta osservazione
se ci fosse una corsa alla vendita dei Btp in lire, con uncrollo delle quotazioni sui mercati, per lItalia potrebbe essere unapanacea e mispiego:
attualmente abbiamo un debito pubblico di un valore nominale di oltre 2mila miliardi,
se i corsi di borsa scendessero al valore di 50, il debito diverrebbe di soli Millemilisrdi
allora, lo stato Italiano se lo potrebbe ricomprare ed annullarlo, in quanto debito verso se stesso.
Dato che i mercati non sonostupidi, i corsi non crolleranno.
Ad ulteriore conferma, faccio notare che l’Italia paga ogni anno circa 80 miliardi di euro di interessi, Chi altri sarebbe in grado di garantire ai mercsti un tale reddito?!?!
A mio avviso non ci sara’ il crollo dell’Italia perche’ non interessa a nessuno ed i mercarti sono razionali quando vogliono.
Si prenderanno gli interessiin lire che noi potremo stampare alla bisognaai tassi che decidera’ Bankitalia.
Il solo problema sara’ per la Germania e paesi concorrenti nelle esportazioni.
Dobbiamo uscire dall’euro fintantoche abbiamo un sistems produttivo efficiente.
Inoltre se lo Stato Italiano stampera’ moneta, potra’ ridurre le tasse sulle imprese anche del 100%.
allora diverremo si estremamente competitivi.
Sara’ compito dri tecnici della Banca d’Italia di accompagnare tutto il processo con le dovute precauzioni.
Nota dolente:
ci mancano i Coglioni per riprendrrci la nostra autodeterminazione.
Quando dici: ci mancano i coglioni ecc, contraddici tutto il tuo ragionamento precedente (che sostanzialmente condivido).
Infatti la premessa a quel ragionamento è: SE
Tutti ritornassero alle loro monete l’euro cesserebbe di esistere…OK, quindi ci vuole un accordo di tutti, che c’ entra poco con la ritrovata sovranità e altre idiozie, questi qui quando si incontrano a Versailles parlano di cazzate, ma vi rendete conto? Non sono in grado di cambiar nulla, se non in peggio, l’unica salvezza sono i famigerati tecnici che però voi odiate tanto…infatti non sono affatto d’accordo con te: di coglioni ce ne abbiamo tanti, soprattutto in politica!
Il doppiosenso sui coglioni e’ semplicemente perfeetto, purtroppo non sono solo coglioni, sono anche comprati e ricattati ed a noi non sono lasciate molte armi..Personalmente, data l’eta’,mi siedo sulla riva del fiume e dopo aver pregato per i miei cari e tutte le persone di buona volonta’, aspetto di veder passare i cadaveri di chi ci ha portato allo sfasciio ( sia chiaro cadaveri in senso metaforico)
Vedremo tanta gente rimangiarsi e ritrattare le proprie convinzioni, tuttavia i veri colpevoli tenteranno di farla franca saltando sul carro dei nuovi vincitori.
Nei “tecnici” non ho fiducia, in quanto nominati sempre dalla medesima Cricca, al solo fine di farci ingoiare i loro rospi, al motto del “ce lo chiede l’Europa.
casualmente abbiamo avuto i binomi molto tecnici Ciampi Amato….Monti Passera
Letta Saccomanni piu’ il tecnico rottamatore Renzi Padoan
…..Cosa ci facciano tutti sti banchieri al governo (anche Dini ed altri), forse tutelano la povera gente…. con eccellenti risultati
Inconsciamente stiamo tutti cercando l’uomo forte che completera’ l’opera.
Mi sento di affermare che il Sistema e’ Irriformabile,, potra’ solo Implodere.
L’Argentina dopo innumerevoli default e svalutazioni è competitiva?
Gentile Bertoldo,
mentre contempli la natura in riva al fiume puoi anche riflettere su come la tua generazione ha portato questo paese allo sfascio. Certo, colpa di politici e tecnici e banchieri, ma soprattutto a mio parere dell’italiano medio: i tanti evasori, i corrotti, i raccomandati, i fannulloni, i sindacati, i tanti italiani che per una vita intera, e con metodo, non hanno seguito le regole, i baby pensionati, i pensionati con il retributivo ecc.
Non serve cercare dei fantomatici nemici: la Germania, la BCE, i tecnici. Con quanto sopra abbiamo gia’ coperto l’italiano medio, un’ 80-90% del nostro Bel Paese.
E mentre il Debito/PIL negli anni 80-90 radoppiava fino a raggiungere il 130%, adesso il conto lo paga la mia generazione.
Quindi invece di suggerire incredibili scenari ed ipotesi ridicole (“se i corsi di borsa scendessero al valore di 50, il debito diverrebbe di soli Millemilisrdi
allora, lo stato Italiano se lo potrebbe ricomprare ed annullarlo, in quanto debito verso se stesso”), cortesemente rimani tranquillo a pescare che di danni tu e i tuoi cotenaei ne avete fatti gia’ abbastanza. Goditi la meritata pensione (che noi mai vedremo…perche’ indaffarati a pagare i vostri debiti).
