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Rinegoziare il memorandum, unica via d’uscita dalla crisi per la Grecia

Se all’uscita della Grecia dall’euro si attribuiscono sempre maggiori probabilità, non è ancora del tutto chiaro quali sarebbero le reali conseguenze di tale evento sull’economia europea e su quella mondiale più in generale. E in verità sono ormai molte e spesso contraddittorie le opinioni che si confrontano, in una sequenza che va dalla possibilità che la stessa economia ellenica ritrovi un suo miglior equilibrio attraverso il deprezzamento del cambio dopo un primo periodo di aggiustamento, a dinamiche di contagio finanziario a livello globale.

Nell’articolo pubblicato da sbilanciamoci.info, Vincenzo Comito fornisce un quadro molto articolato del dibattito in corso, ponendo all’attenzione alcune questioni che è bene richiamare. Ma c’è un aspetto molto importante che costituisce la premessa della riflessione di Comito: diversi sono i “colpevoli” ai quali si attribuisce l’origine della crisi (i governi scellerati, la speculazione, l’Europa inadeguata, il Fondo Monetario Internazionale inerte), ma è certo che nessuno è l’unico responsabile, che tutti hanno concorso al verificarsi del disastro e che in ogni caso lasceranno che il prezzo della crisi sia pagato da cittadini e lavoratori inermi.

Quali sarebbero innanzitutto gli aspetti negativi per la Grecia di una uscita dall’euro?:

“Seguiamo in proposito due articoli comparsi rispettivamente sul Wall Street Journal (Smith, Stevis, Bouras, 2012) e sul Financial Times (Giles, Spiegel, Hope, 2012). Il ritorno alla dracma comporterebbe una svalutazione di tale moneta rispetto all’euro sulla cui percentuale i pareri sono diversi; il WSJ ricorda che in casi recenti la caduta si è aggirata intorno al 60-70%, anche se i confronti sono difficili per la diversità delle situazioni. Il FT, più prudentemente, ricorda che per stabilizzare il debito greco a un livello tale da evitare ulteriori fughe di capitali sarebbe necessaria tra l’altro una svalutazione del 50% verso la Germania. Diversi articoli, oltre a quelli citati, ricordano che i vantaggi della svalutazione sulle esportazioni del paese potrebbero essere presto vanificati dall’inflazione; qualcuno pensa che raggiungerà il 20% annuo, qualcuno anche il 40% o perfino il 50%.
Il ritorno alla dracma comporterebbe la conseguenza che tutti i contratti domestici dovrebbero essere ridenominati nella nuova moneta; si imporrebbero, presumibilmente, controlli dei cambi e altre misure per limitare le fughe dei capitali (FT). Fissare i nuovi termini finanziari per i contratti in euro con partner esteri diventerebbe un incubo. Le imprese, incapaci di trovare delle fonti di finanziamento e di incassare la gran parte dei loro crediti verso altre imprese nazionali, fallirebbero su larga scala. Per quanto riguarda le banche, già tecnicamente insolventi per le forti perdite sui titoli di stato, non potrebbero avere soldi in prestito dalla Bce, dato che i titoli del debito pubblico greco non sarebbero più spendibili. Esse sarebbero necessariamente nazionalizzate. Il Pil potrebbe crollare del 20% in un anno e il rapporto debito/Pil raggiungere il 200%. Il popolo greco assisterebbe a un diffondersi incontrollato della povertà.”

A tutto questo deve aggiungersi l’incertezza che l’uscita della Grecia avrebbe sull’economia europea e su quella mondiale, più in generale:

“Gli effetti di contagio sarebbero per molti devastanti, come ci ricorda un articolo del New York Times (Thomas jr., 2012); lo scenario peggiore sarebbe quello che la Grecia lasci l’euro mentre il sistema bancario spagnolo sta collassando. Comunque, potrebbero rilevarsi non adeguati i sistemi di contenimento del contagio. Il fondo salva stati, che oggi ammonta a 500 miliardi di euro, non sarebbe sufficiente a governare i due eventi; ovviamente esso sarebbe del tutto molto inferiore alle necessità se si aprisse anche il problema italiano.
Uno scenario parallelo evocato da molti è un bank run in diversi paesi europei del sud. I depositi bancari di Spagna, Italia, Portogallo e Irlanda sono pari a 5,5 trilioni di dollari, sette volte tanto il fondo salva stati. Si stima che le banche di questi paesi potrebbero perdere rapidamente qualche centinaia di miliardi di euro di depositi. L’unico rimedio a breve sarebbe quello che la Bce faccia nuovi prestiti; una garanzia più strutturale sarebbe quella che l’Europa garantisca i depositi bancari dei paesi a rischio. Ma ci si può chiedere se i contribuenti del nord sarebbero disponibili a garantire il sistema bancario spagnolo e italiano. Intanto le imprese potrebbero registrare una rilevante contrazione del credito.”

