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Helicopter money: la differenza tra Keynes e Friedman

In queste settimane si fa un gran parlare di helicopter money, vale a dire l’ipotesi che le banche centrali regalino soldi ai cittadini senza pretendere nulla in cambio. I rumors in tal senso sono diventati così forti che le stesse banche centrali hanno dovuto smentire o ridimensionare le aspettative di azioni così straordinarie. Per la verità Mario Draghi ha aperto timidamente all’idea, che ha definito “molto interessante” anche se pone problemi legali e implementativi. 

Il motivo per cui si è arrivati a questa ipotesi è che i bassi tassi sui rifinanziamenti alle banche, i tassi negativi sulle riserve e i Quantitative Easing paiono non bastare. Anche negli Stati Uniti, dove la ripresa è stata più significativa e la disoccupazione è scesa al 5%, il tasso di crescita è sensibilmente minore di quello precedente la crisi, l’inflazione è bassa, i salari crescono lentamente (almeno di un punto in meno rispetto a quanto sarebbe necessario per spingere l’inflazione al 2%) e la gente è sempre più insoddisfatta . Il Regno Unito non ha fatto meglio, mentre l’Europa ha fatto molto molto peggio, a causa della stretta fiscale imposta dal 2010 in poi alle periferie dell’Eurozona.

L’helicopter money prende il nome da una provocazione di Milton Friedman secondo cui gettare denaro dagli elicotteri aumenterebbe l’inflazione:

Supponiamo adesso che un giorno un elicottero sorvoli questa comunità e lanci 1000 dollari dal cielo, che, ovviamente, verrebbero frettolosamente raccolti dai membri della comunità. Supponiamo inoltre che tutti siano convinti che questo è un evento unico che non sarà mai più ripetuto. (M.Friedman, The Optimum Quantity of Money, 1969)

Il risultato, secondo Friedman, è che questo aumento della quantità di moneta genererebbe un aumento della domanda nominale e quindi inflazione. Tuttavia le ipotesi di Friedman sono alquanto restrittive: la gente non deve risparmiare il denaro gettato dall’elicottero e l’economia deve trovarsi al pieno impiego.

Proprio su queste ipotesi insistono i critici dell’helicopter money: in una situazione di incertezza e di sfiducia, se gettassimo soldi da un elicottero, o più semplicemente se le banche centrali accreditassero una certa somma a tutti i cittadini, nulla impedirebbe che essi risparmino, se non tutto, una buona parte di quanto ricevuto. Oppure che usino questo denaro per ripagare i debiti pregressi, senza stimolare consumi e produzione, ben sapendo che l’evento miracoloso sarebbe unico e irripetibile. Ed anche se una parte del denaro fluisse nell’economia, esso potrebbe essere diretto all’acquisto di beni importati (quanto con 1000 euro si comprerebbero un nuovo telefonino o un tablet?).

Anche John Maynard Keynes propose qualcosa di simile, ma solo all’apparenza. Scrive Keynes:

Se il Tesoro si mettesse a riempire di biglietti di banca vecchie bottiglie, le sotterrasse ad una profondità adatta in miniere di carbone abbandonate, e queste fossero riempite poi fino alla superficie con i rifiuti delle città, e si lasciasse all’iniziativa privata, secondo i ben noti princìpi del laissez-faire, di scavar fuori di nuovo i biglietti (…), non dovrebbe più esistere disoccupazione; e, tenendo conto degli effetti secondari, il reddito reale e anche la ricchezza in capitale della collettività diverrebbero probabilmente assai maggiori di quanto sono attualmente. (J.M.Keynes, Teoria generale dell’occupazione dell’interesse della moneta, 1936)

L’analogia è con le miniere d’oro. Qui Keynes non propone un mero stimolo monetario attraverso del denaro regalato al pubblico.  Per seppellire e poi riprendere le banconote, infatti, è richiesto del lavoro. Occorre procurarsi le bottiglie, infilarci le banconote, portarle nelle miniere, riempirle con i rifiuti. Poi, dopo una gara per assegnare i terreni dove sono seppellite le bottiglie, ogni assegnatario dovrà assumere degli operai e procurarsi le attrezzature necessarie a rinvenirle.

In altre parole, qui le banconote sono solo un pretesto per movimentare le risorse produttive, lavoro e capitale, a differenza del denaro gettato dall’elicottero che non richiede nessun lavoro (almeno per come la vedeva Friedman).

Si potrebbe applicare in qualche modo il consiglio di Keynes? Lo stesso economista inglese suggerisce cosa fare subito dopo il paragrafo citato: “Effettivamente sarebbe più sensato costruire case e simili”. Già, basterebbe usare il denaro, preso a prestito o stampato di fresco, poco importa in una situazione come quella attuale, per finanziare lavori pubblici. 

E’ sintomatico che ci si inventi qualsiasi cosa, persino gettare il denaro dal cielo, pur di evitare di dare allo stato l’occasione di dimostrarsi utile, ad esempio costruendo case, strade, scuole ed ospedali. I trattati europei proibiscono esplicitamente il finanziamento monetario della spesa pubblica, ma la proposta dell’helicopter money non è limitata all’eurozona. Il pregiudizio ideologico “tutto fuorché la spesa pubblica” è così diffuso che sono davvero pochi quelli capaci di sfuggirgli.

