In continuazione sentiamo ripetere che con più flessibilità e più liberalizzazioni il Paese tornerà a crescere. Per chi segue il nostro blog queste affermazioni sono facilmente smontabili: il problema immediato non è eliminare vincoli, ma far crescere la domanda aggregata per far ripartire la produzione, né tanto meno si può pensare di creare lavoro rendendo più semplici i licenziamenti.
Anche Gustavo Piga, docente di economia all’Università Tor Vergata, è scettico sulla politica economica finora adottata e chiede un’inversione dell’ordine delle priorità nell‘intervista pubblicata dal sito web Linkiesta.
Secondo Piga:
La politica economica italiana di breve termine è sbagliata: non salveremo l’Europa riformando i taxi di Roma. È necessario ripartire con la crescita: per farlo serve una politica fiscale espansiva a livello europeo.
In particolare Piga richiama l’attenzione sull’utilizzo delle maggiori entrate dovute all’aumento delle tasse:
È giusto levare i soldi ai cittadini adesso con le tasse, a fronte però di restituirglieli creando maggiore domanda pubblica e occupazione. Al contrario, se il gettito viene impiegato per ripagare gli investitori esteri esso non rientra nell’economia domestica. Forse va alle banche, che però non erogano. Servono gare d’appalto per rimettere a posto gli ospedali, le strade e le scuole.
Riguardo la stretta fiscale, Piga guarda con favore il comportamento recente della Spagna che è riuscita ad ottenere uno “sconto” sugli obiettivi di rientro dal deficit:
Come hanno fatto Spagna e Olanda, anche l’Italia dovrà rivedere il tetto al deficit. Gli spagnoli hanno allungato i tempi per rientrare dal deficit e anche l’Italia non rispetterà il tetto promesso, ma Monti continua a far finta di niente.
Inoltre vi è l’impellenza di riequilibrare la spesa all’interno del continente:
La Germania deve cominciare a fare la cicala, i sindacati tedeschi si sono intelligentemente già mossi in questa direzione chiedendo aumenti salariali che probabilmente otterranno.
Per Piga, comunque, il problema fondamentale è che il rientro del debito va realizzato con la crescita alimentata dalla spesa pubblica, non con i sacrifici:
C’è da sperare che Bruxelles non abbia l’ardire di chiederci nuove riforme restrittive, perché senza crescita il debito sale, anche se cerchiamo di ridurre il deficit per rientrare nei parametri comunitari. Da 4 o 5 anni l’Italia vara nuove manovre rincorrendo l’obiettivo del “saldo zero”, ma per via dell’austerity sicuramente non raggiungeremo questo obiettivo nel 2013, come detto. Eppure, gran parte degli studi di Bankitalia pubblicati negli ultimi due anni dimostrano che il modo migliore per ridurre il debito e il deficit al livello che ci chiede Bruxelles è aumentare la spesa pubblica per l’acquisto di beni e servizi. L’espansione crea un volano tale che si supera l’effetto iniziale di riduzione dell’avanzo primario. Ripeto, ci sono centinaia di simulazioni studi prestigiosi approvati quest’anno proprio da via Nazionale su questo tema.
Infine il professore propone una norma a favore delle piccole imprese perché abbiano una quota assegnata negli appalti pubblici, al fine di aiutarne la crescita:
Ci sono una serie di Paesi che si stanno dando da fare per imitare quello che gli Usa fanno da 60 anni, esattamente dal 1953. Noi abbiamo un’idea balzana, cioè che non bisogna aiutare le Pmi nel nome della concorrenza, ma la concorrenza presume pari opportunità tra grandi e piccole imprese, perché nella crisi le grandi hanno la forza per riprendersi, le piccole semplicemente spariscono. Ora, gli Usa riservano da anni il 25% degli appalti del settore pubblico alle Pmi, consci che questo un giorno le farà diventare grandi.
sono d,accordo con l,analista che non sono i vincoli che vanno eliminati perche bloccano il mercato non sono certamente le lobby,corporazioni,ordini professionali,che pure vanno regolate ,e in alcuni casi aboliti ,come l,ordine dei giornalisti..e una balla che il prezzo si formi attraverso la libera concorrenza,(neanche in una economia primitiva)figuriamoci in una economia avanzata (dove il profitto e la condizione neccessario per lo sviluppo,)e questo non si ottiene comprimendo il profitto.semmai è necessario trovare politiche giuste per sostenere le piccole e medie aziende,anche attraverso la b.c.e.obbligandola a finanziare le aziende in difficolta per mancanza di credito.continuo invece a pensare e che sono neccessarie allo sviluppo innanzitutto la riforma della politica incapace di gestire le sfide che la globalizzazione impone ad essa la seconda cosa e quella che dice il prof una riforma fiscale redistributiva,la riforma della giustizia ,e non ultimo la legge del conflitto di interesse,che pero andrebbe ingoblata ,nella riforma in senso democratico della politica,il fatto di avere un governo a guardia dello spread e una fregatura grossa come una montagna
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