22 commenti

Il dottor House alla ricerca del colpevole della crisi europea

Un bravo economista, diceva Keynes, è come un medico o un dentista. Deve curare la malattia e far stare meglio il malato. Ma, aggiungiamo noi, prima di prescrivere una medicina deve fare una diagnosi. Il termometro dell’economista sono i dati, riassunti in tabelle e grafici.

Con questo approccio si pone Paul Krugman sul suo blog, cercando di trovare il colpevole della crisi del paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna). Ovviamente ognuno di questi paesi ha dei problemi propri, diversi da quelli degli altri Piigs. Ma la sfida per l’economista-medico-investigatore è cercate una causa comune per la malattia dei paesi periferici. Solo dopo ha senso guardare i fattori aggravanti.

La tesi in voga tra i Repubblicani americani è che questi paesi abbiano una spesa pubblica eccessiva, in particolare nel Welfare. Ma Krugman mostra questo grafico:

Come si vede, tutti i PIIGS hanno una spesa sociale percentualmente più bassa dei principali paesi “virtuosi”, compresa l’Italia che pure si avvicina ai livelli tedeschi.

Messo da parte il primo sospettato, si passa quindi al secondo, accusato dai tedeschi: il deficit pubblico:

Il grafico mostra la media del deficit pubblico come percentuale sul Pil tra il 1999 e il 2007. Qui le cose appaiono più confuse: la Grecia ha deficit relativamente alti, l’Italia è circa al livello francese. Il Portogallo è decisamente più virtuoso di Francia e Germania. L’Irlanda è addirittura in avanzo, risparmiando mediamente circa l’1,5% l’anno. No, neppure il deficit sembra essere il virus che ha infettato i PIIGS.

Infine, Krugman punta l’attenzione sulle bilance commerciali (o meglio, delle partite correnti) cioè sulla differenza tra esportazioni e importazioni:

“Bingo!”,  direbbe il dottor House. Tutti i Piigs hanno bilance commerciali in passivo, ovvero importano più di quanto esportano. Una analisi che peraltro mette in evidenza anche altri tre Paesi a rischio: Estonia, Slovacchia e Slovenia. L’Estonia in particolare, tra l’altro entrata da poco nell’Euro, ha avuto un calo del Pil tra il 2007 e il 2009 della gigantesca percentuale del 18%.

Poiché tutte le “cure” finora proposte si basano su una diagnosi sbagliata, difficile pensare che porteranno alla guarigione. Anzi, rischiano di aggravare la malattia.

Il blog New Economic Prospectives giunge alle medesime conclusioni, presentando ulteriori dati sia sui PIIGS che sulle economie forti. In più, contesta l’assunzione comune che la competitività tedesca sia da attribuire prevalentemente alle riforme antisindacali di Schröder (l’ “Agenda 2010”) poiché lo sbilanciamento inizia già dall’introduzione dell’Euro e non con l’avvio delle riforme nel 2003.

Ma, soprattutto, il modello tedesco basato sul surplus di esportazioni, se è abbastanza facile da applicare in un solo paese, non potrebbe funzionare facilmente per l’intera Europa, a meno che, aggiungerebbe Krugman, non incominciassimo a commerciare con gli alieni.

La soluzione sta quindi in politiche sul lato della domanda e non dell’offerta.

22 commenti su “Il dottor House alla ricerca del colpevole della crisi europea

  1. Sembra sempre piu` che l’euro sia una moneta fatta su misura per le industrie tedesche (che infatti esportano di piu` da quando c’e` la moneta unica).

  2. […] Il dottor House alla ricerca del colpevole della crisi europea […]

  3. Invece, gli economisti “che hanno potere” di questi tempi, sembrano tutti ‘omologati’…quasi tutti trovano keynes superato…

  4. […] “prodigalità” dei paesi periferici (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna). Abbiamo invece visto che tale ipotesi è contraddetta dai fatti, come si ostinano a sottolineare molti […]

  5. […] finirà all’estero. In questo caso occorrerà prestare attenzione alla bilancia commerciale, il principale problema dei paesi periferici dell’Europa. Come molti economisti hanno suggerito è quindi necessario che i Paesi “centrali” (Germania in […]

