E’ la deflazione nell’Ue ad aver causato le reazioni interventiste delle banche centrali in tutto il mondo. L’economista keynesiano Sergio Cesaratto attacca la Germania che non si assume le sue responsabilità e i politici che non si oppongono all’Europa teutonica. La guerra valutaria? E’ una logica da scaricabarile, così come è folle quella che governa l’Unione europea, con un’austerity divenuta il cancro dell’economia mondiale e a cui i leader politici, compreso Pierluigi Bersani, non si sanno opporre. E la cancelliera tedesca Angela Merkel ha poco da lamentarsi.
Sergio Cesaratto, docente di politica economica all’Università degli Studi di Siena, non usa perifrasi: “E’ stata la deflazione interna decisa dall’Ue a scatenare le reazioni degli altri Paesi”, spiega in una conversazione con Formiche.net.
Come valutare le politiche monetarie espansive attuate dalle maggiori banche centrali del mondo, proprio quando la Cina ha deciso un’immissione di liquidità da 72 miliardi di dollari? “Le guerre valutarie non sono mai un fatto positivo, al di là dei riaggiustamenti a fronte di palesi squilibri nei cambi da parte di alcune valute. E’ una logica da scaricabarile. Chi vede la propria moneta rivalutarsi con conseguente danno alle esportazioni reagirà cercando di evitarla”, sottolinea.
“La creazione di liquidità – prosegue l’economista – determina inoltre fenomeni speculativi sui mercati delle merci, e anche rialzi borsistici. Questi possono essere benvenuti se poi hanno effetti positivi sull’economia reale, ma si tratta pur sempre di droghe. Ciò non vuol dire che politiche monetarie e fiscali espansive a livello globale non siano benvenute, ma in una logica di accordi internazionali”. Una nuova Bretton Woods sulle regole degli scambi monetari e finanziari? “Sarebbe auspicabile”.
Ma quanto tempo potrà reggere un euro stritolato da yuan e dollaro? “Qui è il punto dolente, per noi e per tutti – evidenzia Cesaratto – L’austerità europea è un cancro dell’economia mondiale. Il fatto che l’Europa non funga da traino all’economia mondiale è una delle cause della guerra valutaria, di cui l’Europa finisce a fare le spese con una rivalutazione dell’euro. Questa deprime le esportazioni europee, i redditi nazionali e le finanze pubbliche. E nella logica folle che governa questo continente ciò condurrà ad un’ulteriore austerità, e si ricomincia daccapo. L’Europa dovrebbe rilanciare la propria domanda interna, in particolare quella dei Paesi in suprlus comnerciale, sostenendo i Paesi europei in disavanzo estero e dando un contributo all’economia mondiale”.
Ma l’ortodossia della Bce sull’inflation targeting è in grado di reggere l’urto della svalutazione delle altre monete? “La Bce – risponde – ha fatto quello che poteva nei vincoli a lei imposti dai tedeschi. E’ chiaro che il mandato della Bce dovrebbe essere mutuato e assimilato a quello della Fed americana, con la piena occupazione con obiettivo accanto al contenimento dell’inflazione. Ciò implicherebbe un coordinamento con una politica fiscale europea espansiva e non ossessionata dai debiti pubblici”.
E quanto può essere rischioso per l’Europa questo gioco al massacro? La rivalutazione dell’euro “che segue una guerra valutaria che il Vecchio continente ha contribuito a determinare mette in luce i limiti della strategia europea troppo speranzosa in una valvola di sfogo nei mercato extra-Europei a cui anche la periferia avrebbe potuto aver accesso in virtù della competitività guadagnata con la deflazione salariale. Come si vede l’Europa ha iniziato la guerra valutaria con le cosiddette ‘svalutazioni interne’, via deflazione dei salari”. Una speranza che viene meno “proprio per la reazione dei partners globali”.
E le armi di Francoforte? Neanche l’Outright Monetary Transactions, il programma di acquisto di titoli della Bce) può essere considerato un surrogato sostenibile rispetto ad una politica monetaria di intervento diretto. “Non è un surrogato. L’Omt porta con sé lo stigma politico di consegnare la sovranità fiscale all’Europa. E’ congeniato perché i Paesi non vi aderiscano se non in extremis, sperando che a ciò non si arrivi. Ma la riduzione degli spread che l’annuncio dell’Omt ha determinato è troppo poco, e come si vede basta poco a farli risalire” La sola ricetta per l’Europa e l’economia mondiale? “Garanzia Bce sui debiti sovrani e inversione delle politiche di austerità”, specifica l’economista.
