“Fate presto”. Così, su nove colonne, titolò il Sole 24 Ore quando lo spread superò i 500 punti, nel novembre 2011. Sono passati 8 mesi da allora, ma l’Italia e l’Europa si trovano in una situazione persino peggiore. Lo spread non è arrivato ancora a quota 500, ma manca davvero poco. Il “salvataggio” delle banche spagnole non ha dato grandi effetti sui mercati che anzi ieri hanno nuovamente colpito Italia e Spagna. I dati macro parlano tutti, all’unisono, della gravità di quanto sta accadendo: produzione industriale a picco, redditi in calo, consumi in diminuzione, entrate fiscali più basse del previsto, disoccupazione in aumento. E questa è solo l’Italia, il paese periferico messo relativamente meglio nell’area Euro.
Il mondo guarda in questi giorni all’Europa con grande preoccupazione e si chiede come sia possibile che l’Europa sia governata da matti che ignorano la semplice matematica della macroeconomia.
Basta leggere le rassegne stampa per trovare il presidente degli Stati Uniti Obama, il capo della Fed Ben Bernanke, i leader dei paesi emergenti, che richiamano l’Europa, dicendole in sostanza: “Stiamo cadendo in recessione un’altra volta, e la colpa è vostra”.
Hanno qualche ragione per farlo, ma per onestà occorre dire che Obama è l’ultimo a poter rimproverare gli europei: dopo un ambizioso piano di stimoli varato appena eletto, con tanto di fotomontaggi che lo raffiguravano come Roosevelt, il presidente nero si è trasformato in un nuovo Hoover e ha tagliato tutto quel che poteva tagliare. Certo, non i tagli lineari e stupidi di Tremonti. Certo, non le vessazioni tassatorie di Monti che, come prevedibile, hanno prodotto meno entrate di quanto previsto (e noi l’avevamo detto, troppo facili profeti). Ma comunque oggi Obama può “vantarsi” di essere il presidente che ha fatto meno deficit negli ultimi 30 anni. Un errore fatale, proprio nel momento in cui vi era bisogno di deficit molto maggiori. Fatale perché la disoccupazione rimane alta e può portarlo a perdere le elezioni. Ma fatale soprattutto per l’economia mondiale che avrebbe bisogno di un’America decisamente più spendacciona. Se gli Europei hanno le colpe più grandi, dall’altra parte dell’Atlantico non ci sono innocenti.
Guidata da una classe dirigente in parte accecata dall’ideologia dell’austerità, in parte ben conscia di proteggere concreti interessi, l’Unione europea si è cacciata da sola in una situazione da cui era facile uscire. Se la crisi morde e rischia di sfasciare 60 anni di paziente costruzione dell’Europa unita, la colpa non è del destino cinico e baro, né delle dure leggi del mercato. Al contrario, il Vecchio Continente, se vuole trovare il colpevole, deve semplicemente guardarsi allo specchio.
Sarebbe bastato non tagliare o tassare. Sarebbe bastato seguire la lezione che viene dal buon senso prima ancora che dalla teoria economica. Sarebbe bastato guardare alla storia della Grande Depressione.
In questi giorni si sono affacciate voci di una possibile svolta, di un piano più o men segreto, una road map per trasformare l’Unione europea in una unione fiscale. Proposte ancora avvolte nell’ombra e che trovano comunque nella Germania della Cancelliera Merkel una invalicabile resistenza appena si nominano gli eurobond, una misura certo necessaria ma che oggi da sola non basterebbe affatto a risolvere il problema della crisi del debito.
Il rischio è enorme. L’uscita dall’Euro della Grecia si tirerà dietro quasi sicuramente alcuni o forse anche tutti i paesi periferici, Spagna, Portogallo, Italia e Irlanda, e farà sembrare il fallimento di Lehman Brothers un evento di portata minore nella storia della crisi.
Per quel che ci riguarda lo diciamo per tempo. O entro pochi mesi, forse settimane, l’Europa, da una parte, virerà di 180 gradi, abbandonando l’austerità e gettandosi sulle spese in grande stile, riformando la BCE, accentrando il debito e l’America, dall’altra, si rimetterà anch’essa a spendere, oppure l’Euro rischierà di saltare, gli USA potrebbero tornare in recessione e i paesi emergenti subiranno un rallentamento che non possono permettersi. La combinazione di questi fattori può portare a conseguenze ben peggiori di quelle vissute nel 2007/8.
Una Grande Depressione del tipo di quella degli anni ’30, con disoccupazione oltre il 20% e il Pil che si inabissa non è alle spalle, ma tutta davanti a noi.
Le leggi dell’economia sono semplici ma impietose.
Perchè si ha la sensazione che “i dadi sono ormai stati tratti” e che questa classe dirigente (non nostrana ma europei) non farà presto perche’ non _vuole_ agire… Condivido volentieri su Twitter, ottimo post!
Purtroppo, anche se da diversa angolazione, concordo pienamente con l’analisi.
In assoluto alla classe dirigente europea, ed allo stesso Obama , manca il coraggio politico delle precedenti. Consci di proteggere quegli interessi che li ha portati al potere , mancano dell’onestà intellettuale,e della visione pubblica per intervenire pesantemente su una re-distribuzione delle ricchezze che potrebbe risolvere.la crisi. Anche se in modo irrazionale la redistribuzione avverrà con effetti devastanti.
Il problema é che la percentuale di popolazione coinvolta sarà molto maggiore.
Lagarde ha dichiarato che abbiamo ancora tre mesi prima del meltdown dell’economia mondiale. Ritengo che al massimo arriviamo a fine Luglio. Per l’autunno saremo economicamente e finanziariamente morti.
ciao Exult49, scusami per la domanda da ‘non economista’ quale sono :-) intendi dire che la redistribuzione avverrà ma sarà una redistribuzione sperequativa, cioè alla rovescia? Grazie per l’attenzione
La soluzione è avere una moneta forte e rigida che produca segnali corretti (in termini di prezzo). Quindi è necessario ridurre ai minimi termini le sovvenzioni operate tramite le politiche monetarie e fiscali (cioè attraverso la banca centrale e lo Stato): esse generano fenomeni di moral hazard, parassitismo, iniqua distribuzione di ricchezza (non dai ricchi ai poveri, bensì dai gruppi disorganizzati a quelli ben organizzati) e alimentano tutte le tipiche dinamiche legate alla tragedia dei beni comuni.
Le stesse dinamiche che oggi coinvolgono paesi forti da un lato e PIIGS nell’ambito della Tragedia dell’Euro, non a caso, sono molto simili a quelle sviluppatesi tra l’Italia del Nord e quella del Sud nell’ambito di quella che potremmo chiamare per analogia la Tragedia della Lira.
Gli stipendi in Italia oggi sono bassi solo perché la nostra struttura produttiva, maggiormente distorta da decenni di droga monetaria, interventismo statale, e parassitismo sociale, non riesce a produrre salari maggiori! Alzare gli stipendi per decreto porterebbe solo a ulteriore disoccupazione istituzionale. Già oggi il fatto che essa sia molto elevata (siamo quasi all’11%) è esclusivamente frutto di salari artificialmente alti imposti per legge.
