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Tutte le contraddizioni di Bini Smaghi [2 video]

morire-austerita-190x300di Stefano Lucarelli per Keynes Blog

Non è cosa di tutti i giorni vedere un ex membro del comitato esecutivo della BCE arrampicarsi sugli specchi dinanzi ad una serie di critiche puntuali. Mercoledì scorso ad Ancona, Lorenzo Bini Smaghi ha presentato e discusso con alcuni degli economisti italiani più capaci di criticare le ricette mainstream per uscire dalla crisi, il suo ultimo libro Morire di austerità. L’incontro era organizzato dal Mofir, un gruppo di ricerca estremamente vivace, attento all’analisi empirica delle principali variabili di politica monetaria e fiscale senza essere incline alla baloccometria (pericolo denunciato da de Finetti ben prima dello scandalo Reinahrt-Rogoff) e capace anche di aprirsi ad un pubblico di non specialisti.

Bini Smaghi ha riportato un aneddoto significativo: qualche eminente economista statunitense gli ha chiesto: “Come mai è così complicato per voi in Europa risolvere questa crisi? Non potete fare come noi?” L’attuale presidente di Snam Rete Gas ha risposto segnalando che la tutela della democrazia in Europa, un insieme di grandi nazioni diverse, non consente di attuare le ricette messe in campo negli Stati Uniti. Ha poi continuato dando una chiave di lettura della crisi attuale che testimonia le difficoltà teoriche in cui si dibatte un economista con importanti compiti istituzionali, che deve – per dignità – riconoscere le nefandezze prodotte dalle politiche di austerity ma che non vuole mettere in dubbio né il principio secondo il quale la BCE non debba fungere da prestatore di ultima istanza sostenendo direttamente i governi in difficoltà, né la superiorità delle politiche strutturali messe in campo dai Paesi del Nord Europa. I PIIGS e i loro politici sarebbero allora colpevoli di ritardare le riforme strutturali. In tal modo, di fatto, Bini Smaghi legittima l’erronea convinzione che gli equilibri di finanza pubblica non dipendano per lo più dalle debolezze istituzionali dell’UME, dunque dal mancato controllo sui tassi di interesse, né denuncia le politiche mercantiliste tedesche, consolidando la sua fama di falco della politica fiscale.

Nella discussione Piero Alessandrini ha sottolineato che il libro parla di un delitto annunciato, ricordando tra l’altro che il primo Paese ad aver beneficiato delle deroghe rispetto ai parametri europei fu la stessa Germania, ha riportato al centro del discorso gli squilibri commerciali (punto che, nel libro, Bini Smaghi riconosce mostrando di cambiare idea rispetto a quanto in passato ha sostenuto nei suoi contributi scientifici), sottolineando come non è detto che questi squilibri debbano essere assorbiti necessariamente e criticando l’autore poiché trascura il tema della golden rule (cioè piani di investimento attraverso spesa pubblica in deficit). Il fantasma di Keynes ha iniziato ad aleggiare nell’aula ed è apparso in tutta la sua imponenza quando Alessandrini ha ricordato come il surplus tedesco non sia necessariamente un merito, ma il segnale di un’Europa che funziona male e che dovrebbe assumersi la responsabilità di politiche fiscali redistributive.

Emiliano Brancaccio [in fondo all’articolo  il video dell’intervento] si è concentrato sulle rilevanti contraddizioni analitiche di Bini Smaghi e sui dubbi che emergono da un libro che non offre una chiara soluzione politica per la crisi europea: l’autore riconosce che gli effetti dell’austerity possono prolungarsi nel tempo, ma ciò lo dovrebbero condurre, come invece non fa, a riconoscere la rilevanza della carenza di domanda effettiva nel lungo periodo anche nell’analisi dei problemi di solvibilità che affliggono i sistemi creditizi in Europa. L’austerity produce insolvenza nei PIIGS, ma allora la BCE che ruolo dovrebbe assumere dinanzi a prevedibili dinamiche di acquisizioni delle banche dei Paesi europei in difficoltà da Parte delle banche di Paesi forti? Le politiche strutturali che Bini Smaghi consiglia si riducono sostanzialmente alla flessibilità dei salari, ma i dati del caso irlandese, che Brancaccio richiama, mostrano come queste politiche aggravino la crisi.

Contraddizioni istituzionali a livello UME che, secondo il buon senso dell’uomo degli affari, ha rilevato anche l’ingegner Pieralisi, ricordando come le nazioni europee sono innanzitutto sistemi in concorrenza, che le industrie italiane non sono in grado di ridurre ulteriormente i costi della produzione, che il sistema bancario italiano non sostiene le imprese italiane, e che le riforme strutturali necessarie non riguardano la flessibilità del mercato del lavoro.