Ma in questi giorni anche il presidente francese François Hollande ha chiesto di concordare “una politica dei cambi” per l’euro da parte dei Paesi dell’Unione valutaria. E’ fattibile? E’ sufficiente? “Per ciò che abbiamo detto è poco. La guerra valutaria l’ha cominciata l’Europa con la deflazione (la svalutazione interna). E’ questa che bisogna dismettere. Non entrare in una guerra valutaria. E’ chiaro che l’euro è ora sopravvalutato, che le monete di alcuni Paesi grandi esportatori sono sottovalutate ecc. Dunque aggiustamenti sono necessari. Ma l’Europa potrà chiederli solo dopo aver mollato l’austerità”.
E la svolta del Fmi sull’austerity avrà influenza sulle politiche di Bruxelles e Francoforte? “Per ora non molto, anche se le prese di posizione contro le attuali politiche si moltiplicano (Junker, il primo ministro belga De Rupo ecc.). Ma è ancora poco. Hollande è più timido di Rajoy (il quale ora non ha più ahimè molta autorità) mentre in Italia solo Berlusconi con la sua credibilità sotto le scarpe dice qualcosa contro questa Europa. Bersani arriva a dire che è colpa nostra che non abbiamo fatto prima i compiti a casa. Ma si vede i danni globali che i compiti a casa alla tedesca combinano! Possibile che non sappia dire nulla di critico e al contempo positivo sull’Europa?”.
“La Germania, da parte sua, va costretta a prendersi le proprie responsabilità da potenza economico politica e di finirla di comportarsi come una piccola Svizzera. Per lei stare nell’euro ha onori ma anche oneri. Che li affronti, o lasci. Lead or leave, come le ha chiesto Soros“, conclude.
da Formiche.net
Eh beh… bloccando con l’austerity uno dei più sviluppati mercati mondiali e arenando alcune delle maggiori economie, cos’altro poteva accadere se non una guerra valutaria per compensare il crollo dell’export?
Chissà se i vari piddioti e mortadellari perservereranno con la teutonica saggezza.
quindi un anno di sacrifici inutili ,bastava che il professore a chi gli diceva di svalutare il lavoro,ed i dirItti (avrebbe risposto rivalutate voi i salari ai vostri operai e svalutate l,euro) ed ora che dire meno male che silvio c,è peccato che sia un monopolista oltreche inaffidabile…come lo è peraltro bersani (inaffidabile) peccato che in questa querella ci sono esseri umani costretti a nutrirsi con gli scarti,è poi dicono che c,è l,antipolitica ……almeno quelli le orecchie ce l,hanno
Let’s get macro first:
Exports are real costs and imports real benefits. Economics is the opposite of religion, in economics it’s better to receive real goods and services than to give.
Second, looks to me like today’s governments, short of direct intervention, don’t know how to weaken their currencies and inflate. The BOJ has been trying for 20 years with all it knows how and failed. Same for the Fed for nearly 5 years. And the ECB as well.
None recognize the currency is a simple public monopoly, and the monopolist is necessarily price setter. Nominal demand is created by taxation and satisfied, along with residual savings desires, by govt. spending. If the monopolist restricts supply- doesn’t spend enough to cover his tax liabilities and savings desires- there is a shortage of net financial assets of that currency, exactly as is the case with any monopoly. And that shortage is evidenced by excess capacity (unemployment) and an increased price for that ‘commodity’. In the case of the euro this means austerity is a deflationary bias that causes unemployment and drives up the currency. Again, same goes for any monopoly so operated.
This all means the the ‘correct’ response to another nation weakening their currency and/or otherwise acting to increase exports is to optimize your real terms of trade and your domestic prosperity by making sure that for the size govt. you have, taxes are low enough such that your population has sufficient income and spending power to buy both all that is produced domestically at full employment and all the rest of the world wants to net sell to you that your people want to buy.
And for the EU internally, or any other fiscal union, the trick is to get the public goods and services produced and services in the areas of highest unemployment to the point where all regions are at full employment. In real terms, that makes the areas that produce the public goods and services exporters of those services to the rest of the EU. And again, exports are real costs, so this policy, in macro economic terms, imposes costs on those regions to offset the self imposed costs of the regions that are ‘naturally’ exporting.
