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La partita della Troika contro la Grecia

Angela Merkel al World Economic Forum

La troika non è mai stata interessata a trovare un accordo, ma solo ad infliggere a Syriza una sconfitta esemplare. Per dimostrare a tutti che in Europa non c’è vita al di fuori del consenso di Berlino.

di Francesco Saraceno, economista presso l’Observatoire français des conjonctures économiques (Ofce) e la Luiss School of European Political Economy. Twitter: @fsaraceno / Blog: fsaraceno.wordpress.com

Traduzione: EUnews – OneEuro

Finora ho evitato di parlare della Grecia perché mi sembrava che tutto fosse già stato detto. Ma gli eventi della settimana scorsa hanno confermato quello che sospettavo fin dall’inizio, ossia che la troika, in linea con la quasi totalità dei governi europei, non è mai stata interessata a trovare una soluzione che permettesse alla Grecia di avviarsi sulla strada della sostenibilità fiscale e di rimettere in moto la propria economia. Era solo interessata ad infliggere al governo “radicale” greco una sconfitta totale ed assoluta.

Di fatto, non c’è stato nessun negoziato. A gennaio, le due parti partivano da posizioni molto lontane, come è normale che sia quando si confrontano due visioni dell’economia così diverse. Syriza chiedeva sostanzialmente due cose: la fine dell’austerità, che ha avuto sul paese un impatto molto più duro del previsto, senza offrire in cambio nessuno dei benefici annunciati, neanche sul piano della sostenibilità fiscale; e l’alleggerimento del debito. La troika voleva indietro i suoi soldi, fino all’ultimo centesimo (ad eccezione dell’FMI, l’unica delle tre istituzioni a vedere con favore una ristrutturazione del debito), e la continuazione delle politiche imposte alla Grecia a partire dal 2010 («prima o poi funzioneranno», no?).

Ma c’era un terreno comune che, se si fosse trattato di un vero negoziato, avrebbe permesso alle due parti di giungere ad un compromesso nel giro di poche settimane. Entrambe le parti concordavano sul fatto che l’economia greca presenta molte problematiche e necessita di riforme radicali. Le proposte di Syriza ruotavano attorno alla riorganizzazione e modernizzazione dello Stato, e alla creazione di un sistema efficiente di riscossione delle imposte; le richieste della troika, invece, erano più “classiche” e per certi versi ideologiche: tagli alle pensioni, riforme (liberalizzanti) del mercato del lavoro, e così via. Di fatto, una continuazione del memorandum.

Quando si parla di riforme, però, è cruciale seguire la sequenza appropriata: implementare riforme strutturali in tempo di crisi, quando l’economia non è in grado di assorbire i costi a breve termine di tali riforme, può avere effetti molto destabilizzanti e mettere a repentaglio i potenziali benefici a lungo termine. Gli effetti restrittivi di breve termine tendono ad auto-rinforzarsi e possono rivelarsi del tutto controproducenti sul piano dell’aumento della produttività e del miglioramento dei conti pubblici. Lo stato pietoso dell’economia greca ne è la dimostrazione più evidente: le riforme della troika ed i tagli alla spesa pubblica erano destinati a fallire sin dal principio.

Cosa è successo da gennaio ad oggi? A differenza di quello si sente spesso direi negli ambienti europei, gran parte delle concessioni sono arrivate dal governo greco. Sull’età pensionabile, sull’avanzo primario (sì, alla fine il governo ha rinunciato a fermare l’austerità e si è accontentato di ammorbidirla), sull’IVA e sulle privatizzazioni siamo oggi molto – ma molto – più vicini alle posizioni della troika che a quelle da cui era partito il governo greco.

Il chiodo su cui ha continuato a battere il governo è che alcune riforme, come il miglioramento del sistema di riscossione delle imposte, richiedono maggiori risorse – e dunque maggiore spesa pubblica. Le riforme, per funzionare, devono essere “disaccoppiate” dalle misure di austerità. Syriza, come il governo di Papandreou nel 2010, chiedeva tempo e, possibilmente, un po’ di soldi. Non ha avuto né l’uno né l’altro.

C’erano solo due linee rosse che Tsipras non voleva e non poteva scavalcare: rinunciare ad aumentare le tasse sui ricchi (e in particolare sulle grandi imprese) ed accettare ulteriori tagli alle pensioni. Se avesse oltrepassato quelle linee, sarebbe diventato indistinguibile da Samaras e dai governi che hanno condotto la Grecia al disastro in cui si trova oggi.

Quello che gli eventi dell’ultima settimana hanno reso evidente è che questo è sempre stato l’obiettivo reale dei creditori. Quella che si giocava era – ed è – una partita squisitamente politica, in cui le considerazioni di carattere economico c’entrano ben poco. Molto semplicemente, i creditori non possono permettersi che si materializzi, in Grecia e nel resto dell’eurozona, un’alternativa alle politiche seguite finora.

Deve essere chiaro a tutti che l’austerità e le riforme strutturali sono l’unica strada possibile. Altrimenti i cittadini potrebbero cominciare a porsi delle domande; un rischio che le élite non possono permettersi di correre a pochi mesi dalle elezioni spagnole. La sconfitta di Syriza deve essere esemplare, per dimostrare a tutti che in Europa non c’è vita al di fuori del consenso di Berlino (e di Bruxelles).

La “trattativa” altro non era che uno specchietto per le allodole. Chi, come noi, ha speso fiumi di parole per analizzare i pro e i contro della varie opzioni sul tavolo, ha sprecato il proprio tempo. Ecco perché a questo punto a Tsipras, come a Papandreou prima di lui, non rimane che chiedere alla popolazione greca di esprimersi.