Le ipotesi su cui sono costruite le politiche di austerity, ma anche lo statuto della BCE, sono sbagliate, come Andrea Presbitero [in fondo all’articolo  il video dell’intervento] ha mostrato numeri alla mano chiamando in causa anche la responsabilità degli organi di informazione che, banalizzando, continuano a legittimare l’idea sbagliata che il debito pubblico sia causa della bassa crescita. La buona ed onesta analisi empirica mostra che le politiche di austerità hanno effetti recessivi, che occorre coordinare politiche monetarie e fiscali per ridurre l’incertezza sistemica, che il credit crunch in Italia è un problema causato dal lato dell’offerta, cioè dalle banche. C’è anche chi fa notare che l’austerity è associata a un aumento dei suicidi.

Dinanzi a questa mole di critiche Bini Smaghi ha replicato svelando che dietro all’accattivante titolo del suo libro c’è solo l’idea che il problema non sta nell’erroneità delle politiche di austerità, ma nel fatto che in Italia queste stesse politiche sono state fatte in ritardo e male. Un punto di vista contro il quale dovremo continuare a lottare.

(video a cura di Epic – Economia per i cittadini)

video completo della presentazione: http://docs.dises.univpm.it/dnl/BiniSmaghi/

18 commenti su “Tutte le contraddizioni di Bini Smaghi [2 video]

  1. L’ha ribloggato su kowapaoloe ha commentato:
    Il convegno sul libro di Bini Smaghi. Specialmente l’intervento di Brancaccio.
    Dice che le illusioni sulla Germania che abbandona l’austerità sono infondate.

  2. Quando Bini Smaghi ha presentato il libro all’Ispi di Milano (c’erano anche Alesina e Lerner) qualcuno dal pubblico ha domandato come mai nella discussione del libro nessuno aveva neppure sfiorato il problema della insufficiente domanda aggregata in Europa, che da sola spiega i 19 milioni di disoccupati dell’eurozona (stima per difetto). Da Bini Smaghi e Alesina è arrivato un fuoco di sbarramento:
    “Le politiche della domanda sono ricette superate che hanno prodotto solo inflazione”;
    “E poi la politica della domanda va finanziata con altro debito!”.
    Applausi (purtroppo) convinti del folto pubblico.

    • Ad Ancona per fortuna è andata diversamente. Tutto il problema sta nella onestà di mettere questi intoccabili tecnocrati a confronto con economisti di rango, capaci di mettere in luce tutte le loro enormi contraddizioni. Alla Facoltà di Giorgio Fuà hanno avuto il coraggio di farlo. Complimenti.

      • Non è tutto oro quel che luccica. Trovo particolarmente fuorviante rimarcare che non è vero che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità per un certo periodo di tempo e ci siamo indebitati ed abbiamo concorso ad indebitare lo Stato. Per il momento fidatevi di quello che vi dico e che posso sempre spiegare con esempi banali. Un po di colpa, in piccola percentuale, è anche nostra.

      • Giannotta, guardi che lei è un po’ in ritardo: esiste già un intero apparato mediatico-politico a difendere l’espressione “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”. Brancaccio dunque fa benissimo a segnalare che l’espressione è sbagliata. Basta vedere l’eccesso sistematico di capacità produttiva inutilizzata e di disoccupazione involontaria. E soprattutto, bisognerebbe ricordare che in Europa è soprattutto il comportamento dei creditori verso l’estero che alimenta il debito verso l’estero degli altri. Non penserà che possiamo andare tutti in surplus estero come la Germania? Le faccio notare che è logicamente impossibile.

  3. Ma per curiosità…cosa succederà quando lo zio Sam sarà costretto a tagliare il deficit pubblico annuale del 10% o alzare anche di poco i tassi?

  4. […] di Stefano Lucarelli per Keynes Blog […]

  5. brancaccio stana il “falco” non tanto sull’irlanda quanto sul pericolo che l’unione bancaria nasconda l’obiettivo di costringere i paesi deboli a svendere le banche ai paesi più forti. quella delle banche è la madre di tutte le battaglie.

