4 commenti

Lucarelli e Brancaccio sul Nobel per l’Economia a Roth e Shapley

di Stefano Lucarelli, da il manifesto del 17 ottobre 2012

Alvin E. Roth (Harvard University) e Lloyd S. Shapley (University of California) sono stati insigniti del premio Nobel per l’economia. In un certo senso l’Accademia delle Scienze Svedesi riconosce la necessità di tornare a ragionare sul problema basilare che caratterizza la teoria economica nelle sue vesti mainstream: l’allocazione delle risorse.

Lo schema teorico da cui le ricerche di Roth e Shapley prende il via è un articolo del 1962 di Gale e Shapley sul American Mathematical Monthly in cui il rapporto sociale fra lavoratori e imprenditori è ridotto a problema di allocazione dei lavoratori. Gli autori riconoscono che nel mercato possono presentarsi dei problemi: un certo lavoratore potrebbe essere assunto da un datore di lavoro, nonostante questo non rappresenti la sua prima scelta, anche nel caso in cui il datore di lavoro presso il quale avrebbe voluto lavorare avrebbe potuto manifestare la volontà di assumerlo. Gale e Shapley vanno in cerca di un algoritmo, da tradurre in un meccanismo istituzionale, in grado di risolvere questa disfunzione del mercato: lo chiamano deferred-acceptance algorithm. Roth lo descrive in un suo articolo del 2007 come un meccanismo in grado di individuare un incontro stabile fra coppie di agenti diversi. Gli agenti che ricevono più proposte di quante ne possano accettare rifiutano immediatamente quelle che gradiscono di meno, ma non accettano subito le proposte che non rifiutano; le accettazioni sono differite nel tempo. Nel mentre, gli agenti che sono stati rifiutati avanzano nuove proposte, ciò dà luogo a nuovi rifiuti, finché non esistono più agenti che vogliono avanzare proposte. A questo punto tutte le proposte che non sono state rifiutate ma che non sono ancora state accettate danno luogo a degli scambi effettivi.
In un articolo del 1991 sull’Economic Journal, Roth aveva presentato una serie di risultati empirici ottenuti ridefinendo l’algoritmo in un contesto strategico (di teoria dei giochi) valutandone l’effettiva portato attraverso diversi esperimenti effettuati in laboratorio.
L’algoritmo è stato effettivamente utilizzato nei procedimenti di ammissione alle scuole superiori della città di New York e a Boston: la procedura di ammissione prevede delle clearinghouses che funzionano secondo l’algoritmo su illustrato adattato ai bisogni locali. Tuttavia già negli anni Cinquanta una struttura istituzionale simile era stata applicata nel mercato del lavoro dei medici limitatamente al primo impiego.
Roth e Shapley sono senza dubbio dei raffinati ingegneri istituzionali attenti soprattutto alle compatibilità che devono emergere dall’interazione tra attitudini cognitive degli agenti economici e regole procedurali disegnate sui mercati. Sono testimonianza di ciò che oggi l’Economics vuole essere: una sorta di scienza universale capace di ridurre ogni comportamento individuale e sociale a problema allocativo. In questo scenario dominano i tecnici. Le applicazioni sul mercato del lavoro del deferred-acceptance algorithm ben si sposano con l’idea che la contrattazione collettiva sia una struttura istituzionale da superare per aspirare ad una stabilità che si fonda su scambi individuali. I lavoratori non sono concepiti come forza lavoro, e tutta l’architettura istituzionale sorretta dai teoremi e dagli esperimenti mira – a ben vedere – a non far emergere una classe, ma un insieme di agenti per l’appunto riducibili ad una scala di preferenze. Eppure – come scriveva Einaudi – sul mercato si soddisfano domande, non bisogni. L’idea che un algoritmo possa liberare gli uomini dalle costrizioni provenienti dai propri bisogni è quindi non solo inquietante, ma illusoria, rappresenta una rappresentazione della realtà che è falsa. Può tuttavia avere un carattere performativo, laddove non sia respinta con forza da quegli stessi lavoratori ai quali verrà presentata come ricetta tecnicamente ineccepibile e foriera di risultati concreti. Tuttavia occorrerebbe riflettere sul fatto che l’economia sperimentale, ambito di ricerca molto affascinante (e molto costoso da praticare, pertanto dominio quasi esclusivo delle Università Americane), può ottenere risultati empirici significativi che sono dipendenti dalle condizioni in cui l’esperimento viene effettuato. La società non è replicabile in laboratorio, men che meno il rapporto capitalistico su cui nella nostra società si basa il mercato del lavoro.
Queste considerazioni corrono il rischio di risultare meramente polemiche se lette da tanti colleghi che con grande impegno e buona fede cercano di rendere più realistica la teoria economica introducendo nei modelli e nell’analisi empirica aspetti istituzionali, sociali e cognitivi sinora trascurati. Occorre però guardare alla realtà. Siamo di fronte ad un tasso di disoccupazione che – contando gli scoraggiati – secondo la Banca Centrale Europea sarebbe al 12,5%, ben quattro punti percentuali superiori rispetto alle stime ufficiali. Gli scoraggiati passano da 1.287.000 nel 2007, a 1.664.000 nel secondo trimestre dell’anno in corso. I senza tetto in Italia sono in crescita: al momento se ne contano circa 50.000. Si registra inoltre un incremento dei suicidi in Italia nelle fasce di età e di genere più colpite dalla precarietà e dalla disoccupazione (dal 12% del 2007 al 13,4% del 2009 ogni 100.000 tra i maschi di età compresa fra i 44 e i 64 anni, ultimi dati Istat).
Dinanzi a questo scenario siamo proprio certi che i problemi del mondo del lavoro possano essere affidati ad un algoritmo?
La scienza economica ormai si rifiuta di riconoscere che il proprio oggetto è il sistema capitalistico di produzione. Ne consegue che le sue ricerche sono dominate dall’autoreferenzialità. L’Accademia delle Scienze Svedese certifica. Tecnicamente, quasi fosse l’applicazione di un algoritmo.