I tedeschi della vostra generazione non hanno fatto debiti, hanno lavorato seguendo (grosso modo) le regole; ed i tedeschi della mia eta’ oggi hanno un lavoro, ed un futuro a cui guardare. L’italiano si crede furbo perche’ trova la scorciatoia (e’ ingegnoso, creativo), non si rende conto che alla fine il conto si paga.
La cosa fantastica e’ che non serve alcun tecnicismo per spiegare come siamo arrivati a questo punto. E non serve alcun tecnicismo per spiegare come uscirne: lavoro, meritocrazia, onesta’, scuola e ricerca/innovazione. Tutto il resto sono dettagli.
Cordialita’.
@GR:
Concordo in pieno!
Osserverei anche che Roosevelt ha aumentato il debito della nazione per applicare politiche keynesiane che hanno costruito ponti e dighe; da noi dinastie di politici incapaci hanno aumentato il debito della nazione per assumere raccomandati, per pagare premi ad assenteisti, costruire ponti che cadono.
Però è troppo comodo scaricare le colpe sugli altri e chiudersi nel proprio vittimismo.
Solo che seguire le regole non è corretto a prescindere da chi scrive le regole e da cosa le regole dicono. Tanto è vero che i baby pensionati che tu citi giustamente in realtà anche loro seguivano le regole, anche i kapo’ nei campi di concentramento seguivano le regole, il punto è che erano regole sbagliate. Bisogna sempre conservare senso critico nella vita, è questo che gli amici tedeschi non riescono ancora a capire, dopo tanto tempo e tanti errori commessi, e ne stanno commettendo un altro grossolano adesso, per impiccarsi a delle regole che qualche “padre della patria” ha scritto in un momento di scarsa utilità… Diciamo che invece noialtri abbiamo fin troppo senso critico…ecco dovremmo imparare gli uni dagli altri, in fondo è x quello che si sta insieme…
@ ihavenodream
Mi riferivo a delle semplici regole morali ed etiche. Ed una legge non necessariamente risponde a questo principio (come tu osservi giustamente).
Piu’ in generale trovo stucchevole quanto siamo ingegnosi nel crearci un alibi per NON seguire delle semplici regole di buon costume. Direi che gli italiani di regole non ne hanno seguite molte negli ultimi 30 anni, ma non certo per senso autocritico, di coscienza o per amore della Patria (o dei propri figli). Lo hanno fatto per un mediocre guadagno personale (monetario o psicologico), che per quanto piccolo, se ripetuto continuamente da una larga fetta della societa’, crea danni irreparabili (etici prima che economici). I valori si abbassano, e gli standard intellettuali, morali e di conseguenza, quelli economici e sociali, seguono la stessa rotta. Quale e’ l’alternativa a delle regole: lo stato di natura alla Hume? L’anarchia? Seguire regole non significa essere mediocri necessariamente, e romperle non significa essere astuti (e’ una astuzia illusoria: il conto se non lo paghi tu, lo pagheranno i tuoi figli).
I tedeschi hanno i loro difetti, e personalmente credo che la politica di austerita’ che hanno imposto al resto dell’Europa sia stata sbagliata, forse persino criminale (e tecnicamente fallacea, come ci insegna Keynes). Esiste un bellissimo video di Franco Modigliani di 20-25 anni fa’, una vera profezia di quanto e’ realmente successo di recente. Ma di nuovo: questo e’ un altro alibi. Se l’Italia avesse fatto le cose giuste da fare, non saremmo vulnerabili alle decisioni lunatiche di altri paesi, o dei mercati o delle banche (altri alibi).
Tutto questo si spiega con semplici comportamenti umani. Non serve ragionare di valuta, moneta, svalutazioni competitive, deficit o altro (se non per puro interesse intellettuale). Il problema dell’Italia e’ un problema di natura piu’ fondamentale: culturale, comportamentale (Montanelli ci aveva capiti benissimo). Il mio parere e’ che, in definitiva, il problema dell’Italia siamo noi italiani. Ed un problema di questa natura puo’ essere risolto soltanto cambiando i comportamenti. L’ingegneria valutaria, monetaria o di bilancio puo’ fare molto poco, e solo per poco tempo.
C’è da chiedersi qualche cosa:
1.
Se il problema è la “natura dell’italica stirpe”, come si spiega il miracolo economico postbellico?
Alla fine degli anni settanta si erano raggiunti risultati eccezionali rispetto all’Italia in macerie del 45.
2.
Il Debito/Pil dall’81 al 92 è raddoppiato (anche prima forse…) per colpa dell’italiano medio quindi?
Oppure per colpa dei politici corrotti?
