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Uragani, terremoti e previsioni economiche

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di Francesco Sylos Labini da Il Fatto Quotidiano online

L’antica domanda “cosa accadrà nel futuro?” è posta allo scienziato moderno in maniera sempre più pressante, poiché le previsioni giocano un ruolo fondamentale non solo per la scienza e per lo stesso metodo scientifico, ma hanno anche sempre più il ruolo di garantire una base razionale alle decisioni in ambito di politiche globali o locali, protezione civile, prevenzione sanitaria, ecc. Occorre perciò distinguere tra le previsioni prettamente scientifiche e le quelle mirate a guidare decisioni e quindi come servizio alla collettività.

Per mettere a confronto i metodi e i concetti usati per comprendere come si svilupperà un certo fenomeno nei diversi contesti scientifici e sociali, ovvero in meteorologia e climatologia, in fisica, in geologia, in epidemiologia e in economia, ed in che modo le conoscenze scientifiche si traducono in previsioni utili alla verifica delle teorie scientifiche e alle politiche di intervento, a dicembre abbiamo organizzato il convegno dal titolo “Si può prevedere il futuro? Ruolo e limiti della scienza” in cui sono stati messi a confronto scienziati di diverse discipline che si occupano di fare previsioni per interesse puramente scientifico o per servizio alla collettività. I contributi dei campi assimilabili alle scienze esatte sono pubblicati sul numero di giugno di Le Scienze.

L’affidabilità delle previsioni dipende da una serie di fattori: in primo luogo dalla conoscenza delle leggi dinamiche che regolano un certo fenomeno e dalla precisione con cui si riescono a misurare le variabili macroscopiche rilevanti per un dato sistema. In genere un insieme ben consolidato diconoscenze scientifiche non si traduce in previsioni prive d’incertezza, nella migliore delle ipotesi per i limiti di natura intrinseca ai fenomeni d’interesse. Questi limiti non sempre sono compresi dal decisore politico, dai mezzi d’informazione o dall’opinione pubblica e per questo è necessaria una discussione interdisciplinare su questi temi che coinvolga non solo gli specialisti. Delineare e comprendere i limiti della capacità di fare previsioni può mettere anche in luce cosa ci si possa ragionevolmente aspettare dagli specialisti di una certa disciplina per quel che riguarda la loro capacità di prevedere il futuro e per la solidità e l’affidabilità intrinseca della disciplina stessa. A questo riguardo, un caso certamente peculiare è rappresentato dall’economia.

Con il perdurare e l’aggravarsi della crisi economica, la famosa domanda della Regina d’Inghilterra del 2008, perché la gran parte degli economisti non è stata capace di prevedere la più devastante crisi dell’ultimo secolo, è sempre più attuale. Le politiche d’austerità oggi applicate sono proposte dagli stessi economisti che fino a qualche anno fa spiegavano che la macroeconomia aveva raggiunto il suo scopo di prevenire le depressioni economiche. Un noto economista della scuola di Chicago, di fronte al fatto di non essersi accorto della crisi incombente ha scritto che “la crisi economica non poteva essere predetta perché la teoria economica predice che questi eventi non possono essere predetti”. Questa dichiarazione è paradossale se la confrontiamo con le scienze esatte, in cui le previsioni di ogni teoria sono continuamente confrontate con gli esperimenti.

La scienza si differenzia dall’ideologia proprio perché è sottoposta a verifica sperimentale. In economia, di là dalla capacità di prevedere un singolo evento catastrofico, come il fallimento della Lehman Brothers nel 2008, il problema è identificare le cause e le condizioni dell’instabilità del sistema economico. Facendo un’analogia con la scienza che studia i terremoti, il problema prima di tutto è identificare quale sia una zona sismica mentre prevedere il momento preciso in cui un sisma accade al momento è impossibile.