di Emiliano Brancaccio da lakrisi.com

Gli americani Lloyd Shapley, 89 anni, dell’Università della California, e Alvin Roth, 60 anni, di Harvard, sono i vincitori del premio Nobel 2012 per l’Economia in virtù dei loro contributi alla «teoria delle allocazioni stabili» e alla «pratica del market design».

Le ricerche premiate riguardano quelle particolari situazioni in cui il tradizionale meccanismo dei prezzi non può essere adottato per mettere in equilibrio la domanda e l’offerta del mercato, e quindi deve essere sostituito da altri criteri. Si pensi ad esempio all’allocazione degli studenti nelle università, all’assegnazione degli organi ai pazienti in attesa di trapianto, e a tutte le circostanze in cui l’equilibrio tra richieste e offerte non può essere affidato alle normali transazioni monetarie e alla connessa formazione dei prezzi a causa di svariati ostacoli, di ordine tecnico oppure etico.

Pioniere in questo campo fu Shapley, che nel 1962, in collaborazione con David Gale, elaborò il cosiddetto algoritmo dei «matrimoni stabili».[1] Dato un gruppo di persone che esprimono delle preferenze le une verso le altre, l’algoritmo descrive la procedura ottimale per suggerire accoppiamenti stabili: ogni partecipante verrà associato al partner preferito, tenuto conto delle scelte di tutti gli altri. Un profano potrebbe scambiarla per una soluzione in grado di pervenire a un ideale ratzingeriano di società, costituito da coppie fedeli che mai divorzieranno. Ma a guardar bene l’algoritmo di Shapley garantisce la stabilità dei matrimoni sotto condizioni alquanto restrittive, tra cui l’ipotesi di immutabilità delle preferenze. Si esclude cioè che il coniuge riveda le proprie decisioni man mano che i peggiori vizi del partner vengono alla luce, o magari cambi i propri desideri semplicemente perché l’età avanza e l’esperienza cresce.

