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Il vero problema non è il debito pubblico

Per uscire dalla spirale della crisi, non serve congelare il debito o fare default, ma costruire rapidamente l’unione fiscale e politica europea. In Italia, occorre puntare su ricerca, formazione, educazione.

di Lia Fubini da Sbilanciamoci.info

[…] Il problema della speculazione sui titoli del debito pubblico è legato non tanto alla dimensione del debito ma a diverse variabili e fra queste un’importanza fondamentale è costituita dai debiti verso l’estero, pubblici e privati.

L’Italia è stato uno dei paesi che meno ha accresciuto il debito pubblico nel corso dell’attuale recessione e ha mantenuto quasi costantemente un avanzo primario, ma questo non ha impedito l’aumento dello spread rispetto ai titoli tedeschi. Secondo le previsioni il debito pubblico spagnolo raggiungerà l’80% del Pil nel 2012, all’incirca come quello tedesco. Eppure la Spagna sta subendo forti attacchi speculativi. D’altra parte la Germania presenta un debito pubblico elevato e in rapida crescita, in valore assoluto uno fra i più alti del mondo, senza essere investita dalla speculazione. Lo stesso dicasi del Giappone il cui debito pubblico supera il 200% del Pil. Ma Germania e Giappone presentano consistenti attivi commerciali. Per inciso, in Giappone la situazione sta cambiando, si è registrato in tempi recenti un disavanzo commerciale e sarà interessante vedere come si evolve la situazione dei tassi di interesse, se tale deficit persiste. I casi della Spagna, della Germania e del Giappone evidenziano in ogni caso che il problema di fondo non è il debito pubblico bensì il disavanzo delle partite correnti.

La bilancia delle partite correnti rappresenta il principale indicatore di forza di un paese nei rapporti con l’estero, perché è un indicatore della sua competitività. Un avanzo di parte corrente della bilancia dei pagamenti costituisce una garanzia di solvibilità del paese. In altri termini, il paese in avanzo è un paese che vive al di sotto dei suoi mezzi, delle sue capacità produttive. Viceversa un paese in disavanzo è un paese che vive al di sopra dei suoi mezzi e ha bisogno di flussi finanziari dall’estero per pagare l’eccedenza delle importazioni sulle esportazioni.

Solo nel breve periodo lo squilibrio commerciale può essere compensato da flussi finanziari (caso a parte sono gli Stati Uniti che possono mantenere un disavanzo permanente delle partite correnti, dato che il dollaro è moneta di riserva). Nei paesi con sovranità monetaria, ovvero tutti i paesi esclusi quelli dell’Unione Monetaria, un disavanzo commerciale segnala la probabilità di una svalutazione e per questo esso porta a un aumento dei tassi di interesse. Il disavanzo commerciale all’interno dell’Unione Monetaria segnala la difficoltà competitiva del paese e, in una fase di turbolenza come quella attuale, l’eventualità, se il disavanzo persiste, di un’uscita dall’euro. Questo spiega lo spread dei tassi di interesse fra paesi con disavanzi commerciali e la Germania. La speculazione non è sempre irrazionale o isterica, come spesso è stata definita, ma generalmente si indirizza verso i paesi in difficoltà, aumentandone la vulnerabilità. I paesi più vulnerabili sono dunque quelli che utilizzano beni e servizi in quantità superiore alla produzione interna e quindi hanno bisogno di flussi finanziari esteri per il loro finanziamento.

Se in Europa ci fosse una politica fiscale comune, il disavanzo delle partite correnti non costituirebbe un problema, il disavanzo delle economie più deboli sarebbe compensato dall’avanzo di paesi in surplus, un po’ come succede per regioni che sono all’interno dello stesso paese. L’unica via ragionevole per evitare continui squilibri che potrebbero sfociare nella dissoluzione dell’euro è dunque quella della costruzione in tempi rapidi dell’unione fiscale e politica. Nel breve periodo la situazione potrebbe essere tamponata con gli eurobond e/o con la possibilità per la Bce di essere, come tutte le banche centrali del mondo, prestatore di ultima istanza.

