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L’Italia dovrebbe promuovere un’alleanza dei paesi “poveri” contro quelli “ricchi”

paolo-leon-01Intervista all’economista Paolo Leon: la crescita si può avere solo rilanciando la domanda, non tagliando il costo del lavoro. «La Bce compri il debito, finanzi gli investimenti». Letta dovrebbe riunire i paesi «Piigs» per contrastare lo strapotere tedesco
«Il governo Letta ha avuto una apertura di credito dalla Ue, ma pur sempre molto limitata. I margini sono stretti: non si può escludere che il Pil non peggiori, e con esso il deficit, richiedendo nei prossimi mesi nuove misure». L’economista Paolo Leon non è fiducioso rispetto alla capacità di contenimento del bilancio, a differenza della Commissione Ue e del neo ministro Fabrizio Saccomanni. Inoltre, suggerisce che l’Italia cambi il suo modo di rapportarsi all’Europa: «Dobbiamo capire che in questo momento andare in Germania è come andare negli Usa: di fatto la Ue non esiste, siamo di fronte a interessi nazionali contrapposti. Io fossi stato in Letta avrei incontrato i grandi affiancato dal ministro degli Esteri. E mi farei sentire di più ai tavoli europei: siamo la terza economia dell’euro, e se andiamo male noi crolla tutto; possiamo dire qualche no. E aggiungo un’idea: coalizziamo i paesi in difficoltà, Cipro, Portogallo, Spagna e Grecia. Avremmo molto più potere negoziale, perché i paesi ricchi sono interessati a che noi non ci sottraiamo al pagamento dei debiti».

Intervista a Paolo Leon di Antonio Sciotto da “il manifesto”, 06.05.2013

Quindi nonostante si vada verso la fine della procedura di infrazione Ue, la situazione resta grave.
La situazione rimane gravissima. Perché non ci sono segnali di aumento della domanda, nè dai consumi nè dagli investimenti. Un po’ forse si potrebbe muovere l’export, grazie al taglio dei tassi della Bce. Ma questo forse contribuirà più a favorire i tedeschi rispetto agli italiani.

La Ue però, seppure rinvii la ripresa all’anno prossimo, sembra dare fiducia al governo Letta.
Sì, c’è indubbiamente un’apertura di credito, per quanto molto limitata. Diciamoci anche che le valutazioni sul deficit, con uno 0,2% in più o in meno, sono anche molto tarate sul fatto che un governo sia gradito alla Ue e in particolare alla Germania. Ci vedo in quelle valutazioni poca scientificità e molta politica.

È gradito, cioè, come lo era quello di Monti. Ma possiamo parlare di un bis di Monti senza Monti?
È un misto, un cocktail. Non è certo Monti, che aveva una sola direzione, quella del rigore. Questo governo ha bisogno di consenso popolare, perché è molto difficile da tenere insieme. Berlusconi fin dall’origine era per sfondare i tetti Ue, per avere crescita sufficiente. Il Pd – visto come il «partito delle tasse» – si rende conto che se si conferma l’attuale tasso di disoccupazione non si può reggere. C’è dunque una convergenza dei due partiti per far passare misure che creino un qualche consenso, ma non hanno la cultura sufficiente per agire con efficacia.

E inoltre al momento sono divisi tra l’Imu e le tasse sul lavoro.
Sono due prospettive diverse. L’Imu vorrebbe aiutare la domanda, ma le cifre che si lascerebbero in tasca alle famiglie sono talmente esigue che si avrebbero ben pochi effetti. Io piuttosto credo che il Pdl insista per far cadere il governo prima o poi, o per farsi ripagare in termini politici, ad esempio con la presidenza della Convezione a Berlusconi. Dal lato del Pd c’è la solita ottusità di chi continua a vedere il problema nell’offerta, e non nella domanda. Pensano che abbassando il costo del lavoro si passi a produrre di più: ma per vendere cosa a chi, se la domanda è ferma? Senza contare che per avere riduzioni notevoli, ci vorrebbe il triplo delle risorse di cui si parla. Il vero cambiamento sarebbe invece quello di trasformare alcune spese da improduttive a produttive.