A fronte di valutazioni relativamente puntuali come quelle illustrate, appare infine densa di significato quella di Martin Wolf, commentatore economico del Financial Times, che sottolinea come:

“ un’uscita della Grecia dall’euro avrebbe come conseguenza la caduta dell’illusione che nessun paese si sarebbe chiamato fuori e comincerebbero a dubitare fortemente della sopravvivenza del sistema, con tutte le conseguenze del caso. L’uscita della Grecia porrebbe quindi la scelta tra un’unione più forte e un futuro di crisi senza fine.”

E le preoccupazioni che sono state riportate da esponenti di economie extraeuropee come quella cinese (si veda “La crisi dell’Europa vista dalla Cina”) sembrano dunque appartenere al versante della crisi sistemica che l’uscita della Grecia andrebbe a prefigurare.

Da tutto questo Comito ne conclude che l’opzione più saggia sarebbe quella che Grecia ed Europa rinegoziassero l’accordo (il “memorandum”), allentando la stretta sull’economia. Ricordando, come già fatto da molti, che non è l’uscita della Grecia a risolvere i problemi che l’edificio europeo si porta dietro, e che senza una nuova Europa capace di intervenire sul fronte della politica economica, gli squilibri strutturali tra i diversi paesi sono solo destinati ad accentuarsi.

28 commenti su “Rinegoziare il memorandum, unica via d’uscita dalla crisi per la Grecia

  1. Parliamo dell’Italia che, mutatis mutandis, non è poi così lontana dalla Grecia e dalla Spagna.
    Dall’estero si dice che la crisi del debito pubblico italiano è dovuta al fatto che “avevamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità” e che ora dobbiamo applicare una politica di austerità per risanare i conti pubblici e ripagare il debito.
    La parola austerità ha un significato ben preciso, specialmente in Italia, ed evoca la necessità di consumare di meno, di fare dei sacrifici, di “tirare la cinghia” insomma. Poiché “lo Stato siamo noi”, o almeno questa è la prima associazione che ci viene in mente quando diciamo “Stato”, quei sacrifici li avremmo dovuti sopportare noi, sotto forma di nuove tasse e tagli al wellfare (che significa “benessere”, come si può voler tagliare il benessere?).
    Ma come ha fatto lo Stato italiano ad accumulare un debito di oltre 1900 miliardi di euro (nel 2000 erano ancora 1300 miliardi) quando l’opinione comune è che in questi dieci anni di governo (quasi sempre) berlusconiano si sia via via smantellato lo stato sociale?
    Ed ecco le lezioni di certi maestri che lo spiegano.
    Sono state le banche che hanno indebitato gli Stati, richiedendo salvataggi per migliaia di miliardi! Lo Stato si è accollato il loro debito ed ora sono gli stessi banchieri a chiederci di fare macelleria sociale per ripagarlo! Dobbiamo tagliare la spesa a Sanità ed Istruzione per ripagare il debito ai banchieri?
    In sintesi il ragionamento è più o meno questo. Il debito lo hanno fatto “loro”, ovvero i banchieri con le loro speculazioni fallimentari, ed è stato preso in carico dallo Stato, cioè da noi, per salvarli. Ora questi stessi banchieri ci chiedono di tagliare il wellfare, ovvero la spesa per il nostro benessere, per ripagare questo debito verso di “loro”.
    Soluzione: il debito non lo paghiamo, lo facciano evasori e i ricchi, mentre invece aumentiamo la spesa per il wellfare e diamo un reddito garantito a tutti! Ecco spiegati gli Indignados.
    Il problema è che, tolte le associazioni pavloviane e i (cattivi) insegnamenti dei maestri, le cose non sono andate affatto così.
    Innanzitutto il debito italiano, ma anche quello di Grecia, Spagna e Portogallo non sono stati originati da salvataggi e nazionalizzazioni di banche in difficoltà ma da decenni di spesa allegra e senza controllo.
    Non è nemmeno vero che la spesa pubblica è stata ripetutamente tagliata da questo e dai precedenti governi: è anzi sempre aumentata, così come anche le entrate tributarie.
    Allo stesso modo sono sempre aumentate sia la spesa per l’istruzione che la spesa sanitaria, anche se con trend di crescita inferiori rispetto alla spesa aggregata.
    Se c’è una percezione di “diminuzione del welfare” allora i problemi sono altri e non è pompando altri soldi (quelli sì nostri!) nel buco nero della spesa pubblica che li si risolve: lo Stato spende circa il 50% della ricchezza prodotta in Italia, come possiamo definire questa politica iperliberista?
    Quando si parla di austerità ci si riferisce al governo, non ai cittadini.
    Ripensando il ruolo dello Stato e tagliando tutte quelle spese improduttive (grandi opere, missioni di pace, sussidi alle imprese amiche, spese per la “casta”, etc.) si può tagliare in maniera efficacie la spesa senza fare “macelleria sociale”.
    E’ lo Stato che deve tirare la cinghia!
    Il debito poi non è saltato fuori dal nulla, né è frutto del salvataggio delle banche italiane: è stato creato da decenni di spesa pubblica attuata da politici di ogni schieramento che hanno sempre pensato al breve termine (le prossime elezioni) e mai al futuro (chi lo ripagherà questo debito?) perchè tanto, come diceva Keynes, nel lungo periodo saremo tutti morti.
    Prima di chiedere un default allora ragioniamo se qualcuno dei titoli di stato che vogliamo stracciare non è per caso in portafoglio ai nostri genitori (il 50% è detenuto da soggetti italiani) e come reagirebbero gli investitori esteri. Non è bello vedere evaporare i propri risparmi e chi aveva investito in tango bond lo sa bene.
    Chi presterebbe più denaro al governo italiano dopo un default da oltre 1900 miliardi di euro?