In mancanza di una via di uscita europea è illusorio pensare che la soluzione del problema risieda in operazioni di default, congelamento del debito pubblico, haircut, o quant’altro, perché il problema di fondo non è il debito. A maggior ragione in Italia il problema non è il debito pubblico perché a un elevato debito pubblico fa da contrappeso un debito privato relativamente ridotto.

Esiste comunque un altro fattore rilevante di cui è necessario tenere conto e cioè il rapporto tra interessi sul debito pubblico e tasso di crescita del Pil. Questo fattore rimanda dunque ai problemi relativi alla crescita. L’assenza di crescita in Italia rende sempre più pesante l’onere del debito pubblico fino a prospettare il rischio di insolvenza.

Eppure il congelamento rimane una via di uscita non auspicabile. Si potrebbe affermare che il congelamento libererebbe risorse destinate ora al servizio del debito e che tali risorse potrebbero essere impiegate per il rilancio della competitività. Ma le politiche per la crescita e la competitività richiedono tempo e nel breve periodo il paese dovrebbe affrontare non solo i problemi di cui parla Comito nel suo articolo, ma anche il problema del finanziamento del disavanzo delle partite correnti.

L’impossibilità di trovare risorse finanziarie sui mercati dei capitali (chi mai sarebbe disponibile a concedere prestiti a un paese insolvente, se non a tassi elevatissimi?) costringerebbe il paese a dipendere dai finanziamenti del Fondo monetario e di altri enti sovranazionali e tali finanziamenti sono subordinati alla messa in atto delle note politiche recessive imposte da tali organizzazioni, che finirebbero col consumare le risorse rese disponibili dal congelamento. In tale contesto il tentativo di riportare in pareggio le partite correnti diventa un’operazione molto dolorosa: significa una stretta ulteriore alla domanda, un impoverimento delle famiglie, fallimenti delle imprese, taglio ai servizi pubblici, una recessione dagli effetti incalcolabili. Peraltro, come noto, tali politiche risultano quasi sempre fallimentari e aprono la strada a un nuovo massiccio indebitamento.

Siamo dunque in un vicolo cieco? Certamente la strada maestra passa per l’Europa – e il risultato delle elezioni francesi apre qualche speranza –, ma non si può essere ottimisti se l’Europa continua con le politiche miopi seguite fino ad ora. Però l’Italia può comunque portare avanti politiche di rilancio della competitività, puntando su ricerca, educazione, formazione, supporto alle imprese, riduzione dei gravami burocratici, ripristino della legalità. Nel frattempo è necessario reperire risorse attraverso un’imposta patrimoniale, aumento della progressività nell’imposizione fiscale e una seria lotta all’evasione, che non si limiti a controllare ricevute fiscali e falsi invalidi. Le risorse così ottenute devono essere finalizzate al recupero della crescita e della produttività con l’obbiettivo di una maggiore equità, ma anche di un pareggio delle partite correnti. E’ una strada ardua ma percorribile. Purtroppo le soluzioni apparentemente facili possono essere estremamente dolorose e finanche controproducenti.

15 commenti su “Il vero problema non è il debito pubblico

  1. […] Continua a leggere » Like this:Mi piaceBe the first to like this post. […]

    • nell’articolo si fotografa una situazione ma non si prospetta un elenco di scelte tra loro alternative: si dice solo che la soluzione è restare in europa e che , cosa tanto ovvia quanto apodittica occorre investire nella ricerca, innovazione ecc.. ecc… Per far ciò occorrono soldi e… dove trovarli in una situazione recessiva ? L’investimento in ricerca e innovazione può essere fatto ragionevolmente in un periodo , non dico di espansione, ma almeno di non – recessione . Ad esempio , nel mercato dell’auto , chi se la sente di spendere miliardi in nuovi modelli o tecnologie se la domanda non c’è perché non ci sono soldi da spendere ? Uno stato o una federazione di stati senza sovranità monetaria, cioè la possibilità di battere moneta per ridare fiato alla domanda e ai consumi non va da nessuna parte. Lo dimostrano Gli U.S.A e il Giappone che malgrado abbiano dei debiti pubblici ben più grandi di quello italiano – il Giappone addirittura il 220% e si appresta a portarlo al 250% del pil per ridare slancio alla domanda interna – non soffrono i problema che affliggono i paesi dell’eurozona.

