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Venti anni di decrescita chiamata “fiscal compact”

Ieri la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il cosiddetto “fiscal compact” e il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), l’architrave dell’austerità. Il paese è obbligato quindi, nei prossimi vent’anni, a portare il suo debito pubblico dal 126% (previsioni FMI per il 2012) al 60% del PIL. Si tratta di circa 45 miliardi di risparmi l’anno, miliardo più, miliardo meno, a seconda dell’andamento del ciclo economico. E, si noti, poiché il PIL durante una recessione scende, il rapporto debito/PIL sale. Pertanto il nuovo accordo si configura come una manovra suicida che aggraverà gli effetti di una fase discendente del ciclo.

Per avere una dimensione di paragone, la spending review di cui tanto si parla incide per appena 29 miliardi in tre anni, meno di 10 miliardi l’anno. O, in altri termini, si può dire che per rispettare il fiscal compact lo Stato toglierà agli italiani circa il 3% della ricchezza generata ogni anno.

Con quali effetti? L’esperienza degli ultimi venti anni è significativa. Come abbiamo fatto vedere ieri, nonostante l’avanzo primario sia stato costantemente positivo fino al 2009, il debito si è ridotto di 20 punti in quattordici anni, dal picco del 1995 fino 2008. Questo continuo sottrarre risorse all’economia, unito agli effetti negativi dell’ingresso nell’euro (sia pur bilanciato da minori spese per il debito), non è stato indolore: la crescita negli anni 2000, quelli in cui peraltro l’avanzo primario è stato minore (mediamente il 2% all’anno) ha portato ad una stagnazione, con tassi di crescita reali decisamente bassi, mediamente l’1% fino alla crisi.

E’ facile immaginare quindi che un consolidamento fiscale che cercasse di raggiungere in venti anni un abbattimento del 66% di debito pubblico sul Pil sarebbe ancor più depressivo. E meno dell’1% cosa c’è? Ovviamente zero. O ancor meno, con il risultato che però, negli anni in cui la crescita dovesse essere negativa, il rapporto aumenterebbe e, come Sisifo, torneremmo a riscalare la montagna. Come del resto stiamo facendo proprio ora. Il tutto nell’ipotesi che i tassi di interesse scendano ai livelli degli anni 2000, cosa che probabilmente non avverrà mai, vista la crisi dei debiti sovrani.

Ma la diminuzione del debito pubblico sulla base di una crescente sottrazione di risorse può avere un effetto ancor più traumatico. Quando il debito pubblico scende perché diminuisce la spesa pubblica, infatti, è molto probabile che quello privato salga. Il motivo è che l’austerità costringe imprese e famiglie ad indebitarsi, spesso anche solo per mantenersi. E cosa succede quando il debito privato cresce? La Spagna e l’Irlanda ci dicono molto sugli effetti perversi di questa politica e di come in un paio d’anni si può far schizzare nuovamente su il debito pubblico anche di 70 punti.

Ieri il parlamento ha messo un’ipoteca sul futuro del paese, che il paese potrebbe pagare molto cara.

16 commenti su “Venti anni di decrescita chiamata “fiscal compact”

  1. Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  2. non riesco a credere che dopo 70 anni di know-how sui bilanci pubblici e test sugli effetti “Reali” si faccia confusione tra logiche di microeconomia (famiglia, aziende, riferendomi a pareggi di bilancio) e logiche di macroeconomia (domanda aggregata, occupazione, propensione al consumo). Mi domando a cosa stiano realmente puntando…. Siete d’accordo con me se rispondessi: “A pura speculazione per concentrazione di ricchezza Reale e non finanziaria (vale a dire costo denaro basso per acquisto valore reale alto)”

  3. Una domanda: da quel che ho capito io, il fiscal compact chiede di ridurre di 1/20 il debito rispetto alla differenza tra l’attuale ed il 60%. Ma non significa che dobbiamo arrivare al 60% in 20 anni. Mi sembra un po’ come la storia di Achille e la tartaruga. Quando avremo il 61% di debito pubblico (ipotesi per assurdo… temo che in questa vita non vedrò quell’indebitamento..) dovremo ridurre il debito di 1/20 della differenza tra 60% e 61%. O ho capito male io? I problemi che sollevate restano, certo, ma la prospettiva è molto diversa.