Può farci qualche esempio?
Le grandi opere, come la Tav o il Ponte, sono stupidaggini che non danno lavoro a breve. Con quei soldi finanziamo piccole opere locali.

Aiuterebbe rimodulare le aliquote fiscali? O una patrimoniale?
Se riuscissimo a evitare la fuga dei capitali sì, ma è difficile che con nuove tasse non si freni la domanda. Bisogna ridurle, le imposte, perché determinino domanda.

Luciano Gallino, ieri sul nostro giornale, proponeva che i paesi europei chiedessero un prestito di 100-200 miliardi alla Bce per un grande piano del lavoro e delle infrastrutture. Dall’altro lato Mario Draghi taglia i tassi. Sono ricette efficaci per rilanciare lo sviluppo?
Sono due ipotesi diverse, e mi trovo d’accordo con quella di Gallino. Prendiamo gli Usa: è vero che tengono i tassi bassi, ma la crescita l’hanno riacchiappata grazie al primo mandato di Obama, che ha iniettato molti miliardi nell’economia. Il taglio del costo del denaro, da solo, non basta: è anzi, direi, del tutto inutile, e dannoso per la Bce, che stampa nuova moneta, subito sterilizzata per l’assenza di domanda. Le banche non prestano perché le regole di Basilea vietano di dare finanziamenti se non hai capitali adeguati; ma il capitale delle banche è costituito dagli stessi prestiti: quindi è un cane che si morde la coda. La Bce deve finanziare i disavanzi o gli investimenti pubblici: comprare il debito corrispondente agli investimenti, come si è sempre fatto nei momenti di crisi, come faceva Delors. Manca il coraggio e la cultura per farlo: era un’idea comunissima fino al 1985, ma si è perduta perché paesi come Germania e Olanda, mercantilisti e protezionisti un po’ come lo erano nel Medioevo, non ci credono. I paesi ricchi, in surplus, sono forse più responsabili della crisi che non quelli indebitati: l’austerità nasce dal fatto che chi è in surplus non ha aumentato la propria domanda quanto necessario per mettere gli altri paesi nelle condizioni di vendere loro le merci.

Un Paese indebitato come l’Italia, dunque, come dovrebbe agire?
Io credo che Letta debba pazientare almeno fino alle elezioni tedesche. La Germania e l’Olanda giocano il loro consenso interno alimentando l’egoismo verso i paesi indebitati, nascondendo che lo sviluppo verrebbe, al contrario, proprio facendo ripartire la domanda da parte loro, e l’export di chi è indietro. Noi però sbagliamo a considerare i rapporti con questi paesi come se la Ue contasse qualcosa: quando Letta incontra Merkel, siamo al contrasto puro tra due interessi nazionali, come poteva essere negli anni Trenta. Perciò io, fossi stato in lui, sarei andato con il ministro degli Esteri. E ai consigli d’Europa puoi dire qualche no, visto che se l’Italia o la Spagna non pagano i debiti, per gli altri è un disastro. Io lancerei una «alleanza dei poveracci», guidata dall’Italia, che contrasti e faccia da contrappeso alla cattiveria dei paesi ricchi.

Una «Lega dei Piigs», potremmo dire. Come vede la nuova squadra di governo? Potrà essere efficace?
Sono ottimista di natura. Certo, una volta distrutto il Pd e la rappresentanza a sinistra, è dura che si possa fare qualcosa di ragionato. Ma persone come Saccomanni o Giovannini, in posti nuovi, potrebbero caratterizzarsi proprio per voler fare qualcosa di inedito. Sulla riforma Fornero, ad esempio, io non andrei a liberalizzare ancora: questo non aumenta i salari nè i posti. Piuttosto, cerchiamo di rilanciare l’economia, e puntiamo sulla produttività, ma nei contratti nazionali. Positivo mi sembra anche il nuovo ministero Kienge, contro le discriminazioni.