  2. Non sono d’accodo con l’articolo. La via maestra è l’uscita dall’Euro e la nazionalizzazione della banca centrale, rendendo così privo di importanza il debito pubblico.

    Siamo così ansiosi di perdere altra sovranità e di finire sotto la tutela tedesca?

  3. Uno dei vantaggi che doveva assicurare l’euro per gli Stati che avrebbero aderito alla moneta unica era la possibilità di allentare, se non rimuovere, il vincolo esterno derivante dagli scambi con l’estero. Come gli Stati Uniti non si curano più di tanto del deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti perché il dollaro è accettato come valuta di riserva, così l’euro avrebbe dovuto consentire ai paesi membri di non curarsi del deficit delle partite correnti, perché sarebbero stati una semplice partizione statistica della bilancia dei pagamenti della zona euro. Come non si guarda alla bilancia dei pagamenti ad esempio dell’Arizona, ma a quella degli Stati Uniti, altrettanto doveva avvenire per l’Europa.
    Ciò è in effetti accaduto fino al 2008, ma il mancato intervento a sostegno della Grecia, fino al punto da portarla a rinegoziare il debito, ha fatto venir meno questo presupposto. Se si permette o, più precisamente, si conduce la Grecia al punto da non poter ripagare parte del debito e obbligarla a rinegoziare le scadenze e i tassi sul debito residuo è evidente che i mercati saranno legittimati a pensare che un simile evento potrebbe ripetersi anche con gli Stati che sono gravati da debiti eccessivi.
    I mercati hanno semplicemente preso atto che le attuali istituzioni monetarie e politiche che presiedono alla gestione dell’Euro non solo stanno procurando danni all’economia europea, ma sono stati capaci – caso più unico che raro – di evaporare come neve al sole uno dei vantaggi che doveva assicurare l’euro. Infatti, in queste condizioni, l’euro non può certo essere trattato come una valuta di riserva da affiancare al dollaro.
    Il risultato è che di fatto non vi è più unione monetaria. Non vi può essere un mercato unitario in cui un’obbligazione con identica denominazione monetaria possa essere trattata con tassi di interessi dell’1,5% o del 5 o del 15%. Esiste la moneta comune, ma non certo un’unione monetaria.

  4. L’art.3 della legge 212/2000 (Statuto del Contribuente) prescrive che, per i tributi periodici (come l’IMU), se viene modificata l’aliquota questa venga applicata solo dall’anno successivo a quello della modifica. La Corte di Cassazione nel 2004 ha rafforzato tale norma affermando che in caso di dubbia interpretazione di una disposizione fiscale, la interpretazione da applicare è quella che esclude retroattività alle norme fiscali. Perchè dovrei pagare il saldo dell’IMU del 2012 sulla base di aliquote che i comuni hanno decretato nel 2012 o che stanno ancora decretando o addirittura sulla base di modifiche che il Governo si riserva di poter fare fino a dicembre del 2012 ???

    Pretendo GIUSTIZIA ed un vero STATO DI DIRITTO !!!

  5. mi sembra che questo articolo ci pone un problema sempre ricorrente e cioe che per uscire da questo dilemma dovremmo essere padroni della nostra moneta o svalutazione competitiva oppure trasferimenti di risorse attraverso un sistema fiscale centrale che distribuisce le risorse tra surplus e deficit altrimenti chi è in deficit ha come unica risorse prendere a prestito aumentando ancora di piu il deficit ed entrare in quella doppia spirale ricorso a privati e costi di approviggionamento sempre piu caro e aumento delle tasse che diminuiscono sempre di piu le risorse da utilizzare nell,economia reale

