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I mercati sono keynesiani? A Jackson Hole si discute di debito e sostenibilità finanziaria

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Durante una recessione i governi non devono preoccuparsi troppo del debito pubblico. E’ quanto sostiene il paper di Alan J. Auerbach e Yuriy Gorodnichenko presentato sabato alla conferenza annuale dei banchieri centrali di Jackson HoleSecondo i due autori “le politiche fiscali espansive adottate quando l’economia è debole non solo possono stimolare l’output, ma possono anche ridurre il rapporto tra il debito e il PIL nonché i tassi di interesse e gli spread dei Credit Default Swap sul debito pubblico”

Il paper si inserisce in un acceso dibattito in corso negli USA, nel quale gli economisti conservatori mettono in guardia rispetto all’elevato debito pubblico americano che, a dir loro, impedirebbe di affrontare una nuova recessione. Ma anche nell’accademia, dopo le ripetute smentite sull’austerità espansiva e sull’esistenza di una soglia del debito pubblico oltre la quale la crescita verrebbe penalizzata, e dopo che il FMI ha trovato che l’austerità fa aumentare il debito, alcuni hanno incominciato a proporre un nuovo mantra: i moltiplicatori fiscali sono negativi per i paesi ad alto debito. Secondo costoro, nei paesi con un debito pubblico elevato, gli agenti economici reagirebbero negativamente a stimoli fiscali espansivi, comportandosi in modo ricardiano, e pertanto le politiche fiscali espansive sarebbero da sconsigliare per queste economie.

Il paper di Auerbach e Gorodnichenko giunge ad altre conclusioni. Non solo i due autori non trovano una differenza nell’efficacia dello stimolo fiscale tra paesi ad alto debito e paesi a basso debito, ma giungono alla conclusione che “uno stimolo fiscale in un’economia debole può contribuire a migliorare la sostenibilità” del debito pubblico. Infatti i due autori trovano che non vi sono prove che i tassi di interesse a breve e lungo termine aumentino dopo uno shock di domanda dato da uno stimolo fiscale. Al contrario, in genere accade l’opposto, a seguito di uno stimolo fiscale i tassi si riducono e così anche i CDS (le famose assicurazioni contro i default), se le misure fiscali vengono adottate quando l’economia è debole. Non solo: “le risposte macroeconomiche ai tagli alla spesa pubblica non sembrano portare a risultati positivi in termini di riduzione del costo di indebitamento o di una persistente riduzione dell’onere debitorio”.

 “Questo risultato – scrivono Auerbach e Gorodnichenko – suggerisce che i mercati possono considerare lo stimolo fiscale come un modo non solo per accelerare l’economia, ma anche per ridurre i rischi associati ad una fase recessiva prolungata”

Insomma, pare che i mercati siano molto più keynesiani dei politici e degli economisti. Un nuovo duro colpo per la “setta dei ricardiani estinti”.

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4 commenti su “I mercati sono keynesiani? A Jackson Hole si discute di debito e sostenibilità finanziaria

  1. […] Il paper si inserisce in un acceso dibattito in corso negli USA, nel quale gli economisti conservatori …read more […]

  2. La migliore risposta a crisi colossali come quella del crac di Wall Street venne data,appunto,da Franklin Delano Roosevelt con il suo New Deal!
    Investimenti pubblici finanziati dalla riforma fiscale che introdusse fortissime aliquote impositive progressive, aumentando quella per i ricchi fino al 75% e riducendo quelle degli operai degli impiegati e dei contadini fino al 6%! Fu così che le numerosissime persone delle classi sociali più povere ebbero maggiore potere d’acquisto! Il debito pubblico aumentò di un misero 4% dal 1934 al 1938!
    Noi italiani per questa politica redistributiva abbiamo la, Mai Attuata, Costituzione nel suo articolo 53! Ma prescrive anche investimenti pubblici ed uno attualissimo sarebbe quello per realizzare l’articolo 9 della Costituzione!

  3. credo che il problema che al di la dei torti o ragione, sono da ricercare nel fatto che in qualche parte (o piu parti) del mondo c,è chi vuole controllare o imporre il prezzo delle materie prime in primis il petrolio ma anche altre merci non ne sono escluse, la logica è : il mercato lo controllo io ed il prezzo lo determino io, pertanto spesa di stato per alimentare il complesso militare militare a gogo va bene, (sia per fare affari sia per redimere (se fa per dire) quei governi vedi venezuela ma anche l,iraq di saddam hussein geddafi ecc) che secondo i padroni del mondo fanno o hanno fatto politiche troppo sbilanciate a favore del popolo, e che chiaramente essendo le prime fonti o (principale fonte di reddito) per questi paesi gran parte di questa spesa la caricano sul prezzo del petrolio in primis ma anche sulle banane caucciu canna da zucchero ecc. questo chiaramente per i paesi cosidetti in via di (sotto)sviluppo cioe mantenuti in perenne sottosviluppo, per i paesi del cosidetto secondo mondo le cose cambiano un tantino ma alla fine è sempre la parte esclusa che permette il perpetuarsi di questo sistema di…..metteteci voi l,aggettivo.

  4. ah dimenticavo gli intellettuali o presunti tali possono fare tutte le analisi che vogliono ma il capitalismo per perpetuarsi ha bisogno di controllare la moneta ed attraverso di essa determinare il prezzo delle materie prime, e per chi si oppone non ci sono che bombe sulla testa.

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