  2. Il liberista da strappazzo è un “luogocomunista” (oosia non va oltre il solito luogo comune corrente sul mediasystem). Gli consiglio la lettura sul sito “economiaepolitica” dell’articolo “un vincolo da interesse”. Il debito pubblico italiano – i dati lo dimostrano inconfutabilmente – ha iniziato a lievitare vistosamente dal 1981 ossia in coincidenza con il famoso “divorzio” tra Tesoro e Banca Centrale. Inizio, anche in Italia, di un più vasto processo di tutto l’occidente europeo verso la graduale indipendenza delle Banche Centrali che ha poi portato alla costituzione della BCE, come funziona oggi. Ossia ad una Banca Centrale che, se da un lato crea moneta per il sistema bancario, che poi la usa in attività speculative, dall’altro non monetizza più i debiti pubblici, avendo come mission solo il controllo dell’inflazione (con conseguente aumento della disoccupazione quale esito della deflazione). Privati di una Banca Centrale e sopraggiunta la globalizzazione finanziaria (prima della globalizzaizone i titoli del debito pubblico perlomeno rimanevano in mani interne ossia erano acquistati dai cittadini), gli Stati sono stati costretti ad indebitarsi sui mercati finanziari, i quali o chiedono interessi esosi o, per abbassarli, impongono politiche da macelleria sociale. E’, pertanto, l’aver costretto gli Stati europei, per mantenere il Welfare (che i liberisti vorrebbero eliminare), al vincolo da indebitamento esterno che ha fatto schizzare verso l’alto il livello di indebitamento pubblico. Il liberismo, vecchio o nuovo, è soltanto una ideologia a servizio dell’usurocrazia globale. Un osservatore si chiedeva: “come mai i banchieri mondiali e gli speculatori sono tutti liberali, anche se non tutti i liberali sono usurai”?

  3. Paul Krugman, Le Monde, 14 Marzo 2012
    «L’Europa ha bisogno di una politica monetaria più aggressiva di quella americana, è l’unica maniera per portare i correttivi necessari. La BCE dovrebbe acquistare un numero maggiore di debiti sovrani e favorire maggiormente l’espansione monetaria.
    Se qualcuno mi dice che questo rischia di far scivolare i prezzi, io rispondo che l’inflazione non è il problema, ma è la soluzione.
    Per restaurare la competitività in Europa è necessario, ad esempio, che per i prossimi cinque anni nei paesi europei meno competitivi i salari diminuiscano. Con un poco di inflazione, questo aggiustamento è più facile da realizzare, ossia lasciar crescere i prezzi senza aumentare i salari».