Ma ci rendiamo conto che qua i danni accumulati ci stanno portando a un tenore di vita del terzo mondo? Vogliamo capire che la soluzione non sta nello stampare denaro o nel fissare i prezzi per legge, ma nell’abbandonare totalmente l’interventismo, liberando al contempo le forze imprenditoriali e creative dell’essere umano?
Pochi potranno evitare di essere totalmente travolti dallo tsunami che abbiamo davanti e che a mio avviso spazzerà via ancora un 70% della ricchezza finanziaria di cui godiamo oggi. Come vado dicendo da anni, a livello individuale si salveranno coloro che avranno messo da parte una sufficiente riserva di oro e argento.
Ma a livello di società aperta o gruppo comunitario (stati, regioni, province, comuni, scegliete voi), l’unica via di fuga per abbandonare la fila dei paesi che marciano verso il burrone e riposizionarsi persino dietro a Ben Bernanke è solo quella di fare i passi giusti prima di tutti gli altri:
1) secedere come possibile dall’inferno fiscale e monetario a cui si appartiene (ovvero dalla tassazione elevatissima e dalla valuta a forzo corso che vengono imposte),
2) definire e difendere quanto meglio possibile la proprietà privata,
3) garantire la continuità e certezza del diritto.
A questo stadio, passato da lungo tempo il punto di non ritorno, non esistono altre soluzioni praticabili.
Come nella corsa allo sportello in un regime bancario a riserva frazionaria, solo i primi a battere cassa potranno essere serviti. Gli altri, che rimarrano con un pugno di mosche in mano, non potranno che continuare a spintonare gli altri nel tentativo di cadere nel burrone solo per ultimi. Pur sempre, relativamente considerata, una vittoria che purtroppo, però, non toccherà di certo a questo paese.
da: http://www.usemlab.com/index.php?option=com_content&view=article&id=809:quelli-che-il-complotto-franco-tedesco&catid=21:scuola-austriaca-di-economia&Itemid=177
L’Italia ha vissuto per decenni con la droga monetaria?
L’Italia è da decenni che è in declino!
Le imprese pubbliche non ci sono più da almeno un ventennio, ma le cose sono peggiorate, non miglliorate.
Ma quando la finirete di dire le solite castronerie che non hanno riscontro nella realtà?
La verità è che abbiamo una classe imprenditoriale stracciona e che non vede al di là del proprio naso. La Fiat – ultima grande (si fa per dire) industria che è rimasta in Italia – se non fosse stata per gli aiuti pubblici sarebbe già fallita da un pezzo! Per il resto è una massa di piccole e piccolissime aziende che fanno i terzisti. Non c’è nessuno spirito imprenditoriale e nessuna innovazione significativa dai tempi dell’ing. Natta. Se non fosse stato per le imprese pubbliche, saremmo ancora ai livelli del dopoguerra. Purtroppo, la gestione di queste imprese è andata sempre più degenerando per il clientelismo della classe politica. Ma ho l’impressione che quella classe politica sia più affine alle tue idee che alle mie!
Quanto ai presunti alti salari, ti rendi conto di quello che dici? Imposti dalla legge? Ma dove? Le retribuzioni dei lavoratori italiani sono quasi la metà di quelle tedesche! Eppure in Germania l’industria prospera e la disoccupazione è sotto il 6%!
Se siamo in questa situazione, non è perchè per legge sono imposti i prezzi e i salari (ma in che mondo vivi?), ma perchè sono attuate proprio le assurde politiche monetarie e fiscali che tu proponi. Da almeno un decennio. E questi sono i risultati. Chi ha governato in questo paese e in Europa non sono i comunisti, ma gente come la Merkel, Sarkozy, Berlusconi. Tutta gente che ha messo in pratica le tue teorie strampalate e che sta portando l’Europa al disastro.
Il problema che si presenta agli Stati della zona euro come la Grecia e la Spagna è costituito da debiti in una valuta che non può essere stampata a volontà per ripagarli. Ma qui il problema è che per questi paesi non è possibile stampare il denaro di cui hanno bisogno o, invece, il guaio è rappresentato dai debiti stessi e dal loro continuo aumento?
Le soluzioni offerte sono due; o questi paesi lasciano l’euro per adottare una nuova moneta da espandere in misura sufficiente a pagare i loro debiti o la BCE espande l’euro fino a permettere a questi paesi di pagare i loro debiti.
Ma c’è un’altra soluzione, comunemente chiamata “austerity”, secondo cui questi paesi non dovrebbero affatto fare debiti. Come il Prof. Huerta de Soto sostiene, i guai dell’euro rappresentano, in realtà, fallimenti della politica di bilancio piuttosto che di quella monetaria.
E‘ quindi possibile sostenere che l’euro stia funzionando. Arrestando l’espansione di moneta per pagare i debiti e proteggendo il suo valore, sbarrando quindi la strada ai membri che chiedono ancora più debito, l’euro sta facendo esattamente quello per cui fu progettato.
Vi è un crescente clamore, dentro e fuori l’Europa, secondo cui l’ austerità sola non costituisce la risposta ai problemi dell’euro e la politica monetaria debba, altresì, giocare un ruolo importante. La stessa BCE sembra essere entusiasta di assumere questo ruolo.
Ma questa è semplicemente l’antica idea, basata sulla confusione tra reale e nominale, della ricchezza derivante dalla stampante monetaria.
La Germania sta cercando di resistere, ma la storia dimostra che persino accordi monetari più stabili dell’euro sono collassati, sotto il desiderio insaziabile di una valuta sempre più elastica.
Articolo di John Phelan per il Cobden Centre
Sai quant’è il debito pubblico nella zona Euro? Intorno al 90% del pil. Ed è aumentato a partire dal 2008 solo dopo che il sistema bancario europeo è stato coinvolto dalla crisi.
Sai quant’è il debito delle imprese della zona euro? Intorno al 105%.
Quello delle famiglie è al 66%. Escludendo il sistema finanziario europeo, il debito privato è al 170% del pil.
Prima di continuare a parlare a vanvera, forse conviene informarsi!
In questa situazione una politica deflazionaria aggrava la crisi, rendendo più difficile ripagare il debito, con conseguenti chiusure di aziende e fallimenti.
Quello che prospetti è l’aggravamento delle attuali politiche monetarie e fiscali. Le stesse che non hanno funzionato fin qui e che hanno provocato solo un aumento della disoccupazione e della povertà.
Perché per comprare un’oncia di ORO nel Gennaio 2003 mi bastavano 300euro ed oggi invece non me ne bastano 1250?
E’ solo una bolla che dura da oltre 10 anni?
E’ l’ORO che si è apprezzato o non è piuttosto la moneta a corso forzoso Euro che si è svalutata? Come pure il Dollaro?
E pensare che c’è ancora un sacco di gente che vuole ancora più svalutazione!
Proprio vero: Dio acceca coloro che vuol perdere.
Dal 2000, l’oro in dollari è passato da 273 $ l’oncia a poco meno di 1600.
L’indice S&P è praticamente rimasto invariato.
Il prezzo delle case negli Stati Uniti fatto 100 il gennaio 2000 è a 134.
Il Pil americano in termini reali passa da 100 a 120.
Se non è una bolla un aumento del 486% …
Cosa dici? l’aumento dei prezzi dei bulbi di tulipano era una bolla o erano le valute che si deprezzavano?
Una birretta insieme?
Una bolla decennale?