O ancora degli sprechi?
Delle baby pensioni e del magna magna generale?
L’italiano “medio” che dal 45 al 70 aveva portato (o comunque contribuito in qualche modo) una nazione in braghe di tela, tra le maggiori potenze economiche mondiali… Dall’81 ha deciso di scrollarsi di dosso la vecchia “media” e di diventare d’un tratto un nuovo italiano “sottolamedia”, colluso col sistema corrotto, clientelare e che “in qualche modo” ha indotto i tecnici e politici a far esplodere il debito?
O forse i politici, d’un tratto hanno deciso che dall’ottanta in avanti avrebbero fatto i loro affari espandendo il debito a gò gò?
C’è da chiedersi, se questa fosse l’ipotesi, come mai non l’abbiano fatto prima e abbiano passato 35 anni in paziente attesa, travestiti da diligenti statisti, per poi sbizzarrirsi e condurre la “prima repubblica” allo sfascio.
A me un’idea circa le cause e una visione di questa storia, che poi è la nostra storia ed è ben avere le idee chiare in merito, l’ha data tra le altre, un’intervista a Nino Galloni, il quale ha vissuto in prima persona la vicenda del divorzio tesoro/banca d’Italia in quanto lavorava al ministero in quegli anni. L’intervista si trova anche su youtube e ci racconta il processo di deindustrializzazione di quegli anni spiegando anche chiaramente come e perchè il debito è raddoppiato.
Piuttosto che affidarsi ai luoghi comuni sull’italiano medio, il tedesco medio ecc, sarebbe più costruttivo per tutti, porsi le giuste domande e leggere, leggere molto, capire opinioni diverse, gli interessi in gioco e dare un’occhiata anche ai dati economici. Ci sono grafici molto chiari e si trovano aggratis in rete.
Il “divide et impera” dello scontro intergenerazionale (i giovani che incolpano i padri rei di aver generato il debito, i padri che incolpano i giovani troppo choosy e svogliati) ci condurrà lontano solo dai nostri interessi celando con astuzia chi è il vero “nemico”.
@Paul
1.
E’ nettamente più facile crescere/migliorare quando non si ha nulla, quando si esce dalle macerie, rispetto a una situazione di prosperità generale come quella attuale.
Inoltre il mondo era molto diverso:
a) l’Europa della Guerra Fredda era uno scacchiere fondamentale (e noi una pedina importantissima)
b) il Mondo era molto meno globalizzato e molto meno competitivo
2.
L'”italiano medio” vota i propri politici.
I politici fanno il massimo per piacere al “italiano medio”.
Corruzione, clientele, raccomandazioni sono sempre piaciute tanto al “italiano medio”.
Si, la colpa è dell'”italiano medio”.
Io non mi vergogno a sperare che venga sostituito da un “europeo medio”.
Non a caso tu citi Nino Galloni; mi permetto due osservazioni.
Nino Galloni è figlio di un ministro Democristiano, esattamente al potere nel periodo storico che tu ricordi.
Alle elezioni politiche del 1992 provò a candidarsi … per sostituire il padre.
Non ci riuscì e iniziò una gloriosa carriera nell’Amministrazione Pubblica (guarda caso, non si è messo in proprio nel “privato” … forse ha trovato una strada facilmente percorribile?).
E’ curioso che proprio da quel pulpito ci venga l’insegnamento per il nostro futuro economico e politico.
Nino Galloni fa parte (insieme alla “Scuola di Pescara”) di un piccolo gruppo di Economisti che lottano contro le teorie “mainstream”.
Se nessuno mettesse mai in discussione il “pensiero mainstream” non ci sarebbe progresso.
Però, man mano che una disciplina matura, e sempre più difficile trovare modelli che superino il “pensiero mainstream” ma in maniera nettamente discordante da esso.
La “Relatività” di Einstein è meno diversa dalla “Fisica Newtoniana” di quanto questa non lo sia dal pensiero di Aristotele.
Quindi, attenzione ai facili profeti, potrebbe trattarsi di semplice marketing per colmare nicchie poco frequentate.
NB: Nino Galloni (benché sia spesso nominato come “Economista”) non è laureato in Economica, ma in Giurisprudenza.
Gentile Paul.
Le tue sono domande legittime. E certamente bisogna leggere molto. A partire dai libri di storia. Ed a malincuore, sono giunto alla conclusione che il problema sia proprio quello “dell’italica stirpe”. Certamente spero di sbagliarmi.
Italica stirpe che ha una lunga tradizione (ed ha fatto scuola) su temi come la mafia (presente dapprima del Regno d’Italia), la corruzione (che ha segnato la fine dell’Impero Romano) e il mal costume (a partire dai De Medici, o dal Vaticano, che certamente tanto hanno dato al Risorgimento, ma ad un prezzo assai caro). Firenze e Roma erano capitali del mondo per ricchezza, cultura e progresso, ma i tratti di una societa’ debole e corrotta erano forti gia’ allora.
