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Fermare il declino dei fatti

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Michele Boldrin è stato eletto nuovo presidente di “Fare per Fermare il declino”. Nonostante i suoi titoli di studio siano veri, i fatti che espone non sempre sono altrettanto certificati. E’ il caso di quanto egli ha sostenuto giovedì scorso nella trasmissione di Michele Santoro, dedicata alla scuola pubblica e ai sussidi per quella privata, oggetto del referendum che si terrà la prossima settimana a Bologna.

1. Mamma li Turchi!

In primo luogo, Boldrin ha affermato che, secondo i dati del test “PISA” (condotti dall’OCSE), che misura la preparazione degli studenti, l’Italia si collocherebbe addirittura dopo la Turchia. E’ vero? Come spiega il sito “Roars”, no. Anzi, le capacità matematiche e scientifiche tra gli anni 2003-2009 (matematica) e 2006-2009 (scienze) sono notevolmente migliorate. Il confronto diretto con la Turchia, poi, ci vede (per fortuna) vincitori. E’ pur vero che potremmo e dovremmo fare di più e meglio, ma in fondo in abilità di lettura e  scienze siamo appena sotto la Francia e a poca distanza dalla Germania. I nostri studenti fanno peggio in matematica, ma comunque meglio dei turchi.

2. I debiti degli studenti americani

Rispondendo ad una sollecitazione di Serena Dandini, Michele Boldrin ha affermato che il fenomeno degli studenti americani indebitati è marginale e riguarda sostanzialmente quelli “meno bravi”, che non riescono a vincere le borse di studio ma insistono nel voler frequentare una università privata. Ma è davvero così marginale? I dati dicono di no. Il totale debito degli studenti USA e arrivato, secondo la Federal Reserve, a quasi 1000 miliardi di dollari nel quarto trimestre 2012 (superando addirittura le carte di credito), suddivisi in 37 milioni di prestiti. Circa l’86% di questa cifra è garantita da prestiti del governo federale. Circa il 60% degli studenti americani è indebitato e il 40% di quelli sotto il 25 anni. L’ammontare dei mutui è triplicato dal 2004 al 2012. E, cosa più grave, l’andamento dei redditi è cresciuto molto meno di quello dei debiti. Qualcuno ha in effetti paragonato il fenomeno ai mutui “sub prime”. Inoltre la percentuale di ritardi o mancati pagamenti è cresciuta durante la crisi e oggi, tra coloro che stanno effettivamente ripagando, è arrivata al 30%. Tali incrementi non devono sorprendere, data la crescita dei costi per gli studenti, molto maggiore dell’inflazione (dal 1990,  tre volte per l’educazione contro circa l’80% del livello generale dei prezzi).

Alcuni numeri aggiuntivi sono reperibili in questo recente articolo del Guardian: http://www.guardian.co.uk/money/2013/apr/03/student-loan-debt-america-by-the-numbers e in questo report della Federal Reserve di NY: http://www.newyorkfed.org/newsevents/mediaadvisory/2013/Lee022813.pdf

3. Il  privato è peggio del pubblico

Altra affermazione sorprendente di Boldrin riguarda la presunta equivalenza tra qualità della scuola pubblica e della scuola privata. Secondo l’economista “amerikano”, infatti, non conta se l’insegnante è un “funzionario dello stato” o un dipendente privato. Quindi lo stato deve sovvenzionare le scuole private poiché i due servizi sarebbero equivalenti e perché, sempre secondo Boldrin, ciò che importa è che il finanziamento sia pubblico, non l’ente che fornisce il servizio. Ma è davvero così? Non per l’Italia. Questi sono i dati del Test PISA.

Valore mediano misurato sugli studenti quindicenni italiani che frequentano il secondo anno degli istituti classificati sulla base dell’assetto istituzionale.

Test PISA: Valore mediano misurato sugli studenti quindicenni italiani che frequentano il secondo anno degli istituti classificati sulla base dell’assetto istituzionale /2006)

Come si nota, gli studenti della scuola pubblica sono più bravi. Non solo: gli studenti peggiori (e in misura non certo trascurabile) sono proprio quelli delle scuole private “assistite” dallo stato (le cosiddette paritarie).  Ad ogni modo, gli studenti delle scuole pubbliche risultano più bravi anche di quelli delle private non assistite. (cfr. articolo su Lavoce.info)

E’ singolare che Boldrin, il quale sostiene che gli incentivi alle aziende distorcono il mercato favorendo imprese inefficienti, non consideri la possibilità che lo stesso fenomeno possa colpire proprio le scuole. In alternativa, si può ipotizzare un meccanismo di autoselezione: gli studenti meno preparati scelgono le private/paritarie perché più facili. Ma allora perché lo stato dovrebbe incentivare scuole di minore qualità?

EDIT: segnaliamo un interessante articolo di Joseph Stiglitz sui debiti studenteschi in America: Student Debt and the Crushing of the American Dream

62 commenti su “Fermare il declino dei fatti

  1. Siamo onesti, sui punti 2 e 3 sono d’accordo, ma sul punto 1 Boldrin ha ragione nella sostanza, al di là del discorso Turchia: abbiamo risultati disarmanti, non solo siamo ultimi fra i paesi del G8 e dell’Europa Occidentale, in matematica stiamo sotto anche a paesi come Ungheria, Slovacchia, Lettonia, Repubblica Ceca, Polonia e Slovenia, tutti paesi con un PIL pro capite nettamente inferiore al nostro…

  2. Su Boldrin non vale nemmeno la pena di spendere parole.

  3. io non neanche perché lo invitano alle trasmissioni televisive. Dico io non c’é nessuno che abbia un po di buon senso?