  6. Articolo molto chiaro e corretto nell’ impostazione di fondo. In particolare condivido:
    ” L’unica via ragionevole per evitare continui squilibri che potrebbero sfociare nella dissoluzione dell’euro è dunque quella della costruzione in tempi rapidi dell’unione fiscale e politica. Nel breve periodo la situazione potrebbe essere tamponata con gli eurobond e/o con la possibilità per la Bce di essere, come tutte le banche centrali del mondo, prestatore di ultima istanza.” . Il problema comunque é quello di rovesciare le aspettative e dare ai mercati la senzazione che gli Stati non esiteranno agire come Principal agents insieme alle Banche Centrali. In altri termini si dovrebbe ripensare la Governance Globale e l’architettura del sistema finanziario.

  7. se l’Europa dei popoli si è ridotta ad essere una mera unione monetaria, non ci si lamenti poi se la stessa si dissolve appena ci si rende conto che non si può basare un disegno politico esclusivamente sulla speculazione.
    Prima unione politica e fiscale, poi moneta unica per regolare i rapporti economici.
    Uscire dall’Euro? sì, ma non dalla sera alla mattina, come quando lo stesso fu introdotto. Ci vuole un’uscita graduale ed un ritorno alla sovranità monetaria da attuare in un periodo non inferiore ai 10 anni.

  8. Oltre a tutto ciò gran parte della crisi è nata dal momento in cui iniziavano a prospettarsi ipotesi di uso dell’euro quAle moneta di riserva e di scambio internazionale al posto del dollaro, data la sua maggiore (allora) affidabilità e stabilità! nessuno ha mai fatto in proposito 2+2! Chissà perchè

  9. La crisi attuale è una crisi strutturale, non congiunturale. Si manifesta come crisi finanziaria in primo luogo, ma, in realtà, è crisi della capacità di questa formazione economica di garantire la riproduzione sociale e di sviluppare/migliorare le complesse interazioni dell’uomo con il mondo. Non ne usciremo se resteremo impigliati dentro concetti “neutri” o pseudo-tecnici: crescita, debito, reddito, investimenti, risorse, distribuzione. Combinarli diversamente per una politica espansiva anzichè recessiva non servirà a migliorare la situazione.