Che ne pensa del reddito minimo garantito? Lo si deve introdurre?
Penso che sia necessario, soprattutto in fase di alta disoccupazione e inoccupazione. Difficile però che ricchi e medio-ricchi la accettino, perché di fatto aumenta la progressività delle imposte. Inventeranno un nuovo sussidio o metteranno insieme quelli già esistenti? Vedrei favorevolmente questa ultima ipotesi, anche per razionalizzare il welfare. Ma è una misura che ha senso solo se si autoesautora nel tempo, se il governo lavora per superare la crisi e realizzare la piena occupazione. Idealmente preferirei che una persona lavorasse, e che non avesse bisogno di aiuti: a questo dovremmo tendere.

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17 commenti su “L’Italia dovrebbe promuovere un’alleanza dei paesi “poveri” contro quelli “ricchi”

  1. ciao paolo, letta la tua intervsta

    affermi…
    Sulla riforma Fornero, ad esempio, io non andrei a liberalizzare ancora: questo non aumenta i salari nè i posti. Piuttosto, cerchiamo di rilanciare l’economia, e puntiamo sulla produttività, ma nei contratti nazionali. Positivo mi sembra anche il nuovo ministero Kienge, contro le discriminazioni.

    ma è quello che dico io, far crescere i salari con il contratto nazionale e negoziare incrementi programmati di produttività con impegni precisi anche, soprattutto, nei luoghi di lavoro …

    trovare meccanismi sia micro che macro per far crescere la produttività e redistribuirla al lavoro per sostenere la domanda interna, consumi ed investimenti produttivi, anche pubblici, interventi di piccole opere e non grandi opere che poco servono all’occupazione

  2. le solite critiche trite è ritrite ma le proposte dove sono?a parte che la u.e non esiste è che alcuni stati sono ottusamente egoisti (cosa che tutti sanno)nel frattempo che facciamo,aspettiamo! beato lui che è ottimista…

    • “Io lancerei una «alleanza dei poveracci», guidata dall’Italia, che contrasti e faccia da contrappeso alla cattiveria dei paesi ricchi.”
      Questa mi sembra una proposta o no? D’altra parte l’unico modo per riappropriarci di un minimo di margine operativo nelle politiche economiche interne e andare a rinegoziare i vincoli europei…e se non lo fanno i paesi in difficoltà di certo non lo farà la Germania…

  3. Credo che rimettere in marcia l’Europa verso uno sviluppo più equilibrato e con un architettura istituzionale più solida farebbe comodo a tutti al di la delle propagande elettorali nei vari paesi, realisticamente la Germania la vedo poco malleabile, ma più che un alleanza dei poveracci, come ho gia scritto più volte, bisogna coinvolgere anche la Francia, che alla fine non se la passa tanto meglio e invece avrebbe dei vantaggi anch’essa e Hollande poteva essere l’uomo giusto salvo il fatto che ha perso un sacco di consensi in patria. Quindi la logica direbbe che un accordo è conveniente ma la logica e la conoscenza economica non mi pare siano un patrimonio dei politici europei.

  4. sì e poi ci svegliamo sudati. L’Italia è in mano a una classe politica che da decenni rema contro agli interessi del Paese ed è la miglior alleata della Germania nelle politiche autodistruttive dell’eurozona.
    Una cosa del genere sarà possibile solo dopo l’avvenuto crollo dell’attuale assetto europeo con successivo ricambio di gran parte della classe politica (quantomeno quella che lo ha sostenuto apertamente) che si ritroverà ridotta all’insignificanza in termini elettorali.