  4. Sui punti 2 e 3 ho alcune perplessità: A) come è possibile avere 37 milioni di finanziamenti per 20.3 milioni di studenti? Quantomeno mi sa che bisogna esporre meglio il dato, articolandolo su base cronologica e correlandolo al percorso accademico (in corso, laureati, fuori corso,studi abbandonati), altrimenti vuol dire poco. B) Come evidenziato dagli stessi commentatori sul sito lavoce.info, la tabella riportata è assolutamente non significativa, sia per l’esiguità del campione analizzato per fare il confronto sia per l’arbitrarietà della scelta, sia per l’arbitrarietà della scelta della mediana piuttosto che della media o di altro scriterio. I numeri e le tabelle senza le spiegazioni su come sono stati creati non servono a nulla, e anzi si prestano a qualunque strumentalizzazione.

    • Leggi attentamente, ce la puoi fare. 37 milioni sono il numero dei prestiti non l’ammontare dei prestiti.

      • Già. Sei tu che non ce la puoi fare proprio. In italiano dire “37 milioni di finanziamenti” (numero delle pratiche di finanziamento) non equivale affatto ad “un finanziamento da 37 milioni” (numero dei milioni investiti nel finanziamento).

  5. Ma questo è un un blog di keynesiani o di marxisti? Come si fa a scrivere di economia e far confusione tra statale, privato e pubblico? Questo è l’Abc. Se un comune affida a una cooperativa sociale la gestione dei minori a rischio, e lo fa coprendone i costi, questo come lo chiamate? Privato? Se un comune offre una scuola di lingue serale a prezzi popolarissimi, affidando il servizio a una coop di insegnanti, cos’è? E allora perché lo Stato o i comuni non dovrebbero fare in modo che le scuole possano avere una gestione diversa da quella statale, coprendone di costi, se l’ente ha le caratteristiche per essere accreditato? Guardate che in Europa, in Francia, in Germania, in Spagna etc… funziona così. Il problema in Italia è che lo Stato spende 600 euro al mese per lo studente di una scuola statale e 60 euro al mese per lo studente della pubblica “paritaria”, che voi chiamate privata facendo confusione. Va da sé che la paritaria deve mettere tutto il resto, pagando meno gli insegnanti, risparmiando su molte cose, prevedendo molto volontariato, e far pagare rette alte. Finendo per sembrare privata, che invece è un’altra cosa. E va da sé che dunque alle paritarie ci vada solo chi può pagare, con tutte le conseguenze del caso. Questa è la distorsione vera, che si vede infatti anche dai risultati dei test.
    (Tra l’altro: se gli studenti paritari andassero tutti nello Stato ci sarebbe da raddoppiare l’Imu per mantenerli tutti sui banchi!).
    La libertà di educazione, che l’Europa considera in modo molto serio, in Italia di fatto non esiste. In Francia (e negli altri Paesi), dove i nipoti di Marx si sono evoluti più che in Italia, lo Stato paga direttamente gli insegnanti delle paritarie, e alle famiglie le rette costano meno di 100 euro al mese. Ma in fondo cosa ne sapete voi di libertà di educazione, non profit, sussidiarietà… etc? E mi vien da pensare: ma i keynesiani hanno figli?

    • Allora dillo all’OCSE che le chiama private. Quanto al conticino della serva che fai è insensato, non hai mai sentito parlare di costi marginali? Non è che una classe di 10 persone costa la metà di una di 20.

      • Cosa c’entrano i costi marginali? Se una classe di 10 studenti costa allo Stato 600,00 (seicento) euro al mese, e una da 20 costa 12.000,00 (dodicimila), cosa vuoi “marginalizzare”? Come fai a dire che sottrae soldi allo Stato? Lo puoi dire se hai una ideologia che ti opprime. Che sia statalista o liberista, poco conta: sempre ideologia è. Comunque in tema di libertà di scelta educativa il caso clinico in Europa è la scuola italiana, non il contrario. Quanto all’Ocse, a parte il fatto che in 20 anni non ne ha presa una, non lo puoi citare così, perché se parli di scuola italiana devi riferirti alla legislazione e alla terminologia del paese in cui ti trovi.

    • Quoto naturalmente ogni parola di quello che hai scritto, e aggiungo che c’è una distorsione nei dati del punto 3, legata al fatto che in Italia le scuole paritarie (dette private appunto per confusione): 1) si reggono ancora per la gran parte nel finanziamento dei privati, non in quello pubblico che è invece assolutamente scarso; 2) sono scarsamente concorrenziali e quindi non hanno incentivo a fornire un maggiore servizio allo studente bensì a promuoverne di più. Il sistema scolastico deve basarsi, se vuol iniziare a funzionare bene, sul c.d. metodo dei buoni scuola: il settore pubblico distribuisce voucher alle famiglie, proporzionati al reddito (per cui i più abbienti ricevono di meno e i meno abbienti di più), dopodichè la gestione delle scuole è affidata ai privati e dev’essere fortemente liberalizzata. In questo modo le famiglie possono decidere qual è la scuola migliore dove mandare il proprio figlio e permettersela comunque, a prescindere dal reddito che possiedono. Oltre a essere un sistema che consentirebbe alla scuola di essere lo strumento di mobilità sociale per eccellenza, oltre a renderla più efficiente (dal momento che la concorrenza in un sistema il cui finanziamento è pubblico non può che premiare il più efficiente), farebbe anche risparmiare dei soldi per lo Stato (poichè il finanziamento sarebbe appunto progressivo per cui i ricchi devono pagarsela di tasca loro).

      • e uno dovrebbe finanziare le scuole private nella speranza che diventino migliori? E come mai invece sono proprio quelle private sovvenzionate ad essere peggiori delle private non sovvenzionate? Dobbiamo aumentare le sovvenzioni e poi vedere l’effetto, secondo te? E meno male che Boldrin&C. criticano la cattiva allocazione delle risorse da parte dello stato. Quando però si tratta di scuola, finanziamo pure quelli che offrono un’offerta educativa peggiore così miglioreranno… che ipocrisia.

    • Ma pensi che ci sia molta differenza tra Keynes e Marx ?

  6. Sulle questioni americane, 2 e 3 non mi esprimo, ma i dati italiani del punto 3 sono dati interpretati con una serie di assunti ideologici muffiti al limite dell’imbroglio.