Ne ha conosciute altre così lunghe?
Ma com’è che le monete a corso forzoso si svalutano sempre?
Ma non sarà che, in fondo, sono solo carta stampata dal nulla?
Dall’agosto del 1921 al settembre del 1929, l’indice azionario americano aumentò del 385%. Non male come rendimento in soli otto anni, Peccato che due anni dopo il valore dei titoli azionari erano solo il 15% dei valori pre-crisi.
Ad ogni modo, non la voglio convincere che non deve investire in oro. Sono sue decisioni.
Quanto al vincolare la quantità di moneta all’oro è un’esperienza che abbiamo già vissuto, proprio fino agli anni ’30. E non è stata di aiuto alla crescita economica.
Che la moneta tendenzialmente si svaluti non mi sembra così preoccupante (succede da milleni). E’ molto più preoccupante avere il 20% della popolazione che non ha un lavoro e un reddito per sostenere dignitosamente la propria famiglia.
Prima di preoccuparsi dei risparmi, bisogna preoccuparsi di creare i redditi che permettono di avere i risparmi.
Capisco l’esempio dei tulipani.
Ma Lei ha trascurato un minuscolo dettaglio storico.
L’oro fisico non è come i tulipani, perché l’oro fisico E’ denaro.
La STORIA l’ha scelto, dopo tanti altri oggetti, come il denaro per eccellenza.
Non lo può negare.
Altrimenti, fa come Ben Bernanke.
L’oro non è denaro. Quando va a far la spesa non paga in lingottini d’oro.
E’ una riserva di valore che, in talune circostanze, può essere accettata (soprattutto negli scambi internazionali) per regolare i rapporti finanziari.
Gli scambi finanziari quotidiani e le riserve ufficiali delle banche centrali nel mondo sono di gran lunga in dollari ed euro.
Ma, come le ho già detto, sono affari suoi come intende investire i suoi soldi.
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Sicuramente Fed e BCE si metteranno a stampare.
Su questo non si possono avere dubbi. Non sanno fare altro.
Poi con la svalutazione monetaria arriverà l’inflazione, l’aumento dei prezzi e l’impoverimento della popolazione. E soprattutto dei già più poveri.
Questo lo penso io. Voi la pensate diversamente e lo so bene.
Comunque, Voi dite che bisogna fare più spesa pubblica perchè keynesianamente la spesa in deficit sconfigge la recessione e la disoccupazione.
Bisogna che il governante del momento pianifichi la crescita e lo sviluppo.
Nella direzione che immagina sia la migliore per tutti.
Ovviamente, è pacifico che Voi siate animati dalle migliori intenzioni solidaristiche di questo mondo. Non lo metto in dubbio. Altrimenti dovrei pensare che siate dei parassiti che campano alle spalle di quei produttori di ricchezza che non sono contigui allo stato.
(La lotta di classe è sempre tra sfruttati e sfruttatori, ma per identificare gli sfruttati di oggi basta guardare alle categorie che, purtroppo, annoverano i suicidi: dipendenti privati e piccoli imprenditori. Chi è sostanzialmente illicenziabile o vive alle spalle di quelle categorie non è uno sfruttato. E spesso è pure un parassita improduttivo.)
Ma davvero, almeno in questo blog, non credo che ce ne siano.
Tuttavia, la spesa pubblica italiana oggi ammonta ad 800 miliardi di euro ed è costantemente aumentata negli ultimi 15 anni ed abbiamo comunque una disoccupazione all’11% ed altissima tra i giovani soprattutto nel meridione (ca 35%).
La pressione fiscale sull’Italia legale è superiore al 54% del pil.
Il debito pubblico sfiora i 2000 miliardi di euro: http://brunoleoni.it/debito.htm
Chi pagherà tutto il debito che si accumulerà ulteriormente con altra spesa pubblica in deficit? Pensate che si possano ancora aumentare le tasse? Crearne di ulteriori?
Non credete che tutto questo sarà un ovvio disincentivo al lavoro?
Soprattutto a fronte degli sperperi di denaro pubblico che sono sotto gli occhi di tutti: dai costi esagerati degli acquisti nella sanità pubblica al numero di assunti pletorico in alcune PA (è assistenzialismo, non produttività), dalle moltissime opere incompiute ai costi della casta politico-burocratica (intendo gli alti dirigenti, non gli impiegati), ai tempi improbabili della giustizia civile, ecc. ecc. ecc. ?
Siete assolutamente sicuri che stampare altra cartamoneta sia un modo saggio ed onesto moralmente di risolvere i problemi anche nel medio-lungo termine?
Se svalutare la propria cartamoneta fosse e fosse stata la migliore soluzione credo che il nostro Paese, che l’ha fatto spesso in passato, sarebbe oggi il paradiso in Terra.
Invece, …
Non credete che, oltre al recupero sacrosanto dell’evasione fiscale, la crescita si faccia invece con meno tasse su chi produce e meno spesa pubblica improduttiva?
Non credete che sia molto meglio creare un ambiente che attiri capitali ed imprese e perciò crei lavoro vero, piuttosto che un ambiente che li fa scappare altrove?
Che favorisca il lavoro vero, piuttosto che creare, con un artifizio monetario, solo temporanei miglioramenti delle esportazioni?
Precisiamo subito che non sono affatto favorevole a spendere per spendere e che occorra rendere più efficiente la spesa pubblica, evitando sprechi e lottando contro la corruzione nella P.A.
Il presupposto della sua rgomentazione, che la quantità di moneta si risolva automaticamente in aumento dell’inflazione, è tuttavia sbagliato, sia teoricamente che statisticamente.
Il caso degli Stati Uniti, che ha aumentato la quantità di moneta, M1, fin dal 2008 è lì ha dimostare che la banale teoria quantitativa della moneta che lei ha in testa è falsa. L’inflazione misurata sul pil americano è stabile intorno al 2%, nonostante la moneta stia crescendo a ritmi del 17%!
Teoricamente, perchè l’aumento della quantità di moneta agisce innanzi tutto sui tassi di interesse, riducendoli. In tal modo si dovrebbe indurre le imprese ad intraprendere nuovi investimenti, rilanciando l’attività economica e l’occupazione. In questa fase,ove vi sono risorse ampiamente inutilizzate (come lei ha giustamente ricordato la disoccupazione è all’11%), è improbabile che vi sia un aumento dei costi di produzione generalizzato, in misura tale da scatenare un aumento incontrollato dei prezzi e dei salari.
Quanto alla spesa pubblica, non si lasci impressionare dai valori assoluti. In rapporto al pil italiano è scesa dal 2009 al 2011 di due punti percentuali, dal 51,9 al 49,9%, includendo gli interessi sul debito pubblico. Il saldo primario del 2011, ossia al netto degli interessi, è in avanzo di un punto percentuale e secondo il governo Monti salirà quest’anno al 3,6% del pil.
Come vede le attuali politiche fiscali sono tutt’altro che espansive (come credo ben sappia). E lo sono da ben 9 trimestri (più di due anni), senza che prima – peraltro – fossero così espansive (il contributo medio annuo della domanda pubblica alla crescita della domanda aggregata tra il 2007 e il 2009 è sempre stato intorno allo 0,1%).