A questo riguardo bisogna porre l’attenzione sulle basi delle teorie economiche e chiedersi se gli assiomi fondamentali usati sono davvero sottoposti a test empirici. Ad esempio: i mercati quando sono lasciati liberi tendono a un equilibrio che massimizza l’efficienza economica o sono completamente selvaggi? Chi crede e assume che i mercati liberi siano efficienti e si auto-regolino verso un equilibrio, sarà portato a proporre un ruolo dei mercati sempre più importante e a “affamare la bestia”, lo Stato che per sua stessa natura è considerato come corrotto e clientelare.

Se invece si trovasse, nell’evidenza empirica, che i mercati, quando sono lasciati liberi, sono dominati da fluttuazioni selvagge che generano pericolosi squilibri e disuguaglianze, allora si sarà indotti a proporre un maggiore intervento dello Stato, cercando di migliorare l’efficienza di quest’ultimo, proprio per mitigare situazioni estreme. Le fluttuazioni dei mercati finanziari sono osservate infatti essere molto più grandi di quello che sperano gli adepti dell’equilibrio che dunque preferiscono dimenticare il confronto con i dati e, rifugiandosi in inutili disquisizioni teoriche, cercano di far passare scelte politiche per neutri risultati scientifici.

Tuttavia non si può pretendere di avere il prestigio di una scienza esatta senza pagare il dazio della bontà delle previsioni: per questo presentare l’economia come una neutra disciplina tecnica è sostanzialmente una truffa.

38 commenti su “Uragani, terremoti e previsioni economiche

  1. L’articolo coglie il punto. Cos’è il metodo scientifico? E’ innanzitutto quello di rilevare i fatti e laddove possibile, riprodurre in laboratorio gli esperimenti. Nell’economia i laboratori non ci sono e quindi si parte in svantaggio. C’è la statistica ma soprattutto c’è l’evidenza empirica e prima ancora la buona fede. L’economista più di chiunque deve tenere conto che l’osservatore influenza il fatto osservato quando trae conclusioni. I liberisti per esempio quando procedono per induzione lo fanno in modo analogico e non logico, creando un contagio del senso. Ecco per esempio il mito della mano invisibile da Adam Smith, quando “analogicamente” si rifà al concetto della meccanica newtoniana per intravedere (e spiegare?) un equilibrio “naturale” dei fatti economici che invece non esiste. Da li in poi tutte analogie, descritte perfettamente in forma matematica ma solo a livello di significante perché prive appunto di vero significato empirico.

  2. Il problema della scienza economica è che si ritiene una scienza, ma ne rifiuta o metodi. Il metodo scientifico consiste nella:

    1) Osservazione del fenomeno su cui si intende investigare e raccolta dati su esso.
    2) Creazione di una teoria.
    3) Test di verifica della teoria.
    4) Pubblicazione della teoria ed eventuale creazione di una nuova tecnologia.
    5) Critica della teoria comunemente accettata e ritorno al punto 1.

    Se esaminiamo la teoria di Milton Friedman troviamo che essa consiste in una serie di assunti filosofici, tipo l’assolutezza del ” libero mercato”, su cui ci sarebbe da dire parecchio o la visione anglo-centrica del modello. Proprio la visione anglo-centrica mostra una delle pecche maggiori: il Mondo è l’America, meglio gli U.S.A., il resto non conta. Ma il Mondo, questo piccolo pianeta, è molto più grande e complesso, ha un sua Storia complessa e dinamica e la Storia, come sempre succede, presenta il conto. La sua teoria mostrava di per sè il proprio Errore proprio con la sua prima cavia: il Cile, anno 1971. Il Cile, i Cileni, non si comportavano secondo la sua teoria? Bene, si eliminino. Del metodo scientifico Friedman eliminava in un sol corpo i punti 1,2,3 e dimostrava che la ” Dottrina del Libero Mercato” pur di adeguare la realtà ai suoi dogmi sarebbe passata su tutto e tutti. E la stiamo subendo da 40 anni… I problemi che si sono venuti a creare poi nascono dalla convergenza di più crisi:

    1) Crisi del dollaro. La crisi inizia nel 1971 con la fine della sua convertibilità in oro e la sua soluzione momentanea con le due crisi petrolifere e la nascita dei petro-dollari. Assistiamo alla nascita del dollaro-carta da parati. Nota: quest’anno la FED ( consorzio di banche private) muore, è finito il contratto di 99 anni sancito nel 1913.
    2) Imposizione globale di un unico modello economico: Il Libero Mercato Globale. De-regolarizzazione dei traffici commerciali, terzializzazione dell’economia, crisi finanziarie a ripetizione, disoccupazione di massa. Se vogliamo un modello storico pensiamo all’Inghilterra vittoriana, senza gold-standard e globale.
    3) Collassi generali sociali. L’economia, meglio la finanza, pensa solo a se stessa, non ha più legami col mondo reale. Per giunta si afferma, anzi si giustifica, la polarizzazione della ricchezza unita anche alla nascita di una mentalità da casinò. E si verifica un fenomeno classico: le periferie muoiono. Periferie non solo in senso economico, ma anche sociale, statuale, fisico, materiale.
    4) Come reagisce uno stato in crisi? Con le guerre. Ma anche con la rinuncia alla propria sovranità. L’euro nasce dopo un lungo percorso storico iniziato col Serpente Monetario degli anni 70 del secolo scorso. Nessuno osa controllare il mostro… e più passerà il tempo, più la/le crisi si mostrerà/mostreranno.

  3. L’ha ribloggato su flaneurkh.

  4. il problema è:che i dati raccolti vanno interpretati (ora se anche togliessimo completamente la malafede è riducessimo al minimo la ideologia) nessuno potrebbe spersonalizzarsi completamente,e quindi interpretera sempre quei dati in maniera soggettiva.ed anche se fosse un gruppo di studi a lavorare sui dati lo stesso il problema non potrebbe essere eliminato…inoltre la disciplina economica ha implicazione e correlazione con altre discipline sociali,oltre che con la matematica….ed essendo che è molto piu facile capire le cose,che capire gli uomini avrai sempre discipline infarcite sempre di forte individualita,e di ideologia…se ha questo aggiungiamo che il comportamento umano va complessivamente da un estremo di buonismo a comportamenti (sociali)criminali arrivi a quello strano connubio come quello attuale dove i dati magari non dicono completamente quello che alcuni di noi pensa che essi (ci dicano?) ma sicuramente smentiscono le opinioni delle correnti principale del pensiero (attuale)economico…e questo dovrebbe bastare per ammettere che l,impianto ideologico e sbagliato…..su questo non ci sono dubbi

  5. […] L’antica domanda “cosa accadrà nel futuro?” è posta allo scienziato moderno in maniera sempre più pressante, poiché le previsioni giocano un ruolo fondamentale non solo per la scienza e per lo stesso metodo scientifico, ma hanno anche sempre più il ruolo di garantire una base razionale alle decisioni in ambito di politiche globali o locali, protezione civile, prevenzione sanitaria, ecc. Occorre perciò distinguere tra le previsioni prettamente scientifiche e le quelle mirate a guidare decisioni e quindi come servizio alla collettività. Continua a leggere » […]

  6. L’economia e’ una scienza nel senso che usa il metodo scientifico ma non è una scienza esatta,come la fisica, dove gli esperimenti sono riproducibili, inoltre una teoria è vera se “falsificabile” nel senso Popperiano del termine, quindi sulle teorie economiche andrebbe riportato “maneggiare con cura” e ci vorrebbe quindi da parte degli economisti un pò meno spocchia e un pò più di sano senso del limite, soprattutto se i modelli sono semplificazioni della realtà basate su assunzioni ad esempio di razionalità che sono poco realistiche, Keynes non per niente dava molto rilievo anche agli aspetti non razionali e Pareto si è dedicato dopo all’economia alla sociologia, insomma c’è molta strada da fare e far tesoro degli errori del passato per guardare al futuro con i pedi per terra.

