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Monti contro Keynes

“Accogliamo con favore l’attenzione maggiore degli altri Paesi sulla crescita europea, senza che ciò comporti un contrasto con la disciplina di bilancio a cui si è arrivati grazie all’iniziativa tedesca”

“L’Europa ha bisogno di politiche per l’aumento della crescita potenziale, ed evitare politiche che in modo effimero darebbero l’impressione di lavorare per la crescita. [Bisogna evitare] politiche keynesiane di vecchio stampo che favoriscano l’espansione di deficit di bilancio. La crescita potenziale deve fondarsi sulle riforme strutturali”.

“Le riforme come quella del mercato del lavoro o delle liberalizzazioni vanno verso l’obiettivo di aumentare il tasso di crescita potenziale nel medio termine. Queste sono le politiche su cui dovremmo concentrarci a livello europeo e nazionale. Le riforme strutturali agiscono sul lato dell’offerta a livello europeo”.

Dobbiamo ringraziare il professor Monti per la chiarezza che ha messo in queste parole. Una chiarezza che finalmente stabilisce uno spartiacque tra chi pensa che il mercato si aggiusti da solo a patto di fare quelle “riforme strutturali” che limitino l’intervento pubblico e le regole e chi invece pensa che l’intervento pubblico e le regole debbano servire proprio a limitare la tendenza dei mercati a fallire, come è accaduto drammaticamente nel 2007/2008.

Al professor Monti vorremmo rivolgere qualche domanda:

1) Come pensa di far crescere il potenziale produttivo del nostro paese senza l’intervento pubblico? Chi spingerà le imprese italiane ad investire su produzioni a maggiore valore aggiunto? Il mercato? Non lo ha fatto sinora, perché dovrebbe accadere da oggi in avanti? Chi finanzierà la ricerca e l’innovazione? Le banche che vivono un momento di enorme difficoltà? Le imprese in crisi?

2) Non crede che la deregolamentazione nel mercato del lavoro e quindi l’ulteriore abbassamento della quota salari avrà l’effetto di deprimere la domanda interna?

3) Non crede che la riduzione salariale sarà una scusa per le imprese proprio per non effettuare quegli investimenti di cui vi è un urgente bisogno? Non è proprio questa, paradossalmente, una politica di breve periodo che ostacola, piuttosto che favorire, quell’upgrade del nostro tessuto produttivo che non è arrivato finora? Non abbiamo già percorso questa strada con le riforme del mercato del lavoro che non hanno prodotto risultati significativi e che in più hanno creato incertezza nelle giovani generazioni?

4) Anche ipotizzando che nonostante la carenza di intervento pubblico le imprese italiane si rinnovino e aumentino il loro potenziale produttivo, a chi pensa che esse potranno vendere? Ai paesi emergenti che hanno e intendono mantenere surplus commerciali e che, avendo una propria moneta, possono svalutare in ogni momento? Ai paesi forti dell’Eurozona che hanno un vantaggio competitivo di 15-20 anni e che in più fanno anche deflazione salariale, deprimendo la loro domanda interna e quindi quella verso l’estero? Ai paesi deboli che sono in difficoltà più di noi? A che serve aumentare il potenziale se nessuno compra, se la domanda effettiva scarseggia e senza intenzione di gestire questa domanda?

Caro Professore, le politiche keynesiane non sono affatto “vecchie” e non sono “scavar buche”. Sono investimenti e gestione della domanda. Non solo hanno assicurato crescita sostenuta nel dopoguerra al mondo occidentale ma sono state l’architrave per la crescita dei paesi emergenti. Sarebbero il miglior antidoto allo squilibrio delle bilance commerciali interne all’UE. Punti su regole europee contro la deflazione salariale. Aiuti il Paese a sostituire le importazioni con produzioni locali. Subordini gli incentivi a precisi impegni delle imprese a cui sono destinati in termini di innovazione e stabilità occupazionale. Chieda alla Germania, che dalla “prodigalità” dei paesi periferici ha tratto profitto, di farsi carico della crisi, invece di elogiarla per il rigore. Chieda la riforma della Banca Centrale Europea perché divenga un partner dei governi per la crescita.

Mentre il mondo intero chiede all’Europa un nuovo New Deal, mentre si invocano Piani Marshall, dire che le politiche keynesiane sono “vecchie” suona davvero bizzarro e induce a rimandare azioni sempre più urgenti ai fini dello sviluppo.