  6. […] Questo è il caso più semplice. Ora facciamo un’ipotesi aggiuntiva, ovvero che vogliamo ancora il formaggio, ma vogliamo risparmiare. Scopriamo che esiste un formaggio simile a quello che preferiamo, ma è prodotto in Germania, e costa un poco meno di quello italiano, diciamo 4 euro. Comprando il formaggio avremo ancora pagato una parte dello stipendio dei dipendenti del supermercato, ma parte della nostra spesa finirà al produttore tedesco e all’allevatore (probabilmente anch’esso tedesco), aggravando la nostra bilancia commerciale nei confronti della Germania, cioè il vero problema del nostro paese come degli altri PIIGS. […]

  7. […] Notare l’inversione di prospettiva. Non sono io, affamato, che compro il formaggio e ricompenso l’imprenditore (in questo caso il padrone del supermercato) che me l’ha fatto trovare pronto sui loro scaffali. No! Sono un affamatore di popoli se non lo compro! Questo è il caso più semplice. Ora facciamo un’ipotesi aggiuntiva, ovvero che vogliamo ancora il formaggio, ma vogliamo risparmiare. Scopriamo che esiste un formaggio simile a quello che preferiamo, ma è prodotto in Germania, e costa un poco meno di quello italiano, diciamo 4 euro. Comprando il formaggio avremo ancora pagato una parte dello stipendio dei dipendenti del supermercato, ma parte della nostra spesa finirà al produttore tedesco e all’allevatore (probabilmente anch’esso tedesco), aggravando la nostra bilancia commerciale nei confronti della Germania, cioè il vero problema del nostro paese come degli altri PIIGS. […]

  8. […] politica di deflazione salariale relativa della Germania, hanno causato crescenti squilibri della bilancia commerciale tra “centro” e “periferia”. In altre parole, si è creata una moneta senza uno stato. I paesi più deboli hanno così […]

  9. […] politica di deflazione salariale relativa della Germania, hanno causato crescenti squilibri della bilancia commerciale tra “centro” e “periferia”. In altre parole, si è creata una moneta senza uno stato. I paesi più deboli hanno così […]

  10. […] politica di deflazione salariale relativa della Germania, hanno causato crescenti squilibri della bilancia commerciale tra “centro” e “periferia”. In altre parole, si è creata una moneta senza uno stato. I paesi più deboli hanno così […]

  11. […] della crisi dei debiti sovrani in Europa, i più accreditati economisti hanno individuato negli squilibri delle partite correnti la sua ragione fondamentale. Paesi come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia (un […]

  12. […] della crisi dei debiti sovrani in Europa, i più accreditati economisti hanno individuato negli squilibri delle partite correnti la sua ragione fondamentale. Paesi come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, hanno […]

  13. […] della crisi dei debiti sovrani in Europa, i più accreditati economisti hanno individuato negli squilibri delle partite correnti la sua ragione fondamentale. Paesi come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, hanno per […]

  14. […] l’euro impediva il recupero tramite svalutazione), e contribuire così a causare quegli squilibri delle partite correnti che sono all’origine della crisi […]

  15. […] (mentre l’euro impediva il recupero tramite svalutazione), e contribuire così a causare quegli squilibri delle partite correnti che sono all’origine della crisi […]

  16. […] Portogallo, proprio in quanto membro “debole” dell’eurozona, cioè un paese che, presentando saldi negativi con l’estero – in particolare con la Germania -, può avere vantaggi a ritornare alla sua sovranità […]

  17. […] di fronte all’evidenza dei fatti – i debiti pubblici sono schizzati alle stelle dopo l’inizio della crisi, mentre prima si stavano riducendo – Juncker e il PPE continuano a cantare lo stesso […]

  18. […] di fronte all’evidenza dei fatti – i debiti pubblici sono schizzati alle stelle dopo l’inizio della crisi, mentre prima si stavano riducendo – Juncker e il PPE continuano a cantare lo stesso ritornello. […]

  19. […] di fronte all’evidenza dei fatti – i debiti pubblici sono schizzati alle stelle dopo l’inizio della crisi, mentre prima si stavano riducendo – Juncker e il PPE continuano a cantare lo stesso ritornello. […]

  20. […] Qui gli squilibri della bilancia commerciale tra “centro” e “periferia” […]

I commenti sono chiusi.