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Germania ed Eurozona ai rigori

“Non ci sono strumenti miracolosi contro la crisi: gli eurobond sono insostenibili”: così ha sentenziato oggi la cancelliera Merkel, nonostante i pareri favorevoli del Presidente del Consiglio italiano Monti e di quello della Commissione Europea Barroso, e nonostante il credito che a questi strumenti era stato recentemente attribuito da Bruxelles.

“Freno ai debiti e crescita”, risultano essere gli unici pilastri della strategia che, secondo Angela Merkel, possono far uscire l’eurozona dalla presente crisi. Stando così le cose, è facile intuire come il clima europeo non possa che surriscaldarsi. Questo non solo per le evidenti difficoltà di mettere in moto un processo di crescita in assenza, di fatto, di strumenti e confermando il rigore dei vincoli sui debiti sovrani, ma anche per le ulteriori frizioni che scaturiscono dai risultati delle recenti tornate elettorali in Francia e, soprattutto, in Grecia.

Se l’atteggiamento verso il paese ellenico è parso pregiudiziale fin dall’inizio della crisi debitoria, adesso rischia persino di aggravarsi, considerata la sconfitta dei partiti che avevano votato il rigore, e la pretesa, al contrario, del “fronte anti-euro” di rinegoziare il tutto. I toni che segnano il dibattito sulla Grecia, non sembrano peraltro avere eguali, nemmeno quando si parla della Spagna o dell’Italia. Nel primo caso, infatti, i mezzi di comunicazione tendono a prender atto delle obiettive difficoltà di un governo che deve effettuare tagli di bilancio a fronte di una economia in recessione e di una disoccupazione straripante, particolarmente per i giovani; mentre nel caso dell’Italia si tende a parlare positivamente della competitività industriale del nord del paese (!) e ad apprezzare gli sforzi fatti dal governo tecnico presieduto da Monti nell’impostare le riforme strutturali che sarebbero decisive per il rilancio dell’economia nazionale.

Non sembrano dunque senza motivo i toni pessimistici che accompagnano la stampa internazionale sul destino a cui dovrebbe andare incontro la Grecia, ed appare tanto eloquente quanto credibile il titolo del recente editoriale dell’Economist “Senza via di scampo”. Molti sono in verità gli interrogativi che pone un uscita della Grecia dall’euro, non ultimo quello di pressioni speculative sugli stati più deboli, quali le stesse Spagna e Italia, che potrebbero essere alleviate per un periodo di tempo limitato – essendo i paesi della “troika” i maggiori detentori del debito greco – ma non certamente per anni. Ciò che appare tuttavia più interessante del drammatico dibattito – al quale si spera seguano soluzioni ragionevoli – è l’osservazione fatta da Guntram B. Wolff vice Direttore dell’Istituto Breugel che fa notare come, anche a fronte di un’uscita della Grecia dall’euro, i problemi strutturali dell’area che accentuano i caratteri della presente crisi, rimarrebbero del tutto integri. Il punto è che “l’euro zona ha dentro di sé economie con enormi differenze di competitività”, e queste non sarebbero certo eliminate dalla fuoriuscita della Grecia.

Queste differenze sono particolarmente evidenziate dagli squilibri commerciali e dagli ulteriori processi di “avvitamento” della crescita nei paesi in deficit (quali, appunto, Spagna e Italia). In questo senso Wolff conclude che ciò di cui tutti i policy makers europei non vogliono prendere atto è che sarebbero necessari “significativi trasferimenti di ricchezza dal ‘nord’ al ‘sud’ dell’eurozona”.

Già, ma la posizione della Germania continua ad essere cruciale, anche per i forti surplus commerciali realizzati nei confronti dei paesi mediterranei . C’è da chiedersi se l’apertura a tollerare una maggiore inflazione, dichiarata ieri dalla Germania, potrà favorire il riequilibrio del rapporto tra una domanda interna frenata e una domanda estera che fa bottino sulla rigidità dell’euro e sui reali differenziali di competitività. C’è da chiederselo anche perché la Germania ha da tempo allargato il suoi mercati di sbocco verso i paesi di nuova industrializzazione (tra cui la Cina) e la crescita della produzione industriale, che già più di una volta ha superato le attese, confermerebbe lo slancio verso economie più dinamiche. Ma il peso dei paesi europei sulla domanda estera tedesca è tuttavia tale da non poter essere ancora compensato dai paesi emergenti, mentre l’acuirsi della depressione economica in Europa è sempre più forte, lasciando margini ristretti per lo “sganciamento” che la Germania ambirebbe a praticare.

Lo stesso capitalismo tedesco si è diviso tra i sostenitori del “piccolo euro” (o per meglio dire il “grande marco”), adottato dal solo “core” dell’Unione Europea (sostenitori tra cui si è arruolata l’associazione degli esportatori vicina alla CDU della cancelliera Merkel) e chi pensa, come ad esempio alcune grandi industrie tedesche, che l’euro a 17 vada salvato, anche se costa, poiché lo sganciamento avrebbe costi ben maggiori anche per i tedeschi.

Per il futuro del continente è auspicabile che la signora Merkel rifaccia i conti.

2 commenti su “Germania ed Eurozona ai rigori

  1. Non sono un esperto di economia e confesso che non sapevo nulla su come è stato pensato, a suo tempo, l’euro. Non sono in grado di fare considerazioni tecniche, ma ne farò una tratta dalla mia esperienza di vita. Conoscevo un tizio che, essendo entrato in contatto con una compagnia di persone molto ricche, lui era solo benestante, incominciò a fare la bella vita, spendendo cifre al di sopra della sua portata. Dopo qualche tempo cominciò a indebitasi. I casi che si presentavano erano tre: smettere di frequentare i riccastri o cambiare le modalità di frequentazione, ridurre il proprio tenore di vita al livello dei propri mezzi o, infine, farsi prestare del denaro. L’infelice scelse la terza via e, alla fine, dovette vendere i propri beni. A chi? Ma ai riccastri che lo avevano, sia pure involontariamente, rovinato. Domanda: di chi era la colpa della sua rovina’? Sua o di coloro che si era messo a frequentare? Certo, diceva, come potevo prevedere tutto ciò? Nei primi tempi entravo con loro nei migliori locali e non mi presentavano nemmeno il conto (che era arrivato, tuttavia, dopo un pò di tempo. E che conto!) e poi, visto che mi erano tanto amici, come avrei potuto pensare che non mi avrebbero aiutato e che si sarebbero, al masimo, offerti di comprare i mei beni a metà prezzo? E’ una storia commovente, non trovate? Io non so trovarci una morale, forse qualcuno più esperto di me potrà aiutarmi.

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