Negli anni più recenti numerosi economisti hanno proposto cambiamenti per tentare di rimuovere ipotesi così irrealistiche. In particolare, è stata ammessa l’eventualità che l’informazione degli aspiranti sposi sia asimmetrica, nel senso che ciascuno dei partecipanti può essere interessato a rivelare i propri pregi ma non i difetti. In circostanze simili l’algoritmo si complica, poiché deve contemplare incentivi che inducano i partecipanti a non celare le loro caratteristiche. L’agognata individuazione di accoppiamenti stabili in tal caso rimane possibile, ma si fa decisamente più ostica. Nonostante le difficoltà, comunque, gli studiosi non hanno smesso in questi anni di indagare intorno all’algoritmo di Gale e Shapley. Un tale interessamento, si badi, non deriva da una improvvisa ossessione per la sacralità del matrimonio ma da ragioni decisamente più prosaiche. Si è infatti scoperto che procedure come quelle inventate da Shapley si possono applicare a una grande varietà di problemi economici, con risultati oltretutto più robusti rispetto all’originario gioco delle coppie. Roth, in particolare, ha mostrato che alcune varianti dell’algoritmo di Shapley aiutano a risolvere questioni pratiche riguardanti l’allocazione dei giovani medici nelle strutture sanitarie. Nel 1995 l’economista di Harvard fu chiamato dalle autorità di governo statunitensi per risolvere un problema di instabilità delle allocazioni che derivava dall’aumento delle donne laureate in medicina. Il meccanismo vigente tendeva ad assegnarle ad ospedali distanti dal luogo di lavoro dei rispettivi coniugi, il che le induceva a chiedere trasferimenti per evitare di dividere il nucleo familiare. Roth dovette allora introdurre dei correttivi all’algoritmo, in modo che le assegnazioni tenessero conto delle esigenze familiari dei medici assunti.[2]

Ulteriori varianti della procedura originaria sono state proposte per la gestione di problemi ancor più delicati, come la formazione delle graduatorie per i trapianti d’organi. Le possibilità di applicazione, tuttavia, non si sono limitate all’ambito sanitario. Altri studiosi hanno proposto nuovi algoritmi per governare la destinazione degli atleti più promettenti nelle società sportive più blasonate, o l’ordinamento delle informazioni fornite da internet tramite i motori di ricerca. L’intuizione originaria di Shapley, insomma, si è mostrata duttile a sufficienza per essere adattata a qualsiasi contesto in cui l’equilibrio tra domanda e offerta non può essere ottenuto affidandosi al tradizionale meccanismo di mercato basato sui movimenti dei prezzi.

Naturalmente, non sono mancate voci critiche nei confronti della reale efficacia di queste applicazioni pratiche. Un’obiezione, per esempio, è che la maggiore o minore stabilità delle allocazioni potrebbe dipendere da fattori del tutto indipendenti dagli algoritmi adottati. Roth ha cercato allora di fugare tali dubbi proponendo degli esperimenti controllati. Per dimostrare che l’instabilità delle allocazioni dei medici in alcune città inglesi dipendeva da una errata gestione, egli creò in laboratorio dei piccoli mercati artificiali che riproducevano le caratteristiche dei criteri allocativi adottati nelle varie città esaminate. Gli esperimenti mostrarono che i mercati che più si allontanavano dalla logica degli algoritmi allocativi erano effettivamente i più instabili.[3] L’economista di Harvard ebbe modo così di replicare a coloro che sull’Economist avevano espresso scetticismo sulla possibilità di considerare l’economia una scienza.[4] A suo avviso, infatti, gli esperimenti che aveva elaborato costituivano una prova che talvolta anche l’economista può costruire dei “sistemi isolati” per verificare le proprie ipotesi. Si tratta indubbiamente di una tesi epistemologica forte, che suscita qualche perplessità anche tra coloro che condividono l’idea dell’economia come scienza, e che magari guardano senza pregiudizi alle nuove acquisizioni dell’economia sperimentale.