Warren, this is badly wrong. Exports are there because there is demand for your goods by foreign people. On the other side, import means that your domestic demand is satisfied by external supply. So, you have more unemployment. And, your multiplier becomes little.
Do you remember Kaldor? Do your remember Keynesian model of a open economy?
Hi!
I never did meet Kaldor, but I do vaguely recall that open economy model from way back.
Yes, you can export only what someone wants to buy, but that’s still a ‘real’ cost to the macro economy. The initial benefit is ‘nominal’- a payment that is a credit in a bank account. The ‘real’ benefit comes when the fx ‘earned’ by exports is used (directly or indirectly) to buy and receive imports.
And your ‘real terms of trade’ are what you export vs what you import.
The “real” benefit starts when you hire workers to produce the goods that you export. It continues when workers buy domestic good instead foreign goods. And ends when your GDP goes up and your investment multiplier becomes bigger.
Of course, it’s impossible that all countries are net exporter at the same time. So, BoP disequilibria are a problem for world economic stability, peace and democracy. For that, Keynes argued in favour of the Bancor.
Credo che Mosler parta da un presupposto non dichiarato: l’accettazione di una moneta a livello internazionale, come il dollaro.
Negli Stati Uniti, le importazioni costituiscono a tutti gli effetti un fattore di benessere, perchè in cambio di un accredito elettronico con davanti il simbolo del $, gli americani possono usufruire di beni e servizi, senza alcun vincolo.
Così non può essere per gli altri paesi.
Anche i paesi dell’euro, sia pur con un grado di libertà maggiore, non possono far affidamento su questo caso speciale. Le importazioni – nel momento in cui devono essere pagate con una valuta diversa da quella nazionale – implicano o un afflusso mediante le esportazioni o mediante l’indebitamento. Nell’un caso come nell’altro, il deficit commerciale non potrà essere all’infinito. Perché, l’indebitamento dovrà essere ripagato con la stessa valuta estera. E se questa non affluisce in misura sufficiente attraverso le esportazioni, non resta che:
a) ridurre la domanda interna (leggi salari)
b) ridurre i costi interni (leggi salari).
Il risultato sarà quindi che un deficit permanente della bilancia commerciale di un paese diverso dagli Stati Uniti alla lunga imporrà una riduzione del reddito di quel paese (e quindi le importazioni non arricchiscono, se non temporaneamente).
Entro nel dibattito fra i redattori del blog e il prof. Warren Mosler, soffermandomi su un’aspetto che ritengo centrale.
Secondo il mio modestissimo parere l’affermazione: +IMPORT – EXPORT tende a confondere se non si esamina contestualizzandola all’interno dell’ampio ventaglio di proposte MEMMT.
Cerco di essere sintetico:compreso che le tasse non sono direttamente collegate alla spesa pubblica e che in uno stato sovrano munito di Fiat currency la tassazione a ben altro scopo,compreso che uno stato con Fiat currency non necessariamente si deve finanziare con l’emissione di TDS e che quindi puó avvalersi di beni/servizi all’interno dei suoi confini semplicemente accreditando nei c.c. dell’emissore di beni/servizi Il corrispettivo della prestazione/cessione svolta,considerando che la memmt ha come caposaldo della sua proposta senza se e senza ma il raggiungimento della piena occupazione con l’utilizzo di specifici strumenti tra cui i P.L.G. si puó dedurre che l’export acquista ben altro valore e significato.
Immaginiamoci che le premesse sopraelencate siano state portate avanti da un governo lungimirante e che quindi il tasso di disoccupazione converge sotto il 3/4 % con un pil che anch’esso viaggia intorno ad un +3/4 % quali sarebbero i paesi che avrebbero dei problemi nell’esportare in Italia? (già mi immagino la merkel o meglio la henkel strapparsi le vesti per far si che il nostro sistema Italia si “apra” al mondo turboglobalizzato).