  10. Per William…dipende cosa intendi per politica espansiva…non esiste solo la crescita materialistica per profitto fine a se stessa,oppure il consumismo becero usa e getta..Quelle sono scelte politiche…infatti esiste anche la crescita sostenibile o sviluppo/equilibrio che per esempio descriv come…..Ottimizzazione degli acquedotti che perdono il 40 per cento dell´acqua che distribuiscono le scuole per metà fuori norme di sicurezza,tutela dei beni culturalialimentazione di una grande politica di risparmio energetico,ristrutturazione degli immobili nazionali energeticamente inadeguati…finanziata da uno stato sovrano con
    conseguenti decenni di lavoro per imprese artigiane e piccoli e medi produttori,
    (utilizzando materiali presenti in larghissima misura sul territorio nazionale,
    contribuiremmo al risparmio globale delle risorse in via di deperimento, lasciando
    più tempo per soluzioni che andrebbero a sostituire il petrolio come fonte
    enrgetica).Con l’ingegno dei nostri ricercatori,ai quali,potremmo finanziare il lavoro,
    invece di farli fuggire, ci creeremmo degli spazi enormi di mercato internazionale e
    la nostra opera potrebbe ritornare, ancor più prepotentemente che in passato, ad
    essere richiesta, invece di sacrificare i nostri geni per multinazionali estere.Non puo saturarsi il mercato degli ospedali,della restrutturazione intelligente,delle
    infrastrutture volte alle fonti rinnovabili,della cura e manutenzione dell’assetto
    idreologico,dell’assistenza anziani,della cura del verde pubblico ecc ecc.Non tutto il
    lavoro arriva a saturazione..le case deperiscono,curi gli anziani e ne arrivano
    giustamente altri,la natura spesso distrugge la manutenzione che hai appena
    sistemato.Siamo poi come dici dipendenti dall’estero…si,ma anche tante cose che
    producevamo le importiamo per SCELTA imposta dal globalizzante
    neoliberista..Potremmo tornare a produrle(vestiti,alimenti ecc ecc)fonti alternative
    alimentari ci sono..anche se non abbastanza ancora forse per fronteggiare la fine del
    petrolio…e allora una maggiore sobrieta anche verrebbe in aiuto…vedi son tutte
    scelte politiche..ma il punto e’un’altro..senza la sovranita monetaria uno stato non
    sara mai libero di farle quelle scelte…a meno che presupponiamo un mondo
    migliore tornando al baratto,e qui bisognerebbe sentire democraticamente come la
    pensa la gente tutta.Sostenere la domanda è la via per uscirne e studiare un modello
    di economia sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, con le regole del
    gioco stabilite dallo Stato, magari con forme di redistribuzione dei redditi ed
    aumenti salariali, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, con i quali saremo
    altrimenti (e spesso giustamente,viste le depredazioni occidentali)perennemente in
    conflitto. Estendere il salario minimo garantito, parametrato alle singole valute, per
    tutti gli stati aderenti al WTO! Se uno Stato vuole vendere le sue merci nel libero
    mercato, con libera concorrenza dentro il WTO, dovrebbe garantire che le stesse
    non siano prodotte con lavoro minorile, senza standard di sicurezza sul lavoro,
    senza standard qualitativi per la salute e tutela del consumatore, senza misure volte
    alla sostenibilità ambientale e a preservare questa povera Terra nel medio-lungo
    termine.Ripensare in maniera seria alla green-economy, senza alzare paletti e
    manifestare contro ogni rigassificatore o termovalorizzatore che s’intende costruire
    ,e magari prendere la macchina anche solo per comprare le sigarette! E’ un po’ la
    stessa cosa del qualunquismo.Diversificare le fonti energetiche e costruire in
    maniera sensata, soprattutto sulle coste, senza creare un comitato del NO anche
    solo per boicottare la stradina di fronte a casa. Bisogna essere realisti, è una
    sciccheria parlare di ambiente e nel contempo ingrassarsi ben bene con il modello
    consumistico.Sane, ambiziose, ma realistiche politiche ambientali, accompagnati da
    comportamenti individuali virtuosi: andare più a piedi, bicicletta o mezzi pubblici,
    fare bene la raccolta differenziata, non buttare le cicche nella spiaggia, spegnere le
    luci, ecc. Globalizzare i diritti e i doveri universali dell’uomo, significa dare una
    risposta globale ad un problema globale! Gli stati che vorranno perseverare a
    negare i diritti umani, separandoli dai diritti di libera circolazione delle merci, deve
    essere punito non con le guerre di esportazione della democrazia, ma con il
    protezionismo!Dazi pesanti, quanto più pesante è il conto che pagano le
    popolazioni affamate da salari e condizioni vicine alla schiavitù.

  11. Aristide,economista di sinistra disse:caro Alberto(bagnai), i costi dell’euro, come dici, sono noti, tutti i manuali li illustrano. Li vedevano anche i nostri politici, ma non potevano spiegarli ai loro elettori: se questi avessero potuto confrontare costi e benefici non avrebbero mai accettato l’euro. Tenendo gli elettori all’oscuro abbiamo potuto agire, mettendoli in una impasse dalla quale non potranno uscire che decidendo di fare la cosa giusta, cioè di andare avanti verso la totale unione, fiscale e politica, dell’Europa.” Insomma: “il popolo non sa quale sia il suo interesse: per fortuna a sinistra lo sappiamo e lo faremo contro la sua volontà”. Ovvero: so che non sai nuotare e che se ti getto in piscina affogherai, a meno che tu non “decida liberamente” di fare la cosa giusta: imparare a nuotare.Decisione che prenderai dopo un leale dibattito, basato sul fatto che ti arrivo alle spalle e ti spingo in acqua. Bella democrazia in un intellettuale di sinistra!