    Innanzitutto, la distinzione pubblico / privato.
    Se l’accesso è aperto a chiunque con programmi ministeriali, la scuola è pubblica a prescindere da chi la organizza e la possiede, come un cinema o un teatro!

    Inotre nel grafico sono messe assieme tutte le scuole di ogni ordine e grado, senza distinzione, e anche a parità di ordine e grado, fra le scuole paritarie ve ne è una infinità di fattispecie diverse, come pure fra le scuole statali: in tal senso, nulla è garanzia di nulla e la statistica ricorda Trilussa, più che un esame serio.
    Insomma, un po’ come dire che gli immigrati sono delinquenti perché la maggior parte dei detenuti delle patrie galere è extracomunitario. Da lasciare allibiti.

    Basterebbe una pubblica graduatoria “Invalsi” unica per tutte le scuole per definire il grado di preparazione delle scuole e spazzar via la diatriba ideologica statale/non statale e non rompere più le scatole con queste presunzioni.

  7. Santoro dovrebbe smetterla di fare parlare un accademico sputtanatissimo come Boldrin senza un reale contraddittorio. Già quando era un semplice ricercatore, Boldrin strapazzava i dati per tirare acqua al suo mulino ortoliberista. Adesso che fa il leader di un partito politico di palesi millantatori, non oso immaginare quante truffe intellettuali sarà capace di propinarci. Ma non è certo colpa di Boldrin. La colpa è di uno come Santoro, che ancora scambia il travaglismo per una rivoluzione.

  8. Punto 1) complimenti per il fact-checking (mi chiedo se siate così puntuali e analitici con tutti…) In effetti le statistiche fino ad’ora pubblicate (2009) sembrano darvi ragione. Chissà che non ci sia qualche sorpresa nell’edizione 2012.
    2) L’università non è scuola dell’obbligo. se uno studente si indebita per frequentare l’università significa che ha delle prospettive di guadagno superiori una volta laureato che gli permetteranno di pagare quei debiti. Si tratta sostanzialmente di un investimento. Nessuno è obbligato a farlo.
    3) Sappiamo benissimo che in italia molte scuole private non offrono un’istruzione migliore, ma un diploma più facile. E’ questo che chiede l’utenza. Se abolissimo il valore legale del titolo di studio la gente manderebbe i propri figli a scuola per acquisire competenze e non per avere il famigerato “pezzo di carta”.

  9. Questo Blog in realtà è ridicolo la scuola pubblica italiana è nello stesso rank della Turchia insieme alla Grecia e alla Spagna cioè siamo fra gli asini dell’Europa al di sotto della Polonia…i difensori di questa scuola pubblica sono serviti!!!

  10. QUALCUNO E’ STATO ATTENTO?

    1- Sono pochissimi i ragazzi delle medie che conoscono le tabelline che ai miei tempi s’imparavano in terza elementare.
    2- Pochissimi sanno fare una proporzione o calcolare una percentuale senza l’uso della calcolatrice o del telefonino.
    3- Nel campo scientifico se hai un’idea innovativa od hai scoperto delle cose interessanti per la salute pubblica, se non appartieni alla casta, non ti fanno neanche aprir bocca pur avendo tu possibilità di reggere il confronto.
    4- 10 anni fa pubblicai un libro innovativo sui disregolatori ambientali e l’editore un giorno mi restituì 1000 copie senza darmi spiegazione.
    5- Il mondo accademico italiano quasi non conosce il meccanismo del danno da questi agenti chimici e le cose che teorizzavo 10 anni fa (curva tossicologica dose-risposte costruita in basse dosi) solo adesso cominciano ad essere ipotizzate.
    6- Se non sei uno di loro, non sei nessuno e se non sei nessuno quello che sai non serve che a te stesso ed il resto permane nell’ignoranza che è funzionale al progetto baronale accademico.

  11. Reblogged this on Lukeskyrunner and commented:
    Scrivi qui i tuoi pensieri… (opzionale)

  12. Io sono davvero basito da tante affermazioni disarmanti. Siamo nel 2013 ed ancora c’è qualcuno che pensa che le scuole paritarie non sono scuole private.
    Al di là delle mie conoscenze economiche in merito, l’altra sera, nella trasmissione di Santoro subito ho intuito l’atteggiamento spocchioso e poco professionale del prof. (se così vogliamo chiamarlo) Boldrin. Ho subito capito che i dati che dava peccavano di oggettività, dal momento in cui non li esprimeva rispetto al contesto. Ora secondo il suo punto di vista gli italiani(studenti) erano meno efficienti in termini di capacità addirittura rispetto ai Turchi, e non oso immaginare rispetto a chi altro. Il problema però è un altro. È vero, dati alla mano, che ogni anno la percentuale di laureati nel nostro paese è sempre minore rispetto magari ai nostri colleghi europei, però distorcere così grossolanamente i dati è un crimine. I dati sono letture dei vari fenomeni della realtà, attraverso i numeri possiamo leggere ed analizzare alcuni fenomeni, se non tutti.
    Ora se io confronto i dati dell’alfabetizzazione di alcune zone dell’Africa e quelle dell’Europa sto facendo un confronto su dati ed il risultato è che l’Europa è più “acculturata” dell’Africa, però se non guardo anche ad altri indici(somma di indicatori) non posso dare una piena esaustività dei dati in mio possesso.
    La capacità scolastica è composta da tanti fattori, per esempio gli strumenti a disposizione per raggiungere determinati obiettivi,la condizione familiare,le motivazioni. È normale giudicare più veloce una persona con due gambe rispetto ad una con una sola, ma se ponessi le due persone nelle stesse condizioni allora in quel modo potrei operare un confronto completo.
    Se analizziamo le riforme della scuola\università in questo decennio vediamo che
    1)Le tasse sono aumentate e questo comporta un numero minore di iscrizioni, legato anche al costo della vita e l’aumento della tassazione generale in Italia
    2)Gli strumenti a disposizione delle Università PUBBLICHE(ricordiamo i tagli in questi ultimi 5 anni) sono diminuiti e questo comporta una difficoltà nell’entrare nel mondo del lavoro da parte dei neo-laureati e quindi il tutto inficia sulla formazione di base (evidentemente sono meno formati dei loro colleghi dell’Università PRIVATA – i fondi non sono diminuiti, anzi sono aumentati-)
    Meglio non parlare dei fondi pilotati verso alcune Università o Scuole Secondarie PRIVATE degli amici di amici, perchè altrimenti allarghiamo troppo il discorso.
    Buona Informazione,Bravi!
    Buon Proseguimento, Cibal.