Tutte queste belle parole sul rigore, sul mettere a posto i conti, purtroppo non solo non hanno risolto i problemi che dicevano di voler affrontare (il debito pubblico è balzato dal 103,1% del pil del 2007 al 120% del 2011 e quest’anno salirà al 123%), ma non hanno fatto altro che aggravare le condizione delle famiglie, con conseguente riduzione della domanda di consumi e, inevitabilmente, degli investimenti.
Se vuole che si investa in questo paese, è fondamentale che la domanda torni a crescere. Una tassazione ridotta può certamente aiutare, ma difficilmente un imprenditore farà investimenti se pensa che la sua iniziativa non avrà una domanda adeguata a sostenre i suoi impegni finanziari. Solo dopo aver ottenuto un profitto, guarderà alla tassazione. Se pensa che la sua iniziativa non abbia una domanda solida proveniente dal mercato, non ci sarà tassazione (o tasso di interesse) che tenga. Non investirà. E non è nemmeno un problema di costo del lavoro (in Germania i salari sono quasi doppi rispetto a quelli italiani).
L’Italia purtroppo non cresce da un ventennio. Ed è per questo che c’è sfiducia nel nostro paese.
Mi scusi, ma Lei dice questo: “…difficilmente un imprenditore farà investimenti se pensa che la sua iniziativa non avrà una domanda adeguata a sostenre i suoi impegni finanziari. Solo dopo aver ottenuto un profitto, guarderà alla tassazione. Se pensa che la sua iniziativa non abbia una domanda solida proveniente dal mercato, non ci sarà tassazione (o tasso di interesse) che tenga. Non investirà….”
Ma un imprenditore che investe in prodotti che non hanno domanda è solo un fesso per definizione e merita la punizione del mercato. Deve chiudere!
Il bravo imprenditore è uno che rischia in proprio, senza aiuti ed incentivi di stato, e comincia a produrre e vendere qualcosa che immagina che riuscirà a vendere.
Non è uno che si mette a investire e produrre perché sa che in quel mercato ci sono soldi che compreranno il suo prodotto a prescindere.
Consumismo fine a se stesso. Consumiamo per produrre. Roba da pazzi!
Ma che imprenditori sarebbero questi qua?
Comunque, non ha risposto alle mie domande:
Chi pagherà tutto il debito che si accumulerà ulteriormente con altra spesa pubblica in deficit?
Pensate che si possano ancora aumentare le tasse?
Crearne di ulteriori?
Non credete che tutto questo sarà un ovvio disincentivo al lavoro?
Siete assolutamente sicuri che stampare altra cartamoneta sia un modo saggio ed onesto moralmente di risolvere i problemi anche nel medio-lungo termine?
Non credete che sia molto meglio creare un ambiente che attiri capitali ed imprese e perciò crei lavoro vero, piuttosto che un ambiente che li fa scappare altrove?
Che favorisca il lavoro vero, piuttosto che creare, con un artifizio monetario, solo temporanei miglioramenti delle esportazioni?
Ma si rende conto della compagnia che è d’accordo con Lei?
Monti, Hollande, Alfano, Berlusconi, Casini, Bersani, Vendola, Di Pietro, Ferrero, ecc
Tutti insieme, appassionatamente, a chiedere alla BCE di stampare cartamoneta per lasciare tutto com’è, e soprattutto le loro poltrone di ultraprivilegiati.
Freedom scrive: Il bravo imprenditore è uno che rischia in proprio, senza aiuti ed incentivi di stato, e comincia a produrre e vendere qualcosa che immagina che riuscirà a vendere.
Esattamente: immagina che riuscirà a vendere. Ma se ritiene che la domanda è insufficiente, evitando di fare la figura del fesso, non investirà. C.v.d.
Quanto alle sue domande, l’aumento della spesa pubblica produttiva (e a sostegno della domanda), generando reddito e occupazione, sia direttamente che indirettamente, potrà nel tempo procurare le entrate fiscali utili per ripagare il debito. E’ il banale meccanismo del moltiplicatore della spesa. Senza farla troppo complicata, avrà certamente sentito (e magare usufruito) degli incentivi alla rottamazione delle auto. Allora saprà che quegli incentivi non sono stati affatto una perdita per il bilancio dello Stato, per la semplice ragione che hanno contemporaneamente alimentato attraverso l’iva, nuove immatricolazioni, bolli, tassazione fiscale degli utili aziendali, un gettito utile a coprire gli incentivi.
Il problema non è come si possa ripagare il debito (è la crescita dei redditi che genera le entrate fiscali utili per pagare la maggior spesa). Il problema – almeno in Italia – è come viene gestita la spesa pubblica. Ma ciò comporta un ricambio della classe politica, che per di più adotta e pratica una teoria economica errata e che ha già dimostrato di essere fallimentare (senza andare agli anni ’30, la Grecia è lì a dimostrare che le vostre politiche fiscali non fanno altro che portare al fallimento il paese e impoverire la popolazione).
Quanto alla creazione di moneta, in questo contesto per gli Stati non è possibile. Tuttavia è assurdo – come avviene oggi – che la Bce non possa intervenire autonomamente con una politica monetaria adatta ad evitare il tracollo del sistema bancario ed economico della zona euro.
La cosa immorale – dato che la mette in questi termini – non è un intervento della banca centrale a sostegno del sistema bancario (cosa che avviene in tutti i paesi del mondo a cominciare dagli Usa, che non possono certo definirsi un paese comunista), ma l’attività svolta dalle banche che hanno abbandonato (grazie alle politiche neoliberiste americane ed europee) le politiche prudenziali ed innestato un mecccanismo finanziario incontrollabile, rivolto a trasferire ad altri operatori il rischio degli investimenti finanziari. Per richiamare Keynes, se non le dà troppo fastidio, è come se fosse stato permesso a chi doveva gestire i nostri risparmi di partecipare al gioco delle sedie musicali. Peccato che quando la musica finisca, qualcuno rimarrà senza sedia e cadendo si farà del male.E poichè le relazioni bancarie sono fortemente intrecciate, la caduta di una banca, non è come il fallimento di un’azienda (per gli altri imprenditori è un concorrente in meno). Qui, invece, si può diffondere il panico tra i risparmiatori, che possono essere indotti a ritirare i soldi dai loro conti, provocando una crisi di liquidità che fa saltare il sistema. Se è questo quello che volete … avete solo da continuare così.