Penso cercando di essere il più oggettivo possibile che l’apparato industriale di un paese si debba cucire intorno alle sue necessità/priorità mantenendo una fetta di export solo per quei semi lavorati o prodotti finiti che il resto del mondo non riesce a produrre es:prodotti ad alto valore aggiunto,tecnologie di telecomunicazione,design,green tecnology,ecc…
Ed ecco che l’export si materializza in una nuova veste,non più mero strumento di accumulazione di risorse finanziarie ma come mezzo per sponsorizzare il nostro paese all’estero o per tessere accordi nel campo geopolitico tutto questo con l’obbiettivo di intercettare quei canali di import necessari per lo sviluppo dei due settori primari: settore non governativo e settore governativo.
l’export rimane un costo sopratutto a livello ambientale e questo difficilmente ad oggi rientra nella valutazione di chi spinge per l surplus import/export
e in più le tecnologie sul rinnovabile stanno facendo passi da gigante e non è detto che fra due decadi la dipendenza dell’Italia dall’estero per l’approvvigionamento di materie fossili e materie prime sia cosí pressante.
O la sensazione che il mondo stia diventando sempre più multipolare e su questo la Memmt ha avuto delle interessanti intuizioni.
Cordialmente
David, vi è solo un problema, oltre quello originariamente indicato da Brancaccio e che ho sinteticamente riportato: caricate di significato, qualunque esso sia (ambientale, morale, ecc.) i termini esportazione e importazione in modo illogico. Il primo è negativo, mentre il secondo sarebbe positivo. Peccato che le importazioni di un paese, siano le esportazioni di un altro paese. E demonizzare le esportazioni, oltre che non convincente da un punto di vista teorico, significa demonizzare le importazioni fatte da un altro paese (che considerate benefiche).
Tu poni precisi limiti al commercio internazionale. Possono essere più o meno condivisibili. Potrebbero anche essere giusti. Ma ciò non toglie che le esportazioni – da un punto di vista macroeconomico – accrescono la domanda del paese (e quindi l’occupazione e i redditi). Mentre le importazioni, se non sono beni intermedi utili per l’attività produttiva o per coprire insufficienze nella dotazione di risorse naturali più o meno lavorate, sottragono domanda alle imprese nazionali (e quindi riducono i redditi e mettono a rischio l’occupazione).
siamo alla follia anche ai vertici europei sul bilancio europeo di questi giorni si assiste alla solita miope politica rigorista. Anzichè dotarsi di un bilancio europeo più cospicuo che destini un’attenzione maggiore alla crescita, si tagliano ancora di più i fondi, oltrettutto con pressioni di Cameron il cui paese che presiede è fuori dall’eurozona e può utilizzare la flessibilità del cambio (come del resto ha già fatto durante questa crisi). Della serie: Voi svalutate i salari che Noi ci difendiamo con la svalutazione della sterlina!
Le esportazioni aumentano i redditi?
Beh Germania,cina e Giappone raccontano un’altra storia
Secondo me quello che è illogico e andare ad esportare prodotti riproducibili in tutto il globo mettendo in concorrenza le classi subalterne di mezzo mondo per poi con il controvalore finanziario acquistare dollari, perchè altrimenti si apprezza la moneta.
Senza contare che la forza lavoro impiegata nell’export potrebbe essere utilizzata per altri
scopi necessari alla comunità ad esempio quelle cose che un privato volto all’export non farebbe mai tipo un piano di riassesto idrogeologico.
Poi che l’import “sottragga” domanda alle imprese nazionali è tutto da vedere nel mio primo post ho fatto una doverosa premessa soffermandomi sui piani di lavoro garantito “uniamo i
puntini” direbbe quello di Pescara e in secondo luogo uno stato memmt non favorirebbe l’importazioni di prodotti che possono essere realizzati anche in’Italia è contro i suoi interessi, ricorda ultimo obbiettivo e piena occupazione e pieno stato sociale
Il problema è che come dici tu “le importazioni di un paese, siano le esportazioni di un altro paese” ma non è detto che il paese che esporta stia portando avanti un modello economico
di stampo Mmt anzi faranno le capriole per vendere i loro macchinari per accrescere la nostra produzione per poi con i proventi acquistare dollari altrimenti……….
La Mmt non si prende e si giudica a pezzi e una catena di eventi che non possono essere slegati altrimenti si fa presto a criticarla senza conoscerla a fondo e succede che poi ci si debba rimangiare le critiche e successo anche a diversi econ.
Non direi che la Germania, il Giappone e la Cina siano più povere con le esportazioni. Se così fosse, le vieterebbero.
E chi dice che non debba essere salvaguardato l’assetto idrogeologico del territorio? Non si capisce perché occorra farlo solo dopo aver smantello l’industria esportatrice.
L’uno non esclude l’altra (fermo restando l’obiettivo della piena occupazione).