  5. La nostra politica economica attuale è orientata alla riduzione del disavanzo.
    La riduzione del deficit del bilancio statale da un lato riduce la produzione sul breve periodo; e dall’altro riduce il tasso d’interesse ed il livello dei prezzi sia nel breve che nel medio periodo. Ora, il tasso d’interesse a maggio 2013 è pari allo 0,5% ed è basso da alcuni anni. Poiché altri miracoli da questa operazione non sono attesi; è evidente che bisogna percorrere altre vie per ridurre la disoccupazione. Però, queste altre vie non devono essere solo progetti sul breve periodo, ma contemplare questioni macroeconomiche relative a medio e lungo periodo che con le precedenti devono, necessariamente, essere integrate.

  6. Concordo sull’idea che la VCE debba finanziare il debito pubblico dei Paesi UE, per permettergli di fare investimenti, in modo da stimolare la domanda. Questa dovrebbe essere la strada giusta per ripartire.
    Lo abbiamo visto a nostre spese che l’austerità, seppur inevitabile, come lo è stata negli ultimi 2 anni, era necessaria si, ma non ha stimolato per niente la ripresa economica.
    L’unico modo per ripartire è attraverso gli investimenti pubblici, non opere colossali, ma come sostiene anche Leon, piccoli investimenti pubblici che possano mettere in moto le piccole e medie aziende, che sono il motore del nostro Paese.
    Solo così potranno ripartire le assunzioni, e con queste anche i consumi il risparmio e gli investimenti.

    http://fiscomania.wordpress.com/

  7. UNA CONFEDERAZIONE DI STATI MEDITERRANEI E’ LA SOLUZIONE.

  8. Mi domando, non senza sorpresa, come gente ritenuta colta e capace di previsioni a lungo termine non capisca che la crisi che viviamo è voluta e pilotata, e che essa ha origini lontane nel tempo. Origini che, solo con l’avvento della globalizzazione, hanno fatto sì che gli sciacalli della finanza internazionale si stiano per necessità scoprendo! Ovviamente la loro azione non potrebbe avvenire senza “l’ACQUISTO” di politici locali che nel cuore hanno solo a monito di vita un misero portafogli! LA CRISI DEL DEBITO PUBBLICO NON ESISTE PER UNA SERIE DI MOTIVI, NE INDICO SOLO UNO: “LA CRISI E’ PRIVATA DELLE BANCHE E BANCHIERI (MULTINAZIONALI) CHE L’HANNO CREATA, MA CHE SPACCIANO COME PRIVATA PER DEPREDARE LE NAZIONI D’OGNI LORO AVERE, IL FAMIGERATO MES E’ L’AVVENIMENTO, IN EUROPA, PIU’ CHIARO FRA TUTTI. CI AVVIANO GLI SCIACALLI DELLA FINANZA CON SCIENZA E DOLO VERSO UNA SOCIETA’ MULTIETNICA PERCHE’ IN TAL GUISA PIU’ E’ FACILE CONTROLLARLA E PILOTARLA CREANDO IMMENSE SACCHE DI POVERTA’ CHE NON POTRANNO ESSERE CHE DI SCHIAVI!
    Da diversi anni mi sgolo, e lo ripeto con un pizzico di orgoglio, che potrebbe essere una buona contromossa contro i BANKSTERS quella di creare gli STATI UNITI DEL MEDITERRANEO EUROPEO CAPACI DI CONTROLLARE I LORO PORTI ED I LORO TERRITORI USANDO LEGGI ECONOMICHE COMUNITARIE.
    kiriosomega

  9. Con gli africani ed altri paesi mediterranei si potrebbero stabilizzare i cambi e creare un nuovo mercato dove la reciproca utilità deve essere il valore fondante e la legge che governa l’economia in modo tale da abbattere le diseguaglianze. Ciò non sarebbe difficile perché loro hanno le materie prime e noi l’industria di trasformazione. Senza voler adombrare nessuna forma di colonialismo con loro ci dovremmo rapportare per stabilire la mutualità necessaria alla sopravvivenza non alla ricchezza fine a se stessa.
    Se ne potrà discutere perché l’idea non è malvagia.