E se la Grecia deve cadere perché la verità venga a galla, così sia. Se dobbiamo trasformare l’eurozona in un club in cui i paesi possono entrare ed uscire a loro piacimento, così sia. Una cosa è certa: l’Unione europea sta attraversando uno dei momenti più bui della sua esistenza.

10 commenti su “La partita della Troika contro la Grecia

  1. Completamente d’accordo. Analisi purtroppo lucidissima. Possiamo solo sperare che le forze si moltiplichino in tutta l’area mediterranea affinché si esca finalmente dal gorgo distruttivo dell’austerità. La Grecia non deve essere la prima vittima, perché in tal caso è molto probabile che, in assenza di crescita reale, Spagna ed Italia possano imboccare derive negative molto più complesse e incontrollabili sia socialmente che politicamente.

  2. Analisi condivisibile, l’obiettivo della UE era politico e non economico, colpirne uno per educarne 100.L’arroganza del potere non ha limiti, ma a volte gli errori diventano fatali.

  3. Mah…il referendum l’ha messo su Tsipras non la Troika, proprio nel momento in cui si era più vicini…dicono 600 milioni di differenza, alcuni anche meno. Poi si è saputo che le linee rosse di tsipras non erano propriamente quelle che dice l’articolista bensì il regime fiscale favorevole agli armatori (che tsipras vuole conservare) e le spese militari (che tsipras non vuole ridurre). Probabilmente il nodo è effettivamente politico, ma della politica interna greca e del consenso su syriza e delle sue stravaganti alleanze parlamentari. Syriza sta cercando il modo di sopravvivere politicamente ad un accordo con i creditori. Io in linea generale sono d’accordo sulla demenzialita’ dell’austerity e sul fatto che le vere riforme necessitano di risorse, però il punto qui e’ che i politicanti continuano a dire fesserie in campagna elettorale e poi non sanno come uscirne. Se Tsipras avesse detto: l’austerita’ è una tragedia, però noi abbiamo bisogno dell’euro e della Bce, quindi cercheremo di creare un fronte anti austerità all’interno dell’europa ma un qualche accordo bisognerà firmarlo, allora non avrebbe avuto molti problemi di manovra, pero’ forse non avrebbe vinto le elezioni. Alla fine stringi stringi bisogna sempre scegliere tra l’onestà e il personale immediato tornaconto…

  4. Le Banche centrali sono i più grandi usurai al mondo.
    Per esempio la BCE presta una banconota da 100 euro al Tasso di riferimento dello 0,05% facendosi pagare un interesse di 0,05 euro.
    Il vero tasso praticato però non è lo 0,05% perché la banconota gli è costata 0,10 euro di inchiostro e carta. Il vero tasso praticato per cedere una banconota dal valore intrinseco di 0,10 e è il 50% e sul denaro elettronico è anche più alto!!!!

    Leggete i motivi per uscire dall’euro (che nessuno racconta) riportati nella petizione sottoriportata e se d’accordo firmatela.
    grazie

    https://www.change.org/p/primo-ministro-e-ministro-dell-economia-pro-tempore-che-si-abbandoni-l-uso-dell-euro-per-i-motivi-di-seguito-riportati?recruiter=29707352&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink

  5. IL TEATRINO GRECO
    Ancora una volta si assiste al teatrino voluto dalla Germania: oggi la vittima è la Grecia che si è macchiata della grave colpa di avere indetto un referendum per fare decidere il Popolo.
    Per tale motivo oggi la Germania impone misure più pesanti di quelle fino ad oggi discusse.
    Per la Germania la democrazia è un optional che viene superato dalle più importanti esigenze nazionalistiche, ossia di non volere espropriare i risparmiatori tedeschi; questo è il vero motivo per cui non si vuole aiutare la Grecia.
    Fino ad oggi tutti gli aiuti dati alla Grecia sono serviti per fare il “gioco delle tre carte” spostando il debito da un tavolo ad un altro in quanto non vi è in Europa un bilancio federale che permette di assorbire gli squilibri economici dei paesi meno virtuosi. E’ per questo che la moneta unica in 15 anni ha spostato ricchezza dai paesi meridionali ai paesi nordici, stante l’assoluta mancanza di meccanismi di riequilibrio.
    Considerato che per avere una Europa federale occorre che vi sia una unione politica che mai sarà possibile raggiungere, stante lo spirito imperialistico della Germania, diventa necessario oggi non fare ripetere ulteriori casi come quello della Grecia.
    Si deve constatare e prendere atto che la moneta unica è stato un fallimento per l’Europa, che in questi ultimi 15 anni è arretrata di oltre 30 anni.
    La reversibilità della moneta unica non deve essere un male, deve essere una opportunità che viene data ad ogni singolo paese che vuole rimanere nell’unione europea ma non nell’unione monetaria, che mai sarà possibile raggiungere se non vi è prima quella politica.
    Il nome “teatrino” non è certo riferito alla Grecia ma alla situazione che si è creata. Gli attori sono la Merkell e Holland e stanno recitando. Sanno benissimo che è una farsa. Poi ci sono le comparse come Renzi, Rajoy e Coelho che servono per riempire il palcoscenico mentre gli spettatori sono i cittadini europei dei paesi nordici che plaudono allo spettacolo teatrale senza avere pagato il biglietto e i cittadini dei paesi meridionali sono coloro che contribuiscono allo spettacolo sopportandone interamente le spese.
    Quanto potrà durare?

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