  6. Economia tolemaica: E’ l’offerta che gira intorno alla domanda, la quale, invece, sta ferma.

  7. Rif. Vostro “…Come mai è così complicato per voi in Europa risolvere questa crisi? Non potete fare come noi?”… “ B. S.- …ha risposto segnalando che la tutela della democrazia in Europa, un insieme di grandi nazioni diverse, non consente di attuare le ricette messe in campo negli Stati Uniti”.
    Codesta risposta di B. S. è, a mio parere, proprio l’arrampicarsi sugli specchi del Vostro dire. La realtà, che molti abbiamo da tempo compreso, sta invece nel fatto che: “Gli egoismi di alcuni rappresentanti nazionali e europei fanno leva su ricatti e orride spirali finanziare/economiche così da tacitare ogni vero desiderio di costruire un’E.U. che tenga conto delle diverse realtà nazionali”.
    Faccio un esempio. La piccola e povera Italia, che sempre ha aspirato alla terza sponda fino dalla sua unificazione, dovunque si rivolse, dall’Albania all’A.O.I. od a quella Settentrionale, fu sanzionata e sacrificata agli interessi di Paesi più forti militarmente ed economicamente! Paesi che ancora hanno dipendenze e forti influenze estere. Il nostro Paese, dunque, e’ rimasto povero, e l’unica sua realtà industriale è il manifatturiero avendo abbandonato, per stupidità interna e imposizioni E.U. il comparto dell’industria primaria unica vera fonte però di scarso benessere insieme con il turismo. Tale realtà, evidentemente, non ci può far competere con altri Paesi dai territori assai più grandi e ricchi in materie prime.
    Noi, altro esempio di “disgrazie” italiane, non abbiamo nemmeno i siti per poter stoccare e trasformare il pattume perché in un territorio lungo e stretto, e densamente abitato, essi ricadono sempre presso centri abitati. Stessa cosa dicasi per la paura del rifiutato nucleare che però ha una sua centrale estera appena aldilà dell’Alpi piemontesi. Centrale che, a pagamento, in parte ci rifornisce d’energia, e che in caso di scoppio è come se l’avessimo sotto casa. Allora, l’EU con realtà economiche così diverse non può funzionare, e in questa situazione si trovano Grecia, Cipro, Portogallo, Spagna, Islanda e vi sta precipitando la Francia.
    Ma la colpa di questo nostro italiano odierno malessere è della nazione, o meglio del prof Prodi, anzi delle Sinistre in genere che nel proprio sogno di livellare ogni cosa, sempre al gradino più basso, ci hanno condotto, pagando una tantum e svalutando abbondantemente la lira, a ciò che viviamo anche per insipienza dei Governi Berlusconi e dello stesso Prodi. A questo aggiungiamo l’onnipresente instabilità politica interna e la messa in opera del primo Governo del Presidente Napolitano ci ha condusse al M.E.S. Mentre il secondo suo Governo, perchè sempre lui è il vero premier nazionale e del PD, si attiene alle primitive direttive.
    Dunque, l’Italia non ha la capacità economica per reggere il carico di ciò che impone l’E.U. E pure non ha le forze politiche capaci d’impegnarsi nel tutelare i suoi cittadini, ma su questo concetto a lungo si può discutere, e, personalmente, ho impressione che la casta di questo proprio non s’interessa poiché aspira all’instaurazione delle nuove Baronie di cui sempre più si evidenziano i contorni anche per gli avvenimenti che conosciamo dal comparto Giustizia! Perciò, benvenuti nel sistema dei “Soviet bancari” sia multinazionali, sia interni!
    Meglio una ricostruzione ragionata e totale che l’inseguimento di altrui egoismi che ci immiseriranno sempre di più!
    kiriosomega

  8. Salve. C’è per caso anche un testo dell’intervento di Brancaccio?

  9. L’ha ribloggato su flaneurkh.

  10. Io quel libro l’ho letto e mi pare che ci siano cose degne d’attenzione. Quanti dei commentatori lo hanno letto attentamente prima di criticarlo?

    • Non so gli altri ma mi pare che il Prof. Brancaccio abbia letto il libro di Bini Smaghi più che attentamente, e lo abbia criticato con un livello di correttezza che l’autore secondo me non meritva. Basti vedere la replica di Bini Smaghi sull’Irlanda: un tentativo patetico di difendere un vero e proprio fallimento del liberismo, e nessuna risposta all’argomento fattuale di Brancaccio, che ci dice con chiarezza che anche l’aggiustamento irlandese è avvenuto in massima parte attraverso un crollo della domanda interna, non certo tramite una variazione dei prezzi.

      • Ho preso pure io appunti dall’intervento di Brancaccio e la verità è che non esiste una ricetta per una terapia che sia priva di effetti collaterali. Poi non bisogna pensare che il sistema bancario sia integro e tutti gli Stati siano stati limpidi nel redigere i rapporti sulle loro banche. Altro problema è quello di cui pochi parlano: la disoccupazione frizionale che potrebbe superare il 50% della quota di disoccupati totali.
        Ci vorrebbe la giusta forza per allentare il patto di stabilità e costringere la Germania ad essere una e non la sola.

  11. Possibile che siamo vittime impotenti dello strapotere dei paesi “forti”? Possibile che non sia evidente il comportamento anomalo che stiamo tenenedo per uscire dalla crisi? Possible che persino Monti “il tecnico” che predicava bene alla fine ha razzzolato male?

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