Stefano Fassina, responsabile economico del Partito Democratico, in una recente intervista al Financial Times ha avanzato la proposta di fermare gli aumenti salariali in cambio di maggiori investimenti, che porterebbero maggiore occupazione. Si scambierebbe cioè una possibile riduzione del potere d’acquisto in cambio di maggiore occupazione. Tenendo poi conto del fatto che i salari sono una delle componenti che guidano l’inflazione, in realtà i lavoratori andrebbero a perderci, in termini reali, molto poco, se non nulla.
Se questa ipotesi fosse plausibile i sindacati farebbero probabilmente bene ad accettarla. Il problema è che essa appare, a seconda di come la si interpreta, contraddittoria o fuori tempo massimo.
E’ difficile sostenere che modesti risparmi sui salari monetari futuri possano incentivare maggiori investimenti oggi. I motivi sono molteplici:
- Le imprese investono a partire dall’apertura di linee di credito concesse dalle banche. Il tasso d’interesse che le aziende italiane si trovano a dover sostenere oggi è decisamente più alto di quello richiesto alle aziende tedesche. Sarebbe quindi opportuno affrontare questo nodo anche attraverso politiche pubbliche che favoriscano il miglioramento delle condizioni di prestito (ad esempio attraverso una banca di investimenti pubblica che potrebbe nascere dalla Cassa depositi e prestiti).
- Le aziende investono (e quindi si indebitano) solo se prevedono di poter realizzare maggiori profitti in futuro; se da un lato la moderazione salariale può avere un effetto positivo sulla valutazione della profittabilità futura, dall’altro tale valutazione è più strettamente legata alla domanda attesa: in altre parole, anche se i salari futuri fossero sensibilmente minori di quelli odierni, difficilmente gli imprenditori aumenterebbero la loro posizione debitoria, in un contesto di previsioni pessimistiche sulla domanda, le quali si avvererebbero peraltro più facilmente ove i lavoratori prevedessero la stagnazione del loro potere d’acquisto.
- Importare il “sistema tedesco” di contenimento dei salari in questa nuova fase (anche se Fassina sembra respingere l’idea di puntare così sulla domanda estera) sembra per lo meno intempestivo: la Germania si è infatti avvantaggiata negli anni puntando sul comportamento più espansivo dei suoi partner commerciali. Ma se tutti, a partire dall’Italia, seguissero la stessa linea, chiaramente il meccanismo si incepperebbe e nessuno ci guadagnerebbe. Si tratta di una banale fallacia di composizione: non sempre il comportamento profittevole per il singolo lo sarebbe se tutti l’adottassero. In effetti i dati confermano questo ragionamento: i salari nei paesi periferici sono andati riducendosi negli ultimi due anni, migliorando in parte la bilancia commerciale, ma ciò ha contribuito a rallentare la crescita tedesca che nel 2012 è stata di appena 0,7 punti (le previsioni per il 2013 parlano di un ulteriore rallentamento: 0,4%). Difficilmente l’Italia potrebbe ripetere l’esperimento tedesco.
- Si potrebbe obiettare che il contenimento salariale può ridurre la crescita dei prezzi e quindi accrescere la domanda. Ma questo è contraddittorio: la domanda privata interna infatti sarebbe depressa dal contenimento salariale stesso; la domanda pubblica è vincolata dal pareggio di bilancio che lo stesso Fassina non mette più in discussione; la domanda estera, come sostiene lo stesso responsabile economico del PD, al momento appare del tutto insufficiente a compensare il calo di quella interna, atteso che anche altri paesi stanno attuando politiche di blocco dei salari e che sono sempre più numerose le misure protezionistiche.
- Anche la stessa ipotesi che, in una fase di depressione come quella attuale, la domanda sia sufficientemente sensibile alla riduzione dei prezzi è tutta da verificare.
- Se, come rivelano i dati, l’Italia non presenta un costo del lavoro particolarmente elevato, ma piuttosto una produttività stagnante, non si capisce come il contenimento dei salari possa incrementarla.
La strategia proposta dal PD, quindi, non sembra basata su considerazioni economiche fondate e per certi versi sembra ripercorrere le linee di un modello che ha funzionato in presenza di condizioni notevolmente differenti da quelle attuali.
Il trade off di Fassina indicherebbe nella componente salariale la causa dei mancati investimenti. Visione autoflagellante ed errata. Salari fermi da 10 anni non aiutano certo la domanda aggregata e quindi la produzione e quindi l’occupazione. Meglio sarebbe un meccanismo che leghi produttività e salari, meglio ancora sarebbe contrastare la fuga dei capitali dalla circolazione produttiva a quella finanziaria, a quanti punti di PIL corrisponde lo spostamento dai salari ai profitti? Ecco il vero punto di attacco. L’imprenditoria, salvo poche e degnissime eccezioni, non si è dimostrata capace di assolvere al suo compito di ottimizzare la combinazione dei fattori della produzione, non ha gestito la produttività e quindi serve che qualcun altro (perchè no un patto tra lavoratori e produttori per la gestione cogestita della produttività possibilmente incentivata fiscalmente – avevano iniziato questo discorso la Marcegaglia e la Camusso nella primavera scorsa ma tutto pare arenato). Il modello tedesco non è solo moderazione salariale (lo era anche il protocollo Ciampi) ma è soprattutto cogestione e valorizzazione della professionalità.