Gia’ allora eravamo una societa’ corrotta, e divisa. Tant’e’ che mentre le grandi Nazioni (Francia, Inghilterra, Germania/Austria/Prussia) crescevano prospere e compatte nei secoli seguenti, noi italoti, borghesi ricchi e colti, ma divisi in principati/ducati/comuni, guelfi e ghibellini, subivamo le scorribande del conquistatore di turno. Non abbiamo mai avuto una visione di unita’ (qualcuno disse “bisogna fare gli Italiani”).
Questo ha la semplice conseguenza che ad interessi generali (quelli di uno Stato) hanno sempre prevalso quelli particolari (quelli di un piccolo territorio, ad esempio, o di una lobby). E’ nel nostro DNA. E avanti con tangenti, mazzette e raccomandazioni.
Non che questi fenomeni non siano presenti negli altri paesi (evoluti, perche’ di questo parliamo), ma non in modo cosi pervasivo.
Un esempio pratico in tema industriale. Mentre in Italia Esselunga e Coop si sono fatti guerra a colpi di processi per anni (appalti comprati, mazzette e via dicendo), i francesi di Auchan e Carrefour (che ben inteso, sono tra loro competitors), si sono espansi in Europa e in Asia. Noi abbiamo due piccoli players del retail, e loro due giganti. Ed Esselunga (che ha perso il suo Patron) sara’ un’altra perla che finira’ in mano allo straniero. La colpa? A mio parere soltanto nostra. Avevamo 70 anni per far crescere le nostre aziende, ma abbiamo scelto gli scontri intestini (tanti vassalli che si fanno guerra tra loro).
Quanto ai complotti di statisti o banchieri, ci credo poco, ma non manchero’ di guardare il video da lei suggerito. C’e’ tanta retorica intorno alla separazione tra Banca Centrale e Tesoro, separazione che tra l’altro e’ un tratto comune di tutte le economie piu’ avanzate. Ma noi anche qui dobbiamo essere speciali (e dare la colpa a qualcuno).
I conti a mio parere sono semplici: la generazione passata (quella in eta’ adulta negli anni ’70-80 del miracolo italiano) hanno trovato un paese prospero, a basso debito e bassa disoccupazione. Ed hanno consegnato ai loro figli la peggiore Italia che si possa immaginare: corruzione dilagante, debito alle stelle, disoccupazione giovanile al 40%. Ora i giovani (che non trovano lavoro) devono pagare i debiti (e le pensioni) dei padri. E se le sentono pure dire. Capisco i giovani che si ribellano ad alta voce!
E ben inteso che non sono i padri ad aver gettato le basi del miracolo italiano (semmai, i nonni: Degasperi, Einaudi ecc). I padri hanno goduto del miracolo italiano (ed evaso, nel frattempo). Ed e’ altrettanto chiaro che dopo una guerra come quella del ‘45 si cresce (soprattutto quando hai i soldi (Piano Marshall) e un contesto internazionale di pace (cosa che’ e’ avvenuta nel nostro caso). Quindi non mi compiacerei troppo di questo risultato.
Gli italiani il talento indiscutibilmente lo hanno. Si tratta di capire come adoperarlo.
Ho appena guardato su youtube due interventi di questo “economista”, Nino Galloni.
Non ho parole. Non saprei dove cominciare. Una confusione di concetti e di eventi micidiale. Non so’ capire dove finisce la sua ignoranza come esperto e dove comincia la sua astuzia come politico (dei 5 stelle, un altro gomitolo di ignoranti).
E tutti ad applaudire. Poi mi si chiede di non parlare dell’italiano medio. Ma noi ci meritiamo esattamente questi personaggi.
A un certo punto lui dice ad un altro economista che lo contesta: “tu sei giovane e non ti ricordi…cosa ne sai…”
Ecco, questa e’ la sintesi. Gli esperti hanno parlato, e i giovani pagano il conto.
Il video cui mi riferivo era questo mi pare di ricordare:
Secondo la sua spiegazione (e non solo sua…) il raddoppio del debito è dovuto agli interessi che sono esplosi proprio perchè la banca centrale ha smesso di fare da prestatore di ultima istanza alle aste, in forza della rimozione (vado a memoria) della legge che prima di tale data “imponeva” alla stessa Banca d’Italia di coprire l’invenduto.
La finezza che sottolinea Galloni è che la BI avrebbe ancora potuto intervenire come prima, non le era vietato, semplicemente non ne aveva l’obbligo. Anche in Inghilterra funzionava così sulla carta, ma con una differenza nella pratica:
mentre la Banca d’Inghilterra ha continuato a svolgere la sua funzione di prestatrice ultima, la Banca d’Italia ha deciso di non intervenire favorendo in quel periodo tassi d’interesse molto più costosi per il Tesoro.
