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Non solo debito: la green economy come volano dello sviluppo europeo (e dell’Italia)

dal rapporto 2011 Ren21

Un’Europa dissociata, quella che ci restituiscono le cronache ufficiali. Divisa tra manie di bilanci in pareggio e strategie di crescita a lungo termine che vorrebbero come presupposto l’azione di forti misure di investimento pubblico. Alternativamente potremmo pensare che non tutto è perduto e che margini per pensare a più complesse elaborazioni del rilancio della crescita europea ancora vi siano.

E’ infatti di soli due giorni fa la notizia che la Commissione europea ha adottato una strategia “per indirizzare l’economia europea verso un più ampio e sostenibile uso delle risorse rinnovabili. Con il previsto aumento della popolazione mondiale fino a sfiorare 9 miliardi di abitanti nel 2050 e l’esaurimento delle risorse naturali, l’Europa ha bisogno di risorse biologiche rinnovabili per produrre alimenti e mangimi sicuri e sani ma anche materiali, energia e altri prodotti”. La Commissione Europea ci informa che:

L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa è una strategia della Commissione che prevede un piano d’azione basata su un approccio interdisciplinare, intersettoriale e coerente al problema. L’obiettivo è creare una società più innovatrice e un’economia a emissioni ridotte, conciliando l’esigenza di un’agricoltura e una pesca sostenibili e della sicurezza alimentare con l’uso sostenibile delle risorse biologiche rinnovabili per fini industriali, tutelando allo stesso tempo la biodiversità e l’ambiente. Il piano si basa pertanto su tre aspetti chiave: sviluppare tecnologie e processi produttivi nuovi destinati alla bioeconomia; sviluppare mercati e competitività nei diversi settori della bioeconomia; e, infine, stimolare una maggiore collaborazione tra i responsabili politici e le parti interessate. L’Europa deve passare a un’economia ‘post-petrolio’. Un maggiore utilizzo di fonti rinnovabili non è più solo una scelta ma una necessità. Dobbiamo promuovere il passaggio a una società fondata su basi biologiche invece che fossili, utilizzando i motori della ricerca e dell’innovazione.”

I motori della ricerca e dell’innovazione, appunto. Che sono quelli che possono rendere competitivo lo sfruttamento delle nuove fonti, ma che sono anche quelli in grado di fornire ulteriori incentivi al più complessivo sviluppo tecnologico delle diverse economie.

Sotto questo profilo l’Europa presenta però grandi divergenze al suo interno. Ed è di questo che dovrebbero incisivamente occuparsi i governi dei suoi paesi.

Critica è in particolare la situazione dell’Italia, da tempo collocata su specializzazioni produttive a medio-bassa intensità tecnologica con riflessi sistemici sulla complessiva capacità di innovazione del paese. E con aggravanti che derivano dai continui tagli alle risorse per la ricerca e l’innovazione, pensando che i nodi risolutivi dello sviluppo del sistema produttivo nazionale risiedano nella assai dibattuta “riforma del mercato del lavoro”.

Ma anche in questo caso non tutte le voci sembrano andare in un’unica direzione. Così come dimostrano le parole del Ministro per l’ambiente Corrado Clini. Parlando delle fonti rinnovabili, Clini afferma che “non rappresentano uno spreco di risorse . Possiamo dire però che probabilmente c’è stato uno spreco di risorse legate agli incentivi” che hanno “privilegiato i consumi finali e non gli investimenti”. E infatti, rileva, “gli investimenti in rinnovabili continuano a crescere: 260 miliardi di dollari nel 2011, il 5% in più rispetto al 2010 ed il 45% in più rispetto al 2007”. Il futuro dell’energia mondiale, osserva Clini, “potrebbe cambiare, soprattutto nel solare” dove ci sono ampi margini. Infine, conclude il ministro, “dobbiamo riorientare gli investimenti pubblici in tecnologia e innovazione per le fonti rinnovabili. In Italia abbiamo competenze tali che riescono ad attrarre investimenti stranieri”, per esempio da Usa, Germania, Cina.

Un pensiero che il Ministro ha già recentemente espresso nel corso di un incontro seminariale tra gli esperti italiani che hanno partecipato al vertice climaticio di Durban nel dicembre scorso.

C’è da augurarsi che tutto questo abbia un seguito.

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2 commenti su “Non solo debito: la green economy come volano dello sviluppo europeo (e dell’Italia)

  1. Da tenere presente che l’efficienza energetica e il risparmio energetico sono investimenti a maggior risultato in termini di riduzione di CO2 per euro investito.

  2. […] last question by Mattia concerns the environment. He refers to an article dating back to February 2012 dealing with the concept of green growth. Iodice highlights again the role of politics and names […]

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