  7. La regina non era ben informata : quello che segue è anche scritto nella sua lingua acquisita (come il nuovo cognome) e contiene previsioni ben anteriori al 2008.

    Fai clic per accedere a publication16345_en.pdf

  8. Uno dei vostri migliori articoli

  9. Mi potrebbe spiegare con quale test empirico intende falsificare la proposizione “i mercati, quando sono lasciati liberi, sono dominati da fluttuazioni selvagge che generano pericolosi squilibri e disuguaglianze”? Ambiziosa come research question, ma mi piacerebbe vedere i suoi risultati. In ogni caso lei ci va spesso a sentire seminari di economia? Io sì e di solito si parla di come spiegare delle osservazioni empiriche.

  10. Sinceramente non mi pare proprio che la distribuzione gaussiana sia un assioma della teoria economica. Se e’ cio’ che la disturba non penso ci sia nessun problema… Assuma la distribuzione che preferisce. Non vedo comunque cosa c’entri con la sua proposizione sui pericoli, le disuguaglianze, l’intervento dello stato, etc.

    Quanto all’equilibrio, se ha un modello con disequilibrio e che ha testable implications mi piacerebbe vederlo, e lo dico senza ironia. Saluti.

    • Che le fluttuazioni siano Gaussiane è assunto in qualsiasi modello che descrive le fluttuaizoni nei mercato finanziari (black scholes). Il punto è: se il mercato reale presenta delle fluutuazioni che sono molto più grandi di quelle gaussiane “l’equilibrio” non verrà mai raggiunto. Per il resto la rimando alle referenze che già le ho dato nel commento sopra.

  11. Si ma appunto questo non e’ un problema fondamentale della teoria economica. Se vuole puo’ riscrivere l’RBC model con shocks non gaussiani. E cio’ non c’entra nulla con l’intervento dello stato.

    Secondo me lei confonde i modelli previsivi che usano le banche di investimento nei loro fogli excel con la teoria economica, che con la previsione secondo me ha molto poco a che fare, e questo conferma che lei ai seminari di economia non ci va, si limita a scriverne sul fatto quotidiano. Mi corregga se sbaglio, naturalmente.

  12. Eppure una domanda la vorrei fare, consapevole della mia somma ignoranza. Quale sarebbe l’unità di misura o le unità di misura universali che tutti dovrebbero riconoscere per poter discutere di economia in termini scientifici? Un tempo con un dollaro si comprava una certa quantità di pane, di lavoro o di oro e viceversa anche a distanza di cento anni. Adesso? La prego mi risponda!

  13. Quindi mi faccia capire: non le piacciono i modelli microfondati perche’ non azzeccano le previsioni e non usano abbastanza i dati (whatever that means, in realta’ mi pare il contrario), pero’ propone di usare i modelli agent based, che (1) se c’e’ una cosa che non sono costruiti per fare e’ prevedere (lo riconosce persino l’articolo da lei linkato, che pure e’ scritto da entusiasti di agent based!) e (2) per costruzione non si possono stimare perche’ non hanno parametri strutturali.

    Interessante…

    In ogni caso, no, io non vado a seminari di fisica e matematica, e infatti non mi salta mai in mente di scrivere un articolo in cui dico che bisogna cambiare paradigma teorico in fisica “perche’ i fisici non hanno previsto il disastro di fukushima…” o storie del genere.

    • non ho affatto proposto di usaremodelli agent based l’articol che ho linkato si intitola “Econmics needs a scientific revolution” cosa che salta agli occhi di chiunque ha studiato cosa sia una teoria scientifica e come funziona la scienza.