Lo stesso Galloni aveva presentato uno studio al ministero in merito, in cui spiegava che nel giro di pochi anni da quella scelta il debito pubblico sarebbe raddoppiato. Fondamentalmente gli hanno dato del pazzo e quel punto ha lasciato il suo posto. E dopo 10 anni però il debito ha raggiunto davvero il raddoppio, tanto che il Galloni è stato anche richiamato da Andreotti… Poi le pressioni europeiste hanno fatto si che fosse rimosso nuovamente dal suo incarico.
Stando a questa interpretazione il debito pubblico è stato causato sì dalla politica, ma non come ci racconta il mainstream da voi citato, secondo cui è tutta colpa della corruzione e del clientelismo, fino ad arrivare all’auto-razzismo (tra l’altro con l’accortezza di sollevare dai vizi italioti la generazione di chi ha fatto la guerra… interessante anomalia ???).
Piuttosto la vera scelta politica è stata quella della BI di non intervenire nelle aste, aspetto mai veramente evidenziato in qualsiasi trasmissione televisiva, telegiornale e dibatti vari. E su ciò ci sarebbe di che riflettere… e non solo.
Bisogna dire che nel 79 l’italia entrò nello SME. Anche quella una scelta politica.
E questo imponeva alla BI una politica restrittiva: per sostenere il tasso di cambio doveva attirare capitali esteri (apprezzando la lira) e per farlo interessi alti sui titoli di stato erano necessari. Ma tutto ciò era prevedibile (basta leggersi il discorso di Napolitano nelle dichiarazioni di voto per l’ingresso nello SME, poi deve aver cambiato idea evidentemente…) come erano prevedibili le conseguenze di quelle scelte sulla quota salari che misteriosamente a metà anni 80 si affloscia come un salice.
Bisogna anche dire però che tutto questo debito è stato sfruttato anche da chi in quegli anni risparmiava, non c’era famiglia che non investisse in BOT e non facesse importanti guadagni per lo più reindirizzati nel mattone.
Ci sono dei bei grafici che mostrano il debito e la sua componente per interessi, ora non ne ho sottomano, però vi propongo questo articolo di Domenico Moro in cui trovate anche qualche dato numerico, indispensabile per avere un’idea della proporzione della faccenda, fate caso al peso degli interessi e alla spesa pubblica “nuda”:
https://keynesblog.com/2012/08/31/le-vere-cause-del-debito-pubblico-italiano/
@Paul
Sempre questa storia del “Divorzio Tesoro-Banca d’Italia”!
Quello che scrivi è in parte vero, ma poi dimentichi un’aspetto fondamentale.
Usare la Banca d’Italia come “buffer” per contenere il debito ha un “pesante” effetto collaterale: scarica tutto sull’inflazione.
Non a caso l’inflazione nel 1980 era al 20%, poi è scesa.
http://it.inflation.eu/tassi-di-inflazione/italia/inflazione-storica/cpi-inflazione-italia.aspx
Il problema di fondo è che sono stati spesi dei soldi non per fare investimenti, ma sono stati sprecati in mal governo.
(Perchè se almeno fossero stati spesi per investimenti seri, il gioco sarebbe valso la candela)
Se tu spendi soldi in qualche modo devi pagare:
1) scarichi sulla Banca d’Italia, e questa stampa moneta => inflazione al 20%
2) metti più tasse
3) aumenti il debito
risultato di 1): il valore dei beni, dei risparmi, degli stipendi degli Italiani decresce, ovvero si pompa via ricchezza dalle tasse degli Italiani
risultato di 2): come sopra
risultato di 3): come sopra
Non si può creare ricchezza dal nulla solo agendo con metodi monetari (tipo stampando moneta).
Altrimenti sarebbe troppo comodo.
L’unico modo di creare ricchezza è col sacrificio e con la serietà.
(Lo so, è una brutta notizia)
Tutti voi che rimpiangete la cara vecchia Lira, perchè non raccontate come si viveva in Italia negli anni 70 e 80?
Vi va bene che molti non l’hanno vissuta, e molti dimenticano.
Oggi ci siamo abituati all’inflazione bassa (grazie alla tanto vituperata Merkel che garantisce, per ora, sui nostri debiti), ma non è sempre stato così ……….
Forse il video però era questo…
http://www.youtube.com/watch?v=t_ssGy0LXo0
@ Stefano Lassi: grazie per la lucidita’ della tua esposizione.
@ Paul: a costo di sembrare noioso, ma la tua interpretazione (e quella dell’economista da te indicato) suggerisce anora una volta come noi italiani siamo sempre alla ricerca della scorciatoia (quella furba pero’…). D’altra parte noi siamo quelli svegli, tutti gli altri non ci avevano pensato che bastava stampare soldi.