  13. E’ del tutto inutile parlare di certi argomenti con personaggi come Boldrin, o Zingales, o Bisin, insomma con gli alfieri italiani del liberismo che insegnano negli States. Loro insegnano negli USA non per necessità, ma per scelta, perché qui in Italia certi argomenti non potrebbero proprio insegnarli, se non a rischio di trovarsi le università occupate dai centri sociali. In noisefromamerika.org e fermareildeclino.it mi sono scontrato talmente tante volte su questi argomenti che ormai mi considerano un troll ed ho quasi desistito, tanto è un dialogo tra sordi. Non può esistere dialogo con chi su certi argomenti è sceso a patti con il sistema, e del sistema è diventato parte integrante. Come si fa a parlare di studenti bravi e meno bravi quando l’argomento è l’istruzione universitaria americana. Non c’è nessun merito nell’essere figli di famiglia ricca che può permettersi di pagare le rette delle università americane. Fare legge a Chicago costa 75.000 dollari l’anno, ad Harvard costa quasi 80.000 dollari, se volete vi do i link delle pagine degli “student’s budget”. Le famose borse di studio di cui parla Boldrin coprono solo le spese universitarie, ma poi? Per il resto? O si lavora (e quindi il rendimento dello studio ne risente) o ci si indebita, o entrambi.

  14. Memo per gli (eventuali) sbadati.

    Art. 33.COST

    L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
    La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
    Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
    La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
    È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
    Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

    Sì, dice proprio così :
    Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

    E non è (ancora, del tutto) abrogata. La Costituzione della Repubblica Italiana

  15. Per MaXC – “(Tra l’altro: se gli studenti paritari andassero tutti nello Stato ci sarebbe da raddoppiare l’Imu per mantenerli tutti sui banchi!).”
    Il un blog di economia mi sarei aspettato che chi interviene conoscesse la differenza fra costo medio e costo marginale. Evidentemente non è così :(

    • caro professore, io avevo provato a farglielo capire, mi sono sentito dire “che c’entra il costo marginale”? :)

    • Infatti io di economia non capisco niente. Però ascolto e leggo economisti che non si dicono né neoliberisti né statalisti, cioè non si riferiscono ai due modelli di economia che sono con buona evidenza falliti, i quali spiegano che l’applicazione corretta del principio (costituzionale!) di sussidiarietà garantisce minori costi allo Stato assicurando l’universalità e la qualità del servizio. Lo dicono anche l’Ue e il Parlamento di Strasburgo da qualche parte. Cioè, nel caso non sapeste come funziona: invece di gestire tutti gli asili nido direttamente, il comune lascia che ne nascano anche di privati (meglio se non profit, cioè senza scopo di lucro… mai sentito parlare?) e concede voucher alle famiglie. In questo modo, ma me lo hanno spiegato anche sindaci e assessori, non solo economisti, il Comune spende meno. Non so con quale formula astrusa ciò possa avvenire, ma è proprio così: risparmia. Succede un po’ ovunque nel mondo, anche a Parigi, a Berlino, a Milano, a Bologna… etc. E a proposito di Bologna, dove si deve votare un referendum in tema, quelli del Pd e di Sel in giunta, con i loro economisti evidentemente “ignoranti” come me, hanno spiegato che se il Comune dovesse gestire tutte le materne direttamente dovrebbe trovare 6 milioni di euro. Ora, io dei costi marginali capisco poco, ma l’esempio mi sembra molto simile al concetto di cartolarizzazione: è tutto giusto, solo che poi il sistema non sta in piedi. Con buona pace degli economisti che sanno sempre tutto loro, salvo che poi uno sostiene una cosa e un altro l’esatto opposto. Auguri e buoni studi, magari fra 300 anni usciamo dalla crisi.

  16. A parte la spocchia e l’arroganza tipica degli ignoranti, boldrin rappresenta il prototipo dell’economista liberale…sostiene tesi insostenibili perché finanziato e pagato dai grandi gruppi economici che finanziano le università economiche americane. Ecco perché il liberismo è ancora sostenuto. Ecco perchè boldrin è stato costretto ad emigrare negli usa. Se ci fosse invece una seria regolamentazione delle università (quindi l’opposto del liberismo) boldrin non sarebbe chiamato neanche a pulire i cessi!!!

    • Concordo! Solo in una parodia di partito come quello del cantante dello zecchino d’oro Giannino sarebbe potuto diventare presidente

  17. Il primo grafico del paragrafo 3 mi sembra ingannevole: se i valori partissero da 0, le differenze apparirebbero senz’altro non statisticamente significative.

    • Beh, insomma. Per alcuni casi può dare quell’impressione, vale a dire per due grafici su tre ma soprattutto per le differenze tra scuole private e private cofinanziate. Ma se si guardano i dati, la differenza tra le pubbliche e le private viaggia tra il 5 e il 20%, non poco. Per esempio, nel grafico centrale sulla comprensione del testo le scuole pubbliche hanno circa 425 contro circa 345 delle private cofinanziate, per una differenza dell’ordine del 20%. Con le private non cofinanziate la differenza con la scuola pubblica sta in tutti i casi tra il 5 e il 10%, che su grandi numeri non è una variazione così piccola. In ogni caso, mi pare che il trend sia inequivocabile e che la “somma” dei tre grafici indichi comunque che la scuola pubblica funzioni meglio di quelle che hanno finanziamenti privati in tutti gli ambiti indicati.

    • Per Riccardo Di Sipio:

      Ciao, non so se hai fatto dei test statistici in proposito per giungere alla conclusione che le differenze sono “senz’altro non statisticamente significative”.