  14. Amen.

    • Vede Lantieri, io non sono un economista né mi interessa esserlo. Però so bene cosa sia la scienza e come funziona visto che il mio mestiere è fare il fisico. L’articolo che le ho linkato è un editoriale su Nature scritto da uno dei maggiori fisici teorici francesi nonché presidente del più importante Hedge Fund francese (http://en.wikipedia.org/wiki/Jean-Philippe_Bouchaud). Benoit Mandelbrot, autore del libro che anche le ho segnalto, è stato il matematico più importante del XX secolo. La discussione sulla scientificità dell’economia è svolta ad esempio da Donald Gillies, alliveo di Popper e uno dei massimi filosofi della scienza inglesi (http://et.worldeconomicsassociation.org/article/download/26/7). Al tema delle privisioni abbiamo dedicato un convegno ed il numero di Le Scienze di giugno contiene uno speciale con ben 5 contributi. Ho capito voi economisti non avete alcuna base scientifica. Ma almeno un po’ di umilità non guasterebbe. Amen.

    • Vede Lantieri, io non sono un economista né mi interessa esserlo. Però so bene cosa sia la scienza e come funziona visto che il mio mestiere è fare il fisico. L’articolo che le ho linkato è un editoriale su Nature scritto da uno dei maggiori fisici teorici francesi nonché presidente del più importante Hedge Fund francese. Benoit Mandelbrot, autore del libro che anche le ho segnalto, è stato il matematico più importante del XX secolo. La discussione sulla scientificità dell’economia è svolta ad esempio da Donald Gillies, alliveo di Popper e uno dei massimi filosofi della scienza inglesi. Al tema delle privisioni abbiamo dedicato un convegno ed il numero di Le Scienze di giugno contiene uno speciale con ben 5 contributi. Ho capito voi economisti non avete alcuna base scientifica. Ma almeno un po’ di umilità non guasterebbe. Amen.

  15. A mio modo di vedere l’umilta’ e’ parlare delle cose che si conoscono, almeno un pochino.

    Ma non e’ questo il punto. Il punto e’ che dire che serve una rivoluzione scientifica non e’ un gran contributo, Dica che cosa vorrebbe avere in modello, che al momento non c’e’, construisca il suo modello e poi ci faccia vedere se il suo nuovo modello funziona meglio di quello che gia’ c’e’, almeno in alcune dimensioni. (non e’ cosi’ che si fa scienza nel suo campo?)

    Solo che questo processo implica mettersi a fare l’economista, con umilta’, invece di scrivere sul fatto quotidiano o linkare contributi disparati che se messi insieme non hanno nessuna coerenza. Ma lei questo non lo vuole fare, mi par di capire.

    • Bouchouad ha scritto l’editoriale “Economics needs a scientific revolution” dopo che ha scritto il libro “Theory of Financial Risk and Derivative Pricing” pubblicato per la Cambridge. I contributi che linkato hanno parecchia coerenza, ma bisogna prima studiarli e magari capirli.

  16. Senta mi ha linkato un libro di Mandelbrot e poi un numero di nature che parla di agent based models. Non dubito che siano individualemente coerenti e interessanti. Messi insieme non so. Anyway, vedo che evita accuratemente il punto centrale.

  17. Le ripeto una domanda posta ieri a cui mi sembra lei non abbia risposto. può sembrare una domanda provocatoria o banale mai io consapevole della mia somma ignoranza ritengo che sia una domanda appropriata sopratutto se rivolta ad un fisico o ad un matematico. Quale sarebbe l’unità di misura o le unità di misura universali che tutti dovrebbero riconoscere per poter discutere di economia in termini scientifici? Un tempo con un dollaro si comprava una certa quantità di pane, di lavoro o di oro e viceversa anche a distanza di cento anni. Adesso? La prego mi risponda!

  18. Quali sono le unità di misura nel mondo dell’economia?
    Non certo il denaro che cambia valore ad ogni momento ne il lavoro, che spesso non viene neanche pagato.
    Quali sono le unità di misura certe e verificabili e che tutti riconoscono come tali che si usano per sviluppare teorie e creare sistemi valutativi affidabili?