Purtroppo, il conto si paga. E nell’ ipotesi da te descritta, si paga con inflazione a doppia cifra e, a seguire, con crisi valutarie (le reserve delle banche centrali ad un certo punto finiscono. Nino questo dettaglio non lo ha spiegato? Ma non e’ un economista?). E questo e’ cio’ che e’ estattamente successo, all’Italia ed a molti paesi sudamericani (e il riferimento non e’ casuale). Se bastasse stampare moneta, tutto il mondo sarebbe ricco, staremmo tutti bene. Avanti ad applaudire la fanta economia, che a forza di crederci diventiamo tutti ricchi…
Vorrei soltanto aggiungere delle osservazione e delle domande, dopodiche’ saluto e ringrazio per la civile conversazione:
– con la banca centrale che stampa moneta, si CREA debito. E’ nel bilancio del Tesoro (passivita’) e della banca centrale (attivita’). Il debito c’e’; e’ il modus operandi di come viene finanziato che cambia. Non c’e’ nessuna magia, ci indebitiamo. Bene. Indebitarsi non e’ un male di per se’, ma come altrove indicato, dipende da cosa facciamo con questi soldi. Sviluppiamo il Paese o sprechiamo risorse e ingrassiamo gli incapaci e i raccomandati (nel pubblico e nel privato).
– l’indipendenza della banca centrale dalla politica (Tesoro) e’ un principio di tutte le economie piu’ ricche ed avanzate (benche’ abbastanza recente, e senz’altro c’e un dibattito, ben venga). Domanda: perche’ Germania, USA, Francia, Inghilterra, Canada ecc non hanno visto il loro debito radoppiare negli anni successivi a tale separazione?
– gli interessi sui titoli di stato sono una misura del rischio di credito di un Paese. Separare le due funzioni non significa necessariamente pagare interessi esorbitanti, se il mercato percepisce che la politica e’ seria e sostenibile. E’ una sorta di test di credibilita’ dei governi da parte del mercato (con tutti i limiti del caso). Domanda: perche’ i Paesi sopra citati (con banca centrale indipendente) non pagavano tassi esorbitanti e noi italiani sì (non sara’ anche questo un complotto spero?). Domanda: perche’ oggi, dopo molti anni di tassi a zero o negativi, il debito e’ continuato a salire, in termini assoluti ed in rapporto al PIL? Perche’ in molti paesi sudamericani, che hanno simili caratteristiche quali l’alta corruzione, la burocrazia soffocante, la mancanza di leadership, mercato del lavoro rigido, poca innovazione, poco merito ecc, hanno vissuto simili problemi a quelli dell’Italia (sebbene piu’ accentuati).
Quindi forse i tassi non sono il problema, sono un sintomo, e’ la febbre che sale quando un Paese e’ malato, e la moneta che la banca centrale stampa e’ una medicina, per tenere la febbre bassa, ma che a forza di prenderla porta il paziente al collasso. Forse e’ il sistema paese il problema, le cose reali (non la moneta), e’ il modo in cui operiamo, e in definitiva il modo in cui usiamo i soldi e allochiamo risorse scarse.
Il che mi conduce alla mia prima osservazione: non servono tecnicismi o l’ingegneria finanziaria, monetaria o di bilancio. Questi sono tutti dettagli, e di breve periodo. Il nostro problema si risolve con onesta’, meritocrazia, lavoro, innovazione. E questo richiede un cambiamento culturale, che purtroppo non vedo all’orizzonte. E l’Europa (con tutti i suoi limiti), ci vede incapaci di autogestirci, e ci ha interdetti e messi sotto tutela. Non un bel risultato, ma credo ce lo siamo guadagnati.
@Stefano Lassi @GR
Volete vincere facile, usando mezzi sostanzialmente sleali. Io direi che – semplicemente – l’uno non esclude l’altro: sono veri sia i difetti degli Italiani che le manchevolezze della politica di gestione del debito pubblico da parte di BI-Andreatta, che per “punire” le cattive abitudini (solo in parte oggettive[PS]) del ceto politico nella gestione della cosa pubblica, furono più realisti del re e – eterogenesi dei fini – misero maldestramente le ali alla crescita del debito pubblico per effetto esclusivamente degli interessi passivi e non della spesa primaria, come avviene da 25 anni, tranne uno (governo Berlusconi, in piena crisi economica).
Per un utile ripasso, cfr. Il divorzio Tesoro-Banca d’Italia del 1981 e l’indipendenza delle banche centrali
[PS] (tratto dai commenti all’articolo di Domenico Moro allegato)
keynesblog 31 agosto 2012 alle 19:47 Rispondi
@alessandro: ecco il grafico: http://www.imille.org/wp-content/uploads/Avanzo-primario1.jpg
Puoi notare che dal 1985 inizia un percorso di riduzione del disavanzo. Nel 1990 andiamo in pareggio e poi sempre in avanzo. Nonostante ciò la corsa del debito è inarrestabile fino al 1995.