Ad ogni modo, non è intorno al metodo che sono emerse le principali obiezioni al filone di ricerca di Shapley e Roth. Le accuse più gravi hanno riguardato le implicazioni politiche delle loro analisi. Alcuni critici hanno obiettato che questi studi nascondono un vizio ideologico: pur non ricorrendo agli scambi monetari e ai prezzi, tali ricerche pretenderebbero di applicare criteri comunque ispirati da una logica di mercato ad ambiti nei quali il mercato non potrà mai funzionare, come la sanità o la scuola. In effetti, alcuni esponenti di tali indirizzi di studio rivelano una certa vocazione per le crociate anti-stataliste. Sarebbe però frettoloso assegnare la vituperata etichetta del liberismo a tutti i contributi di questa linea di ricerca. Alcuni di essi potrebbero persino aiutare ad approfondire visioni opposte, tra cui il tema risorgente della pianificazione pubblica.

Il limite principale di queste ricerche pare allora un altro. Esse sembrano partire dal presupposto che se i consueti meccanismi basati sui prezzi possono operare, sia certamente possibile raggiungere l’equilibrio tra domanda e offerta. La stessa Accademia delle Scienze sembra tradire questo convincimento quando, nel presentare i lavori dei due premiati, dichiara che i tradizionali meccanismi che si affidano ai movimenti dei prezzi per equilibrare i mercati «funzionano bene in molti casi».[5] In realtà le evidenze disponibili mostrano che tali meccanismi entrano in crisi proprio nei casi decisivi, come ad esempio quello dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Basti notare questo: la caduta dei salari reali che da tempo si registra in molti paesi rappresenta proprio quel tipico movimento di prezzo che dovrebbe stimolare le imprese ad assumere lavoratori e ad assorbire la disoccupazione. Invece succede l’esatto opposto: le retribuzioni cadono e i licenziamenti aumentano. A quanto pare, dunque, se viene lasciato a sé stesso il mercato del lavoro fallisce. Anche più spesso dei matrimoni.

Emiliano Brancaccio

N.B. Questo articolo è tratto dal sito lakrisi.com. Una versione ridotta del presente articolo è apparsa sul quotidiano Pubblico del 16 ottobre 2012. La riproduzione è consentita citando le fonti.


[1] Gale, D. and L.S. Shapley. 1962. College admissions and the stability of marriage. American Mathematical Monthly 69: 9-15.

[2] Roth, A.E. and E. Peranson. 1999. The redesign of the matching market for American physicians: Some engineering aspects of economic design. American Economic Review, 89: 748-79.

[3] Roth, A.E. 1991a. A natural experiment in the organization of entry level labor markets: Regional markets for new physicians and surgeons in the U.K. American Economic Review, 81: 415-40.

[4] Roth, A.E. Is Economics a Science? (Of course it is…), reply to “News from the lab”, The Economist (May 8, 1999).

[5] Royal Swedish Academy of Sciences, Stable matching: Theory, evidence, and practical design, The Prize in Economic Sciences 2012.

4 commenti su “Lucarelli e Brancaccio sul Nobel per l’Economia a Roth e Shapley

  1. Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  2. Il premio Nobel e’ ormai una barzelletta!

  3. Non è affatto una barzelletta. E’ un grosso problema. E bene fa il prof. Brancaccio a darci sempre un punto di vista critico sulle ricerche premiate.

  4. Sarei proprio curioso di sapere se questi due sanno la differenza tra atteggiamento e comportamento e se sanno che non esiste predittività del secondo rispetto al primo
    Se poi hanno mai letto qualcosa su Murray o Maslow o se li hanno capiti.

I commenti sono chiusi.