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La Cina è lontana da Berlino

Shangai

di Francesco Saraceno (OFCE, – Reseach Center in Economics of Sciences-Po, Paris)

Martin Wolf [sul Financial Times] ha scritto un pezzo molto interessante sul tentativo cinese di riequilibrare il suo modello di crescita, spostandolo dalle esportazioni alla domanda interna. Wolf mostra come questo tentativo è andato avanti per almeno un decennio, con ritmo diseguale e vari stop-and-go. Mi piacerebbe aggiungere che la crisi stessa ha svolto un ruolo contraddittorio. La Cina da un lato è stato uno dei primi paesi nel 2009 per attuare un robusto piano di stimolo pari a oltre il 10% del PIL, dall’altro, essa non ha resistito (come la maggior parte dei paesi) a misure protezionistiche più o meno nascoste e a manipolazione della valuta. Wolf conclude che, benché di successo, il riequilibrio verso la domanda interna ha portato ad un investimento eccessivo (e non necessariamente produttivo). La nuova sfida  riequilibratrice della Cina risiede nella crescita del reddito e dei consumi della sua popolazione.

Quello che voglio sottolineare è che la Cina coglie appieno il suo nuovo ruolo nell’economia mondiale. La sua leadership ha capito da tempo che la trasformazione da economia “emergente”/”in via di sviluppo” a economia pienamente sviluppata ha bisogno di passare tra le altre cose attraverso una minore dipendenza dalle esportazioni. Una grande economia dinamica non può contare sulla crescita nel resto del mondo per la sua prosperità. Anche il dibattito sulla riforma dello stato sociale e sulla sanità ha avuto tra i suoi motivi la necessità di ridurre il risparmio precauzionale. La strada del riequilibrio è lunga e incerta, ma ormai definitivamente imboccata.

Vale anche la pena notare che un migliore equilibrio tra domanda interna ed esterna nelle grandi economie è un elemento fondamentale nel ridurre la fragilità macroeconomica dell’economia mondiale attraverso la riduzione degli squilibri commerciali.

E’ sorprendente, invece, come l’Europa rimanga intrappolata in una sorta di sindrome da piccolo paese. La “Berlin View”(*) che permea il Fiscal compact richiede disciplina fiscale e compressione della domanda interna, al fine di migliorare la competitività e favorire la crescita trainata dalle esportazioni. Oltre al fatto che non funziona, questo equivale a legare il destino dell’Europa alle performance del resto del mondo, rinunciando all’ambizione di diventare un attore importante sulla scena economica mondiale. Che differenza con l’ambizione e l’atteggiamento lungimirante della Cina …

(*) gioco di parole con l’espressione “Treasury view” ovvero “il punto di vista del Ministero del Tesoro”, tradizionalmente votato all’austerità. Keynes l’ha spesso utilizzata in modo polemico e ironico.

Articolo originale (in Inglese)

7 commenti su “La Cina è lontana da Berlino

  1. daccordo con l,autore la cina sta dimostrando di avere una diversa e maggiore capacita di interpretare la realta.dopo essere passato ad un accumulazione fin troppo rapida.che sicuramente paghera in termini ambientali,e con possibili bolle soprattutto nel settore immobiliare sembra che voglia cambiare rotta anche in virtu di un eccesso di liquidita ,speriamo che sia da esempio,anche per noi.in fondo una moderna economia liberata dai vecchi lacci di una volta a solo bisogno di equilibri giusti domanda ed offerta e attivi e passivi della bilancia commerciale in parita o leggermente positiva.ma le positivita o l,equilibrio di un paese non dipendono solo dall,import ed esport ma soprattutto dalla capacita tecnologica soprattutto in campo energetico,ed una capacita maggiore,di tutela dell,ambiente ,che ne riducono ,per quanto possibile,la dipendenza dall,estero…noi che abbiamo “inventato il capitalismo”dobbiamo prendere lezioni dai cinesi….attendere.solo attendere e vedere fra qualche anno che strade imboccheranno….poi giudicheremo

  2. […] riequilibratrice della Cina risiede nella crescita del reddito e dei consumi della sua popolazione. Continua a leggere » Like this:LikeBe the first to like this […]

  3. Già , ma la Cina ha un mercato interno di oltre un miliardo di abitanti, i cui consumi procapite sono meno del 20% di quelli degli europei: può tranquillamente ignorare le esposrtazioni, così come fanno gli USA che hanno livelli di consumo procapite esagerati anche rispetto agli europei.
    Semplicemente la Cina comincia a capire che c’è un margine anche sui consumatori e non solo sui lavoratori…

  4. […] dovuti a squilibri strutturali, con un “peccato originale” della moneta unica; o, come il punto di vista di Berlino postula, credere che il colpevole è dissolutezza fiscale. Ma in entrambi i casi, nessun […]

  5. […] siano dovuti a squilibri strutturali, con un “peccato originale” della moneta unica; o, come il punto di vista di Berlino postula, credere che il colpevole è dissolutezza fiscale. Ma in entrambi i casi, nessun […]

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