Le importazioni non tolgono la domanda alle imprese nazionali? Forse quando importiamo le arance da Israele non vanno a scapito delle vendite degli agricoltori siciliani?
D’altra parte se le importazioni sono così positive, perchè gli Usa accusano la Cina di manipolazione del cambio e concorrenza sleale? Non è forse perchè invade il loro mercato?
La MMT ha il merito di rompere certi tabù, ma su questi aspetti lascia molto a desiderare.
David, permettimi, ma un conto è sostenere che gli squilibri commerciali siano da evitare (e qui siamo tutti d’accordo) un altro è sostenere che le esportazioni impoveriscano il paese esportatore. Questo è banalmente falso.
Io credo che un governo operante nell’interesse pubblico debba principalmente favorire la soddisfazione della domanda interna attraverso il sistema produttivo nazionale. Solo successivamente si può pensare alle esportazioni che rappresentano un “costo” in termine di spinta alla deflazione salariale, soprattutto per le produzioni di massa.
“E’ la deflazione nell’Ue ad aver causato le reazioni interventiste delle banche centrali in tutto il mondo. ”
Queste poche parole bastano ad un interlocutore con una minima conoscenza di economia e teoria dei cicli e del capitale, per abbondanare fin da subito il dialogo o in questo caso la lettura dell’articolo.
Chiunque promuova politiche monetarie espansive ignora completamente il perchè ed il per come le economie occidentali siano in piena recessione e crisi economica.
Spiegacelo tu Matteo, siamo curiosi.
Chiunque promuova politiche monetarie espansive ignora completamente il perchè ed il per come le economie occidentali siano in piena recessione e crisi economica.
Rimanendo in fiduciosa attesa della verità rivelata da Matteo, vorrei solo far notare che da una recessione si può solo uscire con politiche espansive, non certo con altre politiche restrittive (quando mai scavando una fossa si sale, anziché scendere ancor di più).
Prima ancora di parlare di economia, forse vale la pena dare un’occhiata alla logica.
Non è vero che Bersani non è critico verso questa Europa e la Germania e lo ha detto direttamente ai Tedeschi. Ricavo dal suo recente discorso al German Council on Foreign Relations:
“[…] Tuttavia, con altrettanto realismo, non possiamo nasconderci che l’Europa affronta da due anni una sfida esistenziale, che l’Europa ha balbettato davanti alla crisi, che la crisi dell’economia europea ha rischiato di azzoppare gli sforzi americani per una strategia della crescita, che l’europeismo tradizionale è oggi assediato da fenomeni populistici che rimettono in discussione l’intero percorso, perfino agitando qua e là fantasmi di un passato da non rivivere: dall’Ungheria di Orban ad Alba Dorata in Grecia, alle formazioni razziste di estrema destra che da nord a sud mietono nuovi consensi […] Stabilità, rigore e completamento del mercato non sono però sufficienti se non riparte una strategia di investimenti e di crescita su scala continentale, se non si consente di liberare risorse nazionali per investimenti concordati con i vertici europei, se non si permette – come accade in Italia al sistema di governo locale – di spendere risorse fresche e immediatamente disponibili per un eccesso di vincoli del Patto di Stabilità.
Non è solamente una questione italiana, anche se la recessione della seconda economia manifatturiera dell’Unione riverbera i suoi effetti su tutti i mercati.
Crescita e occupazione non sono un lusso da rinviare a domani. […] Finora, l’Italia rischia di divenire per il futuro il primo contributore netto, in proporzione al proprio reddito, con un disavanzo di oltre 6 miliardi di euro e con il paradosso di dover pagare il rimborso a Paesi che hanno – secondo i dati della Commissione – un indice di prosperità più alto.
Si tratta di una posizione insostenibile anche per un europeista convinto.
Infine, Italia e Germania hanno sempre puntato sull’integrazione europea ed è giusto che proseguano assieme questo percorso, in forte spirito di amicizia e di collaborazione.
La Germania di oggi può portare nell’Unione Politica federale di domani la forza del proprio successo economico ma anche quella del proprio modello sociale e istituzionale. Non ci sono modelli alternativi né all’economia sociale di mercato, qui condivisa da decenni da tutte le principali forze politiche, né a una vita istituzionale ben organizzata sul principio di sussidiarietà.