      Ho eseguito un test ANOVA (test di statistica inferenziale).
      Dai risultati non sembra esistere una differenza significativa fra scuole private indipendenti e scuole pubbliche, ma invece esiste una differenza significativa fra scuole private finanziate e scuole pubbliche.

      Ci vorrebbe qualche dato in più da analizzare per poter trarre conclusioni più generalizzabili.
      Ma riferendosi unicamente a quella tabella i dati sono senz’altro significativi.

      Inoltre visto che quei punteggi vengono utilizzati in maniera cumulativa si può facilmente dedurre, senza utilizzare nessun test statistico ma una banale sottrazione, che i dati finali vengono pesantemente influenzati dai punteggi ottenuti dalle scuole private, facendo scivolare in classifica l’Italia.

      Dunque osservando questi dati oggettivi mi sembra che sia ampliamente dimostrato che la scuola pubblica funzioni meglio di quella privata. Perlomeno qui in Italia.

  18. L’ha ribloggato su Amolanoia.

  19. “Cosa c’entrano i costi marginali? Se una classe di 10 studenti costa allo Stato 600,00 (seicento) euro al mese, e una da 20 costa 12.000,00 (dodicimila), cosa vuoi “marginalizzare”? ” MaxC
    Sbagli! Una classe di 10 costa 600, una da 20 costa lo stesso 600 o poco più, questo perché ci sono i costi fissi, che non dipendono strettamente dal numero di studenti. Nella scuola ci sono tanti costi fissi o costi variabili che sono fissi a certi livelli di scala (gli insegnati). Siccome la scuola statale ha ampi margini di sottoutilizzazione, un aumento di studenti non porterebbe assolutamente ad un aumento proporzionale dei costi! Del resto la prova è che, al contrario, pur con una riduzione del numero di studenti, i costi non diminuiscono.

    • Fin qui ci arrivo. E’ evidente che il risparmio, come il maggiore costo, non è proporzionale. Ma siccome nelle paritarie i genitori coprono con le rette buona parte del costo di uno studente, e un’altra parte spesso la mettono gli enti che promuovono la scuola (esempio: le parrocchie nelle materne, gli enti religiosi con le donazioni…), ecco che se questi studenti andassero tutti in una scuola statale io a logica non credo che per lo Stato non vi possano essere maggiori costi. Costi marginali o no. Non sono un neoliberista, sono solo convinto che la società civile, se ben sostenuta dallo Stato, potrebbe offrire servizi gratuiti (!) di qualità superiore a quelli dello Stato. Il punto è tutto qui.

    • “Sbagli! Una classe di 10 costa 600, una da 20 costa lo stesso 600 o poco più, questo perché ci sono i costi fissi, che non dipendono strettamente dal numero di studenti. ”
      Credo che ciò che dici sia solo in parte vero. Una certa proporzionalità c’è.
      Per es. una classe di 10 persone ha bisogno di meno metri quadri.
      Se le classi son pianificate bene, si possono fare anche lavori divisori ( io mi ricordo che nell’ala vecchia della mia scuola superiore pubblica, diversi anni orsono, si facevano). Ovvio che se poi c’è bisogno oggi di 10000 permessi per metttere un mattone o un divisorio con cartongesso e un pò di assorbi rumore……
      Un insegnante che insegna a solo 10 alunni ha un carico di lavoro minore. Vero che lo stipendio glielo devi dare lo stesso, ma credo che questo poi dipenda dall’organizzazione del lavoro nel paese: è ovvio che se è fisso e non con una componente variabile in funzione del numero degli alunni del corso di studi i costi si alzano.

      “Siccome la scuola statale ha ampi margini di sottoutilizzazione, un aumento di studenti non porterebbe assolutamente ad un aumento proporzionale dei costi! ”
      E per es. sulle pulizie? Se la coop che le fa deve pulire più locali o gli stessi locali e bagni sporcati di più o di meno? Il carico di lavoro cambia o no e li paghiamo come, sempre lo stesso?

  20. Sui punti 1 e 2 non mi esprimo, di certo non si possono fare a cuor leggero confronti “privato brutto” vs “pubblico bello” quando siamo in un sistema misto e un pò, passatemi il francesismo, incasinato (o meglio, segmentato come fate notare nell’articolo). Anzi, è abbastanza normale che le paritarie si specializzino nel “far recuperare anni” a chi rimane indietro nella scuola pubblica.

    Il discorso di Boldrin ha molto più senso se si riferisce a come finanziare TUTTA l’istruzione, non una sua parte: perchè io sono obbligato a pagare con le tasse il servizio pubblico anche se non voglio usufruirne perchè voglio mandare mio figlio in una paritaria?

    A questa domanda chi difende le ragioni del pubblico non risponde mai (o risponde dicendo: ” meglio così i ricchi pagano di più!”: populismo 100 – considerazioni economiche zero).

    Per questo il metodo dei buoni è un ottima scelta che assicura la concorrenza tra istituti: sono obbligato a pagare le tasse per finanziare la scuola, ma almeno scelgo io dove mandarlo senza dover pagare l’istruzione due volte, una tramite le tasse e una con la retta alle scuola private.

    Poi vorrei fare notare che, prendendo il costo medio per alunno della scuola pubblica, quando una famiglia manda il figlio in una paritaria ogni contributo che lo stato fornisce e che sia inferiore al costo medio per il pubblico DOVREBBE FAR risparmiare lo stato, anche se tutti vedono solo “il regalo al privato” e iniziano ad agitare i forconi.

    Naturalmente, questo accadrebbe se il finanziamento alla scuola pubblica fosse flessibile e commisurato al livello di chi sceglie il pubblico rispetto al privato. Ma sappiamo che la burocrazia (in generale) è sempre molto lenta nel fare i conti e riorganizzarsi.

    A scanso di equivoci, ritengo che il miglior sistema in assoluto siano istituti totalmente privati, e buoni scuola finanziati dal pubblico e ritengo che l’attuale sistema misto pubblico privato (come ogni sistema misto delle forniture di servizi) abbia conseguenze inaspettate abbastanza fastidiose.