    Ricordatevi queste parole di Krugman la prossima volta che si ergerà a paladino dei più deboli, contro gli squali affamati di Wall Street.
    Per chi fosse stato poco attento, il premio Nobel per l’economia nel 2008, sta dicendo che per i prossimi cinque anni, in paesi come Italia e Grecia, i salari, tutti i salari, devono diminuire. Come fare? Secondo Krugman il metodo più facile, e che provoca il minimo numero di manifestazioni di piazza, è quello di provocare una crescita dei prezzi a parità di salari.
    Paul Krugman sta proponendo, scusate il francesismo, di fottere i lavoratori.

  4. Io non capisco proprio questi liberisti. Che il mercato vada reso sempre piu’ concorrenziale e trasparente siamo tutti d’accordo (anche se mi sembra che abbiano fatto poco anche in questo senso) ma negare cosi’ l’evidenza che non si puo’ in un momento di crisi economica fare politiche di austerità mi sembra veramente da rincoglioniti. Inoltre non andiamo da nessuna parte con la Merkel che continua a impuntarsi e l’UE che è una pagliacciata.

    • Scusi Susanna, ma ha letto bene?
      Quando si parla di austerità ci si riferisce al governo, non ai cittadini.
      Ripensando il ruolo dello Stato e tagliando tutte quelle spese improduttive (grandi opere, missioni di pace, sussidi alle imprese amiche, spese per la “casta”, etc.) si può tagliare in maniera efficacie la spesa senza fare “macelleria sociale”.
      E’ lo Stato che deve tirare la cinghia!

      • se lo stato tira la cinghia, i cittadini ci rimettono. Non si tratta di “macelleria sociale”. Anche se gli enti locali semplicemente smettono di comprare fuochi d’artificio e luminarie per le feste patronali, quelli che vendono fuochi di artificio perdono i loro profitti e i dipendenti perdono il lavoro.

  5. inoltre l’Irlanda ha quasi raggiunto il punto di rottura del debito nel medio periodo , il portogallo l’ha già raggiunto , mah…………………..se non calano gli spread a brevissimo non so proprio che ci facciamo con questa austerità!!!!

    • Cara Susanna non deve preoccuparsi, nonostante gli stupidi liberisti da strapazzo che dominano il mondo e lo affamano, vedrà che presto la BCE comincerà a stampare… a stampare… a stampare… per la Sua cara inflazione.
      Che Le mangerà sempre più velocemente ciò che riuscirà a risparmiare, se ci riuscirà.

      • Certo che ci vuole un bel coraggio a ripetere le solite panzane monetariste. Infondate teoricamente e realmente dai dati di fatto.
        Teoricamente, l’assunzione che l’aumento della quantità di moneta sia inflazionistica presuppone che la produzione rimanga invariata e che la velocità di circolazione resti ferma. Entrambe le supposizioni sono infondate. Se solo non si è digiuni di teoria economica si dovrebbe sapere che l’aumento dell’offerta di moneta indotta ad esempio dalla banca centrale potrebbe ridurre i tassi di interesse, che a loro volta (per farla breve) potrebbero stimolare gli investimenti e quindi il reddito e l’occupazione. In un situazione in cui vi sono risorse inutilizzate (in Europa abbiamo una disoccupazione all’11%, in crescita), la produzione potrebbe tranquillamente aumentare senza inflazione. Inoltre l’assunzione che la velocità di circolazione della moneta resti ferma è una mera ipotesi semplificativa. Rimossa questa assunzione, poichè con l’aumento dell’attività possono aumentare gli scambi commerciali e quindi il numero di volte in cui la moneta è utilizzata per le funzioni transattive, le probabilità di un aumento dei prezzi si riducono enormemente.
        Di fatto. E’ sbagliata la favola dell’inflazione in seguito ad un aumento della quantità di moneta perchè negli Usa la M1, ossia le banconote e i depositi, stanno crescendo (nel primo trimestre di quest’anno) ad un ritmo annuo del 17,4%. I monetaristi da strapazzo preferiscono ignorare questi dati e parlare a vanvera di inflazione, quando il deflatote del pil americano è all’1,9% ed è sceso dal 2,2 annuo dell’ultimo trimestre del 2011. Come spiegano un’inflazione in discesa e sotto il 2% quando la moneta cresce di oltre il 17%?
        Non sarebbe forse meglio prendere atto che si ha in testa una favola e guardare invece in faccia la realtà? Le vostre teorie, le vostre favole e le vostre formulette sono del tutto campate in aria.
        Ma anche ammesso che vi fosse un’inflazione al 3, al 4 o al 5%. Qual è il problema? L’erosione del risparmio? Prima bisogna avere un reddito e per avere un reddito bisogna avere un’occupazione. Negli Usa la politica espansiva della Fed ha permesso di ridurre il tasso di disoccupazione all’8%. Il Pil cresce del 2 % e l’inflazione è sotto il 2.
        In Europa, la Bce mantiene stretti i cordoni della borsa (la M1 cresce dell’1,8%), il pil è fermo ed è previsto in calo per l’intero 2012, e la disoccupazione è in crescita. Prima di occuparsi dei risparmi, forse varrebbe la pena di far in modo di avere un reddito, soprattutto per quei 17 milioni di europei che sono senza un lavoro.