  10. L’ Unita’ del Sud Europeo(un primo approccio)

    Invece di aspettare inerti il fatale, meglio anticipare prendendo l’ iniziativa di creare una zona economica unica nel sud Europa, che potrebbe includere: Italia, Spagna, Portogallo Grecia e Copro.

    Il Sud europeo e’ superiore al Nord a:

    -Nel settore primario (agricoltura e pesca).

    -Sole e mare, utili per le energie rinnovabili e il turismo, quasi inesistenti per gli altri.
    -Materie prime: i mari greci e ciprioti hanno petrolio e gas, entrambi inesistenti per la Germania.

    – Il Sud e inferiore tecnologicamnte-industrialmente, pero’ soprattutto il Nord Italia non ha nulla da invidiare e un tale unificazioe potrebbe dare di una via di uscita alle piccole e medie industrie Italine.

    -Il Sud Europeo a causa della sua posizione geografica , ha incomparabilmente più grande potenziale geopolitico e geo-economico rispetto alla Germania (con un PIL cumulativo superiore del 20% di quello germanico). Non dimentichiamo il nome di Mediterraneo significa il punto centrale, il centro della Terra.

    -Ci sono affinità cultural tra I paesi come pure linguistiche (tranne greco).

    -Comunque un progetto anche questo non facile , potrebbe essere diviso in due fasi. Con la creazioe din uno spazio economico unico inizialmente tra Spagna-Portogallo e l’Italia –Grecia- Cipro con l’Italia ,essendoci al centro, agire come testa di ponte verso la seconda fase di unificazone

    -L’ enentualita’ di creazione di una zona economica comune in Europa meridionale è quasi certo che sara’ accolta con entusiasmo dalla stragrande maggioranza dei 120 milioni di persone che compongono il Sud., cosa estremamente importante per il successo di un progetto di questa portata.

    I ogni caso, una tale prospettiva dovrebbe ricevere, tramite referendum, l’ approvazioe popolare .

    I paesi tornerano alle loro valute nazionali.

  11. NON DOBBIAMO SCORDARE CHE:

    1- L’Europa non ha mai prodotto una civiltà: le cosa che ricordiamo bene sono le tragedie come il nazismo ed il fascismo seguite dallo stalinismo.
    2- Le diseguaglianze tra Nord e Sud Europa sono evidenti e peggioreranno in futuro.
    3- La crisi del neo-liberalismo è evidente ed il mercato ha bisogno dell’intervento statale per ripartire rinvigorito.
    4- Non è necessario vivere oltre le proprie possibilità ed ora lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle.
    5- Queste prospettive sono politiche, ed i politici attuali sono ciechi e sordi.

  12. Caro Leon,
    “L’Europa dei poveracci” è un’idea insensata. Una federazione dei Piigs è una forma stralunata di masochismo economico. Un'”Europa mediterranea” invece (che tali Piigs perfettamente contiene) ma che aggiunge la Francia, un soggetto economicamente in ascesa come la Turchia e un soggetto politicamente cruciale come Israele, nonchè Egitto e il potenzialmente ricco Maghreb è la giusta alternativa. Non altro. Gli stati costieri. Allora e solo allora alla pallida Bruxelles si può opporre un fantasma che dietro ha le ombre antiche della civiltà egiziana di quella greca e di quella rinascimentale nonchè un potenziale nuovo di crescita alternativa. Solo allora la negoziazione può iniziare da una posizione di forza.

  13. […] e si sono sviluppati i sistemi economici, passando poi all’autorevole voce del Professor Paolo Leon che ha illustrato il ruolo della moneta oggi, obbligatoriamente attraversando le politiche […]

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