Gli effetti della riduzione delle imposte dirette sui redditi delle famiglie più povere viene più che compensato dall’aumento delle imposte indirette.
di Paolo Manasse da paolomanasse.blogspot.it
Il disegno legge “di Stabilità” approvato dal Consiglio dei Ministri mira a migliorare il saldo di bilancio per circa 11,6 miliardi, e si compone di un’insieme complesso di misure. Vi sono tagli di spesa (sanità, regioni, ministeri, pubblico impiego), accanto a qualche nuove spesa per trasporto locale, infrastrutture, università. Vi sono aumenti di imposte, come l’ IVA che da luglio prossimo aumenterà di un punto (le aliquote del 10 e 21% aumenteranno all” 11 ed al 22% rispettivamente), c’è la tassa sulle transazioni finanziarie (0,1% su titoli e azioni, 0,01% su derivati), la riduzione di agevolazioni fiscali; ma anche riduzioni di imposte: la proroga della detassazione degli aumenti salariali legati alla produttività, e infine la riduzione delle aliquote IRPEF per i redditi più bassi (l’aliquota dello scaglione iniziale fino a 15mila euro passa dal 23 al 22% , quella per lo scaglione di reddito tra i 15 ed i 28mila passa da 27 a 26%).
La questione è complicata perchè le famiglie più povere beneficiano da un lato dalla riduzione delle aliquote IRPEF che accresce il loro reddito disponibile, ma sono allo stesso tempo le più danneggiate dall’aumento dell’ IVA , perchè spendono una frazione maggiore del proprio reddito disponibile in consumi, ed in particolare in beni alimentari (la cui aliquota subisce l’aumento percentuale maggiore passando dal 10 al 11%). Per valutare l’impatto con precisione sarebbe necessario un modello micro-econometrico, ma con pochi calcoli “back-of-the-envelope” possiamo renderci conto dell’ordine delle grandezze in gioco.
Nella tabella qui sotto (clicca per ingrandire) ho ricostruito cosa accade a famiglie con reddito annuo pari a 10, 20, 30mila euro, quando si riducono le imposte sul reddito e si aumenta l’IVA come nella manovra. La famiglia più povera paga inizialmente 2300 euro di IRPEF, ha un reddito disponibile pari a 7700 euro, che spende interamente (propensione al consumo c=1), con metà della spesa in beni alimentari (ca=0,5), su cui grava un’aliquota al 10%, e metà in altri beni, con IVA al 21%. La spesa di questa famiglia è inizialmente pari a poco meno di 6682 euro. Quando riduciamo l’aliquota IRPEF a questa famiglia, v. riquadro più in basso, il suo reddito disponibile aumenta di 100 euro, ma l’aumento dell’IVA sui beni alimentari ne riduce i consumi di quasi altrettanto. Infatti gran parte del reddito è speso in beni alimentari la cui aliquota IVA, in percentuale di quella iniziale, aumenta di più. Per la fascia di reddito di 30mila euro annui, il taglio dell’IRPEF provoca un aumento del reddito disponibile di circa 300 euro, che compensa l’aumento dell’IVA e permette un aumento della capacità di spesa di circa 68 euro. Per la famiglia a reddito intermedio in complesso la capacità di spesa aumenta meno, di 52 euro.Dunque il mix fiscale in realtà premia di più le fasce più abbienti e lascia inalterata la situazione di quelle meno abbienti Questi effetti si potrebbero evitare concentrando l’aumento IVA sulle aliquote più alte, o, molto meglio, tagliando le agevolazioni non giustificate
I calcoli dettagliati sono disponibili qui
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[…] Taglio dell’IRPEF e aumento dell’IVA. Ci guadagnano i più abbienti. Share this:TwitterLinkedInFacebookStampaLike this:Mi piaceBe the first to like this. […]
Da premettere che sono un assiduo lettore del Keynes Blog con il quale ho quasi sempre identita’ di veduta. Ho letto l’articolo e sollevo una questione: faccIamo i conti con gli scaglioni reali di reddito:
1^ Ipotesi reddito 18.500 euro Da 0 a 15000 aliquota 23%; > 15 aliquota 27%
3450 + [ ( 18500 – 15000) * 27/100]= 3450 + 945 = 4395 IRPEF
2^ Ipotesi reddito 18500 euro Da 0 a 15000 aliquota 22 %; > 15 aliquota 26%
3300 + [( 18500 – 15000 )* 26/100 ] = 3300 + 910 = 4080 IRPEF
4395 – 4210 = 185 euro Credo sia giusto!
Senza scomodare conteggi sui benefici derivanti da una diminuzione dell’irpef (conti sulla carta, cioè quasi inutili) questa manovra serve semplicemente a penalizzare (tassando i consumi) chi dichiara meno di 10mila euro l’anno (quindi un potenziale evasore, che comunque ha un irpef pari praticamente a zero) con una maggiore tassazione sui consumi, favorendo con i tagli irpef chi dichiara soglie più alte (che sente di meno l’impatto iva ma beneficia di più dell’irpef ridotta).
Quella del taglio (o delle nuove franchigie su) deduzioni e detrazioni è una mezza minchiata, visto che chi si preoccupa di dedurre vuol dire che quantomeno dichiara, e più si può dedurre più è alto l’incentivo a chiedere la fattura (ricordo una puntata di ballarò: in germania si può dedurre molta roba, anche se la percentuale che si recupera è bassa, l’incentivo – chiamatela “scusa socialmente accettabile” – a farsi fare fattura rimane intatto).
Non è sbagliatissimo l’impianto, secondo me (è la solita zuppa, accettabile, di spostare la tassazione dai redditi ai consumi).
Certo, fare questo in un paese con una pressione fiscale del 47% del PIL è una goccia nel mare; ma in confronto al nulla assoluto di questo governo è la migliore cosa fatta (il che, sia chiaro, la dice lunga su cosa è stato fatto-non fatto da Monti finora).
Voglio farle rispondere da Luca Ricolfi, sicuramente più moderato di me.
http://www.lastampa.it/2012/10/13/cultura/opinioni/editoriali/se-il-fisco-e-piu-iniquo-di-prima-Gxfls6DYgPYHoYuPaM9pjL/pagina.html
Eh in effetti il taglio delle deduzioni è una bella botta in testa ai primi redditi che pagano l’irpef. Mi rimangio il giudizio “neutro”.
Ai componenti di questo immondo governo dobbiamo tagliare la testa. Se non lo facciamo noi lo fanno loro all’Italia e noi dovremo rendere vergognosamente conto ai nostri figli e nipoti. Non scherziamo con il fuoco,questi ci vogliono ridurre in braghe ditela per favorire i criminali che li mandano a professare la rapina dei popoli.
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