8 commenti su “Helicopter money: la differenza tra Keynes e Friedman

  1. per cento anni, dopo la caduta di Napoleone, in Europa non c’è stata inflazione, nessuno sapeva bene cos’era il PIl, gli economisti erano dei filosofi, eppuregli stati finanziavano opere pubbliche e marina da guerra con la rendita perpetua: ritiravano i risparmi die cittadini e siimpeganvano a pagare per sempre gli interessi, del 3,5%. Percè questo sistema non piace agli attuali economisti? (NDR a me non piacciono gli attuali economisti. dopo Luigi Einaudi, che non ricorreva a formule, han detto solo cazzate certificate…)

  2. Articolo interessante, mi conferma ulteriormente nella mia tesi che la “Scienza economica” sia in realtà imbecillità applicata. E gli esempi degli illustri economisti ne sono una dimostrazione. Anche Albert Einstein ricorreva ad “esperimenti mentali”, ma il contenuto e la solidità erano ben diversi …
    Per carità, non sto dicendo che Keynes fosse un imbecille. intendiamoci bene. Dico che la materia economica è così vacua che si può dire di tutto.
    Resa lo stupore nel leggere, ancora, cose come: “Il pregiudizio ideologico “tutto fuorché la spesa pubblica” è così diffuso …”.
    NON è un pregiudizio ma la banale osservazione di un fatto. In un sistema come il nostro, in cui la spesa pubblica pesa per circa il 50% del PIL (e bisognerebbe sempre aggiungere a questo circa 50% “tutto il resto” ovvero i soldi spesi per ottenere ciò che lo Stato dovrebbe dare ma non dà e tocca pagarsi a parte: autostrade, commercialisti perché la tassazione è complicata, avvocati perché la giustizia è lenta cavillosa e disorganizzata, notai, sanità privata, costo extra dei medicinali causa monopolio delle farmacie, previdenza complementare, …), è evidente che le risorse che dovrebbero “mettere in moto” la macchina del benessere ESISTONO ma vengono sistematicamente drenate, destinate ad impieghi troppo spesso infruttuosi (compresi stipendi e pensioni che non hanno relazione con l’utilità sociale portata dal lavoro svolto) e sostanzialmente bruciate.

    • Il pregiudizio emerge quando si sostiene che la spesa pubblica “pesa” sul Pil, dimenticando che essa “contribuisce” al Pil, esattamente come quella dei privati, debito incluso, e inclusi anche gli stipendi e le rendite che nulla hanno a che fare con “l’utilita’ sociale del lavoro svolto”.

      Come se una liquidazione da svariati milioni di Euro per qualche mese di “lavoro” alla guida di un colosso industriale che se ne va benissimo, o malissimo, per conto suo, avesse maggior titolo a rappresentare il “Pil Italiano” al pane servito nelle mense scolastiche e agli stipendi delle migliaia di insegnanti che insegnano a leggere e a scrivere anche agli ignoranti che poi, ciononostante, sputano loro addosso.

      • È la solita mistificazione. Si sostiene che tutto andrebbe comunque bene, sprechi compresi, SE la moneta fosse illimitata. Fingendo di non sapere che, giusto o sbagliato, nel “nostro” attuale sistema la moneta è una risorsa limitata e che non tutte le abitudini (o necessità) di consumo hanno lo stesso effetto sull’economia. Con l’unico supporto del calcolo dell’effetto moltiplicativo fatto peraltro in modo aggregato, senza distinguere sui diversi risultati del reddito a seconda delle diverse strade che prende (es.: qualcosa in più per tanti, o troppo per pochissimi) . Ed ovviamente trascurando del tutto ogni etica.

  3. I capitali privati certamente ESISTONO, ma se non vengono investiti nella produzione di beni e servizi il motivo si trova nella carenza di potere d’acquisto da parte dei potenziali consumatori di questi beni e servizi.

    Il moltiplicatore si dovrebbe calcolare tenendo conto della diversa propensione al consumo a diversi livelli di reddito, quindi la spesa pubblica deve sostenere i redditi da fame, se si vuole che l’economia riprenda a “correre” (le pensioni minime, i sussidi di disoccupazione, agli invalidi, alle famiglie numerose, ai giovani che vogliono studiare o sposarsi, ai lavoratori che prendono meno, etc.).

    Bisogna insomma superare il perverso preconcetto secondo cui se un povero non viene ridotto alla fame non lavora (mentre per il ricco si usa il criterio opposto: non fa niente se non gli assicuri un +100% ogni quattro anni),

  4. […] go to Bill Mitchell’s blog (see this or this article); Italian readers can also find a brief comment on helicopter money and the different approach by Friedman and Keynes. To those saying “cash […]

  5. […] primo caso descrive la provocazione di Friedman dell’Helicopter money (qui trattato da Keynesblog). Vi sono certamente dei limiti in questa teoria. Nell’accezione de Il Post,  essa […]

  6. Premesso che sono completamente d’accordo con l’autore quando parla di diffondere lavoro invece di banconote, possiamo anche fare l’elicopter money ma se continuano ad essere più convenienti le merci tedesche non andiamo lontano.

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