    • Perchè devo pagare le tasse, se non sono mai andato dal medico o all’ospedale?
      Perchè devo pagare le tasse se non ho figli che vanno a scuola?
      Perchè devo pagare per la magistratura se non ho cause contro o a mio favore?
      E si potrebbe continuare a piacere.
      Le imposte sui redditi finanziano i servizi generali dello Stato, sia che ne abbia un’utilità diretta o meno.
      Pertanto, se tu vuoi portare tuo figlio in una scuola privata, libero di farlo, ma ti paghi totalmente il costo. Non v’è ragione perchè lo Stato debba finanziare una tua scelta (non vuoi pagare di più? portalo nella scuola pubblica). Ne portandolo ad una scuola privata paghi due volte, dato che le imposte sul reddito non sono finalizzate espressamente alla scuola pubblica (come detto più sopra). E le tasse scolastiche valgono tanto per le private quanto per le pubbliche. E poichè nessuno ti impone di scegliere la privata, dovresti avere anche la cortesia di pagartela (la retta).

      E’ poi ridicolo vedere i liberisti che quando si tratta di scuola (e di sanità) invocano i finanziamenti pubblici per le scuole (e le strutture sanitarie) private.
      Se siete liberisti (e non opportunisti) le scuole private dovrebbero riuscire con le proprie forze a restare sul mercato. Altrimenti dovrebbero chiudere (è la dura legge del mercato, baby!).

      • come al solito non è quello che intendevo dire, sebbene l’abbia spiegato molto chiaramente. Che la sanità, la scuola pubblica, l’edilizia popolare vadano finanziate entro limiti ragionevoli e senza cadere nel “dagli al ricco bastardo ” siamo d’accordo.

        Detto ciò, perchè i servizi relativi devono essere forniti in monopolio da aziende statali o para statali, magari con un cda composto da parenti e amanti degli assessori comunali? In nome del bene pubblico? Ecco i risultati della retorica popolana a buon mercato.

        Il sistema baronale dell’università italiana è colpa del capitalismo e del mercato ?

      • Non volgio entrare nella polemica liberisti e non, anche perchè neanche io so più dove collocarmi cosiderando le schifezze da entrambe le parti.
        Cmq, limitando il discorso alla scuola, la fornitura dei buoni scuola non mi sembra una cattiva idea. Cmq a pagare sarebbe lo stato che garantirebbe a tutti una certa cifra, poi ognuno potrebbe scegliere in che tipo di scuola pubblica o privata (confessionale o non) mandare i filgi ed eventualmente integrando la retta di tasca propria se necessario.
        “Pertanto, se tu vuoi portare tuo figlio in una scuola privata, libero di farlo, ma ti paghi totalmente il costo. Non v’è ragione perchè lo Stato debba finanziare una tua scelta (non vuoi pagare di più? portalo nella scuola pubblica). ”
        E’ proprio quello il punto, il costo totale. Semmai io pagherei di più per la retta privata oltre il il limite del buono statale. E poter scegliere liberamente così credo che farebbe bene anche a migliorere l’efficienza della scuola pubblica.

      • Gli studenti delle scuole paritarie che danno un titolo sono circa 400mila e rappresentano poco più del 5% del totale degli studenti (dati 2009/10). Come ormai tutti sanno le scuole pubbliche fanno propaganda delle loro scuole per avere più iscritti ed è quindi una dimostrazione che le strutture scolastiche solo molto sottoutilizzate. Un aumento del 5% degli studenti nella scuola pubblica non porterebbe aumenti significativi di spesa ed è quindi solo una scusa ideologica quella di dire che le scuole paritarie fanno risparmiare lo stato, mentre al contrario, in contrasto con la Costituzione, sono un onere per Stato.
        Lascerei quindi da parti la diatriba sui costi dello Stato (che fra l’altro non sono rilevanti); a parer mio quello che conta è quale debba essere il sistema educativo e il suo scopo in un paese laico.

      • Le scuole pubbliche sono molto sottoutilizzate? In base a quale analisi?

        In ogni caso, se è vero quello che afferma, allora la scuola gestita in modo diretto dal pubblico è “molto” inefficiente nel fornire il servizio educativo vista che è sottoutilizzata e quindi spreca risorse.

      • Tutti i processi produttivi hanno un grado di capacità inutilizzata. L’adeguamento dello stock di capitale e del lavoro NON può essere fatto in relazione a variazione della produzione di breve o medio periodo. Anche nella scuola è così, secondo lei se in una scuola diminuiscono del 5% le iscrizioni abbattono un’ala della scuola? Licenziano il 5% del preside e del guardiano? Puliscono il 5% in meno della scuola? Per un aumento del 5% vale la stessa cosa rovesciata.
        Solamente per previsioni di lungo periodo di forti variazioni degli studenti si possono adeguare le strutture. Ma insisto, anche se tutti gli studenti delle paritarie si iscrivessero domani nelle scuole pubbliche il costo non aumenterebbe.
        I fautori della privatizzazione dell’istruzione dovrebbero cercare altri argomenti più convincenti.

  21. infatti, con il sistema dei voucher non si finanzia la scuola direttamente, ma gli studenti/le famiglie, e proprio gli istituti che riescono a restare sul mercato con le proprie forze sopravvivono, visto che un istituto pessimo non avrà studenti. ma tu come al solito non leggi.

    • La valutazione che farebbero le famiglie nella scelta di una scuola può avere nulla a che fare con la bontà della scuola stessa, ma con le esigenze più varie (ideologiche, religiose, razziali, di genere, di classe, ecc.), sarebbe quindi in gran parte un mercato non dell’educazione ma della selezione sociale perversa. Quindi i fautori dei voucher dovrebbero chiarire il tipo di società che con la loro proposta hanno in mente e non tirar fuori il concetto di efficienza del mercato dell’istruzione.

      • Quindi non sceglierebbero la scuola in base alle attitudini dei figli e al bagaglio di conoscenze che la scuola può trasmettere? Non credo proprio che sia così.