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Partiamo dal presupposto che la gestione della spesa pubblica in Italia non è stata delle migliori. Permangono sprechi che non stiamo ad elencare, quindi ben venga una riqualificazione e razionalizzazione della spesa (spending review). Anche gli incentivi e gli sgravi fiscali alle imprese vanno ripensati, accompagnati da una redistribuzione fiscale che restituisca qualche spicciolo in più alle famiglie, per stimolare i consumi, quindi la domanda interna. Sarebbe logico fare un audace piano d’investimenti pubblici in ricerca e nuove tecnologie, ponendole al servizio delle imprese, come ha fatto la Germania (che oggi chiede ai paesi del sud di tagliare le spese) e ridurre sgravi fiscali alle imprese che assumono lavoratori a tempo indeterminato, ossia ridurre il cuneo fiscale, per aumentare la competitività delle imprese rispetto al costo del lavoro. Con quali soldi? Con un temporaneo deficit. L’aumento del debito e la prospettiva di un ulteriore aumento nel lungo termine, accompagnati dalla riduzione del PIL, non tranquillizzano certo i mercati. Ma credo che i mercati siano più irrequieti per la forte dipendenza dall’estero, in particolare di Spagna e Grecia: basta verificare i rispettivi saldi delle partite correnti, che dimostra la forte dipendenza dei due paesi rispetto ai capitali esteri. L’Italia, sebbene soffocata dalla crisi ed intrappolata nell’euro, rimane ancora un paese con un forte settore manufatturiero e capacità di lavorare con le esportazioni, ma si è fortemente indebitato con l’estero negli anni precedenti. Il saldo delle partite correnti dei PIIGS evidenzia pertanto le passività finanziarie verso l’estero derivante sia dal debito pubblico sia dal debito privato (di imprese e famiglie). E’ evidente che il forte surplus commerciale tedesco, ha consentito l’impiego del risparmio privato così ottenuto per finanziare la spesa a debito (privato) dei paesi meridionali. I mercati con i loro fantomatici spread non sono deficienti. Non monitorano soltanto i debiti pubblici, ma anche i debiti privati, ed il rapporto fra questi ed il PIL, nonchè la dipendenza di un paese dall’estero. Per concludere, se i privati sono indebitati, i fondi possono metterceli solo gli stati con la spesa a deficit e riduzioni di tasse, che crea PIL (riduzione del cuneo ficale sul costro del lavoro, accompagnate da investimenti su ricerca/innovazione e nel brevissimo periodo un piano di OO.PP. aiuterebbe a dare ossigeno all’economia). E’ miope in periodi di recessione fare tagli alla spesa pubblica, oltrettutto di simili proporzioni. Il cosiddetto fiscal compact prevede tagli di 45 miliardi € l’anno fino a portare il rapporto debito PIL dal 123% di oggi al 60% nel 2020. A questi 45Mld vanno aggiunti gli interessi sul debito, che saranno decrescenti con gli anni (l’anno scorso ammontavano a circa 75Mld). Capite che una cosa sono i tagli per razionalizzare la spesa e stabilizzare il debito pubblico nel medio-lungo termine, altra cosa è la macelleria sociale ed il crollo del PIL che provocherebbe una finanziaria di tagli da 120Mld all’anno!! Lo vogliamo capire che i mercati si aspettano che uno stato sia in grado di onorare il suo debito pubblico e privato in una prospettiva di medio-lungo termine e si aspettano che una economia sia sana e capace di rivolgersi con sicurezza e capacità di solvibilità nel mercato dei capitali? Lo spread non aumenta proporzionalmente al debito pubblico, in quanto è un giudizio complessivo dei mercati sul sistema paese!
Faccio presente inotre che a svalutazione non segue necessariamente inflazione. Inoltre non è comprensibile il perchè si condanna la svalutazione e non la rivalutazione di una valuta. Pensate se la Germania avesse il marco anziche il cambio fisso in euro… Con un surplus di esportazione di tale portata (se non sbaglio circa 220 Mld nel 2011) l’aumento di domanda di valuta tedesca (ipoteticamente del marco) avrebbe portato ad un’apprezzamento della valuta stessa e pertanto meno conveniente importare e comprare prodotti tedeschi da parte dei paesi europei (che oggi garantiscono i 2/3 delle importazioni tedesche). Questo avrebbe portato ad un calo dell’export tedesco fino ad un punto di equilibrio (svalutazione) che renderebbe nuovamente convenienti i prodotti tedeschi. In buona sostanza la Germania ha un export drogato dall’euro, il cui cambio rimane fisso! se avesse il marco col cavolo che esporterebbe così.
Inoltre vorrei precisare a Giorgio, col quale mi trovo sostanzialmente d’accordo nei suoi interventi, che gli stipendi della Germania non sono tutti alti così come si racconta in giro. Una statistica dell’ILO, divulgata anche da questo sito, ci dice che in Germania ci sono 7,5 milioni di minijobs, lavoretti di 15 ore settimanali da 400 euro al mese. La riduzione della domanda interna attraverso la moderazione salariale e la precarizzazione del lavoro, consente alla Germania di essere abbastanza competitiva nell’export rispetto agli altri paesi UE.
In effetti esagero un po’ quando dico che i salari in Germania sono quasi il doppio. Resta il fatto che – mediamente (con tutte le cautele del caso relative alla media e fatti salvi i casi particolari) – i redditi da lavoro annui lordi per le persone occupate a tempo pieno nelle imprese sono almeno il 50% più alti che non in Italia: 42.400 euro contro i nostri 28.230 (fonte Eurostat: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Wages_and_labour_costs).
Discussione interessante….io ho chiesto la sua impressione a un marziano.
Riflessioni sul Grande Disordine Mondiale. Conversazione con un Marziano amante di Pirandello (parte seconda).
Lo stato confusionale dell’ establishment perdura ed i mercati si mantengono molto nervosi. Mi ritrovo con il mio amico marziano che continua a leggere avidamente la stampa mondiale.
Bene, caro amico, questa settimana é toccato alla Spagna sembra.
Ed adesso Rehn ha indicato l’Italia e la Francia. Bella discussione sul Keynesbloog, anche se venata di toni improri alla discussione delle idee.
Marziano; Ti ho giá detto che sulla terra è in corso una furiosa lotta di interessi e valori che è allo stesso tempo filosofica, accademica, ideologica, geopolitica, economica, religiosa ed infine di classe. Sta esplodendo nella paralisi mentale e nella atrofia politica e morale
Comunque a parte i 100 miliardi messi in campo di nuovo per salvare le banche (soldi tossici, dice Halevi) ci sono varie altre cose da segnalare.
La prima é che l’FMI dice le stesse cose che ha detto Soros: la crisi come fatto politico e 3 mesi massimo per salvare l’euro.
La seconda é l’apertura della Merkel alla Tobin tax.
La terza che dovrebbero vietare di parlare al Commissario Rehn, sarebbe meglio mettessero direttamente l’Ispettore Derrick, farebbe meno danni.
Poi sono iniziati gli europei di calcio. Vediamo come si comporteranno gli Uligani dangereux. Ed infine Grillo escluso dalle Primarie, che tristezza mi fa l’Italia.
Io. La confusione continua a regnare. Poi Rehn che indica Italia, Spagna e Francia alternativamente, si scatena la speculazione e si riduce la capitalizzazione delle imprese mentre aumenta lo spread ed il reale costo del credito. Vogliono dissanguare e spartirsi la periferia.
Marziano: ha ragione Krugman ( post Wolkenkuckucksheim), finche’ la nomenklatura tedesca non esce dal dogma ci sono poche speranze di risolvere la crisi. Siamo ormai alle aspettative di brevissimo periodo, dove agisce indisturbata la speculazione e proseguono le ricoperture da titoli e Paesi a rischio verso titoli e paesi considerati rifugio. Aumenta la rendita posizione di Germania ed alleati. Anche se la borsa di Francoforte sta cominciandoa pagare dazio. Il Nikkei é alla sesta settimana di ribasso, ed il debito giapponese é al 200%. State sopra una montagna finanziaria di 14 volte il PIL mondiale, siete in recessione, tutto é sottocapitalizzato e manca il credito. Un assurdo matematico.
