Il presidente dell’Inps, l’economista Tito Boeri, ha lanciato ieri un allarme inquietante: i nati nel 1980 dovranno lavorare fino a 70-75 anni e godranno di pensioni più basse rispetto a quelle attuali: il 25% in meno, considerando tutto l’arco di vita pensionistica, che grazie all’innalzamento dell’età pensionabile si accorcerà significativamente. Boeri ha anche aggiunto che per i molti che stanno vivendo una carriera discontinua, ci saranno problemi di “adeguatezza” dell’assegno (leggasi: percepiranno pensioni così basse che avranno bisogno di sussidi di povertà).
Boeri ha inoltre accennato al problema della crescita, poiché con un tasso di crescita basso (ipotizzato dell’1% l’anno per i prossimi decenni) sarà sempre più complicato finanziare le pensioni. Problema che però le riforme non risolvono, semmai aggravano. E’ un serpente che si morde la coda. Tenere al lavoro persone di 70-75 anni vuol dire mettere un freno alla già scarsa produttività, con il risultato che – a parità di altri fattori – avremo meno crescita: la disoccupazione giovanile e la permanenza degli anziani al lavoro si ripercuote anche sulla qualificazione delle competenze dal lato dell’offerta e sulla capacità di quest’ultima di rispondere ad una dinamica della domanda sempre più concentrata in segmenti di produzione ad alta intensità di conoscenza. I lavoratori anziani sono meno qualificati, conoscono meno i mezzi di produzione più recenti e hanno maggiori difficoltà ad aggiornarsi e ad imparare cose nuove, cosicché il learning by doing non riesce più giocare il suo ruolo di impulso della produttività.
L’innalzamento dell’età pensionabile inoltre comporta l’effetto che stiamo vedendo negli ultimi due anni: la disoccupazione giovanile schizza alle stelle perché la domanda di lavoro è bassa e licenziare un giovane precario è molto più semplice che licenziare un lavoratore a tempo indeterminato. E così accade che i padri rubino il lavoro ai figli.
Di fronte a questi problemi, assistiamo a proposte di politica economica a dir poco ridicole. Si dice ad esempio che l’Italia e l’Europa hanno un problema demografico (gli anziani aumentano in rapporto alla popolazione) e quindi bisogna fare più figli. C’è chi arriva a proporre 5000 euro l’anno per le neomamme. Chiaramente si tratta di una sciocchezza: il mercato del lavoro già non assorbe i giovani che ci sono, figuriamoci se ne aggiungiamo altri.
Nel frattempo i dati ci dicono che la cancellazione dell’articolo 18 e gli incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato non hanno sortito effetti sostanziali. La disoccupazione si riduce con estrema lentezza e in parte solo perché aumentano gli scoraggiati.
Di fronte a questi ragionamenti che potremmo definire di buon senso, assistiamo a risposte che, direbbe Keynes, hanno una parvenza di serietà solo perché risultano così controintuitive da indurre l’interlocutore a pensare che ci sia qualche ragione profonda che gli sfugge. La realtà è che invece sono davvero ciò che appaiono: assurdità.
Ad esempio, di fronte alla constatazione che i padri “rubano” (involontariamente) lavoro ai figli rimanendo in attività invece che andare in pensione, si risponde che il numero di posti di lavoro non è fisso. Ovviamente è così. Ma il punto è che il numero di posti di lavoro non dipende da quanti lavoratori sono disponibili, e in larga misura non dipende neppure dalla loro disponibilità ad accettare salari minori. In altre parole, il numero di posti di lavoro non è determinato nel mercato del lavoro, ma nel mercato delle merci. Solo se gli imprenditori attendono una domanda maggiore di quella corrente allora assumeranno nuovi lavoratori, e viceversa se attendono una domanda minore ne licenzieranno una parte. Rispetto al mercato del lavoro, quindi, è perfettamente corretto dire che la domanda di lavoro è “data” e quindi gli interventi sul mercato del lavoro non faranno altro che ridistribuire la quantità di lavoro esistente. Ecco perché, come ampiamente previsto, le riforme del mercato del lavoro non stanno portando all’aumento dell’occupazione. Né qualcosa cambierà in meglio svincolando i salari dall’orario di lavoro, come propone il ministro Poletti.
Considerazioni simili possono essere fatte rispetto al tanto sopravvalutato problema demografico. Non parliamo poi delle presunte proprietà taumaturgiche delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni: da quando l’Italia si è imbarcata in vasti programmi di privatizzazione e in diverse significative liberalizzazioni (alcune riuscite, altre meno), il tasso di crescita della produttività è addirittura diminuito. Non stiamo dicendo che ciò è accaduto a causa delle liberalizzazioni e delle privatizzazione, ma che esse non hanno contribuito in maniera significativa a invertire la tendenza.