    • mi sembra che lei ponga un problema piuttosto concettuale a cui non so rispondere in maniera univoca.

  19. Gap tra uno scienziato ed un ignorante.
    E’ frequente e spesso si risolve con la rinuncia ad ulteriore scambio di informazioni tra i due informazione alla cui efficacia il calcolo delle probabilità darebbe un valore bassissimo.
    Ci riprovo cercando di essere più preciso sapendo che la distanza culturale è enorme (senza che questo implichi giudizio alcuno)
    Lei ha già dichiarato, argomentandolo, che “non si può pretendere di avere il prestigio di una scienza esatta senza pagare il dazio della bontà delle previsioni: per questo presentare l’economia come una neutra disciplina tecnica è sostanzialmente una truffa.”
    E questo a me piace molto, da oggi in poi saprò come rispondere a qualcuno che pretende di cancellare tutto il residuo welfare dietro pretestuose argomentazioni economiciste
    Mi rimane una domanda per andare a fondo di questa questione perché io sono ignorante ed estremista e penso proprio che gli economisti discutano molto senza essersi mai dati un “SI” universalmente riconosciuto. Cosa che inficerebbe la maggior parte delle loro tesi, lasciando valide solo le ipotesi di alcuni, famosi, che si sono sempre ricordati di dire “in un sistema chiuso” prima di fare qualsiasi successivo avventuroso passo.
    Se dico ampere lei o chiunque altro al mondo sa, o può sapere con assoluta certezza cosa sto dicendo con assoluta precisione, altrettanto si può dire se io dico candela metro chilogrammo mole kelvin secondo. In rapporto a queste relativamente poche unità di misura si possono definire tantissime altre unità di misura molte delle quali sconosciute ai più che però sono sempre ricostruibili con esattezza e certezza.
    Esiste un sistema internazionale di unità di misura nel campo dell’economia che permetta di confrontare gli studi e le ipotesi di un economista con quelle di un altro economista in maniera certa ed affidabile come si conviene ad una scienza esatta e, mi voglio sbilanciare, popperianamente confutabile?
    Io, lo confesso, spero che lei mi risponda di no, ma siccome penso che sia bello conoscere e riconoscere la propria ignoranza, vorrei che fosse lei a dirlo perché la mia opinione vale poco.
    Poi stamperò la risposta e la prossima volta che mi trovo a discutere con persona più competente di me potrò rispondere: guarda che Sylos Labini dice un’altra cosa. Farò come tutti, citerò qualcuno di cui ho stima per dare forza alle mie opinioni.

    • la questione che pone è non banale. la risposta non è semplice. in breve l’idea che mi sono fatto è che ci sono grandezze monetaria che si misurano relativamente semplicemente e ci sono altre grandezze che sono connesse alla potenzialità di generare ricchezza e che pure si possono quantificare anche per questo ci vogliono tecniche e concetti più sofisticati. Ne parlo sul mio editoriale su Left domani.

  20. Grazie per la risposta che considero esaustiva rimandi compresi, pur con il mio livello culturale medio superiore di quaranta anni fa la mia fiducia nelle scienze esatte è quasi fondamentalista :-)
    vado a cercare il suo articolo convinto però che la variabile umana, fondamentale in economia, sia e rimanga imponderabile ed incontrollabile sia dal lato spesa sia da quello delle decisioni dei governi.

  21. ops è saltato un pezzo…….”a meno che i governi non decidano e dichiarino apertamente cosa vogliono ottenere e lo facciano direttamente e senza delegare le decisioni a lobbies di parte”

  22. Finalmente un articolo condivisible del keynesblog.

    L’economia sara’ (forse) una sceinza esatta quando avremo la Delorean di “Ritorno al Futuro” e sara’ possbile ripetere gli esperimenti.

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