Pienamente d’accordo!
Credo che sia profondamente sbagliato, fare paragoni con la Germania. Il suo assetto manifatturiero per l’ 80% circa è composto dalla grande industria la quale, può permettersi investimenti in ricerca e innovazione tecnologica, cosa, che in Italia non è possibile. Nel nostro paese l’80% circa, è composto da media e piccola industria. Dove troverebbero risorse finanziarie pari a un 2/ 3% di pil da destinare in ricerca? E con la scelta di aver “santificato” il pareggio di bilancio, con quali strumenti pubblici si potrebbe intervenire?
E a pensare che questa è l’ala “di sinistra” del PD, con il PD al 35% nei sondaggi c’è rimasto soltanto DA TREMARE
Sono d’accordo anch io sul fatto che una stagnazione salariale (nel senso di salari bloccati) non favorisca di certo la produttività o l’aumento di spesa per investimenti, anzi portando l’ esperienza personale ci sono salari tagliati di quasi il 20% proprio per la previsione negativa sul futuro e senza che vi siano stati miglioramenti delle condizioni ambientali di lavoro o ancora meglio investimenti (nello specifico parlo dell’aeroporto di fiumicino) in questo Keynes era chiaro, sono le previsioni degli individui che non hanno spirito razionale che muovono le scelte di spesa. io credo che innanzitutto sia la spesa pubblica a dover essere contenuta, nel senso che, ben vengano investimenti mirati e molto contenuti (ho visioni un pò diverse dal keynesismo classico anzi almeno per l’esempio italiano non credo sia il soggetto pubblico a dover intervenire proprio per gli sperperi che si sono avuti) ma sono contrario a istituzioni di casse per investimenti perchè ripeto non penso possa essere la via italiana.non propongo soluzioni perchè ci sono fior di economisti che lo sanno far meglio di me, mi limito a commentare, ritengo di certo che una riforma della giustizia, almeno renderla informatizzata (con sistemi efficenti) e una riforma amministrativa che abbatta gli enti territoriali superflui (le province, nei sistemi federali 3 linee di governo posso essere sufficenti credo)possano contribuire ad un contenimento della spesa pubblica. gli aggiornamenti professionali del personale potrebbero ridurre eventualmente le consulenze esterne, così come un taglio netto, definitivo dei costi delle politica (checchè se ne dica è necessario non essendo però il popolo sovrano in questo senso).Le mie sono proposte molto superficiali ma se veramente si vogliono recupere crediti la linea potrebbe esser questa.Forse anche una posizione diversa in ambito comunitario potrebbe servire.
L’idea di Fassina non mi piace, come del resto il PD,il PDL, l’UDC,FLI, SEL etc.
Ma voi vivete in italia o in qualche stato estero tipo Aitalia o Italja e ogni tanto vi confondete?
Per il punto 1: Lascio da parte per un attimo le considerazioni allentamento monetario, sostenimento dei prezzi degli asset, liquidità, inflazione galoppante.
Mi concentro sul punto: le banche italiane hanno preso dalla BCE un bel pò di liquidità, uno dei principali motivi per cui non la prestano è che le fondazioni bancarie, cioè il refugio peccatorum dei politici trombati, che le controllano non vogliono ricapitalizzarle – con capitali freschi stranieri – espandendone gli impieghi. E voi vorreste una cdp ancora più sotto la mano pubblica?
Ma non imparate mai?
Come fa la cdp a migliorare le condizioni di prestito se le banche continuano a rimanere sottocapitalizzate perchè i politici che le presiedono si oppongono, con la propaganda secondo cui equivarrebbe a “svenderle allo straniero” – cioè a cedere un pò del potere che esercitano con partecipazioni minime? Invece oggi, in mano ai politici italiani trombati, fanno un buon lavoro?
2. Abbassare le tasse alle imprese non è proprio contemplato tra le misure possibili, vero?
3 4 5 non entro nel merito
6: non so quali bilanci e statistiche usiate voi, ma in italia la differenza tra costo del lavoro per l’impresa e stipendio netto percepito dal lavoratore è un abisso, soprattutto in confronto ad altri paesi. E in ogni caso, la produttività migliora attraverso l’intervento salvifico della mano pubblica e di una nuova politica industriale? Sicuri Sicuri?
Comunque tranquilli, Bersani ieri a Porta a Porta vi dava ragione. E pure Berlusconi non è da meno. Uno, cento, mille Alitalia. Perchè, no no, mica possiamo venderla ai francesi! Viva la patria!
mah.