Non solo quindi non si affronta la crisi congiunturale, ma si danno risposte sbagliate e inefficaci (quando non addirittura deleterie) anche ai problemi strutturali, i più importanti dei quali non vengono neppure citati nel dibattito pubblico. Ad esempio, mentre ormai da almeno 35 anni sappiamo che la dimensione delle imprese è un fattore frenante per il nostro paese (lo scriveva Giorgio Fuà nell’ormai storico “Problemi dello sviluppo tardivo in Europa”, datato 1980), il discorso pubblico è tutto incentrato su quanto sono “smart” e “cool” le microimprese, l’autoimpiego e le startup.
Altro che non gravare sulle future generazioni: l’Italia si sta mangiando il suo futuro e nessuno sta provando ad evitarlo.
Tenete presente che mancano tutti gli anni 60/70 miliardi di contributi previdenziali causati dalla incostituzionale elusione fiscale alla quale si aggiunge la colossale evasione fiscale! Evasione fiscale e stato sociale non possono coesistere!
I Costituenti, approvando l’articolo 53 della Costituzione, avevano pensato anche a questo! Redditi effettivi e capacità contributiva effettiva resa tale dalla “somma di tutti i redditi personali effettivi comunque conseguiti e con deduzione di tutte quelle spese primarie e sociali che non rappresentino un lusso” e sulla loro differenza si applicano le aliquote progressive mettendo un tetto impositivo alle capacità contributive soggette a tassazione, tetto che lo stato ha interesse a mantenere alto, per la migliore capacità produttiva delle classi meno abbienti. Ass. Cost. 23 maggio 1947 in seduta plenaria per l’approvazione del nuovo sistema tributario i cui pilastri di capacità contributiva e di progressività del sistema tributario nel suo complesso sono determinanti per sconfiggere l’elusione e l’evasione fiscale!
Quando capiranno che il capitalismo è fallito, portando i guadagni alle banche ed al mondo della finanza, impoverendo i cittadini, avremmo superato tutti i problemi. Prima si esce dall’euro e prima si ristampa moneta che andrà a finire nelle tasche della gente e non nelle banche e prima questo paese riinizierà a correre.
Mettiamo una stamperia in ogni appartamento ed tutti si stampano i soldi che gli servono! ( ovviamente è una battuta ma significa che stampare moneta, non in relazione al valore della produzione nazionale, comporta una domanda virtuale e di conseguenza un aumento dei prezzi a tutto danno dei redditi fissi (FESSI))!
Assai meglio, ma molto meglio, propore una una redistribuzione dell’attuale reddito dai ricchi, dai benestanti e dai grandi e medi evasori fiscali e di contributi previdenziali, a favore delle classi meno abbienti che pagano tutte le tasse con la ritenuta Irpef alla fonte,lavoratori dipendenti e pensionati, e con le indirette sui consumi in specie di quelli petroliferi! Questi ultimi impongono una Vera Patrimoniale,non sugli immobili o le rendite finanziare,ma sul reddito e vale 45/50 miliardi. Infatti su 100 euro di benzina o diesel o altro 80 se ne vanno per spese le pubbliche di cui all’articolo 53 della Costituzione! Questi 80 euro vengono pagati in parti uguali, in violazione degli articoli 3 sul precetto di uguaglianza sostanziale sia dell’articolo 53 della Costituzione, sia dal ” ferrarista” che dal “pandista” e ciò è incostituzionale se non vengono resi,e non lo sono, progressivi in rapporto alla capacità contributiva di cui, appunto, all’articolo 53 della Costituzione! La capacità contributiva è lo strumento, consegnato ai legislatori ordinari, per “evitare” l’elusione e l’evasione fiscale. Infatti la capacità contributiva è un contenitore di fattori positivi , i redditi globali personali effettivi comunque conseguiti, e negativi,tutte le spese effettive per le necessità che la vita quotidiana richiede e che non rappresentino un lusso, anzi queste devono essere colpite con un tributo maggiore rispetto ai consumi primari e sociali. Sulla differenza degli importi di redditi e spese e citati/e si applicano aliquote progressive! Questo il dettato Costituzionale! E evidente che per potere dedurre le spese citate occorrono i relativi documenti fiscali ( ricevute o fatture) e la somma di queste risulteranno essere i redditi effettivi di chi vende beni,consumi e servizi e sarà la fine dell’elusione e dell’evasione fiscale e ciò farà arrivare all’erario non meno di 260 miliardi annui di cui 100 potremo metterle nelle buste paga e pensioni medio basse e a finanziarli saranno gli elusori ed evasori fiscali ai quali si aggiungono gli azionisti delle SPA e delle Multinazionali!
Sembrano davvero ‘tempi bui’ quelli che si prospettano all’orizzonte.