Io: quindi il videogioco della finanza continua a imperversare e vuole nuovi Capitali Pubblici per le banche. Ancora una volta sono i sacrifici dei cittadini a salvare il ‘’Financial Casino’’.
Il Marziano risponde: Ripeto, sarebbe il caso di organizzare urgentemente una conferenza internazionale per ripensare la globalizzazione e le sue regole. Un dibattito serio sui problemi della Governance Globale. Comincia a farsi strada la sensazione che non si possa continuare a navigare a vista guidati da Schettino e dai sei personaggi in cerca d’autore. Bisogna agire.
I diplomatici a Bruxelles devono davvero essere in assetto di guerra. Si tratterá di difendere l’interesse nazionale con le unghie e con i denti e mantenere viva la speranza di una Europa unita. Difficile equilibrismo.
Io: hai letto l’articolo di Marco Panara su Affari e Finanza? E’ un po’ apodittico ma fondamentalmente corretto: sei mesi di tempo e tre scenari (ideale, letale, turbolento) per raggiungere due obiettivi:
1. Salvare l’ Euro e la UE
2 Un mercato finanziario regolato.
Marziano: si, usa anche lui la metafora della guerra. Sono d’accordo. Siamo di fronte alla scelta fondamentale tra un New Deal Planetario e il colpo di stato nella UE. Collassati sia il Washington consensus che quello di Bruxelles. Salvare l’ Euro non sará facile.
I tedeschi vogliono il Sacro Romano impero germanico.
Siamo ai puri rapporti di forza. Continua la crisi di identitá dell’ establishmente globale. Le Monde Diplomatique, dal titolo splengleriano della settimana scorsa (La fine del Primo mondo? ) e’ passato a ‘’L’europa ed il suo labirinto’’.
Bisogna capire se si tratta dell’ennesimo scontrarsi dei capitalismi nazionali, fondamentalmente l’anglosassone e il germanico, con la Francia in mezzo; la conclusione dello scontro ci riportera all’egemonia dell’occidente una volta ricreato un consenso?
Questa volta sará difficile. La credibilita’ dell’ occidente é evaporata. Perfetto in tal senso l’articolo di André Glucksman sulla necessitá di tornare alle radici illuministiche dell’ Europa; tranne che Glucksman si é dimenticato di segnalare che bisogna d’ora in poi dire che volete una libertá accompagnata dall’ uguaglianza e dalla fraternitá.
La moltitudine preme di nuovo.
Quindi tutti si stanno muovendo tutti su tutti gli scenari. Vedremo chi avrá la meglio.
Io: ti rispondo con le tue parole dell’ altra settimana: guarda che sul mercato globale delle idee non vincono necessariamente i piu’ saggi. Vince l’articolazione di idee (il ‘’gioco linguistico’’, avrebbe detto Wittgenstein) che meglio si adatta agli interessi delle élite al potere.
La Retorica e la Propaganda hanno un ruolo fondamentale.
Marziano: é chiaro che c’é un regolamento di conti fra élites, voi di sinistra create un nuovo un nuovo gioco linguistico e siate creativi nel marketing…
continua
A Giorgio,
condivido le tue idee. Purtroppo, come si nota da molti post di commento, l’ideologia liberista e monetarista ha fatto proseliti. Perché di ideologia si tratta e non di altro checché ne dicano gli Huerta de Soto. Ora dal momento che la finanza globale ha in mano i mezzi per foraggiare media e politici la situazione per la Comunità Politica e la democrazia è disperata. I liberisti sono una nomenklatura accademica e di potere che si muove e pensa secondo lo schema per cui se la realtà da torto alla loro ideologia tanto peggio per la realtà. Dovremmo arrivare al crollo globale finale per sperare, forse, che questa genìa di moralisti da strapazzo receda, sotto la spinta ineluttabile di eventi tragici, dalle proprie posizioni ideologiche. Copio/incollo, qui sotto, un pezzo interessante.
Saluti.
Purtroppo il peggio sta accadendo!
di Giovanni Acquati
Bisogna essere ciechi o per lo meno molto miopi per non capire cosa sta accadendo. Io sono certo che chi ci guida, compreso il nostro governo tecnico “impostoci” dal dominio liberista finanziario o almeno il presidente e tutti i componenti che vengono dal mondo della finanza, lo sanno molto bene e ne sono totalmente complici.
La cosa evidente comunque è che nessuno fa nulla, si prosegue tragicamente nel solito modo deciso circa 40 anni fa al momento dell’accantonamento della politica economica di sviluppo Keynesiana da parte Milton Friedman ed i suoi seguaci, i Chicago Boys, che tanti disastri hanno creato nel mondo. E’ sempre più incredibile constatare che di fronte a un sistema che chiaramente mostra il suo fallimento e del quale ormai ne sono consapevoli anche molti di coloro che l’hanno promosso e sostenuto finora, tutti sono come imbambolati, senza idee, senza sapere che fare: cercano solo di difendere uno status sempre più difficile da sostenere e che comprendono benissimo sta loro sgretolandosi nelle mani.
Sembra che questi personaggi non hanno il coraggio di parlare, di cambiare, presi dalla paura della catastrofe imminente, anche se è ormai evidente e conclamata. In questi giorni si cerca ancora di rimandarla con la solita follia, ovvero un nuovo finanziamento alle banche Spagnole, le stesse banche che sono all’origine di questa situazione dovuta alla finanziarizzazione mondiale di ogni cosa. Ciò non porterà alcun beneficio, anzi farà ulteriormente peggiorare la situazione perché si saranno sperperati inutilmente altri quattrini, come quei mille miliardi già regalati allo stesso modo all’1% ad inizio anno. Ed i cittadini stanno ad attendere impotenti perchè rimane illusione ogni idea di crescita e lavoro ovvero qualche reale e concreto beneficio.
Il potere gigantesco della finanza se non verrà presto “politicamente condizionato” con scelte traumatiche ed opposte a ciò che si sta facendo, continuerà a giocare come il gatto col topo! E’ interessato infatti solo alla speculazione, a guadagnare interessi e dunque a far crescere lo spread, indice inventato ed enfatizzato proprio per questo. Sanno perfettamente che il debito gigantesco cumulato nel mondo a carico degli Stati e favorito dalla loro strategia folle, non potrà mai essere rimborsato, per cui altrettanto bene sanno che ora possono sfruttare solo l’opportunità di speculare sugli interessi, tirando e rilasciando la corda con opportuni interventi: ma fino a quando potrà continuare il gioco?
Ora tocca alla Spagna e lo si sapeva, è da tempo nel mirino, tra poco l’Italia (sta già accadendo), oltre al Portogallo, nulla di nuovo, già scritto, ma la dittatura della finanza e dell’informazione continua come se niente fosse, favorita dall’incoscienza (o connivenza?) del potere politico. I cittadini mostrano qualche reazione e si attaccano a Grillo, al suo movimento 5 stelle, che dice almeno cose diverse ed è accreditato di un 20% di consensi: siamo alla svolta di consapevolezza di cittadini esasperati? C’è comunque da sperarlo al di là della condivisione o meno su quanto Grillo dice.