Eppure ci sembra di vedere una riluttanza ad assumere un ruolo di leadership politica. […]”.
http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/139858/bersani_il_nostro_impegno_in_europa
giorgio riprendo un tuo commento esattamente il primo ti rispondo direttamente 1)mi sembra che il professor warren nel dire che le esportazioni siano un costo ed le importazioni siano un vantaggio mi sembra che esso esprime un principio,ed è su quel principio che si possano fare tutti i discorsi possibili,ed anzi sono i benvenuti…pero’ gia ponendo quel principio tu ti poni in un ottica differente rispetto ai tecnocrati e gli eurocrati .che sono (a favore di queste politiche tutte incentrate sul rigore interno,e sulla massificazione delle esportazioni)quindi affermando questo principio tu di fatto riconosci che l,economia deve essere finalizzato agli interessi comuni,ricordiamoci che cio è scritto nella ns costituzione (finalita sociale della produzione) .Quindi una economia che mette al centro questi principi. ed utilizza tutti i mezzi per il raggiungimento di questi obiettivi (anche mezzi duri con qualcuno)non è detto che debba essere necessariamente (politicamente ed economicamente chiusa) infatti non mi sembra che (mosler affermi questo ,ed anche davide accenna qualcosa) mosler dice solo che al centro bisogna mettere gli interessi nazionali .mentre i problemi dell,esport/import e si, un problema economico, ma lo è soprattutto politico, è che lo stato orientato verso il benessere sociale deve affrontare sempre nell,interesse nazionale …… ma partendo da paradigmi nuovi,soprattutto nelle scelte di politicaeconomica….anche perche il discorso warren lo porta avanti quanto dice che le politiche energetiche fatte dall,italia favorisce interessi privati al posto di quelli collettivo…ma questo si ritrovera’ nei successivi dibattiti
Agreed!!!
Bisogna essere un pò più sinceri, il nostro Paese non curava l’Euro perchè molti,i soliti ci guadagnavano nel non seguire il vero valore della moneta.
basta osservare i prezzi di un tempo in Lire con quelli dell’arrivo dell’Euro,sicuramente oggi con la Lira non ci sarebbe più Italia… Però esiste ancora questa Italia ?
Perchè bisogna dar colpa del nostro governo ad altri paesi ? Più furbi si, almeno fanno qualcosa per far crescere il proprio paese, l’Europa unita e una favola.
Ciao
Ogni volta che sento parlare di “leadership politica” rivolta alla Germania, ho sempre la disgustosa sensazione che l’Unione Europea e il sogno degli Stati Uniti d’Europa non siano altro che una annessione, perpetrata con la guerra economica.
E il disgusto cresce quando leggo le dichiarazioni come quelle di Bersani, ma anche di Soros e Cesaratto.
Se poi leggo dei decantati “successi economici tedeschi” (ne riparliamo alla fine del 2013?) e della volontà di ripeterli in Italia (il 22% della popolazione a basso reddito è un successo?!) il disgusto lascia il posto allo scoramento: e questi (i Bersani, i Monti, ma anche i Berlusconi) sarebbero quei leader politici in grado di portarci fuori dalla crisi economica, politica e sociale, insomma sistemica, che stiamo vivendo?! Sono questi gli attori principali del tentativo di rinascimento europeo?!
Mi sa che ci conviene emigrare in Australia…
Vai pure, così ci sarà un lamentoso in meno.
penso che l,australia ha gli stessi problemi che abbiamo noi..(chiaramente so poco dell,ausralia) ma se si segue il discorso della globalizzazione mi sembra che esso verte su due punti essenziali 1)eccesso di manodopera (riserva di lavoro)utile per deprimere i salari..2)ampie zone divise depresse ,e sottosviluppate.da potere accingere materie prime ,e risorse a costi irrisori..(magari dandogli come controvalore forniture militare ,e fomentando divisioni ad hoc…!!) pertanto penso, salvo casi specifici ,oggi il problema di un paese non è dissimile da un,altro,,,,,ed ha proposito se l,esportazione sia un costo, (se questo sia vero chiediamolo ad un africano vediamo cosa ci risponde)
Ho scritto Australia, ma avrei potuto scrivere qualunque altro paese.. Insomma la scelta è stata casuale (fino ad un certo punto) tra quelle nazioni a me più congeniali fuori dalla cosiddetta eurozona e, speculazione retorica, sprovvisti di un Bersani, un Monti, un Grillo, un Berlusconi, un Giannino o un Ingroia qualunque, ma “politicamente” consapevoli di dover trovare la leadership e quindi la propria indipendenza in casa propria, Claudio.