  6. […] Continua a leggere » Like this:Mi piaceBe the first to like this post. […]

  7. Per Giorgio e per chi ha voglia di leggere opinioni diverse dalle proprie:
    http://www.usemlab.com/index.php?option=com_content&view=article&id=780:bob-janjuah&catid=15:mercati-azionari&Itemid=170
    Buona lettura. Anche se rimarremo di opinione diversa.

    Non creda, Giorgio, che a me faccia piacere che ci siano 17 milioni di disoccupati nell’eurozona.
    Ma la soluzione delle banche centrali è solo illusoria.
    Ed il dirigismo politico, l’ingegneria sociale, non sono mai stati risolutivi.
    E danneggeranno pesantemente sia me che Lei. Ed anche i nostri figli.
    E soprattutto le fasce più deboli della popolazione.
    Lei è un positivista. Io, invece, credo nello studio dell’azione umana nella tradizione della Scuola Austriaca.
    Cmq buona lettura.

  8. Se è interessato ai suoi investimenti le posso consigliare il sito
    http://oro-oggi.bullionvault.it/?__utma=1.458182245.1313449898.1318013146.1318019478.82&__utmb=1.9.10.1318019478&__utmc=1&__utmx=-&__utmz=1.1313449898.1.1.utmcsr=(direct)|utmccn=(direct)|utmcmd=(none)&__utmv=-&__utmk=165396927

    Lì troverà tutti gli articoli a sostegno degli acquisti in oro.
    Quanto alla quantità di moneta, vorrei far notare che non è da un trimestre che la M1 negli Usa è in aumento. Lo è da quando è iniziata la crisi del 2008. Sono passati quattro anni e non vi è stata alcuna inflazione. In compenso, gli Usa hanno risolto prima di noi la crisi economica generata dal sistema finanziario, sono tornati a crescere e la disoccupazione è in discesa da oltre due anni (forse lentamente per Obama, ma è in discesa).
    Ma ciò non è il frutto di un caso inspiegabile. E’ spiegabilissimo. Keyens ne parla nel capitolo 21 della sua Teoria Generale: la teoria quantitativa della moneta nella sua semplicità non rispecchia i fatti reali, per la semplice ragione che in quella teoria l’inflazione è automatica perchè assume l’invarianza della produzione e la velocità di circolazione della moneta. Assunzioni palesemente arbitrarie e in contrasto con i dati di fatto, poichè il primo impatto dell’aumento della quantità di moneta è sul saggio di interesse, non sui prezzi, innescando una possibile ripresa degli investimenti, del reddito e dell’occupazione.

    • Ma i soldi per i nuovi investimenti lo Stato da dove li prende materialmente?
      Altre tasse? Patrimoniale? Espropri proletari?
      Tagli alla spesa?
      Stampando soldi dal nulla (come dice Silvio)? E stampando fin dove, fin quando?
      Ed il debito che fine fa? Sparisce o continua inesorabilmente ad aumentare ed a gravare sul futuro?
      E queste sarebbero le premesse di una crescita sana ed onesta?
      E chi dovrebbero essere i consiglieri del Principe per attuare queste belle pensate?

      Per me, è solo una TRUFFA IMMANE.