@vincesko
> Volete vincere facile, usando mezzi sostanzialmente sleali
Fammi capire, quando esprimi il tuo pensiero, sei “leale”, quando esprimo il mio pensiero, sono “sleale”?
Mi sembrano ottime basi su cui intavolare un discorso tra pari. Complimenti.
@Stefano Lassi
A dirla tutta (m’era rimasto nella penna per… galateo), oltre a fare un discorso “sostanzialmente sleale” (perché ovvio, a senso unico e glissando furbescamente sul nocciolo della tesi, suffragata da fatti, proposta dall’interlocutore: la colpa di Banca d’Italia nel controllo dei tassi d’interesse passivi, un unicum nel panorama delle banche centrali principali, vedi il mio post allegato), fai anche affermazioni da ignorante: la stampa di moneta, come ormai sanno anche i sassi, non è causa diretta e sufficiente di inflazione. La quale peraltro, nel periodo esaminato, infine, ha per lo più cause esogene.
Piu sleale di così si muore…
@Stefano Lassi
Citazione: “Oggi ci siamo abituati all’inflazione bassa (grazie alla tanto vituperata Merkel che garantisce, per ora, sui nostri debiti), ma non è sempre stato così ……….”
Altro esempio – duplice – di slealtà e di ignoranza: che la “bottegaia” egoista Merkel garantisca i nostri debiti è la fesseria della settimana; b) i puntini sospensivi devono essere 3 (tre).
@vincesko
Ma si, insulta e buttala in caciara.
Tipica strategia di chi ha paura di un confronto da pari a pari.
Visto che mi sembri così competente: mi sapresti dire quali sarebbero le cause “esogene” che hanno portato all’inflazione italiana nel periodo 1972 – 1992?
Visto che ti sai riempire la bocca di pseudo-verità, come: “la svalutazione non è dimostrato che porti all’inflazione”, “tutto nasce dal divorzio Tesoro-Banca d’Italia”, etc., ma quali sono le reali giustificazioni scientifiche di quello che dici?
Siete talmente a corto di giustificazioni che gli anni ’70 e ’80 sono ormai portati ad esempio di “periodo del bengodi” ……………. mi scappa da ridere …… ma tu li hai vissuti?
@Stefano Lassi
1. Non proiettare i tuoi difetti, brutto indizio.
2. Arteriosclerosi? Non attribuirmi frasi che non ho scritto, usando a sproposito le virgolette.
3. Le “cause esogene” sono indicate nella discussione linkata (devi fare la fatica di trovare il commento che le indica).
PS: C’ero. Ma non vuol dire niente, poiché dipende dal fatto se uno fa analisi critiche ragionando laicamente sui numeri e sui fatti oppure – come te – è incline, causa educazione stortignaccola, a farsi manipolare ed a fare l’UTILE IDIOTA dei ricchi.
A proposito di: “fare l’UTILE IDIOTA dei ricchi”, la soluzione proposta da Vincesko e’ di stampare moneta, cosi ricchi lo diventiamo tutti.
Ma come abbiamo fatto a non pensarci prima!
Basta stampare moneta e stiamo tutti bene. La fame nel mondo sparisce. Il debito sparisce (chissa’ dove, ma sparisce). I mali dell’Italia e del mondo sono risolti. Inflazione, crisi valutarie, deficit: tutti spariti all’ombra di una banca che stampa carta.
Mandiamo gli emissari in tutte le ambasciate del mondo e chiediamo loro di stampare moneta. Per ferragosto tutto il mondo e’ in festa.
Grazie Vincesko per avere trovato la soluzione a tutti i nostri problemi, e per averci pensato prima di tutti noi. Grazie anche di averci fatto capire che cosa e’ l’idiozia.
@GR
Mi è arrivato da lunga distanza (1.000 Km?) l’eco assordante di un terribile fischio nell’orecchio. Deve essere stato dopo che hai letto “UTILE IDIOTA dei ricchi”…
PS: Anche tu arteriosclerotico? Il discorso è complesso ed involge, se del caso, anche la stampa di moneta (lo fanno tutte le banche centrali, come compito istituzionale), e non voglio abusare dei tuoi neuroni affaticati e… a senso unico, ma (a) mi dici dove avrei scritto che “la” soluzione è di stampare moneta?; (b) ti segnalo che, dopo la nascita dell’Euro, nessuno Stato membro dell’Eurozona ha il potere di emettere moneta, la cui decisione è demandata in esclusiva alla BCE (“la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno dell’area dell’euro”), ma soltanto di indebitarsi (o di tassare i suoi cittadini o di tagliare le spese, entrambe però misure procicliche, che quindi aggravano la crisi economica, a meno che le nuove tasse non ricadano sulle spalle del decile o la metà del decile più ricco, a bassa propensione al consumo); e (c) da 25 anni, l’Italia è tra i Paesi UE che rispetta di più il limite del 3% e da vari anni presenta, assieme alla Germania, l’avanzo primario più elevato, cfr. http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2017/01/20/gli-stregoni-dei-numeri-di-bruxelles/#comment-5064).