    Theo Weigel, ministro delle finanze tedesco, ha dichiarato PUBBLICAMENTE di aver voluto l’Euro in questo modo e senza salvaguardie per nessuno.

    Mario Monti intervista a piazza pulita.La Germania è un grande beneficiario dell’integrazione europea, hanno un grande mercato europeo a disposizione nel quale i singoli paesi non possono più svalutare. Io non voglio neanche citare questi scenari, ma se per esempio l’Italia dovesse uscire dall’euro e riacquistare libertà sul proprio tasso di cambio e la lira si svalutasse, sarebbe un grosso problema per le esportazioni tedesche

    commento di Visco di qualche giorno fa sui conti truccati affinché l’Italia entrasse nell’Euro….. “Un’Italia fuori dall’euro, visto il nostro apparato industriale, poteva fare paura a molti, incluse Francia e Germania che temevano le nostre esportazioni prezzate in lire. Ma Berlino ha consapevolmente gestito la globalizzazione: le serviva un euro deprezzato, così oggi è in surplus nei confronti di tutti i paesi, tranne la Russia da cui compra l’energia. Era un disegno razionale, serviva l’Italia dentro la moneta unica proprio perché era debole. In cambio di questo vantaggio sull’export la Germania avrebbe dovuto pensare al bene della zona euro nel suo complesso…non mi pare lo abbia fatto”

  12. DA BARNARD
    Creare gli Stati Uniti d’Europa. Questo invece curerebbe il male principale, ma poi ne introduce un altro tale e quale. Per rendere l’Euro sovrano, per far sì che i mercati sappiano che l’Eurozona ha Ability to Pay (vedi sopra), e per far sì che si spezzi la dipendenza dai prestiti dei privati per poter acquisire la nostra moneta, si crea un governo centrale d’Europa con un ministero del Tesoro centrale che lavora con la BCE come fa Washington con la FED. A quel punto ok, l’Euro sarà sovrano di questi Stati Uniti d’Europa e gli Euro saranno creati dal governo centrale senza prenderli in prestito da nessuno. Naturalmente quelli che oggi sono gli Stati come Italia, Olanda, Germania ecc., cioè teoricamente separati e indipendenti, diventeranno Stati federali come la California, il Missouri, la Florida ecc. Qual è il problema? Bè, primo che voglio vedere se ce la facciamo culturalmente dopo secoli a dissolverci in un unico Stato e a obbedire tutti al suo governo a Bruxelles. Ne dubito. Poi, e soprattutto, dato che questa sarebbe proprio la definitiva perdita di qualsiasi sovranità degli Stati membri (ancor più di ora), cosa succede se al governo centrale europeo comandano le elite criminali della finanza come accade oggi con Obama-Sachs negli USA? (Obama è controllato da Wall Street che se lo comprò in campagna elettorale, come dimostrai allora) E c’è da dire che se giudichiamo dal precedente che abbiamo, cioè il nostro governo europeo ‘di fatto’ che è la Commissione di Bruxelles, interamente in mano alle lobby finanziarie come ERT, BE, Lotis, TABD ecc., non c’è da stare tranquilli. Sarebbe una catastrofe, perché come ho sempre detto avere una moneta sovrana è indispensabile, ma se poi il governo non la spende a deficit per tutelare noi persone, siamo punto daccapo. C’è da scommettere con certezza che un governo degli Stati Uniti d’Europa oggi farebbe esattamente quello che fanno, o fecero, a Washington, cioè: spendere a deficit solo per salvare il c… alle banche, ma non un centesimo per la gente; oppure seguire l’isteria contro il deficit e tassare i cittadini più di quanto spendono per loro per pareggiare i bilanci (modello Clinton), cioè disastro di impoverimento generale

  13. l’unica possibilità è quella di stampare più moneta e far crescere il reddito dei cittadini- La deflazione e l’austerità sono rimedi peggiori del male e portano al collasso dell’ammalato.

  14. Molte ottime idee fra questi commenti ma anche molti punti di vista contradditori e non facilmente riconciliabili fra di loro. Chi deve decidere? E cosa decidera?

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