        Questa è una visione paternalista della società che porta solo repressione delle libertà e aspirazioni individuali (oltre che disastri nella gestione delle risorse economiche). Oltretutto non si capisce per quale motivo tale visione poi giustifica che l’insegnante debba essere un funzionario pubblico.

        Le scuole private che nascerebbero dovrebbero rispettare la nostra costituzione naturalmente: lei ha paura che nasca una scuola “fascista”? Non passerebbe il controllo dell’autorizzazione preventiva. Se lo passa e poi lo diventa sottobanco va chiusa. E’ naturale che possono nascere casi limite di scuole “inutilmente originali” ma la regolamentazione preventiva serve a quello. Avere una regolamentazione invece di un intervento diretto con tutte le conseguenze del caso (funzionari non pagati in base ai risultati, finanziamenti che arrivano in base agli iscritti grazie al sistema dei voucher ecc ecc) è una scelta che io ritengo migliore dell’attuale status quo.

        Nel suo ragionamento purtroppo c’è una incomprensione dei meccanismi di mercato basilari: per quale motivo un imprenditore scolastico dovrebbe aprire una scuola per esempio “ebraica” ma che non fornisce nessun valore aggiunto agli iscritti a parte il generico attributo di essere “ebraica”? Per quale motivo una famiglia dovrebbe scegliere una scuola per l’educazione dei propri figli solo perchè c’è scritto sopra “ebraica”?

      • “Quindi non sceglierebbero la scuola in base alle attitudini dei figli e al bagaglio di conoscenze che la scuola può trasmettere? Non credo proprio che sia così.” Walter.
        Chi ragiona così sono le famiglie che scelgono la scuola pubblica. I meccanismi di coloro che scelgono la scuola privata in genere sono diversi e in particolare: regala il diploma, è cattolica, non ci sono extracomunitari, non si sciopera, ci sono solo buone famiglie. ha delle ottime strutture, ecc.
        Faccio solo un piccolissimo esempio: pensa che studiare in scuole nelle quali non esiste nessun insegnante che sia divorziato secondo lei è una scuola buona? Secondo me no, se per istruzione intendiamo solo imparare bene a fare di conto e a scrivere forse sì, ma l’istruzione è cosa ben diversa ed è simile a quella che si fa in famiglia, dove la famiglia è la società nel suo complesso, con le contraddizioni, le diversità e i problemi che questa comporta. Ma la società, diversamente dalla famiglia che si prende come capita, si può studiare, comprendere e cambiare. Se non educhiamo i giovani a questo faremmo una società di robot!
        Credo che alla base delle contrapposizioni ci sia, oltre a una fiducia inspiegabile sul funzionamento del mercato nell’istruzione, proprio cosa si intenda per istruzione.

      • Sig.Palazzi,
        Il punto di partenza di ogni ragionamento è infatti che OGGI le paritarie occupano nicchie di mercato e servono chi vuole il diploma regalato o una scuola senza extracomunitari ecc ed ha ragione a farlo notare , ma usare questi esempi per screditare un sistema di istruzione con scuole private in concorrenza è sbagliato.

        Non è che oggi le famiglie che vogliono scegliere la scuola in base a attitudini e bagaglio culturale “scelgono” la scuola pubblica: sono obbligate a farlo, perchè nessuna privata che NON sia specializzata nel regalare diplomi non ha nessuna speranza di restare sul mercato.

        Questo non è un mercato: le scuole pubbliche prendono i soldi pubblici (raccolti con le tasse di tutti), le private che non si inseriscono in nicchie di mercato non possono competere offrendo lo stesso servizio delle pubbliche perchè corrono una gara persa in partenza.

        E’ giusto così? Ci fa risparmiare soldi offrendo un buon servizio? Secondo me no. Andate a guardarvi l’università italiana: I risultati della gestione diretta pubblica dell’università sono professori assenti e inamovibili anche se hanno comportamenti inaccettabili con gli studenti, cattedre assegnate per parentela, corsi di laurea creati con criteri politici (in base alle simpatie personali del cda) e rette annuali che salgono perchè il finanziamento dipende dai capricci del governo centrale ( e non dal giudizio del mercato, OVVERO di chi usufruisce dell’università).

        Poi ci sono tanti professori che fanno eccellentemente il proprio lavoro! E vengono pagato quanto tutti gli altri, perchè “a qua gli stipendi si danno per anzianità”. W il merito.

      • Credo che lei associ l’equazione privato (mercato)=efficienza e pubblico=inefficienza. La cosa è tutta da dimostrare, ma non è questo il problema, questo potrebbe riguardare il tema se allo stato convenga o meno produrre panettoni (una volta la Motta era statale). Il tema invece riguarda l’istruzione che, a mio avviso e a quello della Costituzione italiana, non è una merce come tutte le altre. In particolare è vero che è un prodotto e in quanto tale ha un ciclo produttivo, ma la qualità del prodotto deve avere determinate caratteristiche che dipendono strettamente da scelte politiche e culturali predeterminate da un accordo sociale: la Costituzione. Per l’Italia l’istruzione è un diritto, come la salute e la sopravvivenza dei cittadini. Come tale deve essere accessibile *allo stesso livello* da tutti i residenti (cittadini e non). Non solo, ma siccome la qualità del prodotto istruzione dipende anche dalle caratteristiche culturali e sociali del produttore (l’insegnante), si deve garantire la non discrezionalità nella selezione politica e culturale dell’insegnante.
        La scuola privata o paritaria è invece basata sulla selezione discrezionale degli insegnanti, in particolare precari sfruttati, ricattabili e senza diritti usati per promuovere tutti, oppure che seguono determinate ideologie o religioni. Invece la caratteristica prioritaria dell’insegnamento deve essere la libertà dell’insegnante.
        Una generalizzazione di un sistema attraverso i voucher sarebbe un dramma sociale e culturale, anche se fosse proibita (cosa che dovrebbe essere indispensabile nel sistema da lei proposto) la possibilità alle scuole private di far aggiungere alle famiglie altro denaro oltre al voucher.
        Mi rendo conto che in Italia, con una interpretazione a dir poco elastica della Costituzione, siamo in un sistema misto e anche nella scuola pubblica le famiglie spesso sono costrette ad aggiungere denaro ai costi della scuola. Ma è una delle cose che non funzionano, come non funziona il sistema di preparazione e selezione qualitativa della docenza, ma questi sono altri temi, che non c’entrano nell’alternativa pubblico-privato, in quanto si può facilmente immaginare una scuola pubblica in cui ci sia modo di garantire una ottima qualità degli insegnanti, slegata da altre caratteristiche.
        Quanto alla qualità dell’Università italiana mi permetto di suggerirle la frequentazione del sito ROARS nel quale ci sono qualificati e ottimi interventi relativi alla discussione sull’università italiana.