Sul tuo punto 1: il tuo discorso non c’entra una fava con quanto detto da Keynes Blog. La maggioranza delle banche italiane sono private. Che vi sia una stretta connessione tra politica e affari non è una novità, nè in Italia nè in altre parti del mondo (negli Usa ad esempio, non è raro vedere i ministri provenire dal settore finanziario e ritornarvi al termine del mandato).
Quello che si dice, con la CDP, è che potrebbe – mediante un braccio bancario – finanziare direttamente le imprese o investimenti infrastrutturali.
Sul punto 2: vuoi abbassare le tasse alle imprese? E il buco che si crea? A meno che tu sostenga una iniziativa di deficit spending.
Se invece anche tu sei ossessionato dal deficit e proponi un parallelo taglio della spesa pubblica, l’effetto netto sull’economia, nella migliore delle ipotesi, è nullo. Perchè se da un lato le imprese pagano meno tasse, dall’altro vedono le vendite ridursi per il calo della domanda in seguito al taglio della spesa pubblica (direttamente o indirettamente). Vi sono anzi prove certificate dal FMI che una simile manovra di taglio di spesa avrebbe un effetto negativo maggiore sul pil, a parità di riduzione di entrate e di spesa, perchè l’effetto moltiplicativo della spesa è maggiore.
Se invece sei per il deficit spending attraverso un taglio delle tasse alle imprese (e basta), avrei molti dubbi che ciò sia sufficiente per indurre le imprese ad investire: non sono stupide, sanno che i maggiori profitti arrivano dalla riduzione delle aliquote e non da un aumento della domanda sostenibile anche per il futuro (tanto vale godersi la manna dal cielo, fin che c’è, senza prendersi il rischio di investire in impianti che potrebbero essere poi sottoutilizzati).
Sul punto 6: è noto che il costo del lavoro in Italia è inferiore alla media europea (in Italia nel 2011 era di 26,8 €/h contro i 27,6 €/h dell’eurozona, i 30,1 €/h della Germania, i 39,3 €/h del Belgio e i 44,2 €/h della Norvegia, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/3-24042012-AP/EN/3-24042012-AP-EN.PDF).
Ciò nonostante il problema rimane la produttività perchè non cresce la domanda (ossia le vendite delle imprese).
Una riduzione degli oneri sociali, mentre incide sui conti dell’Inps (non venite poi a dire che il sistema pensionistico è insostenibile), non da alcun contributo alla crescita della produttività, almeno in prima battuta. Se tale riduzione fosse destinata ai lavoratori potrebbe avere qualche beneficio, solo se poi non venite ad invocare aumenti di altre imposte e tasse per coprire i deficit dell’Inps.
Nelle macerie che ci ha lasciato la crisi economica e le scelte sbagliate dell’Eurozona la situazione è terribilmente complicata , vedendo quello che si appresta a fare il Giappone, che ha gia un rapporto debito/PIl altissimo, alumentare la spesa pubblica e quello che succede negli USA mi pare evidente che nell’eruozana stiamo andando in tutta altra direzione ( sbagliata). Per quanto riguarda l’italietta , Monti ha aumentato le tasse , non ridotto il debito e diminuito il PIl, conseguenza sono diminuiti i consumi e la bilancia commerciale è migliorata a scapito della crescita e del PIL. E adesso ? Non credo che ci siano soluzioni brevi e facili, in questa situazione non ci sono molti imprenditori disposti a investire comunque incentivi agli investimenti e riduzione del cuneo fiscale possono aiutare ( senza aumentare il debito ma con una revisione agli incentivi alle imprese) , diminuire il salario non mi sembra una buona (ulteriore depressione dei consumi) idea piuttosto correllare i rinnovi salariali agli aumenti di produttività. Va bene aumentare il credito alle imprese ma basterbbe che una volta per tutte lo Stato fosse un pronto pagatore che rimetterbbe in circolo l’economia , purtroppo la realtà è che in Italia veniamo da 20 anni di mancanza di riforme, chi ha potuto fino ad ora ha vissuto di rendita di posizione , dalla burocrazia statale agli imprenditori furbetti , con sprechi e disottimizzazioni di ogni genere ci vorranno anni per rimediare, comunque se la situazione in Europa non cambia non rimane che una soluzione , uscire dall’euro per evitare il peggio.
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….è vero che la politica e strumentale ma qui rasenta il ridicolo!Ma Fassina non era lo stesso che difendeva le posizioni della FIOM e della CGIL?PINOCCHIO!al capitalismo liquido ed internazionale non basta una semplice intervista seppur autorevole al Financial Times per cambiare idea servono i fatti per esempio cosa dice il PD su Melfi e Pomigliano circa la posizione della FIOM?
Salve.
Ho letto un commentatore dire che le fondazioni bancarie (e quindi le banche) sarebbero tutte proprietà di politici.
Se è vero, mi fate qualche esempio per cortesia? (a parte banca mediolanum)
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