Servirebbe, ripeto, che la politica decida di riprendersi in mano il potere che da anni ha lasciato alla finanza. Bisogna prendersi il coraggio di dire Basta alla finanza! Non accettiamo più i vostri dogmi, non vi seguiamo più nelle vostre follie fuori dalla realtà e dall’economia reale. Non parlateci di debito, l’avete creato voi ed arrangiatevi, noi non abbiamo intenzione al momento di prenderlo in considerazione e tantomeno di rimborsarlo, abbiamo altre priorità. Noi vogliamo infatti rimetterci a pensare alla maggioranza dei cittadini, alla loro sopravvivenza, al loro benessere, al loro vivere civile e democratico. Cittadini dobbiamo riprenderci nelle mani il potere!
Cara Germania smettila di fare la prima donna: ora ne stai traendo tutti i vantaggi perché domini l’Europa e la Banca Centrale Europea, ma sei coinvolta anche tu nel disastro dell’euro e prima o poi capiterà anche a te, è questo il percorso tracciato da coloro che hanno imposto la teoria economica liberista. Cara Banca Centrale Europea, basta soldi alle banche, lasciale fallire, salvaguarda i cittadini piuttosto e i loro risparmi, non assecondare più le speculazioni che ci hanno rovinato: se dobbiamo rimetterci qualcosa, siamo pronti, ma solo a condizione che il lavoro e il progresso economico, ecologico e sociale sia al centro del nostro futuro. Rifacciamo i trattati!
Tutto ciò ci costerà parecchio, non sarà indolore, dovremo rimboccarci le maniche ed aiutarci l’un l’altro, ma riusciremo a superare le difficoltà se riusciremo ad unirci per difenderci contro l’oppressione e la violenza della finanza e del liberismo sfrenato: così recupereremo anche i valori forti della solidarietà e mutualità reciproca. Intanto non lasciamo più nulla nelle mani di nessuno senza che vi sia trasparenza operativa e chiarezza e inventiamoci nuovi strumenti e modi di relazionarci: molti lo stanno già facendo, come le reti economiche, gli acquisti collettivi, oltre che l’applicazione di sistemi di scambi commerciali o monete complementari.
Fare questo significherà comunque essere sottoposti ad ogni sorta di attacco, speculativo e informativo, sono le loro armi più potenti (oltre ovviamente a quelle da fuoco). Prepariamoci dunque, e cerchiamo di seguire una strada che si affidi alla non violenza, che per me è l’unica cosa imprescindibile di ogni nostra azione. Agiamo, ribelliamoci, indigniamoci e diamo concretezza alle parole, cominciando a togliere i soldi dalle banche: non lasciamoli più gestire da loro senza controllo, diamoli a chi ci dice come li usa o inventiamoci i nostri strumenti per gestirli insieme, in modo che possiamo metterli a disposizione di chi conosciamo e agisce nell’economia reale rispettando ambiente e persone: tutto ciò è già perfettamente possibile da anni.
13 giugno 2012
Mi lasci esprimere evidenziare il punto in cui non sono d’accordo con l’articolo che ha riportato. Posso condividere buona parte dell’analisi, ma è la soluzione che ritengo sbagliata.
Da una parte (non la sua) si propone di non far nulla (nella migliore delle ipotesi), se non addirittura (ma è solo una minoranza che si diverte a provocare in questo blog) a chiedere una restrizione della politica monetaria, non sapendo nemmeno ciò che sta dicendo e che cosa provocherebbe.
Dall’altra vi è chi è propone di ripudiare il debito. Fatto altrettanto grave e pericoloso. L’Argentina ripudiò il debito perchè era denominato in dollari e non avendo una bilancia dei pagamenti in attivo (e non potendo stampare dollari) fu costretta a ripudiarlo. Le politiche che le aveva imposto il Fmi la stavano solo soffocando. In quella circostanza non rimane altro: non si può chiedere ad uno Stato e alla sua popolazione di suicidarsi. Si fa saltare il tavolo.
Qui il caso è diverso. Il debito è in euro. Scrivere “Cara Banca Centrale Europea, basta soldi alle banche, lasciale fallire, salvaguarda i cittadini piuttosto e i loro risparmi” significa non aver compreso quello che potrebbe succedere. Non ci si rende nemmeno conto della contraddizione che si sta dicendo: non si possono salvare i risparmi dei cittadini se le banche fallisono: i risparmi dei cittadini saranno a rischio se le banche fallirano!
Salve tutte le giuste considerazioni su come debbano agire le banche (molto diversamente da come hanno potuto agire finora grazie alle folli politiche neoliberiste), è solo salvando le banche che potranno essere salvati i risparmi delle famiglie. E il ripudio del debito non è che un altro modo per intaccare i risparmi, sia direttamente (per la quota posseduta dalle famiglie) sia indirettamente (per la quota in mano al sistema bancario che dovrebbe mettere in conto una perdita che potrebbe provocare una serie di fallimenti a catena, con conseguenti problemi per i risparmi delle famiglie).
Ieri ho sentito Buttiglione affermare che era giusto il meccanismo Bce -> finanziamento banche -> finanziamento Stati, mentre sarebbe sbagliato un sistema Bce -> finanziamento Stati. A parte l’incredibile ipocrisia e lo stucchevole bizantinismo di un simile ragionamento, non ci si rende conto che in tal modo gli Stati rimangono soggetti a tassi di interessi esorbitanti che aggravano i conti pubblici (che si dice di voler tener sotto controllo!). Inoltre non si tiene conto che questo inutile passaggio intermedio è – oltre ad essere macchinoso – imperfetto se non inefficace, per la semplice ragione che mentre le banche italiane hanno sicuramente acquistato titoli pubblici nazionali, altre banche della zona euro hanno contemporaneamente venduto (e vendono tuttora) i nosti titoli di Stato, vanificando l’operazione messa in atto dalla Bce.
Quello che allora occorre è, una volta per tutte, una banca centrale che faccia il suo mestiere, come avviene in tutti i paesi del mondo, che sia prestatore di ultima istanza. La speculazione non può agire contro la banca centrale, per la semplice ragione che la Bce ha risorse illimitate (a differenza degli speculatori).
Il problema non è il debito. Il Giappone ha un rapporto debito/pil superiore al 220%, ma paga interessi sui titoli decennali inferiori all’1% (meno degli Usa e della Germania, che hanno debito inferiori al 100%), per la semplice ragione che la BoJ acquista i titoli di Stato e mantiene bassi i tassi di interesse.
Non si capisce perchè la cosa più semplice di questo mondo, la cosa più ovvia (una Banca centrale che faccia il suo mestiere), venga incredibilmente disdegnata, quando è evidente che è l’unica soluzione ragionevole per porre fine a questa crisi (e poi prendere in considerazione tutti i correttivi che democraticamente si riterrà più opportuni perchè il caso non si ripresenti).
L’ho già detto e l’ho ripeto: i risparmiatori avranno molto più da perdere dall’uscita di un paese dall’euro, che non dalla garanzia prestata dalla Bce ad onorare i debiti di uno Stato membro.
Caro Giorgio,
grazie, per le osservazioni. L’articolo postato, naturalmente, era solo di polemica, non certo “scientifico”. Condivido in pieno il suo assunto, che riporto:
“Quello che allora occorre è, una volta per tutte, una banca centrale che faccia il suo mestiere, come avviene in tutti i paesi del mondo, che sia prestatore di ultima istanza. La speculazione non può agire contro la banca centrale, per la semplice ragione che la Bce ha risorse illimitate (a differenza degli speculatori).”