Keynes Blog, pubblicate più spesso, noi, diffondiamo più insistentemente sui nostri profili, ecc. Su qualcuno dice che il capitalismo stia per finire, ma, se si rimane con le mani in mano potrebbe essere una fine che travolge più dell’immaginabile. Ci vorrebbe un inversione di tendenza epocale. Se tant’è testoline iniziassero già a mettere in dubbio tutti i mantra dei media di massa – in questa che sembra veramente una scenografia montata ad arte per governare la condotta delle masse – sarebbe già un grande passo.
Perfetto.
Altra grande balla : ci salverà accogliere fiumi di indigenti.
Manca nell’articolo, aggiungetela.
“Di fronte a questi problemi, assistiamo a proposte di politica economica a dir poco ridicole. Si dice ad esempio che l’Italia e l’Europa hanno un problema demografico (gli anziani aumentano in rapporto alla popolazione) e quindi bisogna fare più figli. C’è chi arriva a proporre 5000 euro l’anno per le neomamme. Chiaramente si tratta di una sciocchezza: il mercato del lavoro già non assorbe i giovani che ci sono, figuriamoci se ne aggiungiamo altri”.
In un ottimo articolo come questo, potevate però risparmiarvi uno scivolone neomalthusiano del genere di quello della frase di cui sopra. Non solo perché Malthus era quello che chiedeva la castrazione dei poveri e delle razze inferiori a tutto vantaggio, visto che le risorse sarebbero scarse, dei ceti ricchi e delle razze superiori (ed il fatto che lo stesso Malthus avesse capito che la tendenza a tesaurizzare, sopratutto die ricchi, non aiuta l’economia, osservazione poi riprese da Keynes, non lo rende certo incolpevole rispetto al suo strisciante classismo e razzismo).
Potevate risparmiarvi lo scivolone soprattutto perché è stato proprio il crollo demografico ha far crollare la sostenibilità del sistema pensionisitico a ripartizione che presume alla sua base un costante ricambio generazionale sicché i giovani che entravano nel modo del lavoro sostenevano la pensione degli anziani che in numero pressoché eguale usciavano dalal vita attiva.
La sinistra liberal non ha mai capito, e non capisce neanche ogig, che tra “libertarismo” e “liberismo” la matrice culturale è la medesima, quella dell’individualismo anche quando esso assume la forma della rivendicazione collettiva dei diritti individualistici contro il bene comune.
Se il sistema pensionistico di un tempo non ha più retto bisogna ringraziare la liberalizzazione (eh sì, esse non sono solo quelle economiche e tra quelle economiche e quelle etiche c’è uno stretto rapporto di connessione) dell’aborto, lo scioglimento dei legami familiari stabili (Bauman ci spiega che la postmodernità è liquida ma non dice che tanto le convivenze di fatto sempre revocabili quanto la flessibilizzazione del rapporto di lavoro nascono dalla stessa liquidità sociale e spirituale), lo stile di vita deresponsabilizzata verso i figli (che sono ormai considerati un impaccio alla carriera o alla professione), l’abrogazione delle tutele normative (“impacci” alla produzione!) contro le discriminazioni delle lavoratirci che scelgono la maternità, la continua ed ossessiva propaganda mediatica verso il modello sociale del “single” o della “famiglia aperta” ossia liberalizzata nei rapporti tra i suoi componenti ridotti, appunto, a meri rapporti sinallagmatici a tempo determinato. In ultimo i matrimoni omosessuali che di per sé non generanno mai figli e quindi future persone che entrando nel mercato del lavoro potranno sostenere il reddito da pensione degli anziani in attesa che le nuove generazioni facciano, a loro tempo, altrettanto con loro.
Quando la sinsitra capirà che tra il relativismo sociale (l’individualismo economico) ed il relativismo etico c’è una strettissima parentela culturale e fenomenologica, forse sarà in grado di perseguire politiche sociali a tutto tondo senza cadere in contraddizioni pratiche.
Luigi
L’individualismo economico,oggi esistente, è in netto contrasto con l’articolo 2 della Costituzione che insieme all’articolo 3 sono chiare norme programmatiche e che il 53 aveva il compito di realizzare, ma i legislatori si sono ben guardati dal perseguire! Le conseguenze fallimentari del nostro paese, con la colossale evasione fiscale e contributiva con il conseguente colossale debito pubblico,stanno li dimostrarlo.
