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La strada che porta alla Grecia

di Alfonso Gianni

Malgrado le patetiche precisazioni del Ministro Grilli, siamo di fronte ad una nuova manovra economica da parte del governo Monti per il valore di ben 11,6 miliardi di euro. Non proprio bruscolini in questi tempi di magra.

Il punto essenziale del provvedimento governativo sta nella doppia manovra: abbassamento di un punto di una o due aliquote Irpef, quella al 23% e quella al 27%, mentre, anziché scongiurare l’incremento dell’Iva, lo si eleva di un punto. Si dice che le due cose dovrebbero stare in equilibrio, ma è assai poco credibile che così effettivamente sia.

La riduzione dell’Irpef dovrebbe portare a un risparmio medio di circa 187 euro a persona su una platea di 30 milioni di contribuenti. Ma questo avverrebbe senza sostanziali differenze fra redditi alti e bassi. Infatti, in virtù del meccanismo progressivo a scaglioni, del taglio delle aliquote beneficeranno tanto i redditi fino a 28mila euro, quanto quelli fino a 75mila euro. Summum ius, summa iniuria.

Assai difficile è quantificare quale sarà l’aumento dei prezzi dovuto all’incremento di un punto dell’aliquota Iva. Esso, però, cade proprio nel momento in cui l’Istat rende noto che il potere d’acquisto dei salari è diminuito di un altro 4,1%. Come si sa l’incremento dei prezzi dovuto all’innalzamento dell’Iva riguarda l’intera platea dei consumatori. In astratto si potrebbe dire che colpisce quelli che hanno possibilità di consumare di più. In realtà è il contrario, specialmente se si esce dalla nuda statistica e si guarda alla realtà delle condizioni di vita. Per i redditi da lavoro dipendente che hanno già perduto così tanto potere d’acquisto, per la fascia accresciuta di poveri che popolano il paese, anche un modesto incremento dei prezzi può rivelarsi fatale e ridurre in modo vitalmente sensibile la loro capacità di consumo di beni essenziali.

Se aggiungiamo a questo quadro il rifiuto, ipocritamente nascosto dietro la foglia di fico del parere negativo espresso dalla ragioneria di stato, della soluzione del drammatico problema degli esodati privi di qualunque protezione e il contemporaneo rinvio di un anno della introduzione dell’Imu sugli immobili ad uso commerciale di proprietà della Chiesa, il carattere iniquo e persino provocatorio del provvedimento governativo appare in tutta la sua luce.

Intanto si annuncia una possibile conclusione del confronto sulla produttività. Si fa strada l’idea lanciata dall’economista Tito Boeri di togliere dai contratti collettivi nazionali di lavoro quel residuo di indicizzazione legata all’aumento dei prezzi valutati su scala europea, al netto dell’incremento di quelli energetici. Il che vorrebbe dire togliere ogni valore accrescitivo delle retribuzioni al CCNL e lasciarlo solo ai contratti aziendali, per chi riesce a ottenerli. Sarebbe questo il risultato della brillante idea di collegare la retribuzione all’incremento della produttività, come se questa derivasse solo dal lavoro e non da un insieme di cose che riguardano l’organizzazione aziendale, del sistema produttivo e del funzionamento della pubblica amministrazione. In questo modo si capovolgerebbe l’intera storia della contrattazione sindacale.

In sostanza la strada del rigore porta a più recessione. Persino un giornale in sintonia con il governo, come Repubblica non può non notarlo, e infatti Massimo Giannini scrive che di questo passo “l’Italia, come del resto la Spagna e in prospettiva la stessa Francia, ha ormai imboccato un sentiero che conduce ad Atene”.

Perciò Susanna Camusso farebbe bene a organizzare uno sciopero generale e non solo a minacciarlo.

4 commenti su “La strada che porta alla Grecia

  1. Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  2. Questo è un suicidio non si fa altro che punire i consumi, una alternativa esiste: munirci di una legge che colpisca i privileggi e una giustizia severa per corrotti e corruttori non trascurando la grande evasione.

  3. Il vantaggio fiscale per i redditi realmente più bassi quale potrebbe essere? Se ragioniamo per ipotesi nell’ottica di un reddito complessivo più o meno pari allo scaglione su cui si abbassa l’aliquota Irpef in misura pari all’aumento di aliquota IVA il vantaggio potrebbe presentarsi solo per la quota di reddito destinata al risparmio…ma siccome si tratta di redditi bassi ed interamente destinati al consumo (parliamo di redditi che non arrivano alla famosa terza settimana…anzi ormai le settimane non si contano più) …è evidente che stanno mascherando con la scusa dell’abbassamento del’imposizione indiretta per i redditi bassi un aumento dell’imposizione indiretta per tutti. Per quanto riguarda la variazioni dei prezzi a seguito dell’aumento dell’IVA dipende dall’elasticità della domanda del singolo bene, probabilmente i beni di prima necessità subiranno aumenti proporzionalmente superiori all’aumento dell’imposta per cui l’effetto su redditi bassi non sarà neutro…ne risulterà ulteriormente ridotta la capacità di consumo! Inoltre sbaglio o questa manovra va a sommarsi a quella che occorrerà mettere in campo per il rientro dal debito? In ogni caso occorre rilevare come stranamente negli altri Pigs questi provvedimenti sono accompagnati da proteste crescenti che in alcuni casi hanno costretto i governi a dietrofront mentre in italia stanno passando con semplici minacce di: “forse se…faremo lo sciopero”.!

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