      • Se fosse possibile stampare moneta, il debito non avrebbe ragione di aumentare.
        Il debito aumenta, perchè è impedito agli Stati di battere moneta.
        Ma che lo Stato si indebiti, raccogliendo il risparmio inutilizzato dal sistema, o stampi moneta, fondamentale è come verrà speso. Se gli investimenti pubblici saranno produttivi, sosterranno l’economia e i redditi e potranno generare le entrate fiscali necessarie per ripagare l’eventuale debito. Ma se i soldi vengono spesi per sussidiare clientele e/o opere discutibli solo al fine di far arrivare quattrini agli amici degli amici, non si avrà nè una crescita sana, nè le entrate necessarie per ripagare i debiti.

  9. “In compenso, gli Usa hanno risolto prima di noi la crisi economica generata dal sistema finanziario, sono tornati a crescere e la disoccupazione è in discesa da oltre due anni.”

    Guardando i dati sul tasso disoccupazione USA ci sarebbe da rallegrarsi.
    Negli USA si sta sicuramente meglio che in Europa, visto che la tendenza è addirittura al ribasso…
    Ma poi… si vanno a vedere i cosiddetti US Payrolls e si legge che… gli occupati salgono di 115000 unità ma meno delle attese.
    E nello stesso tempo però i disoccupati REALI salgono.
    Come possibile?
    QUESTA E’ PURA MAGIA oppure è UNA DRAMMATICA SVISTA?
    Come è possibile che aumentano i disoccupati con un tasso disoccupazione in diminuzione?
    In realtà c’è l’inghippo.
    Si tratta di coloro che il lavoro proprio non lo cercano più e quindi escono dai conteggi sopra descritti.

    Perciò, non raccontateci panzane, please!

    • Obama ha tagliato il budget. Ha fatto come Roosevelt nel 1937, anche se gli effetti sono (per ora?) meno catastrofici di allora, è chiaro che la ripresa s’è fermata

  10. Voi del keynesblog siete il vero partito greco.
    E finiremo come la Grecia…
    Non ho dubbi in proposito.

    • Non si preoccupi: tra il governo precedente, quello attuale, la Bce e la Merkel, l’Italia è sulla strada giusta … per la Grecia.
      Il merito sarà tutto vostro.

  11. Il fatto che gli occupati crescano meno delle attese (attese di chi? degli operatori finanziari), non significa che non crescano. Dal punto di minimo, febbraio 2010, gli Usa hanno creato 3,8 milioni di posti di lavoro.
    Quanto ai disoccupati, il tasso ufficiale è sceso dal 10,1 dell’ottobre 2009 all’8,2% del mese scorso.
    Concordo con lei che sarebbe opportuno includere anche le persone che non cercano più lavoro perchè sfiduciate. Ma negli Usa queste persone sono statisticamente censite, anche se la grande stampa non ne parla. E nello stesso periodo sono scese dal 17,4 al 14,8%. Questa è la vera disoccupazione. Ma allora bisognerebbe dire che anche in Europa la disoccupazione è ben più alta dell’11%. In Italia, ad esempio, stando ai dati diffusi oggi dall’Istat, la disoccupazione ufficiale sarebbe al 10,9%. Ma se si tiene conto dei cassintegrati e degli scoraggiati, il tasso di disoccupazione aumenta al 17,8%, pari a 4,8 milioni di persone.
    Come vede non vi è nessun trucco e nessuna magia.
    Vi è invece una politica monetaria e fiscale che non fa nulla per alleviare le sofferenze
    di 17,5 milioni di persone che in Europa sono alla ricerca di un lavoro. E sono solo i disoccupati ufficiali!

  12. La reale soluzione al problema è il ritorno ad una moneta sonante.
    Solo una moneta rigida è in grado di rivelare le cattive politiche economiche perseguite da un paese costringendolo ad un tenore di vita in linea con le proprie possibilità.
    Nel contesto di un quadro monetario sano i governi, messi costantemente sotto pressione, sono costretti a liberalizzare le loro economie minimizzando tutti i fenomeni parassitari distruttori di ricchezza.
    Le svalutazioni, invece, ritardano o addirittura impediscono questo processo demolendo nel tempo la reale competitività del paese.
    E noi Italiani dovremmo saperlo meglio di chiunque altro!

  13. Non le basta l’euro? Vuole forse che l’Italia adotti il marco? O preferisce il dollaro, come avevano fatto gli argentini ponendo un tasso di cambio di 1 a 1 con la valuta americana? Sa quale è stato il risultato? Il fallimento dell’Argentina.
    Cosa dice di stare ai dati di fatto, anzichè alle teorie campate in aria?

