“Laissez-faire e Comunismo”: i primi vagiti della filosofia di Keynes

La Teoria Generale di Keynes ha una lunga genesi. E’ l’approdo della strada lunga e tortuosa percorsa dal grande economista di Cambridge e molti sono ancora gli interrogativi che si presentano agli studiosi del suo pensiero, data oltretutto la mole della produzione disponibile.

Tra i tanti antecedenti, particolarmente rilevanti appaiono quegli scritti che mettono in luce i passaggi cruciali della “rivoluzione keynesiana”, con al centro il ruolo della moneta e il suo legame con i moventi speculativi e l’incertezza.

In una recente pubblicazione della prima traduzione in italiano di Laissez-faire e Comunismo, edizione americana dei due saggi La fine del Laissez-faire e Breve Sguardo alla Russia (del 1926 e 1925, rispettivamente), Giorgio Lunghini e Luigi Cavallaro ci offrono una interessante ricostruzione del clima in cui Keynes elaborò quegli scritti e, soprattutto, delle profonde contaminazioni di idee prodotte dai rivolgimenti della Rivoluzione d’ottobre. Un rapporto complesso, quello tra Marx e Keynes, ma innegabile nella essenzialità delle implicazioni relative all’attacco al pensiero liberista, e per l’impulso successivamente fornito alla democratizzazione degli stati novecenteschi.

Dalla prefazione di Giorgio Lunghini e Luigi Cavallaro

Nel dicembre 1919 J. M. Keynes iniziò a collaborare con la rivista americana «The New Republic», fondata e allora ancora diretta da Walter Lippmann. I suoi lettori si collocavano a sinistra dell’opinione pubblica liberal: appartenevano a quella vasta cerchia di intellettuali progressisti, le cui concezioni di un nuovo ordine economico traevano ispirazione tanto dalle teorizzazioni socialiste che dal modello prussiano di controllo pubblico dell’economia. In molti avevano salutato l’entrata in guerra come l’alba di una nuova era di «collettivismo burocratico» e di «controllo sociale» e qualcuno aveva perfino inneggiato alla morte del laissez faire. Tutti, comprensibilmente, guardavano con critico interesse alle sperimentazioni allora in atto nella neonata Unione Sovietica.
Laissez faire e comunismo, che qui si offre nella prima traduzione italiana, fu concepito per loro e contiene due scritti che costituiscono la migliore introduzione alla filosofia politica di Keynes. Di tutti e due si troverà traccia, e se ne vedrà una sistemazione teoretica compiuta, nella Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta (1936). Sono scritti di rara limpidità, che si possono consegnare direttamente al lettore. Tuttavia può essere utile qualche pagina sul loro contesto storico e biografico, e qualche rinvio alla stessa Teoria generale: con particolare riguardo al rapporto tra questa, in un punto solo ma cruciale, con l’altro e primo monumento del pensiero economico critico, il Capitale di K. Marx; al ruolo della moneta, secondo Keynes, nel funzionamento del sistema capitalistico; e alla dimostrazione della necessità di un intervento dello stato, e di altre misure, al fine di rimediare ai principali «difetti» di questo sistema.

Recensione di Daniela Palma su Etica ed Economia

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