10 commenti su “Monti contro Keynes

  1. Mi pongo e Vi pongo una domanda:Cosa intendete per crescita,produrre milioni di auto,televisori,cucine ,feigorigeri o continuare a costruire edifici nuovi mentre vi sono centinaia di migliaia di case,edifici,locali sfitti e abbandonati.A chi si dovrebbero vendere tutte le produzioni che ipoteticamente si dovessero realizzare.Tutte le macchine (automobili) in circolazione si potrebbero cambiare e dare lavoro a parecchia gente solo se si decidesse di rinunciare al petrolio.L’euro è l’unica cosa buona che si sia fatta per l’Europa dopo la fine delle guerre che servivano a ridurre la popolazione e a rilanciare l’economia con le industrie belliche prima e con la ricostruzione dopo e siccome le guerre è meglio non farle cerchiamo di vivere dignitosamente accontentandoci del minimo necessario e provvedendo a curare i nostri anziani invece di parcheggiarli nelle anticamere della morte,pagando fior di quattrini e non lo dico perchè sono anziano io ma perchè sarebbe bene svegliarsi dal brutto sogno.

    • Caro signor Battista, il ragionamento che lei fa, nel quale sento echi della filosofia della “decrescita” non mi convince. Ma non voglio farle un discorso teorico, invece sarò estremamente pragmatico.

      Lei scrive: “Tutte le macchine (automobili) in circolazione si potrebbero cambiare e dare lavoro a parecchia gente solo se si decidesse di rinunciare al petrolio.”

      Questa è un’ottima idea ed è quello che chiede la comunità scientifica e tanti economisti. Per farlo occorre investire e tutto questo processo crea, appunto, crescita. Voglio rilanciare: il progresso tecnico nella produzione di energie “verdi” fa passi da gigante ogni anno. Già oggi la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è un settore importantissimo. Ma noi, in Italia, siamo solo consumatori di impianti costruiti in Germania o Cina. Quanto lavoro si creerebbe in Italia se producessimo noi questi impianti e smettessimo di importarli?

      “L’euro è l’unica cosa buona che si sia fatta per l’Europa dopo la fine delle guerre”

      L’euro non è un male in sé, ma per come è stato cotruito. Una moneta senza stato, senza debito pubblico e senza una Banca centrale che lo monetizza quando necessario.

      “cerchiamo di vivere dignitosamente accontentandoci del minimo necessario”

      Perché dovremmo accontentarci quando invece il progresso tecnico può assicurare benessere per tutti?

    • questa domanda falla a Monti

  2. L’intervento sopra mi dà il destro per sottolineare un aspetto che, a mio avviso, è spesso trascurato.

    La nostra generazione ha di fronte a sè una delle più enormi possibilità di business che si siano mai presentate nella storia dell’umanità:

    RICOSTRUIRE TUTTA LA NOSTRA TECNOLOGIA IN VERSIONE GREEN!

    E’ un mercato enorme, ed un esempio di possibile politica keynesiana assolutamente virtuoso, caratterizzato da alto valore aggiunto, alta tecnologia e non molto capital-intensive.

  3. […] di deficit di bilancio. La crescita potenziale deve fondarsi sulle riforme strutturali”. Continua a leggere » Like this:LikeBe the first to like this […]

  4. non capisco come Monti possa definire vecchie le politiche Keynesiane, semmai sono stantie e bollite le politiche neo-liberiste applicate da decenni in Europa e in gran parte degli Stati più industrializzati della terra, che hanno dimostrato, conti alla mano, il loro fallimento.

  5. Pensare di rivolgersi a Monti e ai suoi discepoli (compreso tanti del PD) è tutto tempo perso, mentre è necessario rivolgersi ai cittadini per fare crescere una cultura alternativa a quella dominante. Mi permetto di fare osservare che si usano termini sbagliati che non favoriscono una cultura diversa perché dire come fanno tanti di una decrescita felice è una pura stupidità, crescita felice vuol dire spostare gli investimenti verso il benessere collettivo (sanitario, formativo e culturale nel senso esteso,ecc.); dall’altra si insiste troppo sulla economia “verde” non perché in se sia sbagliata, ma perché abbiamo perso terreno proprio in tecnologia favorendo l’acquisizione di aziende italiane dove ancora esiste (la Ducati è l’ultimo esempio), e senza un patrimonio tecnologico sarà difficile avere spazi nella tecnologia del futuro compreso quella verde.

  6. […] Posted: 7 maggio 2012 in Economia, Italia Etichette: Keynes, Monti 0 Articolo tratto da KEYNES BLOG. Ricordo, come “approfondimento”, l’articolo Il pareggio di bilancio inserito […]

  7. […] che il problema sono le esportazioni tedesche, o confusamente “keynesiani” come quelli che senza investimenti pubblici non si cresce, non condividerà la premessa e quindi difficilmente si avventurerà oltre il primo capitolo. Ma, […]

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