Vincesko non ha proposto alcuna soluzione nei suoi interventi precedenti. In particolare non ha mai detto che stampare moneta a gogò sia una soluzione.
Il mio intervento precedente è di tempo fà, non ho più replicato per via della mancanza di argomenti seri da parte di GR e Stefano, che, se non sono bontemponi in cerca di flame, stanno glissando su parecchi aspetti: in buona fede? oppure consci della situazione di quel periodo? Non ci è dato saperlo…
Detto questo, fortunatamente è possibile prendere visione di grafici e dati pubblicati da istat, fmi, banca italia ecc e non solo, c’è chi ha già fatto la fatica di costruire e pubblicare quei grafici bellieppronti in rete, per la cronaca: basta la chiave giusta in google immagini e già salta fuori qualcosa.
Davvero ignorate le cause esogene che hanno favorito l’inflazione degli anni 70? (solo in Italia? Andate a vedere!!!)
E che caso strano è scesa nei primi ottanta (solo in Italia? Andate a vedere!!!)
In alternativa guardatevi mad max II: è molto più carino e la sintesi è la stessa (ah… e non è mica un caso che quel film sia dell’81 eh..).
Spesso si paragona la situazione britannica a quella italiana, anche la nostra legge sul “divorzio” fù ricalcata da quella uk. Tuttavia noi entrammo nello SME nel ’79, la GB no, solo nel ’90 E anche questa diversa scelta segnò due strade differenti durante gli ’80s. La politica delle due banche centrali fù differente anche per questo. Le strade si incrociano però in occasione della crisi del ’92, quando entrambi i paesi abbandonarono lo SME.
GR dice: “Inflazione, crisi valutarie, deficit: tutti spariti all’ombra di una banca che stampa carta.”
Rispondo: Deflazione (o stagflazione), valuta unica, avanzo primario pluridecennale in attivo. Ora sì che si sta d’incanto all’ombra della BCE (che a dirla tutta anche lei ha svalutato sul dollaro – vedi stretta di mano merkel-trump – e se vogliamo essere pignoli, ma neanche tanto, si è comprata sui 1500 mld di euro in titoli di stato col qe, a proposito di “carta straccia”).
Il problema dei vostri interventi è che si basano su “fake news” belle e buone. Ma sono (spero inconsapevolmente da parte vostra) piuttosto astuti:
“Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”.
Raccontare balle sulla nostra storia economica, condite con luoghi comuni da bar, o suffragate da imbarazzanti servizi visti di sfuggita al tg, o persino lette sui giornali, anche giornali economici (alla faccia dello “scripta manent”), non porta distante: i dati sono là pronti per essere consultati e sbugiardare le falsità.
Il problema è che come tutti i temi un minimo tecnici bisogna leggere e capire un po’ di argomenti “nuovi”. “Nuovi”… Diciamo, cose che nelle scuole primarie e anche secondarie generalmente nessuno spiega. Una volta in possesso di questi strumenti, leggendo qualche libro si può capire meglio poi cosa è avvenuto in quegli anni e si è in grado di leggere i dati veri ufficiali. A quel punto distinguere le bufale dagli interventi seri è abbastanza facile.
L’altro problema è che da trent’anni il mantra dell’Italiano furbetto, corrotto e fannullone, della politica che ha prodotto il debito pubblico col magna magna e la spesa improduttiva, ha invaso e continua ad invadere il pensiero della gente comune, influenzandola e coprendo (in forza del fatto che pochissimi si vanno a leggere i dati veri, peraltro pubblicati alla luce del sole!!!) la verità fattuale.
E questo è proprio il motivo per cui non avevo più risposto: inutile discutere con chi è prevenuto grazie ai luoghi comuni. Tempo perso. Anche perchè chi legge e vuole capirne di più può leggere tanti altri documenti, libri, vedersi video interviste facili da reperire oggigiorno e dati ufficiali interessanti e illuminanti.
Infine, qualcuno parlava sopra di “mia interpretazione” e “mie ipotesi”, non ricordo chi dei due utenti. In realtà quanto riportavo sono banalmente fatti, numeri, registrati da enti ufficiali (FMI, Banca Italia, ISTAT & Co). Andateveli a vedere PRIMA di scrivere qualcosa e mettere in circolo sciocchezze.
Quella più spassosa in assoluto rimane quella della OFCE!
E’ una bella gara, ma la parte sulla correlazione produttività/cambio del toilet paper di Mediobanca direi che lo fa vincere ai punti :)
massì più colonia per tutti.
[…] via La fantastica uscita dall’euro di Mediobanca — Keynes blog […]
4/5 anni e non c’è il piano B