Senza dubbio l’individualismo economico è in netto contrasto con la Costituzione e senza dubbio l’evasione fiscale, di per sé un male, è anch’essa una violazione del sistema tributario progressivo previsto dai padri costituenti per riequilibrare i redditi. Ma è in contrasto con la Costituzione anche tutta la legislazione messa in atto oggi che tende a parificare altre forme di convivenza alla “famiglia naturale fondata sul matrimonio” (civile o religioso che sia). Oppure della Costitzione valgono solo le norme socio-economiche e non anche quelle etico-sociali? Ora coloro che vogliono una legislazione permissiva in tema etico sostengono che all’epoca dei padri costituenti essi non potevano non pensare all’unica forma di convivenza allora possibile ossia alla famiglia eterosessuale ma che oggi il “mondo è cambiato” e quindi bisogna interpretare storicisticamente ed “evolutivamente” il dettato costituzionale. Capite quanto è pericolosa detta argomentazione anche sul piano etico-economico? Perché che il “mondo è cambiato” è la manfrina ripetuta in continuazione dai neo-liberisti e globalizzatori, dai monetaristi ed eurocrati. “Keynes è superato, vecchio, novecentesco!” sostengono ed aggiungono che, per gli stessi motivi, tutte le parti della Costituzione che regolano i rapporti socio-economici, pensate in e per un’altra epoca, devono essere interpretate alla luce dei cambiamenti intervenuti. E tra essi, sostengono, anche le nuove forme di fiscalità come la “flat tax” per cui si paga poco e tutti, ricchi e poveri, nella stessa misura, onde “sconfiggere” l’evasione e – soprattutto – ridurre la presenza del pubblico in economia. I neo-liberisti sono infatti ancora convinti, come lo era Reagan, che se i ricchi pagano meno tasse poi essi spendono ed investono di più creando lavoro (la realtà storica ci ha insegnanto, però, che i ricchi preferiscono la speculazione all’investimento). Questo è il panorama culturale che prevale anche nell’opinione pubblica costruita dai media e se tutto ciò è in contrasto con la Costituzione e chisenefrega … tanto c’è l’Europa che lo chiede …!
Capite che se da sinistra si continua a prestare il fianco sul terreno etico al libertarismo non è poi coerentemente possibile opporsi al liberismo? Lo capite vero?! Se lo capite deducetene le ovvie conclusioni per una riflessione a 360 gradi che guardi all’uomo ed alla società in senso integrale, etico ed economico.
Altrimenti il liberismo vecchio e nuovo, continuerà a dominare.
Fare figli, tutelare famiglie stabili, è sostenere la domanda aggregata (in particolare quella interna), perché quest’ultima non deflaziona solo per contrazione del reddito e della spesa pubblica e privata ma anche per mancanza di esseri umani in quantità sufficiente affinché ci sia sufficiente domanda.
Saluti.
Luigi
Luigi! Concordo perfettamente con il tuo articolo ed in particolare per quanto riguarda l’articolo 29 della Costituzione! La Costituzione è un edificio perfetto e se togli un mattone cade giù tutto! Infatti la Costituzione,una volta approvata il 22 dicembre 1947, è stata subito tradita! Perchè? Perchè non è stata fatta conoscere alle nuove generazioni,” nel quadro didattico” nelle scuole di ogni ordine e grado, come invece obbligava un ODG dell’11 dicembre 1947 dell’Assemblea Costituente! E’ così che è stata tolta la libertà alle nuove generazioni di conoscere, quali diritti e doveri sociali, la Costituzione conteneva ed obbligava i legislatori ordinare a realizzare!
Studiare per Conoscere! Per non essere “fregati”da nessuno. Ricchi,potenti e politici!
( Don Lorenzo Milani)!
saluti
roberto
Grazie Roberto. Hai ragione. C’è stato un tradimento nei fatti pilotato da chi aveva altre mire.
Luigi
Luigi,e così..purtroppo! Non resta che unirci nel segno della Costituzione!
Saluti,
Roberto
[…] Sorgente: Pensioni e lavoro, le riforme che faranno male al paese | Keynes blog […]
Hahaaa.
La solita preoccupazione di tagliare sempre di più dalla economia reale per dare alla finanza speculativa. 17 mld x pensioni vs 80 mld x interessi pagati solo per il debito pubblico. E questo ogni anno cresce sempre di più.
La solita preoccupazione di bastonare chi ha pagato contributi per 35 – 50 anni di lavoro per coprire le spese per le pensioni che devono essere pagati ai statali perché lo stato e il poiché grosso evasore fiscale non pagando per i suoi pensionati.
La solita preoccupazione di pagare pensioni sempre più misere per chi ha lavorato al privato per poter coprire il cumulo di pensioni e vitalizi che hanno i politici e i sindacalisti.
[…] di keynesblog 2 dicembre 2015 […]
[…] https://keynesblog.com/2015/12/02/pensioni-e-lavoro-le-riforme-che-faranno-male-al-paese/ […]
Scrivere “accade che i padri rubino il lavoro ai figli” mi pare controproducente dal punto di vista comunicativo. C’erano altri modi per dire meglio la stessa cosa.
[…] primo punto abbiamo già scritto in passato e l’argomento è molto semplice: aumentare l’età pensionabile non fa altro che […]