Sono convinto anch’io che questa è la soluzione.
Saluti.
Caro Giorgio, un grazie perchè le sue risposte al campionario di baggianate mainstream di un paio di provocatori vanno incorniciate per chiarezza, esaustività e lucidità (io personalmente ho fatto un copia-incolla perchè sono addirittura più interessanti dell’articolo)…Mi permetto solo di esprimere un paio di “obiezioni” (se così si possono definire), con la premessa che non ho la sua competenza in materia. Lei scrive:”Non si capisce perchè la cosa più semplice di questo mondo, la cosa più ovvia (una Banca centrale che faccia il suo mestiere), venga incredibilmente disdegnata, quando è evidente che è l’unica soluzione ragionevole per porre fine a questa crisi (e poi prendere in considerazione tutti i correttivi che democraticamente si riterrà più opportuni perchè il caso non si ripresenti) […].” Probabilmente perchè NON SI VUOLE affatto risolverla la “crisi”, e in ossequio alle idee di Friedman, essa è molto poco democraticamente funzionale ad un disegno ben preciso, quello di puntare tutto sulla massima compressione dei salari per competere sui mercati internazionali. E poi, ancora lei dice:
“L’ho già detto e l’ho ripeto: i risparmiatori avranno molto più da perdere dall’uscita di un paese dall’euro, che non dalla garanzia prestata dalla Bce ad onorare i debiti di uno Stato membro”. A parte il fatto che sono assolutamente d’accordo con quello che Lei scrive sull’ Argentina, che tra l’altro si è potuta risollevare anche perchè la sua economia non è esattamente paragonabile a quella greca, ma siamo così sicuri che l’uscita dall’euro sarebbe tutta questa catastrofe? Non sto certamente qui a sostenere che non ci sarebbero conseguenze pesanti nell’immediato, ma le previsioni (non effettuate da lei) di una inflazione al 50% per il nostro Paese sono secondo me terrorismo puro, mentre, al contrario, la fuoriuscita da un sistema come quello dell’ Eurozona che ci costringe a competere con un’economia storicamente più forte come quella tedesca ridarebbe un po’ di fiato al nostro export, e anche i vantaggi di tassi di interesse più bassi che costituivano per noi italiani un buon motivo per entrare a far parte dell’ Euro oggi non ci sono più. D’altro canto, la garanzia di onorare i debiti di uno Stato membro la BCE non la presterà mai, è inutile che stiamo qui a raccontarcela, perchè la Germania non acconsentirebbe mai. Quindi, non sarebbe il caso di prendere atto che l’ Euro ha fallito, perchè creare una moneta senza un vero Stato Federale è stato solo il tentativo (da parte soprattutto francese) di “imbrigliare” la storica rivale, ma che si è rivelato disastroso perchè non si possono tenere insieme economie così differenti tra loro senza un progetto di effettiva unione politica? Forse sarebbe il caso di arrendersi all’evidenza, piuttosto che proseguire in questa agonia…Soluzione intermedia: costituire un fondo (con moneta sonante BCE) finanzia-stati , con l’unica condizione di mantenere il deficit al 7-8%, perchè il 3% è francamente un’assurdità, su base di popolazione pro-capite, che potrebbe essere utilizzato dai vari governi per la crescita, o anche come “camera di compensazione” per partite correnti (se si dice così, intendo bilance commerciali molto diverse tra paesi dell’ Eurozona)…Ma anche per soluzioni del genere, ammesso che siano praticabili, ci vuole la volontà politica di tutti…Altra idea( anche questa non mia, beninteso!), sicuramente più facilmente praticabile e a suo modo ingegnosa, probabilmente potrebbe spendere l’incendio -almeno nell’immediato-, anche perchè chi l’ ha proposta è una vecchia volpe che quel mondo lì, quello della speculazione, lo conosce benissimo: http://it.wikipedia.org/wiki/Tax_backed_bond
Il tema che solleva è il tema dei temi: rimanere nell’euro o meno?
Che l’euro (e con tale espressione intendo il sitema che sorregge la moneta unica, non certo la moneta in sè) non abbia raggiunto un livello soddisfacente l’ho scritto in un altro post.
https://keynesblog.com/2012/06/06/il-vero-problema-non-e-il-debito-pubblico/#comment-919
Su questo tema, ognuno la può pensare come meglio crede. Personalmente, prima di gettare la spugna – per quanto difficile (se non improbabile) – proverei ad insistere affinchè si abbia tutti gli strumenti giusti per operare nell’ambito di un’unione monetaria abbinata ad una maggiore integrazione politica (l’obiettivo deve essere nella mia visione una sorta di Stati Uniti d’Europa). Come vede non è un obiettivo da poco. Può certamente definirsi utopistico. Ma sono convinto che i vantaggi che possono derivare da un simile evoluzione siano superiori a quelli offerti da un ritorno alle politiche nazionali, sia in termini economici, sia in termini di gisutizia fiscale e sociale.
Quali siano i costi di un’uscita dall’euro, se sia terrorismo psciologico o meno, non ho elementi per dirlo. Ma anche se fossero veri, se anche vi fosse una svalutazione del 50%, quello che temo è che, se si continua con le attuali misure politiche e con le attuali istituzioni europee, prima o poi potrebbe diventare comunque conveniente uscire piuttosto che rimanere in un sistema che ha messo in programma di strangolarti per almeno 45 miliardi di euro per ognnuno dei prossimi 20 anni.
Sarebbe un vero peccato. Ma in quel caso, non rimarrebbe che uscire.
D’ accordo sugli Stati Uniti d’ Europa, può anche darsi che alla fine anche i tedeschi si rendano conto che se la ricetta austerity ha come unico effetto a breve termine quello di fare tabula rasa del mercato che ad oggi assorbe circa il 65% del loro export (l’Eurozona), e che questo può essere solo parzialmente sostituito dalla Cina (che a causa della recessione proprio dell’ area Euro, comincia anch’essa a rallentare), ci sia qualche flebile speranza di invertire la rotta, ma certamente non con gli Euro-bill, e comunque quello che oggi 19 giugno ho letto a proposito delle dichiarazioni della Merkel riguardo al rifiuto di dilazionare gli impegni presi dai greci all’indomani della vittoria di Nea Demokratia, non fa certamente ben sperare in merito… Dal momento che le sue idee (e quelle degli autori di questo blog) sono molto simili a quelle di qualche professore della Massachussets University (ne ha parlato qualche tempo fa Federico Rampini su Repubblica, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/02/21/se-la-risposta-alla-crisi-fosse.html ), posso permettermi di segnalare a lei e ai lettori di questo blog ( ammesso che alcuni non lo conoscano già) il sito dell’ associazione (non saprei come altrimenti chiamarla in questo momento) che si propone di diffondere le idee di questa scuola di pensiero economico (che prende origine dalle idee di Keynes e di Abba Lerner, tra gli altri)? Spero non si offenda nessuno, e che la cosa venga interpretata come un contributo al dibattito, e non come un tentativo di fare proseliti per questo o quello, anche perchè io personalmente ignoro se ci sia un collegamento tra chi redige questo blog e “quelli” di democrazia mmt, ma comunque sul loro sito è presente un link a keynesblog.com…Il sito è questo: http://democraziammt.info/site/