  14. Caro Giorgio, non si preoccupi.
    La mia è una battaglia persa. Ci provo, ma so che… stamperanno.
    Ormai Lei e Silvio dite, nella sostanza, le stesse cose.
    Svaluteranno. Daranno un calcio al barattolo e lo manderanno più in là.
    Poi quest’anno c’è da rieleggere Obama.
    Guai a far saltare tutto il sistema monetario proprio prima delle Presidenziali 2012!!!
    Non si preoccupi. Ha già vinto Lei. Keynes rules!
    Il barattolo verrà calciato più in là. Come ha fatto Bernanke.
    Ma sempre LA’ prima o poi finirà.
    Il problema non è SE il sistema truffaldino a riserva frazionaria salterà, ma solo QUANDO.

  15. Obama si giocherà la presidenza per aver fatto lo stesso errore di Roosvelt: aver attuato troppo presto una restrizione nella politica di bilancio.Sono ormai sei trimestri che il contributo della spesa pubblica alla crescita della domanda aggregata è nullo o in calo.
    A differenza di Berlusconi, credo che la moneta unica possa essere un’opportunità per l’Europa, se vi sono tuttavia le condizioni per permettere alla Bce di esercitare tutte le funzioni riservate alle banche centrali, inclusa l’emissione di moneta per ragioni di politica monetaria. Per ottenere questo obiettivo bisogna tuttavia procedere verso una maggiore integrazione e – parallelamente – prevedere un governo democraticamente eletto dagli europei. Oggi non abbiamo nè la prima nè la seconda condizione. La proposta di Berlusconi, in questo contesto, non farebbe che mettere in discussione la strada dell’integrazione europea, spingendo per un’anarchia europea e la sua dissoluzione. Cosa che verrà comunque, però, se ai paesi come la Grecia, la Spagna e l’Italia si continuerà ad imporre politiche fiscali che renderanno impossibile il rispetto dei vincoli di bilancio, se non con uno progressivo strangolamento dell’economia.
    I risparmi degli italiani avranno molto più da perdere con il dissolvimento dell’euro, che non dal garanzia della Bce ai mercati che i debiti greci saranno onorati.

  16. Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  17. sono ignorante in materia e pongo una domanda da ignorante…..
    se il debito pubblico è verso le banche centrali(che a quanto mi pare di capire sono organi indipendenti al di fuori di qualsiasi controllo statale) perchè gli stati tutti che a quanto pare ognuno nella propria misura sono indebitati non si mettono daccordo e non riconoscono piu il debito che devono alle banche creditrici? non comprendo perchè una banca possa avere il diritto di creare denaro dal nulla e di prestarlo agli stati , i quali poi sono costretti a pagare interessi esorbitanti . non paghiamo e basta , cosa succede? i 1900 miliardi di euro non glie li diamo più ed ogni stato membro dell’europa si fabbrica gli euro in base al proprio pil (cosi la svalutazione e l’inflazione dovrebbero essere controllati giusto?)..cioè voglio dire …ma sta bce chi è da poter decidere del futuro di milioni di persone? paesi manufatturieri come l’italia , la germania e la francia che difficoltà possono avere se si adotta una politica del genere? se parte del debito pubblico è poi verso singoli cittadini sia italiani che stranieri non facenti capo alle banche , a questi individui si potrebbe grantire un credito da ridiscutre a nuovi tassi piu agevoli , sul tipo , hai investito 10 e ti aspettavi di riprendere 18 , io invece se ti sta bene ti do 12 oppure niente …cosa pensate che succederebbe?

  18. Per quanto la banca centrale possa avere a bilancio titoli emessi dagli Stati, è comunque una quota non rilevante. A marzo la Banca d’Italia possedeva 92,4 miliardi di titoli su un debito complessivo di 1946,1 miliardi.
    Una quota rilevante è in mano al sistema finanziario e bancario. Ma un eventuale ripudio del debito, metterebbe in difficoltà non solo il nostro sistema bancario, ma anche quello europeo. A riprova si guardi il caso della Grecia che ha rinegoziato il proprio debito, ma non ha risolto i propri problemi (e i nostri). Si immagini cosa succederebbe se l’Italia seguisse la strada della Grecia.

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