di Olle Svenning sul Aftonbladet, Stoccolma
Durante un discorso alla confederazione inglese dei sindacati, due anni prima della caduta della lady di ferro Margaret Thatcher, il presidente della Commissione europea, Jacques Delors, aveva promesso un’Europa sociale che avrebbe difeso i diritti dei lavoratori e avrebbe garantito la piena occupazione. I militanti sindacali si erano alzati per intonare tutti insieme Frère Jacques in onore del loro salvatore. Durante i primi cinque anni del mandato di Jacques Delors, 12 milioni di posti di lavoro sono stati creati nell’Unione europea. In quel periodo l’eurofilia era un sentimento normale.
Che canzone intonerebbero oggi le confederazioni sindacali europee in onore di Herman van Rompuy, l’attuale presidente dell’Ue? Forse la canzone del suo compatriota Jacques Brel, On n’oublie rien [“Non dimentichiamo nulla”]. Oggi infatti l’Unione conta 17 milioni di disoccupati.
La settimana scorsa le organizzazioni sindacali di tutta Europa hanno manifestato contro il trattato fiscale dell’Ue, che raccomanda tagli drastici del piano sociale, accompagnati da riduzioni dei diritti e delle libertà civili. In questo modo l’Europa ha definitivamente seppellito l’ideologia sociale dello stato assistenziale, che era stata sostenuta tanto dai cristiano-sociali che dai socialdemocratici, i due grandi partiti europei.
Attraverso il suo patto di stabilità, l’Ue impone la concezione thatcheriana dell’economia all’insieme dei suoi paesi membri. Ricordiamo però che il capitalismo autoritario di Thatcher era stato approvato dai cittadini attraverso un’elezione democratica. Al contrario, l’Ue prende le sue decisioni senza alcuna legittimità popolare o democratica. Le alte istanze dell’Ue vogliono prima di tutto salvare l’euro – la moneta simbolo della follia economica e della tracotanza politica che divide l’Europa fra le regioni ricche e quelle condannate alla povertà.
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