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L’Italia ha bisogno di qualificare la domanda di lavoro delle imprese

Dopo anni sprecati a insistere solo sul lato dell’offerta, per uscire dalla crisi serve una strategia di più ampio respiro. In questo quadro è essenziale potenziare i servizi di welfare

di Michele Raitano

Il dibattito sulle politiche del lavoro in Italia negli ultimi anni, come confermato anche dagli interventi dell’attuale governo, è stato quasi interamente schiacciato sulla valutazione dell’efficacia delle politiche dal lato dell’offerta, in primis sull’estensione della flessibilità delle relazioni contrattuali, in entrata e in uscita. Ben poca attenzione è stata invece rivolta, sia per motivazioni di carattere ideologico sia a causa dei vincoli di finanza pubblica, a provvedimenti di più ampio respiro che da un lato consentissero nel breve periodo di fornire un necessario stimolo alla domanda aggregata (di consumi e investimenti), dall’altro, nel più lungo periodo, si ponessero l’ambizioso obiettivo di indirizzare una riqualificazione della struttura produttiva che contribuisse ad accrescere e migliorare la domanda di lavoro e le prospettive di crescita della nostra economia.

In questo quadro, l’idea del Piano del lavoro predisposto
dalla Cgil ha il pregio fondamentale di cercare di indirizzare il dibattito di policy su un terreno più corretto, ovvero di indicare come un sentiero di crescita virtuoso nel nostro paese non possa discendere da mere politiche di regolamentazione dal lato dell’offerta, ma necessiti assolutamente di una strategia complessiva che miri a collegare in modo virtuoso domanda e offerta, accompagnandole con un sistema di welfare e di politiche redistributive adeguato a proteggere gli individui dai rischi di mercato, a contenere le diseguaglianze di reddito e a fornire una base adeguata ai consumi interni.

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2 commenti su “L’Italia ha bisogno di qualificare la domanda di lavoro delle imprese

  1. In Italia ci sarebbero stati “anni sprecati a insistere solo sul lato dell’offerta”??? Ma in quale universo parallelo? Negli ultimi 20 anni l’incidenza della spesa pubblica corrente sul PIL è aumentata sensibilmente e nonostante una riduzione degli oneri finanziari. La tassazione ha seguito il trendo

    Semmai è vero il contrario: Germania, Svezia, molti paesi scandinavi testimoniano che la riduzione dell’incidenza della spesa pubbblica (e della tassazione) sul PIL ha liberato risorse per investimenti privati che hanno oggi permesso maggiore resistenza alla crisi

  2. Negli ultimi annii i governi liberisti capeggiati da Berlusconi hanno sempre aumentato la spesa pubblica e ampliato il debito pubblico. Dal 2007,quest’ultimo è balzato dal 103,1 al 120%. Quest’anno forse si arriverà – grazie alle draconiane misure di Monti – a superare il 125%.
    In Germania la spesa pubblica è praticamente rimasta invariata (dal 1995 al 2010 è passata dal 44,8 al 44,2%).
    D’altra parte, i tagli alla spesa pubblica non liberano un bel nulla, dato che semplicemente si risolvono in una riduzione della domanda aggregata. Tagliare gli stipendi ai dipendenti pubblici, non da automaticamente più risorse alle imprese. Anzi! E’ vero il contrario, dato che il minor reddito complessivo delle famiglie, ridurrà i consumi e quindi le vendite delle imprese. Le quali non avranno motivo per ampliare la capacità produttiva (investimenti) e anzi potrebbero procedere a ridurre a loro volta l’occupazione, per contenere i costi innanzi ad una riduzione dei fatturati. Risultato: recessione, disoccupazione, e il bilancio pubblico ritorna in deficit perchè si riduce il gettito fiscale derivante dalle famiglie e dalle imprese.
    Le vostre politiche sono fallimentari. In dieci anni avete portato l’Italia al fallimento e rischiate di far saltare l’euro. Se volete questo, avete solo da continuare su questa strada.

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