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L’OCSE politica contro l’OCSE dei dati

E’ stata ampiamente ripresa dai media la presentazione di un rapporto dell’OCSE nel quale si consiglia al nostro paese di ridurre le tutele dei lavoratori a tempo indeterminato. Riprendendo la sintesi di Repubblica:

Roma è chiamata ad “ammorbidire la protezione del lavoro sui contratti standard“. Un ambito nel quale l’Italia “non ha ancora intrapreso azioni significative” anche se sta “considerando una riforma del mercato del lavoro, mirata ad ammorbidire le tutele sui contratti standard” con “una riforma welfare per migliorare la rete di sicurezza per i disoccupati”.

Si potrebbe quindi pensare che in Italia vi sia un eccesso di tutele per i lavoratori a tempo indeterminato (i “contratti standard”) rispetto ad altri paesi. 

Ma a confutare tale tesi ci pensa… l’OCSE. Non quella “politica” che ha scritto il rapporto su menzionato, ma quella dei numeri. L’OCSE ha infatti, tra i suoi indici, uno che rappresenta proprio il grado di tutela dei lavoratori dai licenziamenti. L’indice in questione è chiamato EPL: Employment protection legislation, legislazione sulla protezione del lavoro, ed indica la difficoltà di licenziamento di un lavoratore, quindi la rigidità del mercato del lavoro. Ecco la situazione fotografata dall’OCSE:

click per ingrandire

L’Italia, in colore arancio, si trova nella parte bassa della classifica di protezione dei lavoratori. In termini numerici, l’indice italiano è solo lo 1,77 contro 2,1 della media OCSE. Ci battono quasi tutti. Non sembra inoltre esservi correlazione negativa, come avevamo già esposto in passato, tra performance economiche (in particolare l’occupazione) e protezione del lavoro.

Particolarmente interessante è anche il dato che riguarda la progressiva deregulation del mercato del lavoro, con l’introduzione di forme sempre più precarie. L’Italia è stata il campione nella riduzione delle tutele sul lavoro temporaneo, come si evince da questo grafico:

Davvero poi la presenza dell’articolo 18 sfavorisce le assunzioni? Se così fosse, dovremmo aspettarci che le piccole aziende, dove il reintegro non è in vigore, assumessero di più che le grandi. E invece il dato dell’Unioncamere dice esattamente il contrario.

Le imprese con meno di 50 dipendenti (la grandissima parte delle quali è sotto i 15, quindi non applica il reintegro) hanno assunto nel 2011 solo nel 20% dei casi, contro il 77% delle imprese più grandi. Ovviamente il dato è influenzato dalla facilità relativa di assunzione da parte di una grande impresa rispetto ad una più piccola, poiché è ben differente assumere un nuovo lavoratore su 200 piuttosto che un nuovo lavoratore su 10. Ma appunto dovremmo chiederci se la disoccupazione nel nostro paese, come anche altre arretratezze economiche, non sia dovuta proprio all’eccessiva quantità di piccole imprese rispetto alle grandi, ossia alla eccessiva frammentazione del capitale, frammentazione che provoca inefficienza e rende più difficile al nostro paese la competizione internazionale.

In conclusione si può affermare che i suggerimenti dell’OCSE politica sembrano ampiamente scorrelati dai dati dell’OCSE dei numeri.

 

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9 commenti su “L’OCSE politica contro l’OCSE dei dati

  1. […] il grafico è di un articolo di keynes blog che invito a leggere (in generale mi sembra un blog datto molto bene quindi tenetelo d’occhio) […]

  2. Purtroppo queste ed altre informazioni non trovano la necessaria diffusione sui mass media e rimangono patrimonio di una esigua minoranza!!Ancora complimenti al Blog!

  3. non capisco come si possa affermare che a impedire gli investimenti in italia sia colpa del contratto di lavoro a tempo indeterminato. se c’è una cosa che in questi anni è aumentato è proprio il precariato e l’uso di un infinità di contratti da parte della aziende per non dover assumere a tempo indeterminato. una azienda che volesse aprire un’attività in italia oggi può benissimo farlo sanza assumere un solo operaio a tempo indeterminato. può addirittura procurarsi manodopera gratuita bandendo qualche stage per sfruttare qualche studente alla disperata ricerca di esperienza e magari di un successivo contratto di lavoro (solo il 18% dei casi in lobardia di stage si trasforma in contratto di lavoro, ed è la media più alta in italia quindi figuriamoci) o a bassissimo costo sfruttando gli immigrati. il sospetto è, secondo me, che questa riduzione delle tutele dei contratti a tempo indeterminato serviranno solamente a quelle aziende che sono in italia, e che adesso vorrebbero delocalizzare. il vero limite agli investimenti sono la burocrazia arcaica, l’alto tasso di corruzione e la giustizia lenta e/o impossibilitata ad agire a causa ti termini di prescrizione troppo ristretti.

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  7. […] già messo in evidenza come esistano due OCSE: una è quella dei numeri, l’altra è quella politica. Oggi è la giornata dell’OCSE dei numeri e non sono affatto buoni. Secondo il rapporto […]

  8. […] già messo in evidenza come esistano due OCSE: una è quella dei numeri, l’altra è quella politica. Oggi è la giornata dell’OCSE dei numeri e non sono affatto buoni. Secondo il rapporto […]

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