  4. […] Continua a leggere » Like this:Mi piaceBe the first to like this. […]

  5. […] hanno votato a favore: abbiamo 20 anni ed oltre per ricordare in ogni occasione a queste persone il danno decisivo e irrecuperabile che hanno causato con questo voto, al nostro […]

  6. Mercati, investitori e’ ora di chiamarli col loro nome : USURAI , sono infatti usurai quelli che prendono il 6×100 di interesse sul debito degli stati, mettiamo fuori legge l’usura. Monti fa gli interessi degli usurai, contro gli interessi del popolo e bersani gli tiene bordone.
    Monti ruba i soldi al popolo x darli agli usurai

  7. Non riesco a comprendere l’entità delle cifre derivanti dai tagli del fiscal compact, stimate in circa 45Mld l’anno per 20 anni. Ma in questa stima sono compresi anche gli interessi sul debito che maturano ogni anno? perchè altrimenti la cifra potrebbe essere anche tripla!! 2012 gli interessi che matureranno sono stimati per oltre 70Mld e con rendimenti dei titoli di stato così alti si presuppone che il montante, lo stock che si accumula anno per anno, lieviterà in misura ben maggiore. A mio avviso con 45Mld l’anno di tagli non paghi nemmeno gli interessi… o sbaglio? Vladimiro Giacchè ha stimato i tagli derivanti dal fiscal compact in circa 120Mld l’anno. Si veda l’ultima parte di questo articolo:
    http://temi.repubblica.it/micromega-online/approvato-il-vincolo-di-bilancio-vladimiro-giacche-da-oggi-keynes-e-fuorilegge-impossibile-investire/
    La differenza non è poca! sapreste darmi dei ragguagli?

    • Ai 45 miliardi vanno aggiunti ovviamente gli interessi da pagare, ma chiaramente quelli li paghi comunque. La riduzione del debito dovrebbe portare a una riduzione degli interessi pagati, tuttavia se l’economia si indebolisce, sarà sempre più costoso trovare i soldi per rientrare sotto il 60% e pagare gli interessi alla scadenza.

  8. […] Il voto di ieri in Francia che ha visto il Front National di Marine Le Pen affermarsi come primo partito a livello nazionale e conquistare il primo posto in quasi la metà delle regioni, è il risultato di una lunga sequela di errori da parte del presidente francese François Hollande. Errori iniziati già all’inizio del suo mandato quando, dopo una campagna elettorale condotta all’insegna del cambiamento dei rapporti di forza tra Germania e Francia, con la proposta di revisione dei trattati europei, il presidente francese si recò a Berlino per rendere omaggio alla Cancelliera Angela Merkel, promettendole eterna ubbidienza. Poco tempo dopo la Francia ratificò il Fiscal Compact. […]

  9. […] Il voto di ieri in Francia che ha visto il Front National di Marine Le Pen affermarsi come primo partito a livello nazionale e conquistare il primo posto in quasi la metà delle regioni, è il risultato di una lunga sequela di errori da parte del presidente franceseFrançois Hollande. Errori iniziati già all’inizio del suo mandato quando, dopo una campagna elettorale condotta all’insegna del cambiamento dei rapporti di forza tra Germania e Francia, con la proposta di revisione dei trattati europei, il presidente francese si recò a Berlino per rendere omaggio alla Cancelliera Angela Merkel, promettendole eterna ubbidienza. Poco tempo dopo la Francia ratificò il Fiscal Compact. […]

  10. […] Il voto di ieri in Francia che ha visto il Front National di Marine Le Pen affermarsi come primo partito a livello nazionale e conquistare il primo posto in quasi la metà delle regioni, è il risultato di una lunga sequela di errori da parte del presidente franceseFrançois Hollande. Errori iniziati già all’inizio del suo mandato quando, dopo una campagna elettorale condotta all’insegna del cambiamento dei rapporti di forza tra Germania e Francia, con la proposta di revisione dei trattati europei, il presidente francese si recò a Berlino per rendere omaggio alla Cancelliera Angela Merkel, promettendole eterna ubbidienza. Poco tempo dopo la Francia ratificò il Fiscal Compact. […]

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  12. […] Il voto di ieri in Francia che ha visto il Front National di Marine Le Pen affermarsi come primo partito a livello nazionale e conquistare il primo posto in quasi la metà delle regioni, è il risultato di una lunga sequela di errori da parte del presidente francese François Hollande. Errori iniziati già all’inizio del suo mandato quando, dopo una campagna elettorale condotta all’insegna del cambiamento dei rapporti di forza tra Germania e Francia, con la proposta di revisione dei trattati europei, il presidente francese si recò a Berlino per rendere omaggio alla Cancelliera Angela Merkel, promettendole eterna ubbidienza. Poco tempo dopo la Francia ratificò il Fiscal Compact. […]

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