      • non si sta dicendo privato=efficienza, pubblico=inefficienza. si sta invece dicendo concorrenza=efficienza, monopolio=inefficienza.
        invece è lei quello che va avanti a pregiudizi, come quello del privato interessato a precari sottopagati, sfruttati e ideologizzati. se dobbiamo andare avanti a pregiudizi, allora di sicuro ci avviciniamo più alla realtà dicendo che nel pubblico, se (SE!) c’è una certa selezione all’ingresso, non ce n’è più alcuna dopo, per cui se qualcuno riesce ad insediarsi diventa inamovibile, anche fosse il più ideologizzato ed ignorante degli insegnanti (penso non esista qualcuno che non abbia avuti di simili nel proprio percorso scolastico).
        tralasciamo poi le cose come “accessibile allo stesso livello”. è palese che si tratta di puro wishful thinking. è una cosa impossibile, e infatti non è mai esistita nè mai esisterà. anche se è scritta su un pezzo di carta sacro.

      • Concorrenza (perfetta), parolina magica inventata da alcuni economisti come toccasana, il problema è che in un sistema capitalistico la concorrenza è la cosa che più si evita ed è stata evitata. Non esiste più la concorrenza, ma gradi più o meno elevati di oligopolio. Privato vuol dire oligopolio e non concorrenza. Oligopolio vuol dire potere sugli altri, con ogni mezzo, un sistema scolastico basato sull’oligopolio sarebbe un’aberrazione.
        Si continua a parlare del fatto che gli insegnanti pubblici sono inamovibili, un certo grado di “inamovibilità” credo che sia giusto e importante per garantire la libertà di insegnamento, ciò non vuol dire che non ci possa essere anche nel pubblico una selezione meritocratica degli insegnanti, che ce ne sia poca in Italia non vuol dire che debba essere sempre così. Credo che a chiunque sia capitato un insegnante un po’ pazzarello o completamente andato di testa, non drammatizzerei su questa cosa e soprattutto non la userei come argomentazione per difendere la privatizzazione del sistema scolastico che è ben altra cosa e, a mio avviso, pericolosa.
        Quanto alla “accessibilità allo stesso livello” è l’obiettivo ci siamo dati e che ancora , sino a quando rimarrà dovrebbe guidare ogni intervento dello Stato italiano nel sistema educativo.

    • Per lei (e gli altri che la pensano al proposito come lei) la Costituzione della Repubblica Italiana sembra essere un optional.
      Più o meno una seccatura da gabbare se non si può ignorare?
      Poiché la Costituzione della Repubblica Italiana è (ancora) il fondamento della vita civile in questo paese, forse le conviene cercare una localizzazione dotata di una carta fondamentale che si adatti meglio alle sue aspettative.
      Ha mai pensato di trasferirsi in Somalia?.
      In quel paese l’apparato pubblico è piuttosto “snello”. Si troverà bene.

    • Il solito sapientone. La stessa, balorda, considerazione alla base del garbuglio giuridico con cui la Regione Lombardia ha bypassato il divieto costituzionale di finanziamento delle scuole private. Ma io i soldi li dò alle famiglie, mica alle scuole! E quale sarebbe la differenza nell’esito finale? Soluzione da avvocaticchio di provincia.
      Quanto al fatto che un istituto pessimo non avrà studenti, forse non le è chiaro che sono proprio gli istituti pessimi ad avere tanti studenti (perchè pagano solo per avere il pezzo di carta) e a far scendere in basso l’Italia nelle statistiche OCSE PISA.

  22. Boldrin ha aperto una discussione complessa e articolata sull’istruzione che ha scoperchiato limiti e mancanze che non si poteva esaurire in un ragionamento di due minuti. A parte di chi dice che l’America è meglio o peggio o discute del paragone con la Turchia è ineluttabile che il ” SISTEMA DELL’ISTRUZIONE ITALIANO E’ INADEGUATO , SOTTO ALCUNI O TUTTI I PUNTI , ED E’ URGENTE RIFORMARLO “. Quanto abbia influito la sua presenza negli stati uniti per studio o per lavoro è relativo , il dato importante è che lo ha fatto da economista e quindi il suo parere , con tutte le riserve del caso senza cercare per forza un etichetta politica , è un dato ed un contributo aggiornato ad oggi. E’ diretto e personale mentre noi cerchiamo a vanvera di confutare più quello che ha scritto uno o l’altro , meglio di uno o dell’altro.

    • Boldrin racconta cose inesatte per puri scopi propandadistici come al solito. Si potrà prendere sul serio il giorno che la smettrà di inventarsi i dati, fino ad allora fa la stessa figura di Giannino

  23. Insomma….la vecchia idea di Milton Friedman sul finanziamento delle cosiddette “scuole charter”, per la ricostruzione dopo l’uragano Katrina. Risultato 40.000 insegnanti pubblici licenziati, se io non ricordo male e se Naomi Klein non ha sbagliato.

  24. Non sono un economista, ma mi sforzo di comprendere quello che accade nel mondo dell’economia. Di Michele Boldrin mi sono fatto un’idea, non proprio felice. Come mi son fatto un’idea dell’economia. Ne ho scritto sul mio blog.

    http://www.trameindivenire.it/boldrin-e-il-limite-delleconomista/

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